Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Bozzolo (Mn) il 25.9.1874, sacerdote. Studia nel seminario vescovile di Cremona, viene ordinato sacerdote nel 1899 ed è subito nominato parroco a Polengo (Cr). A Casalbuttano (Cr), adiacente a Polengo, fonda la Lega delle Filatrici, di chiara impostazione democratico-cristiana, una delle prime in Italia, la prima della provincia di Cremona. Nel 1905 viene trasferito a Brignano Gera d’Adda (Bg). Alla notizia della nomina di don Donini, due figure di rilievo dell’élite liberale di Brignano, il sindaco Luigi Ferri e l’avvocato Antonio Ceni, giudice conciliatore, si recano a Polengo per prendere contatto con il sacerdote in vista del suo ingresso nella nuova parrocchia, ma Donini, sapendoli liberali e anticlericali, rifiuta di riceverli. Per converso, il giorno del suo ingresso a Brignano il 12.2.1905, il sacerdote viene accompagnato dall’avvocato Guido Miglioli (1879-1954), l’organizzatore dei contadini cattolici del cremonese e in quello stesso 1905, forse insieme allo stesso Donini, fondatore del giornale «L’Azione», a cui il sacerdote collabora. E’ opportuno ricordare che Brignano appartiene alla provincia di Bergamo ma fa parte alla diocesi di Cremona. Si tratta di una situazione che caratterizza tutto il circondario di Treviglio (Bg), che dal punto di vista amministrativo è in provincia di Bergamo, ma da quello ecclesiastico appartiene alle tre distinte diocesi di Bergamo, Milano e Cremona. I due esponenti liberali non dimenticheranno il rifiuto del sacerdote ad incontrarli, soprattutto quando, dopo l’avvento del fascismo, il figlio di Ferri diventa segretario politico del fascio locale, mentre Ceni fa parte del direttorio fascista del paese. Donini inizia una serie di pubblicazioni, senza periodicità regolare ma in genere annuali (nell’insieme circa una ventina), che intitola tutte «Numero Unico» e che trattano di vari argomenti. Sono comunque tutte compilate da lui con intenti educativi e poi messe in vendita per ricavarne risorse economiche da destinare, di volta in volta, a finanziare la manutenzione, la decorazione, la costruzione di cappelle e di luoghi di attività pastorali e sociali, nonché alla costruzione di chiese della parrocchia, come quella di Sant’Agnese.
Nel settembre 1910, nel contesto di un rilancio dell’azione catechistica della Chiesa promossa dal papa Pio X, Donini partecipa a Milano al 2° Congresso catechistico italiano, dove tiene una relazione intitolata ‘Casa, scuola, chiesa e catechismo’. Fonda anche a Brignano una Lega delle Filatrici a sostegno di una vertenza delle operaie locali, affiancandola ad una sorta di Ufficio di Collocamento e alla Lega per la Pubblica Moralità. In seguito queste strutture vengono riassorbite dalla Società ‘Fragili – Forti’, una sorta di Società di Mutuo Soccorso femminile dedicata a Giovanna d’Arco, che nel luglio 1911 inaugura la nuova bandiera. Fonda anche un Circolo di cultura femminile, la ‘Scuola di Santa Caterina’, la cui attività è descritta da una delle allieve: “Egli tiene conferenza, poi noi domandiamo schiarimenti, moviamo difficoltà, diciamo le obiezioni che sentiamo attorno ed Egli istruisce. Ci dà compiti da fare, come sunti di conferenze udite, ci sorteggia splendidi e frequenti premi, e ci fa tenere anche delle conferenze. E’ una vera vampata di risveglio intellettuale”. Con il lavoro volontario degli abitanti di Brignano viene prosciugato il fosso visconteo, acquisito il relativo terreno e costruito un edificio, che viene adibito a teatro. Ne nasce un Circolo Filodrammatico e nello stesso edificio si tengono alcune Scuole Serali Invernali oltre che, in un secondo momento, il cinema. Donini contribuisce anche alla nascita della Lega dei Lavoratori, sostiene la Cooperativa di consumo, rifonda la Società di Mutuo Soccorso contro gli infortuni del bestiame, rafforza la Cassa Rurale, crea l’Unione pei Concimi Chimici e l’Affitto Collettivo, riesce a far accettare un nuovo Patto Colonico, con una Giuria Permanente per dirimere eventuali controversie tra proprietari e contadini.
Il 13.7.1913 papa Pio X nomina don Donini cameriere segreto soprannumerario del Pontefice. Appena la notizia giunge a Brignano, in paese si costituisce un Comitato per “celebrare con pompa solenne la collazione della pontificia onorificenza”. Al Comitato giungono numerose adesioni dal mondo cattolico di orientamento popolare, tutte indirizzate al vicario di don Donini, don Francesco Facchinetti: il vescovo di Cremona, Geremia Bonomelli, che essendo in viaggio in Germania, delega il vescovo ausiliare Antonio Padovani; il vescovo di San Sepolcro, Pompeo Ghezzi (nato a Gorgonzola ma proveniente da Treviglio); il vescovo di Sassari, Cleto Cassani (nato nel 1866 nella vicina Vailate); don Ambrogio Portaluppi (parroco di Treviglio dal 1913); Agostino Cameroni da Treviglio; Niccolò Rezzara, da Bergamo; don Leopoldo Mori da Bozzolo; don Giovanni Stroppa arciprete di Caravaggio; l’avvocato di Bergamo Giuseppe Gavazzeni. Il Comitato fa stampare un numero unico per celebrare la nomina papale: A Monsignor Cesare Donini. Numero Unico. Brignano d’Adda 3 Agosto 1913, Tipografia Donzelli 1913, Treviglio, pp. 4. Nel suo testo, don Lanzanova, già suo compagno di seminario, ricorda la decisione del vescovo Bonomelli di nominare don Donini parroco di Polengo, che Lanzanova definisce “non grosso paese ma semenzajo di socialisti a quei tempi. Chiesa deserta, il prete odiato, leghe del lavoro, adorato l’on. Bissolati, signore delle turbe cremonesi, in ispecie di quella di Casalbuttano di cui Polengo era una grossa appendice”. In tale contesto, continua don Lanzanova, Donini “contese palmo a palmo il terreno ai socialisti e per la prima volta il popolo vide sbalordito il prete tra gli scioperanti e lo udì parlare di salari, di ore di lavoro, di leghe di resistenza e lo apprezzò e lo amò e lo seguì”.
