Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Rota Imagna, frazione Rota Dentro (Bg) il 2.8.1877, minatore, socialista. Ha prestato servizio per 9 anni nei Cc, poi è emigrato per lavoro nel Lussemburgo, da dove è rientrato nel 1929. Sposato con Speranza Quarenghi, ha due figli, Letizia, domestica, e Giuseppe, che lavora in Francia a Longwy come manovale. La sera del 28.5.1937, insieme al boscaiolo Stefano Schiantarelli, nell’osteria gestita da Severino Tondini a Rota Imagna (Bg) pronunciano frasi offensive contro Mussolini e il fascismo: “Il duce è un pelandrone. A Roma ci fanno morire di fame e andrà a finire come la Spagna. Noi siamo socialisti e portiamo il berretto rosso e ce ne freghiamo di quelli che hanno il berrettino nero. I seguaci del fascismo hanno la pancia piena e sono dei facchini. Il duce fa morire di fame questi paesi. I soldati del generale Franco si finiscono mentre i rossi non si finiscono”. Le frasi citate sono state riferite ai Cc da due testimoni, entrami militi fascisti della Mvsn: Giovanni Locatelli (di Giovanni e Elvira Sibella, n. a Rota Imagna il 2.1.1907, manovale) e Alessandro Salvi (di Alessandro e Lucia Todeschini, n. a Rota Imagna il 23.8.1905, manovale). I due testimoni fascisti dichiarano che, per ordine del segretario del fascio di Rota Imagna, Giovanni Pellegrinelli, si sono recati appunto la sera del 28.5.1937 presso l’abitazione del Pellegrinelli, attigua all’osteria gestita da Tondini e si sono nascosti per poter ascoltare le parole di Moscheni e Schantarelli. Moscheni viene arrestato il 29.5.1937 dai Cc di Sant' Omobono Imagna (Bg) e il 30.5.1937 viene portato nelle carceri giudiziarie di Bergamo, mentre Schiantarelli si rende irreperibile. Dalla ricostruzione effettuata dai Cc il 2.6.1937 non si capisce chiaramente dove le frasi incriminate siano state pronunciate, se nell’osteria di Tondini, oppure nei pressi di essa. Il figlio dell’oste, Carlo Tondini (n. 15.2.1908), interrogato, riferisce di aver sentito Moscheni e Schantarelli discutere di politica, ma non di saper precisare le frasi incriminate. In una relazione alla questura di Bergamo del 19.10.1939, il capitano dei Cc Mario Badoglio informa che Moscheni a Rota Imagna gestisce un piccolo laboratorio per la fabbricazione e la riparazione di attrezzi agricoli e che “attraverso un lungo, costante e paziente lavoro riuscì a formarsi un buon peculio tanto che attualmente persone bisognose del paese ricorrono a lui per ottenere dei prestiti”’; inoltre, “il Moscheni non risulta inscritto al P.N.F., ma non consta svolga alcuna attività politica”, pertanto propone la sua radiazione dallo schedario dei sovversivi, che però viene concessa solo nell’ottobre 1941. (G. Mangini, R. Vittori)