Piccinini Aristide Antonio Francesco


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n. busta
89
n. fascicolo
2683
Primo estremo
1911
Secondo estremo
1944
Cognome
Piccinini
Nome
Aristide
Altri nomi
Antonio Francesco
Presenza scheda biografica
Luogo di nascita
Data di nascita
1885/11/03
Livello di istruzione
licenza elementare
Professione
calzolaio bigliettaio sui tram commesso impiegato
Collocazione politica
Profilo sintetico riassuntivo
Nato ad Albino (Bg) il 3.11.1885. Da Albino si trasferisce a Bergamo il 27.6.1893. Consegue la licenza elementare. Sindacalista rivoluzionario, è sposato con Regina Zambelli, ha due figli. A Bergamo abita in via Borgo Palazzo 94, poi in via Gabriele Camozzi 3. Dopo il suo trasferimento da Albino, lavora a Bergamo fino al 1908, prima come calzolaio e poi come bigliettaio sui tram elettrici della città di Bergamo. Nel 1910, insieme ad alcuni sindacalisti rivoluzionari, tra i quali Federico Luraschi e Agostino Rocchi, partecipa alla costituzione del ‘Fascio operaio’ di Bergamo e provincia. Nel successivo mese di ottobre il gruppo riesce anche a dotarsi di un periodico, il quindicinale «L’Azione proletaria», alla cui attività collabora nel corso del primo biennio di vita della rivista (1910-1911), il cui gerente è Agostino Rocchi, partecipando a tutte le iniziative pubbliche organizzate nell’ambito sindacalista. Frequenta tra gli altri Alessandro Caglioni. Nel febbraio 1912 viene licenziato dall’amministrazione tramviaria perché, come ricorda il socialista Carlo Zilocchi nelle sue 'Memorie di un socialista (1905-1965)', si era “permesso di indirizzare un ordine del giorno di protesta contro la Direzione”. Nei giorni successivi viene assunto come commesso della sezione di Bergamo, voluta dal repubblicano Alessandro Valli, dell’associazione ‘Umanitaria’, la cui sede centrale è a Milano. Il suo incarico è all’ufficio Emigrazione e consiste nel ricevere e accompagnare alla locale stazione ferroviaria gli emigranti. É anche esattore dell’Associazione Mutua Assistenza Medica di via Pignolo 94. Il 18.3.1912 presenta alla Questura di Bergamo la richiesta del permesso per una conferenza antimilitarista sulla guerra di Libia dell’anarchico fiorentino Giovanni Gavilli (1855-1918). Il 30.4.1912 si rivolge ancora alla Questura per ottenere il permesso di pubblica affissione di un manifesto per il 1° maggio stampato dal Comitato Nazionale dell’Azione Diretta, ottenendone un rifiuto. Inoltre, come ulteriore effetto di tale richiesta, la Questura di Bergamo inizia a compilare la sua scheda biografica a partire dal 19.5.1912. Nel corso della primavera del 1913 è impegnato nell’attività che prelude alla ricostituzione della CdL. Indicazioni significative in tal senso si trovano in suo articolo, La Camera del Lavoro di Bergamo, comparso nel n° del 17.5.1913 della rivista «Vita Nuova» (1910-1915), organo politico settimanale della Federazione provinciale socialista. La sera dell’11.8.1913 tiene un comizio a Bergamo, organizzato in solidarietà con lo sciopero operaio di Milano, sostenendo la necessità dello sciopero generale. Il 14.12.1913 interviene al comizio d’inaugurazione dell’Unione Sindacale Bergamasca, di cui è tra i principali promotori e nella quale è componente della Commissione Esecutiva. Diviene anche segretario dell’Unione Sindacale Bergamasca, che ha sede a Bergamo in via Madonna della Neve 5. Molto attivo in occasione degli scioperi degli stabilimenti meccanici Magrini e Fantini, insieme ad Alessandro Tiraboschi, Agostino Rocchi e Giuseppe Papini, nel giugno 1914 guida lo sciopero di protesta per i fatti di Ancona della settimana rossa, iniziativa che contribuisce ad un riavvicinamento tra socialisti e sindacalisti bergamaschi: nelle parole degli agenti della Questura che lo sorvegliano, Piccinini “si è posto