All’attività pastorale don Donini intreccia una fervida attività anche sul piano culturale. In età giolittiana pubblica testi di poesie, tiene conferenze di divulgazione astronomica e geologica, poi stampate in opuscolo, ma soprattutto pubblica pregevoli studi storici, attività questa che lo impegna per tutta la vita. Riguardo alle conferenze, vanno ricordate quella intitolata "Sulla cometa di Halley. Conferenza tenuta nel Teatro delle Associazioni Cattoliche", così come il successivo opuscolo di 84 pagine intitolato "Tra sole e mondi. Pagine di astronomia popolare", sintesi a stampa di conferenze tenute in varie località tra cui il teatro ‘Rubini’ di Bergamo, stampato a Milano nel 1912 dalla Tipo-litografia Marelli & C, e "Terremoto e terremoti. Conferenza tenuta a Bozzolo (Mantova) la sera del 25 gennaio 1915", poi stampata dall’editrice Queriniana a Brescia nel 1915 (pp. 43). Riguardo ai suoi interessi storici, già nel 1909 dedica uno studio di 203 pagine alla storia della comunità della sua prima parrocchia, "Polengo. Note storiche", uscito dalla tipografia Messaggi di Treviglio. Presso la stessa tipografia nel 1913 pubblica lo studio "Sul b. Damiano da Bozzolo. Ricostruzione storica" (pp. 55), con la dedica a don Cesare Cisini (1879-1962), già vicario a Brignano e poi parroco a Bòzzolo. Viene anche accolto come socio della Società Storica Lombarda, della Società Astronomica Italiana, e della Società dei Dirigibili di Milano, oltre ad essere console della Società d’Aviazione – Lega Aerea Nazionale di Bergamo. Durante la prima guerra mondiale è neutralista e contro di lui viene aperta anche un’inchiesta da parte della Procura Militare per aver partecipato, una sera dell’estate del 1918, ad una manifestazione di protesta da parte di numerose donne del paese contro la Casa del Soldato di Brignano. Nonostante il mandato di cattura nei suoi confronti, alla fine l’inchiesta si conclude con un nulla di fatto. Aderisce subito al Partito popolare, fondato da don Luigi Sturzo nel gennaio 1919, facendosi sostenitore e interprete delle posizioni popolari più radicali di Miglioli e di Romano Cocchi. Nello stesso 1919 favorisce l’apertura a Brignano di un impianto per alcune lavorazioni di un’azienda tessile di Milano, lo stabilimento ‘Calzificio Lombardo Aldo Bresaola’. Nella sede di Brignano l’azienda, inizialmente collocata in alcuni locali del palazzo Visconti e poi in un edificio costruito appositamente, viene utilizzata in prevalenza manodopera femminile. Il 21.3.1920, con regio decreto, Donini viene nominato Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia, nomina controfirmata dal Cancelliere dell’Ordine, Paolo Boselli. Donini è molto attivo anche sul piano giornalistico. Il settimanale «La Sveglia», fondato nel 1911 a Treviglio all’insegna del motto ‘Chiesa – Patria – Popolo’ e fino a quel momento organo locale del cattolicesimo sociale moderato, nel 1920 viene da lui trasformato in una tribuna del sindacalismo migliolino e si avvale dell’aiuto di altri sacerdoti dell’area circostante, a loro volta sostenitori del Ppi, come don Francesco Galbiati, parroco di Castel Rozzone (Bg), e don Luigi Piazza, parroco di Treviglio. Non a caso il sottotitolo del periodico cambia e diviene ‘Settimanale dei Cattolici Trevigliesi e del Circondario’. Su consiglio dell’allora cardinale Achille Ratti (dal 6.4.1922 papa Pio XI), nel 1921 la componente moderata lascia la rivista e fonda un altro settimanale, «Il Popolo Cattolico», che si contrappone a «La Sveglia» e che uscirà fino al 1962. Queste due riviste si rivolgono allo stesso mondo contadino su cui l’influenza cattolica è sempre stata notevole, ma lo fanno in nome di un modo diverso di intendere il cattolicesimo: l’uno integralmente fondato sull’obbedienza del ‘Popolo’ alle prescrizioni dell’istituzione ecclesiastica («Il Popolo Cattolico»), l’altro attento invece a cogliere le nuove istanze sociali e politiche che provengono dal ‘Popolo’ per connetterle con la dottrina sociale della Chiesa, che non deve rifiutarle o soffocarle ma accoglierle, comprenderle e orientarle («La Sveglia»). Questa seconda posizione, nel pensiero di don Donini, è tanto più necessaria dal momento che la Chiesa e il mondo cattolico tutto, in quell’area territoriale ma non solo, si trovano di fronte a nuove prove, a partire dalla crescita in quell'area del movimento operaio e contadino organizzato guidato dall’anarco-sindacalista Giuseppe Papini. Questi, con le riviste «La Fiaccola» e «Azione Proletaria», espressione della Camera del Lavoro di Bergamo, dopo la rivoluzione d’ottobre fa riferimento all’esperienza dei soviet e propone un programma rivoluzionario (“la terra ai contadini”). La rivista «La Sveglia», ispirandosi alla linea politica del Ppi e in particolare alle posizioni di Miglioli, è contro il superamento della proprietà privata, ma accetta la sfida di una possibile diversa gestione della terra, ponendo alle associazioni cattoliche la questione dell’affitto delle terre ai contadini e dell’azionariato operaio e, coinvolgendo i ceti proprietari, intende affrontare e trasformare i termini della questione sociale senza però uscire dall’assetto vigente dei rapporti sociali. Sul numero del 23.7.1921 de «La Sveglia» Donini polemizza anche con «L’Eco di Bergamo» con l’articolo 'Sveglia Eco. Invasioni rivoluzionarie e realtà', in risposta all’accusa di ‘rivoluzionarismo’ lanciata nei suoi confronti dal quotidiano cattolico il 18 luglio precedente, in cui lo si rimprovera di avere “invaso rivoluzionariamente «La Sveglia»”. Sulle pagine de «La Sveglia» vengono pubblicate anche le informazioni sull’attività dell’Unione del Lavoro’, la nuova organizzazione sindacale cattolica fondata da Romano Cocchi, che rappresenta la parte più avanzata e radicale del movimento sindacale cattolico.
