Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Staiti (Reggio Calabria) il 4.9.1888, si trasferisce a Bergamo nel luglio 1910. Nel 1926 risiede in via Borgo Canale 3. Partecipa alla prima guerra mondiale, riportando due medaglie d’argento al valor militare, due croci di guerra e una al valore. Promosso al grado di Capitano del 78° Reggimento Fanteria per merito di guerra, viene insignito del titolo di Cavaliere della Corona d’Italia al merito di guerra e per le sue decorazioni al valore. Tiene uno studio di ragioniere in via XX Settembre 4 e svolge attività di insegnamento di ragioneria e matematica preso il Collegio Sant'Alessandro di Bergamo. E' padre di Eugenio e Roberto, che nel 1942 verranno arrestati per propaganda antifascista. Di idee liberali, secondo le fonti di polizia nel 1921 aderisce al fascismo, prendendo parte alla Marcia su Roma, ma per dissensi elettorali se ne allontana nel 1923. Secondo Alfonso Vajana (Uomini di Bergamo, III, Un ventennio di storia, Edizioni Orobiche, Bergamo 1955, p. 38), Bruni nel 1923 era vicino al movimento antifascista 'Italia Libera' e in occasione delle celebrazioni del 4.11.1923 guida il corteo dei combattenti dissidenti e antifascisti, alternativo a quello ufficiale controllato dal fascismo. In quell’occasione i militanti di Italia Libera salgono sulle impalcature della Banca Bergamasca in costruzione e si mettono a cantare la canzone del 1848 ‘La bandiera tricolore è sempre stata la più bella’. Partecipa al Congresso di Assisi dell’Associazione Combattenti (27-30.7.1924), che segna la nascita dell’Associazione Nazionale Combattenti Indipendenti in contrapposizione al combattentismo filo-fascista. Bruni entra a far parte della direzione nazionale della nuova associazione insieme a Savelli di Genova, Rossini di Novara, Viola di Massa Carrara, Russo di Udine, Rizzo di Pola, Zino di Genova, Ciucci di Pisa, Faretti di Ferrara, Fermariello di Napoli, Bavaro di Bari e Orlando di Palermo. Nominato Presidente dell’Associazione Nazionale Combattenti di Bergamo e Segretario della Sezione. rimane in carica fino all’aprile 1925, quando la sezione viene sciolta e Bruni fonda la Sezione Combattenti Indipendenti, con sede in via Tasso 26. La contrapposizione tra le due associazioni, indipendente e di orientamento liberale l’una e fascista l’altra, porta ad un conflitto aspro che si risolve sotto il segno dell’imposizione fascista. Bruni rimane in carica come presidente della sezione Combattenti di Bergamo fino all’aprile 1925, quando la sezione viene sciolta dal fascismo e Bruni fonda la Sezione Combattenti Indipendenti, con sede in via Tasso 26. All’intimazione fatta dal prefetto di Bergamo di consegnare tutti gli oggetti esistenti alla sezione dell’Associazione Combattenti di Bergamo e provincia al Triumvirato nominato dal Comitato Centrale dell’Associazione Combattenti di Roma, Bruni oppone il proprio rifiuto e per questo viene denunciato. Con la denuncia si apre per lui un periodo di tribolazioni sia giudiziarie che poliziesche. Già il 5.11.1925 era stato arrestato e rinchiuso nel carcere di Sant'Agata a Bergamo Alta in occasione dell'attentato Zambon i contro Mussolini, avvenuto a Bologna il 31.10.1925. Poi, dal punto di vista giudiziario il 13.3.1926 viene condannato prima dalla Pretura di Bergamo a 2 mesi e 17 giorni di reclusione e a 140 lire di multa “per usurpazione di pubbliche funzioni, istigazione a delinquere, sottrazione di documenti, apologia di reato e rifiuto di obbedienza all’autorità”, e poi, con sentenza del 14.4.1926, il pretore di Treviglio lo condanna per usurpazione di pubbliche funzioni. Nonostante il ricorso in appello presso il Tribunale di Bergamo, la sentenza viene confermata il 5.11.1926 dal Tribunale di Bergamo. Il 27.10.1927 l'ufficio di Ps di Città Alta lo definisce "sovversivo pericoloso" e pochi giorni dopo, il 4.11.1927, il Commissariato di Ps di Città Alta comunica al questore di Bergamo che Bruni “si è trasferito da via Borgo Canale n. 3 in via XX Settembre, nell’ex studio dell’avv. Gennati”. Nel frattempo è rimasta pendente la condanna da lui subita per la vicenda dell'Associazione Combattenti. Da tale