a capo degli scioperanti, ha preso spesso la parola incitando gli operai a permanere nella astensione dal lavoro”. Per questo, sulla sua scheda biografica la Questura di Bergamo il 21.6.1914 annota: “trattandosi di individuo che si avvia a divenire pericoloso, viene attentamente sorvegliato”. Il 9.7.1914 viene denunciato dalla Questura di Parma per l’articolo Ai richiamati delle classi 1886 e 1887, da lui pubblicato sul n. 10 del 5.7.1914 del giornale parmense «Gioventù Socialista», in cui si ravvisano gli estremi di reato previsti dall’articolo 2 della legge n. 315 del 1894. Il 30.11.1914 il fotografo milanese Francesco Grazioli, con studio in viale Monforte 17, scrive una lettera di denuncia all’Ispettore di Ps di Bergamo: “il 14 dicembre 1913 eseguii un gruppo fotografico del formato 30x40, in occasione dell’inaugurazione della Società Sindacalista Bergamasca”, i cui soci dopo aver avuto la copia di prova si proponevano “di eseguire n. 58 copie al prezzo di l. 1.50 la copia”. Il compenso per questo lavoro tarda da parte dei sindacalisti bergamaschi, così il fotografo sollecita il pagamento e Piccinini, in qualità di segretario dell’Unione Sindacale Bergamasca, il 13.3.1914 gli risponde impegnandosi a fargli avere quanto riuscirà a vendere. Non avendo più avuto denaro né notizie, il fotografo si rivolge appunto all’autorità di Ps e questa, a sua volta, si rivolge a Piccinini. Dopo il sollecito della Questura, Piccinini risponde l’11.12.1914 che la Unione Sindacale Bergamasca restituirà le 22 copie invendute e il saldo delle 36 vendute. Il riavvicinamento tra le posizioni sindacaliste e quelle socialiste, iniziato nel 1913 ed espressosi nei giorni della 'settimana rossa', porta l’8.1.1915 alla costituzione della CdL di Bergamo. Negli organi direttivi del nuovo organismo entra anche Piccinini, che fa parte della Commissione Esecutiva in rappresentanza dell’organizzazione mista. La prima riunione del nuovo organismo si tiene la sera del 20.1.1915. Alla fine di marzo viene tenuta una riunione degli organismi direttivi della CdL per un primo bilancio trimestrale. La relazione viene tenuta proprio da Piccinini, che sottolinea la positività dei risultati basandosi sul raddoppio del numero dei soci da gennaio a marzo 1915 e sul fatto che il timore dello sciopero generale ha indotto a frenare il carovita. Nel rinnovo delle cariche che caratterizza la riunione, assume la carica di segretario amministrativo della CdL. Nell’ottobre 1915 risulta mobilitato al fronte, aggregato al 122° Fanteria e dalla Questura di Bergamo segnalato come sovversivo alle autorità militari. Divenuto sergente maggiore, per il capodanno 1918 è a Bergamo per una licenza di 15 giorni. Trascorre tutto il periodo bellico al fronte. Congedato dal servizio militare al termine della guerra, rientra a Bergamo e riprende la sua attività propagandistica tra gli operai, intervenendo in numerosi comizi. Nell’aprile 1919 viene interrotto dal funzionario di Questura perché inneggia alla rivoluzione russa. É tra coloro che sostengono il ‘memorandum’ presentato dagli operai agli industriali. Agli inizi di ottobre 1920, quale redattore responsabile del settimanale «La Fiaccola» (1919-1921), organo della CdL di Bergamo e provincia, deve comparire due volte davanti al Tribunale di Bergamo per due distinti processi, imputato dei reati di incitamento all’odio fra le classi a mezzo della stampa previsto dall’art. 247 del codice penale. Nel primo processo, svoltosi il 9.10.1920, viene condannato a 5 mesi di detenzione, a 150 lire di multa e al pagamento delle spese processuali, mentre nel secondo, svoltosi il 12.10.1920, viene assolto. La pena viene sospesa per 5 anni. Dimessosi da segretario della CdL di Bergamo, assume le funzioni di segretario della sezione di Bergamo del Psi. Nelle elezioni