Tre settimane dopo la marcia su Roma, Donini pubblica, stampato a Treviglio dalla tipografia Messaggi, un fascicolo di 12 pagine, «Qui se humiliat exaltabitur!..., Brignano d’Adda, 19 Novembre 1922. Numero Unico - A vantaggio opere decorazione Parrocchiale». Il fascicolo contiene un interessante articolo di Donini, ‘Punti, spunti ed appunti sul Fascismo’, nel quale afferma che il fascismo al potere, “novità così curiosa ed inattesa”, è il realizzarsi di quelle che definisce le inevitabili ‘punizioni’ che la storia infligge a diversi soggetti: al socialismo, accusato di aver passato la misura nelle proprie rivendicazioni, inducendo il fascismo ad organizzarsi e reagire; allo stesso Ppi, che non è stato capace di realizzare autonomamente il proprio programma di governo, rimanendo in posizione subalterna al governo liberale prima e a quello fascista poi, tanto che “il Fascismo ebbe una maggior ragione di essere, per quanto abbia avuto il torto di prendersela anche con istituzioni nostre, salvo far poi assegnamento su uomini nostri chiamandoli al Ministero”; al Governo precedente, soprattutto ai due ministeri guidati da Luigi Facta, di fatto inetti, “e così un governo tanto imbelle da lasciarsi spogliare andò finalmente a rotoli. Non lo meritava?”; ai conservatori ‘impenitenti’, che non intendono aprirsi a “più ampie concezioni della vita. Non vedete che il Fascismo non ha mancato di parlare di sindacalismi e di terra ai contadini? Non vedete che ha fatto assegnamento sopra molti amici nostri in segno di rispetto al nostro programma? E’ un fascio di energie irrompenti che ha potuto prendere le redini del Governo; tutto fa quindi sperare in nuovi orientamenti”. La speranza in questi “nuovi orientamenti” costituisce, nell’autunno 1922, un’apertura di credito politico verso il fascismo, ritenuto dal sacerdote come una legittima novità storica, anche se Donini non manca di stigmatizzare le modalità violente del nuovo potere. E’ per questo che la fiducia verso le possibili novità promesse dal programma politico del fascismo si accompagna, fin dall’inizio, alla critica verso l’operato dello squadrismo. Già dagli inizi del 1923 l’atteggiamento di Donini verso il fascismo cambia, anche se in lui c’è ancora la distinzione tra il duce e la dirigenza nazionale fascista, a cui concede credito politico, e la realtà fascista locale, fatta da uomini inaffidabili, fascisti per opportunismo, dai quali prende drasticamente le distanze soprattutto in relazione alla loro subalternità e ai loro legami personali e parentali con il ras fascista della vicina Caravaggio, Tobia Ceserani, che insieme ai suoi squadristi spadroneggia anche a Brignano con spedizioni punitive e feroci bastonature inflitte agli oppositori politici.
Questo contrasto con il fascismo locale genera anche nell’apparato poliziesco la convinzione che Donini sia antifascista, tanto che vengono sciolte sia la banda del paese che la locale sezione dei Combattenti e Reduci, entrambe sue creature. Donini però ha un interlocutore e un sostegno nel sindaco di Brignano, Angelo Carminati (1856-1934), importante industriale chimico e farmaceutico, figura di spicco dell’espansione coloniale e commerciale in Africa e della rete commerciale italiana anche con l’Asia e l’America Latina, oltre che legato al mondo del capitale finanziario e delle assicurazioni a livello nazionale. Carminati aderisce al fascismo, che sostiene anche finanziariamente, ma il suo notevole ruolo economico, finanziario e politico, sancito dalla sua nomina a senatore, fornisce a Donini una significativa tutela, suscitando l’ostilità del fascismo radicale locale verso Carminati, accusato di essere fascista a Milano ma popolare a Brignano. La presenza di Carminati consente al sacerdote, che per le sue posizioni politiche e sociali e per la sua personalità carismatica ha un notevole seguito nella popolazione di Brignano, di essere guida pastorale e politica indiscussa, agendo a favore del movimento cattolico e destreggiandosi abilmente con il fascismo e le forze dell’ordine. Ad esempio, in un rapporto del 22.6.1923 inviato alla Sotto-prefettura di Treviglio (Bg) dal brigadiere a piedi Sebastiano Marini, comandante dei Cc di Brignano, il quale scrive che Donini tiene una “condotta alquanto dubbia, e come idee, pur non professandosi apertamente, si sa però che tende molto al sovversivismo, poiché risulta esplicare la sua opera di propaganda mediante riunioni segrete ed anche palesi in un salone attiguo alla Chiesa, ove, nell’ultimo caso, con la scusa di tenere la riunione sotto altri aspetti, finisce invece coll’interessarsi della politica. Circa la relazione che può avere con elementi sovversivi, consta che per il passato egli abbia avuto un certo contatto con il deputato disfattista Miglioli, al quale ha mostrato tutte le sue simpatie, facendolo acclamare dalla popolazione nelle visite di propaganda in paese, mentre faceva accompagnare a sassate, urli e fischi, altri che la pensavano diversamente. Qui in paese risulta vedersene tutt’ora di individui della peggio specie, perché pregiudicati e diffamati dalla voce pubblica come abitualmente capaci di commettere delitti, per capeggiare la massa in momenti di perturbamento d’ordine pubblico, ma certo è che egli ha sempre agito con una certa circospezione, specie più ora con l’avvento del fascismo al potere, si tiene più che mai nascosto nelle sue idee, ma con ciò è sempre da temere poiché dà molto a sospettare in linea politica (…) il suo colore politico è quello Popolare nel quale partito risulta essere inscritto. Trattandosi di associazione, si reputa necessario far conoscere che qui in paese un partito popolare veramente costituito non risulta esistere, ma si sa però che la popolazione tutta, ad eccezione di pochi, tende molto a questo partito. Inoltre si crede utile aggiungere anche che il Parroco in discorso è molto sostenuto dal Grande Ufficiale Angelo Carminati, sindaco di questo Comune”. Il 24.6.1923, cioè due giorni dopo il citato rapporto, gli stessi Cc di Brignano si rivolgono di nuovo al sotto-prefetto di Treviglio, notando come “alcune Madri di giovani Fascisti siano state chiamate dal Parroco suaccennato, per far si che i loro figli avessero abbandonato il Partito, e col tanto insinuarsi è anche riuscito a che le ragazze, che amoreggiavano con alcuni degli iscritti al Fascio, avessero trovato un pretesto per abbandonare i loro fidanzati; circostanze queste che non fanno altro che irritare l’animo di questi ultimi giovani”. Con ogni probabilità quest’ultimo episodio scatena la reazione violenta dello squadrismo fascista agli ordini di Ceserani, che con i suoi uomini la domenica 8.7.1923 giunge da Caravaggio a Brignano dando luogo a violenze e aggressioni. Dopo questo episodio, a Brignano viene stampato un testo, rimasto anonimo, nel quale vengono denunciate le violenze degli squadristi locali agli ordini di Ceserani. La denuncia è dura e circostanziata di nomi e cognomi: vengono accusati Alberto Ferri, definito “imboscato di guerra”, e i fratelli Giuseppe e Antonio Ceni, il primo a sua volta “imboscato di guerra” ed entrambi “caratteri fantasticamente esaltati per atavismo”, e tutti e tre del fatto che, al sorgere del fascismo, “ne approfittarono per emergere, per sfogo di attriti personali e per avallare vecchie forme d’anticlericalismo sotto il manto del Fascismo”. Nel testo viene fatto anche il nome di Tobia Ceserani il quale, fiduciario fascista della zona III su incarico della federazione provinciale del Pnf, “dovendo eleggersi un rappresentante in Brignano fu ben lieto di associarsi il predetto Ferri che, se non fu un eroe né un ex-combattente, è però imparentato con lui”. Inoltre, nel testo si racconta che “domenica 8 Luglio 1923 reparti fascisti di Caravaggio e di Treviglio guidati dai F.lli Ceserani piombati in paese, dopo aver fatto man bassa sui primi incontrati, ed insolentito contro il Vicario D. A. Pandini e contro i ragazzi dell’Oratorio che vigilava; come poco poi s’introdussero spavaldi e minacciosi in Casa Parrocchiale; assediarono così in quasi un centinaio la Casa del Segretario Comunale cav. Paolo Aresi, dove – dopo aver tentato di prendere e dopo aver maltrattato le sue signore, rilasciandole solo in seguito alla pietosa e disperata resistenza che opposero – arrestarono lui, traducendolo d’ordine del Sig. Ceserani, cui il Brigadiere obbediva, in caserma, passando traverso la borgata, come un vil delinquente, tra due armati con moschetto e baionetta innastata. Vi fu tenuto sequestrato fino alla mezzanotte”.
Donini, che tramite Carminati ha conosciuto a Milano sia Emilio De Bono che Arnaldo Mussolini, consegna una copia dello stampato a quest’ultimo, che il 3.10.1923 era giunto in visita a Brignano, e una anche a De Bono. Il testo mette a rumore il mondo fascista di Brignano, che cerca di individuarne l’autore. Secondo la ricostruzione dei fatti effettuata dalla Sotto-prefettura di Treviglio nei giorni successivi, ispiratore del testo sarebbe Fausto Bini, amico di Donini e direttore del calzificio di Brignano appena costituito e a sua volta vittima di violenze a parte degli uomini di Ceserani. Quest’ultimo, però, è sicuro che l’autore sia proprio Donini. Per questo, in breve fa pervenire alla Questura di Bergamo una sorta di contro-denuncia dattiloscritta di 9 cartelle, anonima ma redatta da lui, in cui controbatte le argomentazioni esposte nel testo citato, presentando Donini come uomo pericoloso per Brignano e per il fascismo. Il sacerdote, tuttavia, continua a mantenere ferma la distinzione tra la violenta realtà locale del fascismo e la guida nazionale da parte di Mussolini, al quale dedica una sua poesia, intitolata ‘Ricostruzione morale’. Pubblicata inizialmente nella raccolta di favole "Nel verde invoglio", uscita per la prima volta nel 1913 a Treviglio dalla tipografia Messaggi e poi ristampata a Milano in edizione accresciuta dalla Società Giovani Autori (forse nel 1921), Donini la inserisce infine nel numero unico «Milizia di Dio», da lui compilato e uscito a Treviglio dalla tipografia Messaggi il 24.10.1923. La parte finale della poesia è chiarissima: “Inni pertanto a Lui che, tutto intento / a ravvivar l’Italia nostra bella / a questa Fede risoluto appella; / a questa Fé che ovunque e in ogni evento / rafforza i prodi e i vacillanti implora”. Nonostante questa dedica al duce, resta il fatto che Donini costituisce un punto di riferimento essenziale per i popolari antifascisti di Brignano e dintorni, e proprio per questo viene tenuto d’occhio dalle forze dell’ordine, come emerge anche da due episodi accaduti nel novembre successivo. Il primo episodio è citato nel rapporto del 3.11.1923 inviato dalla Sotto-prefettura di Treviglio alla Prefettura di Bergamo, secondo cui, sulla base di un’informativa dei Cc di Brignano, “risulterebbe che il Parroco Mons. Cesare Donini abbia detto a certa Galimberti Alessandra, operaia nello Stabilimento Bini, che non sarebbe più accolta nello stabilimento a lavorare perché suo figlio manifestava sentimenti fascisti ed anche perché una notte ebbe a coadiuvare i Carabinieri per l’arresto di certo Conti Giovanni”. Sullo stesso foglio, a lato, c’è il seguente appunto manoscritto datato 15.11.1923, scritto dal prefetto e rivolto al sotto-prefetto di Treviglio: “prego la S.V. disporre indagini per accertare se da parte di Mons. Donini vi siano state minacce o violenze onde denunziarlo all’Autorità Giudiziaria. Con l’occasione prego fornirmi informazioni sul conto del Donini stesso, e sull’attività da lui spiegata nei riguardi del fascismo e del Governo Nazionale”. Va rilevato che quel Giovanni Conti di cui scrive il sotto-prefetto, a sua volta compreso nell’elenco dei sovversivi (b. 32), è un contadino nato nel 1905, più volte bastonato dai fascisti, arrestato a Brignano e denunciato insieme al padre il 23.7.1923. Il secondo episodio è raccontato in modo dettagliato in un’informativa del 23.11.1923 dei Cc di Brignano al comando dei Cc Bergamo: “Informasi codesto Comando che ieri sera, verso le ore 20, parte di questa popolazione in numero di 500 circa, improvvisò una dimostrazione di simpatia al parroco locale Mons. Donini Cesare, mentre questo ritornava in paese dopo un’assenza di 10 o 12 giorni. Per tale circostanza venne fatto sospendere il lavoro negli stabilimenti. Fra i dimostranti sembra ve ne siano stati alcuni - rimasti sconosciuti - che abbiano gridato evviva il Mons. abbasso il fascismo, non solo, ma risulta anche che un certo Ruggero Martino, insegnante elementare inscritto nel fascio e nella sezione combattenti, sia stato fatto segno ad una manifestazione ostile, mentre egli si trovava a passare. Per tale ragione il direttorio fascista di Brignano fece subito avvertito quello di Caravaggio, e questo provvide ad inviare in Brignano un camion di fascisti, di una trentina circa. Questi appena giunti si unirono agli altri percorrendo le vie del paese, visitando le osterie le quali venivano subito chiuse per il panico degli esercenti. Mentre ciò avveniva il sottoscritto unitamente ai carabinieri Scarciglia e Anglani, perlustrava il paese al fine di impedire serii inconvenienti. Ad un certo momento si sono sentite delle grida in un dato punto e prontamente accorsi si è potuto constatare che un giovane, certo Medici Carlo, di Angelo, di anni 18 da Brignano era stato picchiato a colpi di bastone da alcuni fascisti di Caravaggio dileguantesi sull’istante. I fascisti che hanno picchiato il Medici, si suppone lo abbiano fatto perché indirizzato di aver questo gridato abbasso il fascismo. Dopo di ciò i fascisti raggiunto un camion fuori del paese partirono per la volta di Caravaggio, mentre quelli di Brignano si radunavano nella propria sede. Da noi militari venne poi accompagnato in caserma un certo Medici Luigi, di Angelo, di anni 25, fratello dell’altro Medici, al fine di evitare altri incidenti che avessero potuto verificarsi in seguito all’esasperazione di questi verso il fascismo e quando tutto fu calmo si ritornò ad accompagnarlo nuovamente in casa. Il ferito venne curato e giudicato guaribile in giorni 10 s.c. verso le ore 23 venne ristabilita la calma, senza che nulla più si fosse verificato. Il Brigadiere Comandante la Stazione Marini Sebastiano”.