condanna viene però prosciolto il 28.4.1928. Il Procuratore Generale di Milano ricorre in Cassazione contro l’assoluzione, ma la sentenza viene annullata ed è rinviata ad altra Sezione della Corte d’Appello di Milano e, finalmente, con sentenza di quest’altra Corte d’Appello di Milano viene definitivamente assolto il 22.1.1930 per amnistia. Dal punto di vista poliziesco, per le vicende dell’Associazione Combattenti e per la sua opposizione al regime fascista, il 20.12.1926 viene diffidato e più tardi segnalato fra gli oppositori da sorvegliare. Le autorità di polizia inoltre ritengono che non sia più degno di figurare fra gli insigniti delle alte onorificenze militari di cui gode. Il 16.5.1930 il Console comandante la XVa Legione della Mvsn di Brescia, Augusto Bastianon, chiede riservatissime dettagliate informazioni su Bruni, senza indicarne la ragione. La risposta con le informazioni richieste, che sintetizzano quanto fin qui esposto e che viene redatta dal brigadiere Tito Calanca, viene inviata a Brescia il 27.5.1930. Tuttavia, dato che la lettera. della Mvsn di Brescia non specificava le ragioni della propria richiesta e dato che, dopo la risposta, non si è più fatta sentire, la Questura di Bergamo sospetta che a Brescia ci siano conoscenze su Bruni che a Bergamo sono sconosciute, pertanto l'8..7.1930 chiede a Brescia le motivazioni della richiesta di informazioni su Bruni, dato che “non risulterebbe a questo ufficio che il controscritto abbia contatti con codesta provincia". il 22.7.1930 la Mvsn di Brescia, sempre a firma di Augusto Bastianon, risponde alla richiesta scrivendo che “la richiesta informazione sul conto di Bruni Cav. Luigi fu Francesco è stata fatta poiché il medesimo ebbe rapporti di carattere politico con un noto sovversivo di questa provincia attualmente residente in Milano", senza però specificarne il nome. Durante tutto il ventennio rimane oggetto di attenta sorveglianza da parte delle autorità di polizia e dei fascisti. Nel settembre 1940 si verifica uno strano episodio che, molto probabilmente, si configura. come una rpovocazione a suo danno, che però non avrà conseguenze. Infatti, il 19.9.1940 il presidente dell’Associazione Nazionale Combattenti - Federazione Provinciale, A. Milesi, segnala al prefetto di Bergamo Francesco Ballero che “testé il presidente della Sezione Combattenti di Palazzolo S./O. Sig. Camozzi mi ha telefonato dicendomi che stamattina si è presentato in Comune a Palazzolo a quel messo un certo Bruni, qualificandosi Presidente della Federazione Provinciale Combattenti di Bergamo, avvertendo che domenica 19 corr. avrebbe con altri ex combattenti deposto una corona i fiori al monumento dei caduti ed esprimendo il desiderio che fosse disposto per la partecipazione di una rappresentanza. Il Bruni è il capo degli ex combattenti dissidenti e stroncata deve essere la manifestazione. Identica segnalazione viene fatta anche al federale di qui. Il Presidente A. Milesi”. La Prefettura si mette subito in movimento, e già il giorno dopo, 20.9.1940, Bruni viene interrogato in proposito, ma nega nel modo più reciso di essere mai andato a Palazzolo, e tanto meno di essersi qualificato come presidente dei Combattenti di Bergamo, né di aver intenzione di fare ciò che gli viene attribuito. Queste informazioni vengono trasmesse a Brescia, dove si procederà ad interrogare il messo di Palazzolo per fargli identificare o meno il Bruni. Di fatto, questa vicenda si chiude così. In seguito, tra il febbraio e il marzo 1942 Bruni è a Roma in occasione del processo intentato dal Tribunale Speciale contro i suoi due figli Roberto ed Eugenio, al termine del quale, il 3.3.1942, Roberto viene assolto ma Eugenio condannato a 3 anni di carcere. Le vicende della seconda guerra mondiale portano alla crisi del regime fascista e le cose cambiano in fretta. Il 25.7.1943 cade Mussolini e con lui il regime. Già la mattina del 26.7.1943 Bruni ed altri prendono possesso del giornale «La Voce di Bergamo», dando al giornale una netta impronta antifascista. Inaugurandosi il periodo badogliano, per il nuovo governo si tratta di ricorrere a uomini non compromessi con il