dell’autunno 1920 per il rinnovo del consiglio comunale viene eletto nella lista socialista, entrando così a far parte della minoranza del consiglio. Il 14.10.1920 a Bergamo tiene un comizio indetto a favore delle vittime politiche, nel corso del quale sostiene la necessità che il governo italiano conceda l’amnistia per tutti i condannati politici e militari e riconosca il governo dei soviet. Il 23.10.1920, come rappresentante della CdL di Bergamo, dalle 16 alle 17 tiene a Gazzaniga (Bg) una conferenza elettorale di fronte a circa 100 operai spiegando il programma del Psi. Insieme a Giovanni Vergani, Romano Cocchi ed Enrico Tulli fa parte del comitato di redazione della rivista «L’Azione proletaria», organo ufficiale della CdL di Bergamo riattivatasi dopo la guerra, che esce dal 16.9.1921 al 15.12.1922, è diretta da Enrico Tulli ed esprime il tentativo di unificare la componente più radicale del movimento sociale cattolico (Cocchi e Tulli) con quello socialista, sia contro la reazione agraria che fascista. Il 4.2.1923 gli agenti di Ps Luigi Locatelli, Sebastiano Milelli e Giuseppe Di Giacomo perquisiscono casa sua, in via Camozzi 3, alla ricerca di armi e munizioni non denunciate, senza esito. Tuttavia, il 12.2.1923 il questore di Bergamo lo segnala ai carabinieri come “sovversivo audace, nemico del Governo e dello Stato. In caso di moti sarebbe pericolosissimo: occorre pertanto vigilarlo sempre e impedirgli di nuocere”. Nel settembre 1924 si trasferisce da via Camozzi alle case popolari di Loreto. Il 24.1.1925 scrive una lettera al questore di Bergamo, battuta a macchina e con firma autografa, dove dichiara che il 4.1.1925 ha subìto una perquisizione domiciliare con sequestro di libri e materiale a stampa: G. Matteotti, 'Reliquie'; 'Un anno di dominazione fascista'; B. Mussolini, 'Discorsi'; bozze di stampa; il giornale «Corrispondenza Settimanale» e, ritenendo arbitrario il sequestro del materiale, ne chiede la restituzione al suo indirizzo, via Loreto Case popolari n. 519. Il 21.9.1925 alle 13.40 le guardie di Ps Custode Pistritto e Alberto Suardi perquisiscono di nuovo l’abitazione di Piccinini (che lavora alla Società Umanitaria) alle Case popolari del quartiere Loreto, ancora una volta per rinvenire “armi, munizioni e documenti sovversivi. Detta perquisizione venne fatta alla presenza di lui, ove vennero dai sottoscritti sequestrate n° 6 fotografie sovversive, ed una rivista quindicinale intitolata «Pensiero e Volontà» di Enrico Malatesta”. Il 29.3.1927 viene decisa la diffida nei suoi confronti, comunicatagli il 2.4.1927, ai sensi dell’art. 166 del Testo Unico delle leggi di Ps. Il 16.7.1928, quando lavora come impiegato in un negozio di via 28 ottobre n° 11, la squadra politica della Questura di Bergamo compila una scheda in cui è dichiarato pericoloso, anarchico, ostile al regime. Costantemente sorvegliato, dagli agenti di Ps non vengono però mossi rilievi di tipo politico. Nel 1929 risulta occupato come commesso in un negozio, ma perde subito il suo impiego. In questo periodo risiede ancora in via IV Novembre nelle case popolari, interno n. 519, lavora a Leffe (Bg) dal 1929 presso il copertificio Lombardo e “pur essendo ritenuto di idee anarchiche non consta che esplichi propaganda in merito”. Nel maggio 1931 perde l’impiego di Leffe per una ristrutturazione aziendale che porta alla diminuzione di personale, il 15.6.1931, non risultando segnalazioni a suo carico, è proposta per lui la radiazione dal novero dei sovversivi. Il 4.1.1932 viene assunto come diurnista presso l’Ospedale Maggiore ‘Principessa di Piemonte’. Tuttavia, sorvegliato dalla Questura in quanto sovversivo, nello stesso mese l’agente impegnato nella periodica raccolta delle informazioni sul suo conto si rivolge direttamente all’amministrazione dell’ospedale, la