Pezzotti Battista


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n. busta
88
n. fascicolo
2653
Primo estremo
1924
Secondo estremo
1940
Cognome
Pezzotti
Nome
Battista
Presenza scheda biografica
no
Luogo di nascita
Data di nascita
1903/02/03
Livello di istruzione
licenza elementare
Professione
operaio
Collocazione politica
Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Lovere (Bg) il 3.2.1903, comunista, diploma elementare. Sposato con Maria Cattaneo, ha 3 figli e risiede a Lovere in via Santa V. Gerosa 1. Nel maggio 1925 lavora come operaio al reparto acciaieria dello stabilimento Franchi Gregorini di Lovere, che dal 1930 è assorbito dall'Ilva. Viene arrestato l'8.5.1934 dall'Ovra 'per partecipazione al movimento comunista scoperto novembre scorso in varie province lombarde', come scrive l'ispettore Francesco Nudi il 9.5.1934 alla Questura di Bergamo, chiedendo di conoscere tutti i precedenti di Pezzotti. Questi viene denunciato al Tribunale Speciale, che il 25.10.1934 gli infligge 2 anni di reclusione, condanna sospesa e poi interamente condonata in seguito ad amnistia concessa per la nascita della principessa Maria Pia di Savoia (24.9.1934): alla fine del 1934 può perciò riprendere il suo lavoro all'Ilva. Il 19.2.1937 il prefetto di Bergamo, dietro pressioni del segretario federale fascista di Bergamo, Morello Morelli, scrive una lettera, protocollata con il n. 01683, alla sede di Milano della Delegazione Interprovinciale del Commissariato Generale per le Fabbricazioni di Guerra (CoGeFaG) proponendo, insieme a quello di altri operai, il licenziamento di Pezzotti. La proposta viene respinta dal Commissario Generale, il quale ordina che Pezzotti venga attentamente sorvegliato ma rimanga al suo posto di lavoro, e in tal senso scrive al prefetto di Bergamo il 6.3.1937. La risposta provoca la reazione del federale di Bergamo, il quale, per il tramite dell'ispettore fascista di zona, Gianfranco Bruni, si rivolge all'ufficiale di sorveglianza disciplinare presso lo stabilimento Ilva, il tenente dei Cc Antonio Di Giacomi, al quale fa esprimere il disappunto del federale di Bergamo per il malumore che il mancato licenziamento di Pezzotta, noto sovversivo, avrebbe provocato tra i fascisti della zona, a fronte del fatto che numerosi reduci dall'Africa Orientale italiana rimanevano disoccupati. Per questo, Morelli insiste sulla necessità di licenziare Pezzotti. L'ulteriore richiesta di licenziamento di Pezzotti alla Delegazione Interprovinciale determina una risposta negativa, perché la Delegazione "non poteva che confermare gli ordini di S.E. il Commissario Generale almeno sino a che fossero sopravvenute nuove risultanze o ragioni da prospettare alla prefata Eccellenza per le nuove eventuali decisioni". Le 'nuove' risultanze si manifestano subito dopo. La direzione dello stabilimento, motivando la propria decisione come una necessità determinata dalla diminuzione del lavoro, in alcuni casi sospende e in altri licenzia una parte del personale. Tra questi ultimi è compreso Pezzotti, che il 7.4.1937 viene infatti chiamato dall'ufficiale di sorveglianza dello stabilimento e informato dell'imminenza del suo licenziamento. L'ufficiale aggiunge che la decisione è dovuta a pressioni politiche. Pezzotti si rivolge subito all'ispettore fascista di zona e al segretario del fascio di Lovere per avere chiarimenti in proposito e, in effetti, gli viene risposto che si tratta di ordini superiori rispetto ai quali i suoi interlocutori nulla possono. Il 20.4.1937 viene licenziato dall'Ilva dopo l'autorizzazione formale del Commissario Generale, al quale è stato comunicato che Pezzotti stesso avrebbe presentato domanda di dimissioni. Di conseguenza, il 22.4.1937 il Commissariato Generale informa la Prefettura di Bergamo comunicando il licenziamento di Pezzotti e scrivendo che è stato lo stesso Pezzotti ad aver presentato domanda di dimissioni il 7.4.1937. Il 16.6.1937 Pezzotti scrive