fascismo. Così, gli stessi organi dello Stato che per conto del fascismo facevano sorvegliare gli oppositori, si trovano ora a dover ricorrere alle qualità politiche, intellettuali e professionali di quegli stessi uomini per ricoprire in modo adeguato ruoli politici e istituzionali. Il prefetto di Bergamo Giannitrapani, infatti, l'11.8.1943 così scrive al questore di Bergamo a proposito di Bruni: “Prego trasmettere con la massima urgenza rapporto informativo sul Prof. Rag. Bruni Luigi, residente in Bergamo, comunicando quanto si ritiene utile a giudicare della opportunità della sua nomina a nuovo Presidente dell’Associazione Nazionale Combattenti. Il Prefetto Giannitrapani”. Il giorno dopo la Questura, con un testo controfirmato dal questore ma redatto dal maresciallo Calanca (quello stesso funzionario della squadra politica che il 9.6.1933 aveva espresso parere sfavorevole alla radiazione di Bruni dal novero dei sovversivi “non avendo dato prova di ravvedimento”), così risponde al prefetto: “Si comunica che la persona in oggetto indicata dimora a Bergamo dal luglio 1910 e durante la sua dimora in questa città ha tenuto sempre buona condotta morale, politica e civile. Ha dimostrato sempre sentimenti liberali contrari al Regime fascista (..)”. Pertanto, Bruni può riassumere la carica di presidente della Federazione Provinciale dell’Associazione Nazionale Combattenti, divenendo uno dei più autorevoli esponenti del Comitato di Salute Pubblica di Bergamo. Le cose cambiano ancora, e dopo l’8.9.1943 ritorna il fascismo, si instaura la Repubblica Sociale Italiana e arrivano le truppe naziste in Italia. La sera stessa dell'8 settembre Bruni è presente al comizio che si tiene a Bergamo sotto la Torre dei caduti. Tra gli altri, prende la parola anche Ernesto Rossi, reduce dai lunghi anni di carcere e di confino. Bruni cerca subito di organizzare squadre di volontari facendo distribuire armi per resistere all’occupazione nazista. Per il ruolo svolto durante i quarantacinque giorni, già il 21.10.1943 il 1° Caposquadra della Gnr di Bergamo, Angelo Facchinetti, insieme al vice-caposquadra Ercole Appiani, al Carabiniere Mario Passolungo e all’agente di PS Michele Marra, si reca alle 23 a casa di Bruni per procedere al suo fermo, ma Bruni la sera stessa, così riferiscono i famigliari, è partito per Genova, come riferisce Facchinetti al Commissario di Ps di Bergamo. Il fermo è solo rimandato e viene eseguito il 5.11.1943 alle ore 11 presso l’abitazione di via Cucchi 3 dagli agenti di Ps Agostino Ricotta e Raffaele Preziosa. in seguito all'arresto, l'11.11.1943, il Questore di Bg Diego Coniglio scrive al Capo della Provincia di Bergamo, Emilio Grazioli: “Si trasmette il verbale di fermo di Bruni Luigi per attività antifascista durante il periodo badogliano. Il Bruni, che prese parte alla ‘Marcia su Roma’ e fu Presidente dell’Associazione Nazionale Combattenti della Provincia di Bergamo, da dove fu allontanato per avere dissentito dal programma politico dell’Associazione stessa improntato ad aperta adesione al P.N.F., nel dicembre 1926 - per la sua attività antifascista e contraria alle direttive del regime - fu diffidato ai sensi dell’articolo 166 della legge di P.S. Dopo tale epoca il prof. Bruni non aveva dato più luogo a rilievi con la sua condotta politica. Il predetto trovasi attualmente nelle locali Carceri Giudiziarie in attesa delle disposizioni di V.E. Il Questore Diego Coniglio”. Il 29.11.1943 la moglie di Bruni, Maria Artifoni, chiede un colloquio al capo della Provincia di Bergamo al quale, presumibilmente quello stesso giorno, sottopone un ricorso a favore del marito per ottenerne la liberazione, scrivendo che l'arresto e la detenzione del marito "arreca alla scrivente non soltanto dolore ma meraviglia, perché unanimemente fu riconosciuto l’atteggiamento serio sereno e animato dai sensi della più stretta responsabilità tenuto dal Bruni nel periodo seguito al 25 luglio. Anche a prescindere che non dovrebbe essere delittuoso ciò che tale non era secondo la legge del tempo, si osserva che il Bruni se ha avuto occasione di criticare non lo ha fatto per libidine partigiana ma per la cocente