quale, allarmata dall’episodio, già il 2.2.1932 comunica per lettera a Piccinini che verrà definitivamente sollevato dall’incarico alla fine di quel mese. Per questo, il 18.2.1932 scrive direttamente al questore di Bergamo lamentando l’iniquità dell’episodio, sottolineando il suo totale disimpegno politico e chiedendo di indurre l’Ospedale alla sospensione del provvedimento a suo carico. Nella stessa lettera richiama il rapporto intrattenuto con il precedente questore, Guarducci, con il quale aveva consuetudine di incontri per via del suo lavoro di segretario della sezione di Bergamo della Società Umanitaria e per il Servizio Emigrazione. Il 24.3.1932 il tenente Mario Simonetti, comandante della Compagnia dei Cc di Bergamo, dopo aver assunto informazioni presso l’Ospedale propone alla Questura di cancellare il suo nome dal novero dei sovversivi, ma il 29.3.1932 il brigadiere Calanca osserva che “non è più persona pericolosa, ma sempre di tendenze sovversive, perciò non si ritiene radiarlo, per il momento, dallo schedario dei sovversivi”. Tuttavia, pochi mesi dopo, il 23.9.1932, il prefetto di Bergamo scrive al Cpc chiedendo la radiazione, che l’8.10.1932 viene concessa. Il 30.11.1934 la guardia Jacobazzi esclude però che si possa radiare Piccinini perché questi, benché non si occupi di politica, non abbandona “le sue vecchie teorie sovversive”, inoltre non ha chiesto l’iscrizione al Pnf. Ancora nel novembre 1936 non si ritiene di radiarlo “non avendo fino ad oggi dato prova di ravvedimento”, e lo stesso si dice il 5.8.1939. Nel frattempo, dal 1937 lavora presso la società di autotrasporti ‘Orobica’ di via B. Bono 15, dove ancora è impiegato nell’ottobre 1940. Il 13.3.1943 è convocato in Questura e “severamente diffidato” a norma dell’art. 164 del TU leggi di Ps, ultimo capoverso. Dopo la caduta del fascismo, in una nota ‘urgentissima’ della Prefettura di Bergamo inviata al questore il 9.8.1943, a proposito di Piccinini, che lavora ancora presso al ditta ‘Orobia’, si scrive che “In relazione all’oggetto di recente colloquio, prego volere aggiornare le informazioni risultanti dal fascicolo di codesto Ufficio al nome Aristide Piccinini e fornirmele con la massima urgenza, e possibilmente in giornata, allo scopo di giudicare della opportunità di conferire allo stesso una importante carica sindacale. Il Prefetto Giannitrapani”. Lo stesso giorno il questore risponde ricostruendo le tappe dell’attività ‘sovversiva’ di Piccinini, del quale afferma la discreta intelligenza ma la scarsa cultura, mettendo quindi in dubbio l’opportunità di attribuirgli un qualsivoglia incarico. C’è da chiedersi come mai il 9.8.1943 l’autorità prefettizia pensi proprio a Piccinini per un importante incarico sindacale. Evidentemente il prefetto deve aver letto con molto interesse l’articolo che Piccinini pubblica proprio quel lunedì 9.8.1943 su «La Voce di Bergamo» (a. 25, n. 186, p. 1), intitolato 'I sindacati operai', su una colonna intervallata da un brano di G. Mazzini, in cui Piccinini auspica, per il futuro prossimo, la necessità di una profonda defascistizzazione del mondo sindacale italiano. Piccinini effettivamente viene nominato Commissario dei lavoratori dell’industria e il 18.8.1943 tiene un discorso agli operai e agli impiegati degli stabilimenti di Dalmine. L’armistizio dell’8.9.1943, l’occupazione nazista e la nascita del fascismo repubblicano, però, mutano ancora una volta la situazione. Piccinini viene fermato il 29.10.1943 dal maresciallo Mvsn Giuseppe De Muro, dal legionario Angelo Ravasio e dalla guardia di Ps Primo Frison e incarcerato proprio in quanto autore dell’articolo sopra citato, apparso su «La Voce di Bergamo» del 9.8.1943, per il quale il prefetto lo aveva proposto come dirigente sindacale. Nel nuovo contesto di rinascita del fascismo, il