Lo stesso episodio viene riferito nel rapporto inviato il 27.11.1923 dal sotto-prefetto di Treviglio al prefetto di Bergamo, ma in questo caso la fonte è il già citato avvocato fascista brignanese Antonio Ceni, che si reca di persona a Treviglio nell’ufficio del sotto-prefetto per riferire l’episodio. Nel suo racconto al vice-prefetto, Ceni accredita sé stesso come mediatore in quella vicenda, dicendosi preoccupato che la situazione potesse degenerare dopo aver sentito che, al momento dell’ingresso di don Donini in paese, “gran folla, accompagnata dalla musica locale, gli era andata incontro, al grido di Viva Mons. Donini, abbasso il Fascio. Il Ceni proseguì narrando che, preoccupato di una reazione dei fascisti del luogo, li convocò nella sua casa, tenendo loro un lungo discorso per perdere tempo: così pure sarebbe riuscito a riunire cogli altri in sua casa una ventina di fascisti accorsi in camion da Caravaggio all’allarme ricevuto da Brignano. In complesso, si ebbe un solo bastonato, con contusioni leggerissime”. Il sotto-prefetto, tuttavia, non si fida del racconto fatto da Ceni e “per assicurarmi del vero stato delle cose”, raccoglie in un camion alcuni agenti di Ps, si reca a Brignano e nella caserma dei Cc convoca e interroga alcune persone per raccogliere informazioni. Tra coloro che vengono convocati, in particolare, ci sono due degli uomini che hanno in don Donini il loro principale punto di riferimento, entrambi aderenti al partito popolare, e cioè Fausto Bini, direttore e proprietario del calzificio locale, e il segretario comunale Paolo Aresi. I due, però, non vengono trovati perché allontanatisi dal paese nel timore di essere arrestati. Il giorno dopo, tuttavia, si recano dal sotto-prefetto, che riceve anche don Donini e il suo vicario, don Arturo Pandini, giunto a Brignano nel settembre 1919. Nel suo rapporto il sotto-prefetto scrive che “il parroco mi dichiarò che egli è intimamente di sentimenti fascisti, ma che è contrario ai metodi ed ai sistemi dei dirigenti del fascio nella zona: per provare la sua asserzione, mi manda due numeri unici a vantaggio dei lavori di decorazione della Chiesa parrocchiale, che allego per notizia. E mi ha dichiarato che sta facendo pratiche per conferire in merito alla situazione col fiduciario Provinciale, Conte Suardo”. Infine, nell’ultima parte del rapporto, viene confermata la situazione di forte tensione a Brignano soprattutto per il ruolo svolto da Ceserani, indicato come l’autore della risposta ‘anonima’ alla denuncia contro di lui, stampata e diffusa: “troppo accesi sono gli animi ed incidenti gravi possono verificarsi alla prima occasione, specie perché i fascisti, e in primo luogo il Sig. Ceserani, sono irritati per l’anonimo stampato alla macchia, che pregiomi restituire con la risposta del fiduciario fascista della zona”.