tortura di vedere create situazioni contrarie ai propri ideali patriottici in buona fede professati". Lo stesso Bruni chiede la libertà provvisoria, impegnandosi con la propria parola d’onore a rimanere sempre reperibile. A tale condizione il Commissario federale del Partito fascista repubblicano, rag. Angelo Berizzi, acconsente alla liberazione di Bruni con una lettera del 9.12.1943 al capo della Provincia, ma il questore, avendo conferito con il capo della provincia, si sente dire da questi di non voler accogliere la richiesta. Tuttavia, previa diffida inflittagli il 23.12.1943 dal commissario aggiunto di Ps Domenico Di Lorenzo, Bruni viene messo in libertà provvisoria, alla condizione di presentarsi sempre in Questura e, nel caso di assenza per motivi professionali, di segnalare dove si trovi. La mattina del 20.7.1944, su ordine del questore, Bruni viene di nuovo fermato. L'intento di colpire in modo vessatorio Bruni, e con lui anche Arturo Cattaneo, emerge con chiarezza dalla documentazione conservata nel fascicolo. Il 4.8.1944, infatti, la Questura repubblicana di Bergamo, a firma del questore Casadei, chiede alla Federazione dei Fasci Repubblicani e al Comando Provinciale Gnr di trasmettere eventuali elementi o motivi a carico di Luigi Bruni e dell’avv. Arturo Cattaneo (fu Nicola), con le seguenti motivazioni: “si fa ravvisare la necessità che si proceda alla segnalazione di addebiti il più possibile circostanziati ed esaurienti, onde fissare le responsabilità dei medesimi in maniera tale da giustificare provvedimenti di polizia di un certo rilievo”. Il 4.8.1944 il Comando Provinciale della Gnr di Bergamo, a firma del capitano comandante del 1° Gruppo Presidi, Riccardo Rota, a proposito di Bruni osserva che “per quanto risulta notorio antifascista, non ha in questi atti alcun precedente che lo riguarda”. Il 10.8.1944 il questore sollecita anche al Presidente del Tribunale Provinciale Straordinario “eventuali addebiti o precedenti politici a carico dei nominativi di cui all’oggetto, dovendosi procedere a carico di essi”. Il giorno successivo, 11.8.1944, alle 10.30, Bruni viene sottoposto ad interrogatorio dal vice-commissario aggiunto di Ps Adolfo Morbidelli con il brig. Vincenzo Agostinelli e un milite dalla firma non leggibile, del Servizio Politico Investigativo del Comando provinciale di Bergamo della Gnr. L'accusa nei suoi confronti è quella di aver distribuito volantini del partito liberale.Nel fascicolo è conservato il verbale dell'interrogatorio:
"1° Confermo di avere consegnato al Rag. Cesareni una volta dei manifestini di propaganda sovversiva ed all’avv. Pezzini due o tre volte, con l’incarico di procedere alla distribuzione. Detti manifestini mi venivano consegnati da certo ‘Sig. Mastino’ da me non meglio identificato e che già si era presentato nel mio studio di Bergamo, incaricato, mi disse, dal Partito Liberale per propormi l’accettazione di svolgere opera di propaganda a favore del partito stesso.
2° Il Mastino corrispondeva ai seguenti connotati: età circa 37, anzi 34 o 35 anni, statura 1,70 circa, accento lombardo, capigliatura bruna liscia, carnagione mora, portava baffetti neri.
3° I manifestini mi venivano consegnati dal Mastino alla Stazione Centrale di Milano, dato che lui sapeva che il mercoledi e sabato io mi recavo a Milano ritornando con il treno in partenza dalla Centrale alle ore 17,18.
4° Non ho altro da aggiungere. Fatto, letto, confermato e sottoscritto”.
In base a ciò, il 19.8.1944 il questore chiede al Comando Provinciale della Gnr di Bergamo di denunciare Bruni al Tribunale Speciale, ciò che accade, come risulta dalla comunicazione della Gnr al questore del 30.8.1944. Alcuni giorni prima, il 21.8.1944, la moglie di Bruni, Maria, aveva scritto ancora al capo della provincia allegando una dichiarazione del dott. Alberto Anelli, secondo la quale Bruni ha gravi problemi di salute e dev’essere operato, pertanto ne chiede la liberazione. Questa verrà disposta, per fine pena di tre mesi per ‘propaganda antinazionale’, solo il 25.10.1944, anche se la condanna è del 24.10.1944. Nel fascicolo è conservata una sua fotografia. (G. Mangini, R. Vittori)