questore Diego Consiglio il 6.11.1943 segnala l’arresto di Piccinini al capo della Provincia di Bergamo perché questi ne disponga, dato che il questore lo definisce ‘anarchico sindacalista’. Il 19.11.1943 Piccinini scrive al questore dalle carceri giudiziarie, dov’è detenuto dal giorno dell’arresto, senza interrogatorio e senza imputazioni specifiche, segnalando l’arbitrarietà e l’illegalità del suo arresto e della detenzione. Il questore si rivolge al capo della Provincia, che a sua volta ne fa richiesta verbale al Commissario federale del Partito Fascista Repubblicano di Bergamo, avvocato Mario Cionini Visani, che il 24.11.1943 risponde dicendo che la causa dell’arresto di Piccinini sta in un passaggio dell’articolo citato, ritenuta denigratoria nei confronti del fascismo, in cui l’autore scrive che “il fascismo con i suoi brutali metodi accentratori, ci ha isolati; per oltre vent’anni di terrore ci ha impedito di scrivere, di parlare, di occuparci dei problemi che sono i nostri problemi vitali”. Con data d’arrivo in Questura del 30.11.1943, Regina Zambelli, moglie di Piccinini, scrive al capo della Provincia chiedendo un atto di giustizia per il marito, il quale mai “dopo il 25 luglio ha avuto una parola o un atto meno che equilibrati e riflessivi. I suoi stessi scritti pubblicati sulla «Voce» sono manifestazioni di sentimenti sindacalistici mai scompagnati dal doveroso senso della responsabilità. Io sono soltanto una povera donna, ma nessuno mi potrà - credo - smentire, perché la verità è che negli scritti del Piccinini non c’è il veleno della denigrazione ma l’atteggiamento di chi vuole lavorare nell’avvenire per l’interesse costruttivo dei lavoratori e del Paese”. La situazione però non cambia e il 27.12.1943, dalle carceri giudiziali centrali di Bergamo, Piccinini scrive al capo della Provincia lamentando i 60 giorni passati in carcere senza aver avuto la formulazione di un’accusa nei suoi confronti. Anche l’avvocato Ubaldo Riva inoltra istanza di liberazione il 19.2.1944. L’istanza dell’avvocato Riva determina l’intervento del capo della Provincia Emilio Grazioli. Piccinini, dopo oltre 4 mesi di detenzione, viene infine liberato l’11.3.1944 e diffidato. Nel dopoguerra si candida all’Assemblea Costituente per le elezioni del 2.6.1946 nelle liste del Psiup nella circoscrizione elettorale di Brescia-Bergamo, che manda in Parlamento 4 deputati. Risulta il primo dei non eletti con 9.961 voti e anche il primo dei candidati bergamaschi (passano 4 candidati della provincia di Brescia: Guglielmo Ghislandi, n. Breno, con 28.647 voti ; Costantino Bianchi, n. Brescia, 20.334 voti; Felice Vischioni, n. Desenzano del Garda, 12.088 voti; Oreste Bonomelli, n. Rovato, 11.533 voti). Dopo Piccinini si colloca il socialista bergamasco Antonio Alessandro Tiraboschi, n. Bergamo, con 8.724 voti. Nel fascicolo sono conservate due cartoline, una con il volto di Lenin e l'altra, tratta da un'illustrazione comparsa su un giornale socialista tedesco, che raffigura l'incontro tra i 'popoli lavoratori' che avviene al termine della prima guerra mondiale i quali, sotto l'ala protettrice della Pace, calpestano le armi spezzate. Cpc, b. 3942, 1912-1932, scheda biografica. (G. Mangini)
Familiari
Piccinini Tobia (padre)
Dentella Felicia (madre)
Zambelli Regina (moglie)
Piccinini Simone (fratello)
Nato ad Albino (Bg) il 5.1.1883, b. 79
Luoghi di residenza
Albino Lombardia Italia (1885 - 1893) Bergamo Lombardia Italia via Borgo Palazzo 94 (1893 - ?) Bergamo Lombardia Italia via Gabriele Camozzi 3 (? - 1924) Bergamo Lombardia Italia via IV Novembre (1924 - )
Fatti notevoli
1914/06 - 1914/06
Nel giugno 1914 guida lo sciopero di protesta per i fatti di Ancona della settimana rossa, iniziativa che contribuisce ad un riavvicinamento tra socialisti e sindacalisti bergamaschi.