A Brignano, oltre alla tensione politica, è viva anche la preoccupazione per ciò che può succedere a don Donini, come conferma il rapporto del 12.12.1923 della Sotto-prefettura di Treviglio alla Prefettura di Bergamo, secondo il quale, in base ad un rapporto dei Cc, una monaca del convento di Brignano e insegnante elementare nelle Scuole Comunali, Suor Clotilde, in una riunione del 2.12.1923 presso una sala parrocchiale avrebbe esortato i presenti ad opporsi alla eventuale partenza di monsignor Donini qualora questi fosse stato allontanato dalla parrocchia. Il temuto allontanamento del sacerdote non ci sarà, ma la Questura ritiene Donini un pericoloso antifascista. Sono i carabinieri che il giorno 1.7.1924 aprono una propria scheda biografica a lui dedicata. Oltre ad un’esilarante descrizione dell’aspetto di Donini (“Spalle: larghe; Gambe: corte; Mani: ordinarie; Piedi: Ordinari; Andatura: frettolosa; Espressione fisionomica: un poco truce; Abbigliamento abituale: da prete”), la presentazione che ne viene fatta, firmata dal tenente dei Cc Giovanni Negro, è tutta rivolta a mostrare il sacerdote sotto una luce negativa, giudicando cioè dannosa la sua opera e la sua influenza sociale e politica in quanto antifascista: “E’ di fama equivoca, carattere dispotico e prepotente, educazione gesuitica, molta intelligenza ed ha vasta coltura. Ha frequentato gli studi ecclesiastici. É parroco, ed è stato nominato Mons. e Cav. E’ un lavoratore assiduo e ritrae i mezzi di sostentamento dal Canonicato e dall’elemosina (questa è fatta in ogni genere di raccolto). Frequenta altri preti fra i quali estremisti come Don Piazza da Treviglio e Don Galbiati da Castel Rozzone. Non ha famiglia in Brignano, per cui non si conosce il comportamento che ha con questa. É membro dell’Ospedale Aresi in Brignano per disposizione statutaria - da tempo ha manifestato il suo estremismo nel Partito Popolare Italiano ed ha molta influenza sia sulla popolazione di Brignano che in quella dei paesi limitrofi. Fu sempre in corrispondenza con elementi popolari assai noti, cioè Cocchi e Garlini, da Bergamo e Miglioli da Soresina. Ha dimorato temporaneamente in Svizzera all’inizio della Guerra; ha creato associazioni e cooperative, che usufruisce ai suoi scopi politici e di ciò ne è l’animatore e il capo, ma cerca sempre sottrarsi di essere considerato tale perché copra indirettamente. Fu fondatore e perseverante collaboratore del giornale «La Sveglia» che si pubblicava un anno fa a Treviglio. Pubblica attualmente numeri isolati di giornaletti, con apparenza religiosa, ma a scopo politico; fa una propaganda ingannevole specialmente fra i contadini a mezzo del suo Ministero e con molto profitto. É capacissimo di tener conferenze e ne ha tenute parecchie nel salone Teatro di Brignano, specialmente negli anni 1919-1920 e 1921, allorquando dirigeva i moti delle leghe bianche durante l’invasione delle terre. Di frequente si allontana dalla parrocchia in modo misterioso, recandosi nel cremonese ed a Milano, sembra allo scopo di svolgere propaganda. Durante la guerra è stato proposto per l’internamento, ma non fu colpito da tale provvedimento, ritiensi per l’intervento dell’on. Miglioli. Non risulta che sia stato condannato”. Nel fascicolo è conservata anche una breve lettera, non datata ma quasi certamente della fine del 1923, su carta intestata ‘Mons. Cesare Donini - Cam. Segr. Soprann. di S. Santità - Cav. della Corona d’Italia - Prep. Parroco - (Bergamo) Brignano’, indirizzata a una qualche autorità, molto probabilmente al prefetto, con l’evidente scopo di presentare la propria posizione come allineata al nuovo corso fascista e con la richiesta finale di incontrarsi e parlare nel caso qualcuno avanzasse critiche nei confronti dei suoi scritti e delle sue azioni:
“Cavaliere Ill.mo. A corollario della Conferenza ns. di Sabato Le faccio tener copia di quel tale articolo da me diretto ai Parrocchiani fin dallo scorso anno e d’una poesiola pubblicata su altro fascicolo lo scorso Ottobre. Non hanno firma, perché mio tutto il fascicolo salvo un paio d’articoli. Non c’è fiamma di lirismo, ma c’è del pensiero. Si rifletta soprattutto che trattasi d’un indirizzo ufficiale ai parrocchiani, non orale ma fissato in una pubblicazione e tosto dopo la marcia su Roma quando i più erano disorientati per l’ardita novità. Lietissimo se ogni volta dovessero pervenirLe appunti sull’opera mia, si degnerà sentirmi. Con vivo ossequio”.
I Cc di Treviglio il 16.2.1926 redigono una scheda biografica su Donini e propongono formalmente la sua schedatura come “sovversivo pericoloso” al sotto-prefetto, che trasmette la richiesta alla Prefettura di Bergamo, la quale però giudica inopportuna tale misura. Il prefetto di Bergamo, infatti, con una nota dell’1.5.1926, risponde al sotto-prefetto di Treviglio osservando che conviene con lui “nella inopportunità di trasmettere al Ministero il cenno biografico nei confronti del Sacerdote mons. Donini Cesare, sul quale però occorrerà disporre opportuna continua vigilanza per seguirne gli atteggiamenti”. Nel fascicolo è conservata, alla data 4.4.1926, una copia del ‘Numero Unico Pasqua 1926, Risorse?... Risorgiamo!..., n. 31, Brignano d’Adda, 4 Aprile 1926, Treviglio, Tipografia Donzelli, 1926’, che viene inviata al commissario di Ps di Bergamo per verificare se la pubblicazione sia o meno in regola con la legge di Ps e con quella sulla stampa, e il commissario di Ps, a lapis rosso, scrive sul frontespizio: “Ne furono distribuite 900 copie!!”. Il 29.11.1925 don Donini firma la prefazione al libro "Il Demonio" di don Giacomo Lanzanova, parroco di Fornovo San Giovanni (Bg) e seguace prima di Romolo Murri e del movimento democratico-cristiano, poi di Guido Miglioli. Il libro, scritto tra il 1924 e il 1925, esce agli inizi del 1926 presso le edizioni della Libreria Editrice Vescovile Queriniana di Brescia. A partire dalla metà del 1926 i comportamenti di Donini mostrano, se non devozione, certo acquiescenza ed ossequio alle direttive del fascismo. In occasione del fallito attentato a Mussolini, compiuto l’11.9.1926 a Roma dall’anarchico carrarese Gino Lucetti, dal pulpito Donini stigmatizza l’attentato ed espone dalla sua abitazione la bandiera italiana in segno di giubilo. Tuttavia, la diffidenza nei suoi confronti è costante. Oltre ai fascisti, anche i Cc chiedono provvedimenti nei confronti del sacerdote, come si vede nel rapporto del 3.12.1926 del capitano Salvatore Capozzi dei Cc di Treviglio al comando provinciale di Bergamo, nel quale scrive che “malgrado