una lettera alla segreteria della Federazione fascista dei Lavoratori dell'Industria di Bergamo, chiedendo la revoca del licenziamento. La stessa lettera viene fatta pervenire il 22.6.1937 dal segretario della federazione sindacale fascista Filippo Mirabelli al prefetto di Bergamo, con "preghiera di benevolo interessamento". Il prefetto accoglie la richiesta e, per mantenere Pezzotti al suo posto di lavoro, si rivolge all'ufficio di collocamento e questo, a sua volta, il 26.6.1937 si rivolge al Commissariato Generale di Milano, all'attenzione di Feltrinelli, sostituto del Commissario Generale cav. Lussana. Da Milano, l'8.7.1937 la Delegazione Interprovinciale scrive al prefetto di Bergamo rilevando che il licenziamento è dovuto, oltre che alle pressioni politiche del segretario federale fascista, anche al fatto che lo stesso Pezzotti ha fatto domanda di dimissioni. Su questo passaggio della lettera, conservata nel fascicolo, il prefetto scrive in rosso il seguente commento: "accertare se sia vero". Su ordine prefettizio, il 21.7.1937 viene interrogato in proposito dai Cc di Lovere, davanti ai quali nega di aver dato le dimissioni dallo stabilimento. Così, il 23.7.1937 il maggiore dei Cc di Bergamo Luigi Mapelli, nel suo rapporto scrive che il licenziamento di Pezzotti dallo stabilimento Ilva "non è stato motivato da dimissioni, ma è stato voluto dalle superiori autorità fasciste perché essendo l'Ilva stabilimento ausiliario non vi poteva rimanere occupato un sovversivo". Il prefetto di Bergamo, sulla base di tali risultanze, intende aiutare Pezzotti e scrive perciò di nuovo al Commissariato Generale a Milano, facendo presente che Pezzotti è stato licenziato senza aver mai presentato domanda di dimissioni. Da Milano, il 30.7.1937 il tenente colonnello del Genio e Capo Ufficio Delegazione, Alessandro Giannelli, risponde al prefetto di Bergamo. Giannelli ricostruisce i principali passaggi della vicenda, per chiudere la quale minimizza il proprio ruolo e rovescia abilmente sul prefetto di Bergamo la principale responsabilità del licenziamento di Pezzotti: "È esatto quanto risulta a V.E. e cioè che il Pezzotti non ha mai presentato le sue dimissioni come per errore di trascrizione risulterebbe dalla lettera 124B/S di questa Delegazione (ndr: si riferisce alla lettera dell'8.7.1937), dovendosi intendere invece che fu la Ditta a proporre il licenziamento dell'operaio per le ragioni indicate. Allo stato attuale delle cose ogni provvedimento nei riguardi dell'operaio Pezzotti esula dalle competenze dello scrivente. Né d'altra parte sembrerebbe opportuno interessare al riguardo nuovamente S.E. il Commissario Generale, dato anche il fatto che la decisione è da esso adottata con quanto V.E. chiedeva col foglio sopra nominato 01683 del 19/2/37". Radiato nel 1940. Nel fascicolo è conservata una sua fotografia. Cpc, b. 3923, 1934-1940. (G. Mangini)
Familiari
Pezzotti Enrico (padre)
Taccolini Giuseppa (madre)
Cattaneo Maria (moglie)
Nata a Lovere il 30.9.1901.
Pezzotti Enrico (figlio)
Nato a Lovere nel 1928
Pezzotti Giuseppina (figlia)
Nato a Lovere nel 1929
Pezzotti Mari (figlia)
Nata a Lovere nel 1931
Luoghi di residenza
Lovere Lombardia Italia via Santa V. Gerosa 1 (1903 - )
Sanzioni subite
carcere (1934/10/25 - 1934/10/25)
Il Tribunale Speciale il 25.10.1934 gli infligge 2 anni di reclusione "per partecipazione al movimento comunista scoperto novembre scorso in varie province lombarde", condanna sospesa e poi interamente condonata in seguito ad amnistia concessa per la nascita della principessa Maria Pia di Savoia (24.9.1934).
In rubrica di frontiera
no
In bollettino ricerche
no
Esclusione dallo schedario
Data di esclusione
1940
Documentazione allegata
fotografia
Altre fonti archivistiche
(ACS-CPC) Archivio centrale dello Stato (Roma), Casellario Politico Centrale
Busta 3923, Fascicolo
Riferimenti bibliografici
Franzinelli, 1987
Antifascisti Cpc 1998, vol. 14
riferimento p. 366