1919 - 1920
Redattore responsabile del settimanale «La Fiaccola» (1919-1921)
1920 - 1920
Nelle elezioni dell'autunno 1920 per il rinnovo del consiglio comunale viene eletto nella lista socialista, entrando così a far parte della minoranza del consiglio.
Sanzioni subite
perquisizione (1923/02/04 - 1923/02/04)
Il 4.2.1923 gli agenti di Ps Luigi Locatelli, Sebastiano Milelli e Giuseppe Di Giacomo perquisiscono casa sua, in via Camozzi 3, alla ricerca di armi e munizioni non denunciate, senza esito.
perquisizione (1925/01/24 - 1925/01/24)
Il 4.1.1925 ha subìto una perquisizione domiciliare con sequestro di libri e materiale a stampa: G. Matteotti, Reliquie; Un anno di dominazione fascista; B. Mussolini, Discorsi; bozze di stampa; il giornale «Corrispondenza Settimanale».
perquisizione (1925/09/21 - 1925/09/21)
Il 21.9.1925 alle 13.40 le guardie di Ps Custode Pistritto e Alberto Suardi perquisiscono di nuovo l'abitazione di Piccinini alle Case popolari del quartiere Loreto, ancora una volta per rinvenire 'armi, munizioni e documenti sovversivi. Detta perquisizione venne fatta alla presenza di lui, ove vennero dai sottoscritti sequestrate n° 6 fotografie sovversive, ed una rivista quindicinale intitolata «Pensiero e Volontà» di Enrico Malatesta'.
diffida (1927/04/02 - 1927/04/02)
carcere (1943/10/29 - 1944/03/13)
Fermato il 29.10.1943 dal maresciallo Mvsn Giuseppe De Muro, dal legionario Angelo Ravasio e dalla guardia di Ps Primo Frison e incarcerato quale autore dell'articolo "I sindacati operai", apparso su «La Voce di Bergamo» del 9.8.1943.
diffida (1944/03/13 - 1944/03/13)
diffida (1943/03/13 - 1943/03/13)
Relaz. con altri soggetti
Rocchi Agostino (sindacalista rivoluzionario)
ASBg, Sovversivi
Caglioni Alessandro Domenico Giacomo (sindacalista rivoluzionario)
ASBg, Sovversivi
Gavilli Giovanni (anarchico)
ACS, Cpc, b. 2319
Valli Alessandro
Tiraboschi Alessandro Antonio Luigi (socialista)
ASBg, Sovversivi
Papini Giuseppe Antonio (anarchico)
ASBg, Sovversivi
Vergani Giovanni (socialista)
ACS, Cpc, b. 5374, fasc. 017933
Tulli Enrico Ettore Angelo (comunista)
ASBg, Sovversivi
In rubrica di frontiera
no
In bollettino ricerche
no
Esclusione dallo schedario
no
Altre fonti archivistiche
(ACS-CPC) Archivio centrale dello Stato (Roma), Casellario Politico Centrale
Busta 3942, Fascicolo
Riferimenti bibliografici
Quarenghi,1977
Bosio 1967
PIccinini 1913
Piccinini 1914
Matteotti 1923
Matteotti 19247b
Piccinini 1943