da circa sei mesi Mons. Don Cesare Donini ostenti una propaganda favorevole, sia pubblicamente che privatamente, al Governo Fascista, questo Comando, in considerazione del suo passato, nettamente antifascista, e di popolare estremista, ritiene opportuno proporlo per la diffida politica”. Per giustificare la richiesta, i Cc sottolineano in sintesi una serie di fatti che mostra, nel recente passato, l’antifascismo e il sovversivismo del sacerdote, il quale “fece propaganda per il partito popolare Italiano fra i contadini sui quali esercitava ed esercita molta influenza, organizzandoli anche per gli scioperi, le invasioni delle terre, per riservarsi poi di intervenire in veste di paciere ed anche di arbitro. Nelle divergenze fra operai ed industriali negli opifici, Mons. Donini era sempre la personalità di fiducia reclamata dalla parte operaia, sapendo essa di avere in lui un battagliero difensore”. Tuttavia, “Donini sembra abbia cambiato atteggiamento, almeno apparentemente, favorendo le direttive dell’attuale Regime in qualsiasi occasione o manifestazione gli si presenti”. Per questo “mutato atteggiamento” del sacerdote che, in conclusione del suo rapporto, il capitano Capozzi “ritiene opportuno limitarsi a proporlo per la diffida, sperando che il suo ravvedimento sia sincero e perché, in caso contrario, egli sappia a quali gravi conseguenze andrebbe incontro col persistere negli atteggiamenti subdoli e faziosi”. Sull’ultimo foglio di tale rapporto, accanto alla firma del capitano dei Cc, viene aggiunta una nota manoscritta anonima datata 29.3.1927, molto probabilmente redatta in Questura o in Prefettura a Bergamo, che si riferisce alla proposta di diffida per il sacerdote: “29.3.27 – Diffida avvertendolo che si è preso atto del suo atteggiamento ma che non si ritiene ancora sincero e che si richiedono nuove prove”. Circa un anno dopo questa annotazione, in un appunto su di lui del 14.2.1928 dei Cc di Treviglio alla Questura di Bergamo, viene segnalato che da due anni don Donini “non ha più dato prova di svolgere la minima propaganda contraria all’attuale Governo Nazionale. Per contro, non tralascia occasione anche nelle feste prettamente religiose di dare ad esse una impronta patriottica, sia nei discorsi che negli addobbamenti e nelle parate”. Inoltre, il prefetto di Bergamo ha ricevuto per due volte don Donini ed è stato deciso un incontro in Prefettura tra lui e i dirigenti del fascio di Brignano per una riappacificazione. Negli anni successivi, soprattutto in seguito alla Conciliazione tra Stato e Chiesa del febbraio 1929, nel corso degli anni Trenta le annotazioni su di lui da parte dei Cc si fanno più positive. Nonostante questo, però, rimane sempre una evidente diffidenza da parte delle forze dell’ordine e dei fascisti nei suoi confronti, come si può osservare in due episodi, uno del 1932 relativo ai Cc e l’altro del 1934 relativo ai fascisti di Brignano.
Nel corso del 1932 Donini decide di dar luogo alla terza edizione del suo scritto Risposte per le rime. Apologetica spicciola, uscito per la prima volta a Treviglio nel 1919 per le edizioni ‘Società Editrice Azione Giovanile’, 1919 e in seconda edizione presso lo stesso editore nel 1920. Il tipografo, scelto per le buone condizioni offerte, è il cattolico Oliviero Ortodossi, nato a Brescia il 28.4.1886 e residente a Sarezzo (Bs). Ortodossi fa parte di un gruppo di cattolici dissidenti e antifascisti, il Movimento guelfo d’azione e Comunità Nuova, detti anche ‘Guelfi’. Questo gruppo nel bresciano aveva raccolto molti aderenti, ma il suo centro era a Milano intorno all’avvocato Gioacchino Malavasi, a Pietro Malvestiti e ad altri esponenti dell’Azione Cattolica. Entrato in rapporto di collaborazione con ‘Giustizia e Libertà’, questo gruppo viene arrestato con l’accusa di aver diffuso nel dicembre 1932 un libello antifascista intitolato ‘Cristo Re e Popolo’, stampato appunto da Ortodossi, che nell’occasione stampa anche migliaia di manifestini con la scritta “il fascismo è nemico della Chiesa, della pace e della libertà”, buttati in piazza San Pietro a Roma in occasione dell’anniversario dell’enciclica di Leone XIII ‘Rerum Novarum’. Il gruppo dei ‘Guelfi’ viene processato dal Tribunale Speciale il 30.1.1934 e condannato. Ortodossi deve scontare due anni di reclusione a Civitavecchia e dal carcere chiede di poter corrispondere con famigliari e conoscenti. Su ciascuno dei nomi da lui forniti il 24.2.1934 il Cpc chiede ai prefetti delle rispettive province di effettuare “opportuni accertamenti (..) riferendo anche sulla condotta politica delle persone indicate”. Oltre che con i famigliari, parenti e il parroco del suo paese, Ortodossi chiede di corrispondere anche con don Donini. Il prefetto di Bergamo incarica la Questura di formulare un parere in proposito e la Questura a sua volta si rivolge ai Cc della tenenza di Treviglio. La risposta è del 19.3.1934 a firma del capitano Francesco Re. Questi osserva che Donini “ha tenuto da qualche anno, ed in particolare dal luglio 1933 ad oggi, buona condotta politica dando prova di sicuro ravvedimento, ed eliminando ogni ragione di contrasto con le autorità fasciste locali, alle quali si è ora riavvicinato non trascurando occasione per dimostrarsi ossequiente alle direttive del Regime”. Nonostante tale premessa, la conclusione va in direzione opposta: “non si ritiene opportuno permettere lo scambio di corrispondenza richiesta, dati i precedenti, sia pure oggi riabilitati, del Donini, e la qualità di detenuto politico del richiedente”. Riguardo invece ai fascisti di Brignano, il 23.5.1934 il presidente del Comitato comunale dell’Opera ‘Balilla’ scrive una lettera di protesta al podestà di Brignano, lamentando il fatto che don Donini, durante le funzioni religiose della domenica pomeriggio del 13 maggio, “parlando ai fedeli in Chiesa, raccomandò ai genitori di non lasciare andare attorno i figliuoli, anche se richiesti da organizzazioni (senza dire quali) dato che i responsabili dei figliuoli stessi sono i genitori cui incombe l’obbligo della sorveglianza”. Queste parole, prosegue la lettera, vengono intese come dirette “contro l’organizzazione dei Balilla e Piccole Italiane, tanto è vero che su 75 Balilla che dovevano intervenire domenica 20 corrente a Treviglio, ne intervennero 21 e su 75 Piccole Italiane ne intervennero solo 35”. Lo stesso giorno il podestà di Brignano trasmette la lettera del presidente dell’Opera ‘Balilla’ di Brignano al prefetto di Bergamo, che accompagna con il commento “i fatti corrispondono a verità”.
Tra questi due episodi si colloca un rapporto del 3.7.1933 redatto dal tenente dei Cc di Treviglio Francesco Re e spedito alla Questura di Bergamo in occasione della periodica revisione dello schedario dei sovversivi. Scrivendo di don Donini, il tenente dei Cc ridimensiona la portata dell’antifascismo del sacerdote, che giudica superato: “dopo i fatti che dettero luogo alla di lui iscrizione nell’elenco dei sovversivi, e che oggi, a ragion veduta, possono ricollegarsi piuttosto a personali dissidi con le gerarchie dell’epoca, che a vere e proprie manifestazioni di odio al regime, il parroco di Brignano, Mons. Donini Cesare (..) non ha più dato occasione a rimarchi in tema di condotta politica, e tanto meno a manifestazioni contrarie al regime (..) il predetto Monsignore gode oltre che per effetto del suo ministero, anche per la sua coltura e paterna bontà, incontrastato ascendente fra la popolazione, la quale ignora come gli sia ora schedato sovversivo”. Anche all’interno dell’arma dei carabinieri, tuttavia, ci sono valutazioni diversificate a proposito del sovversivismo di Donini. E' il caso del rapporto riservato inviato alla Questura di Bergamo il 20.10.1936 dal brigadiere a piedi Salvatore Cutello, comandante della stazione dei Cc di Brignano. Nell’ipotesi dell’eventuale radiazione di Donini dal novero dei sovversivi, il brigadiere Cutello viene chiamato ad esprimere il proprio parere sul fatto se il sacerdote abbia o no dato prova di ‘ravvedimento’, prende nettamente posizione a favore di Donini: “lo scrivente (che trovasi al Comando di questa stazione da molti anni) ha sempre avuto ed ha tuttora la piena convinzione che Monsignor Donini non può ravvedersi per il fatto che non è mai stato un sovversivo, e questo lo si può confermare con assoluta sicurezza, e anziché essere un sovversivo, fu un calunniato e vittima della cricca locale di due o tre anti clericali, e questo Comando l’ha sempre affermato e dimostrato in altre relazioni”. Il brigadiere Cutello conclude la sua nota con il parere positivo alla radiazione di Donini dallo schedario dei sovversivi. Sul foglio è stato aggiunta una nota manoscritta: “conferito con il Questore che a sua volta ha conferito con il Prefetto. Si depenni”. La stazione dei Cc di Brignano dipende dalla tenenza di Treviglio, che a sua volta, in un rapporto alla Questura di Bergamo il 23.11.1934, osserva che Donini si mostra “devoto ed ossequiente al Regime”, tanto che nelle elezioni politiche svolte nel 1934 “favorì in ogni modo il plebiscito popolare, incolonnando e portando egli stesso alle urne gran numero di votanti, dopo aver messo a disposizione delle Autorità locali, per un comizio, il salone parrocchiale. Egli gode ora la stima e la fiducia degli stessi fascisti, per cui si esprime parere favorevole alla definitiva radiazione dallo schedario dei sovversivi”. Radiato nel 1936. Tuttavia, i Cc di Bergamo l’11.3.1938 inviano un “promemoria riservato personale” al prefetto di Bergamo: “Come riferito con precedente memoria in data 19 dicembre u.s. Mons. Donini Cav. Cesare, parroco di Brignano Gera d’Adda, tempo fa raccoglieva, abusivamente, del rame e del ferro per la rifusione delle campane della Chiesa, a mezzo di certo Nisoli. L’Arma di Brignano, dopo avergli sequestrato circa 2 q.li di materiale raccolto (e poscia versato al fascio di Brignano) lo diffidò a munirsi di regolare licenza dell’autorità di P.S. provinciale, occorrente per la raccolta di oggetti, fondi, ecc. Invece, i questi ultimi giorni, è risultato che Mons. Donini continua a richiedere dei fondi per la rifusione delle campane in parola, a benestanti di Brignano e Bergamo usando la nuova forma di un invito a stampa. Sembrerebbe a chi scrive, di dover procedere a contravvenzione, ma considerata la materia, l’argomento e la forma adottata per eludere la legge, si rimane in attesa di disposizioni. Il Maggiore Comandante del Gruppo Carlo Perinetti”.
Tra gli interlocutori di don Donini figura anche don Primo Mazzolari (Cremona, 1890-1959), parroco di Bòzzolo, il paese natale di Donini. I materiali epistolari di Donini conservati nell’Archivio Mazzolari sono pochissimi, solo tre documenti compresi tra il 1934 e il 1942, ma dal loro contenuto si comprende che il rapporto tra i due non fosse occasionale, dato che Donini chiede esplicitamente aiuto a Mazzolari per sostenere un confratello e non esita a formulare appunti critici sul libro di Mazzolari, "La più grande avventura" (1934), poi lo invita caldamente ad andarlo a trovare a Brignano (1937) e gli chiede documenti e informazioni storiche su Bozzolo (1942). Alla fine degli anni Trenta e fino alla prima metà degli anni Quaranta, Donini intensifica la sua produzione storiografica su Brignano: dalla tipografia Messaggi di Treviglio nel 1938 esce un testo di 80 pagine, "Di suor Maria Gabriella da Brignano d’Adda, candido e profumato giglio fiorito tra il tramonto e l’alba dei secoli 15 e 16" e, nello stesso anno, stavolta per la tipografia Donzelli di Treviglio, esce "Un angolo d’arte e di misticismo in Brignano d’Adda (Bergamo)", anche questo testo di 80 pagine. Nel 1940, ancora con Messaggi, stampa un volumetto di 66 pagine dedicato al suo amico e sostenitore Carminati, "Una figura di primo piano. Il sen. Angelo Carminati di Brignano d’Adda", e nel 1942, con la tipografia Molina e Saccardo di Treviglio, pubblica un altro volume di 67 pagine, "Il comandante supremo delle forze imperiali in Italia, Annibale Visconti da Brignano d’Adda". Nel 1944 raccoglie una serie di testi e a Milano fa uscire "Brignanadda. Scampoli di storia" (ripubblicato dalla Biblioteca comunale popolare di Brignano Gera d’Adda nel 1978 con 507 pagine). Ancora nel 1944, ultimo lavoro in ordine cronologico pubblicato da Donini, esce un testo che, pur occupandosi di un episodio risorgimentale accaduto a Milano, per il titolo scelto e per l’argomento trattato lascia intravedere una chiara presa di posizione anti-nazista. Il testo, di 48 pagine, viene pubblicato da Sormani a Milano e si intitola "Vittima illustre di livido furore (Don Marino Lazzarini)". E’ la storia di don Marino Lazzarini, nato a Brignano e giunto a Milano per predicare la quaresima a San Bartolomeo. Don Lazzarini viene ritenuto uno degli organizzatori della sommossa di Porta Tosa e ucciso dagli austriaci il 20 marzo 1848 mentre preparava un discorso. Don Cesare Donini muore a Brignano Gera d’Adda il 2.9.1947. (G. Mangini)