Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Castelgoffredo (Mn) il 24.8.1897, dal 1903 risiede con la famiglia a Caravaggio (Bg) in piazza Castello 1, dove impara a lavorare con il padre e i fratelli come prestinaio in un forno e negozio di proprietà. Possiede la licenza elementare. Sposato con Maria Recanati (n. 1897), casalinga, ha un figlio di nome Elio (n. 1927). Mutilato di guerra, è insignito della croce di guerra. Al ritorno dal fronte entra nel partito socialista su posizioni massimaliste. Nel 1920 diviene assessore nell’amministrazione comunale di Caravaggio. In seguito alla scissione nel Psi avvenuta al congresso di Livorno del 1921, entra nel Pcd’I, per il quale svolge intensa propaganda nell’area territoriale di Caravaggio come fiduciario di zona. Diviene segretario della federazione provinciale del Pcd’I e costituisce anche la sezione comunista di Caravaggio. Nell’ottobre 1922 i Cc lo denunciano per porto abusivo di rivoltella, minacce a mano armata e omessa denuncia di armi, mentre nel dicembre 1922 è denunciato per detenzione di esplosivi. Per il reato previsto dagli art. 246, 247 e 251 C.P. in relazione agli art. 118 e 120, viene arrestato il 7.2.1923 perché, dopo la perquisizione della sede comunista di Roma seguita all’arresto di Amadeo Bordiga, il suo nome come fiduciario compare in una rubrica, sequestrata nel corso della perquisizione, che contiene il cifrario del Pcd’I. Tra gli altri nomi presenti, oltre a quello di Stuani c’è anche quello di Alessandro Caglioni, segretario della federazione bergamasca del Pcd’I, subito arrestato nello stesso febbraio 1923. Caglioni, sottoposto ad interrogatorio, afferma che il fiduciario del Pcd’I di Bergamo è appunto Stuani. A sua volta interrogato, questi ammette di essere stato incaricato da un funzionario del comitato esecutivo del Pcd’I di cercare di trattenere nel partito i simpatizzanti, di tenere contatti con altri comunisti e di essere stato messo al corrente del cifrario del partito. La perquisizione domiciliare di seguito effettuata, oltre al rinvenimento della sua tessera del Partito Comunista d’Italia (Sezione dell’Internazionale Comunista) n° 5813 dell’anno 1922, con le quote mensili pagate per i mesi di gennaio e febbraio e conservata nel fascicolo, porta al sequestro di altro materiale documentario relativo all’attività organizzativa del partito. Il 16.2.1923 il questore di Bergamo Guarducci invia al procuratore del re di Bergamo l’elenco del materiale sequestrato a casa di Stuani: una circolare del Pcd’I firmata da Ruggero Grieco (arrestato a sua volta a Roma il 29.12.1922 e trattenuto in carcere fino al 4.1.1923) sui rapporti tra “il rigore disciplinare e la buona organizzazione interna”; una circolare dell’1.12.1922 del Comitato esecutivo sindacale del Pci alle federazioni del partito, ai comitati e alle organizzazioni sindacali comuniste a proposito del modo di tenere regolari e continui collegamenti reciproci; circolari della federazione provinciale comunista bergamasca; una circolare della sezione di Caravaggio del Pcd’I che parla della sottoscrizione effettuata da Stuani e altri a favore della stampa comunista; appunti annotati in un block-notes sulle attività e le convinzioni comuniste di Stuani; ricevute di sottoscrizioni a favore dei bambini russi e altro materiale relativo alla sottoscrizione a favore della Russia; l’avviso di spedizione da Roma di pubblicazioni effettuata dalla libreria editrice del Pcd’I; corrispondenza con Bonomi, Caglioni, Oldani, a loro volta arrestati, in cui si conferma la presenza di Stuani nella segreteria provinciale del partito e di una somma da versare all’«Ordine Nuovo» da parte della sezione di Caravaggio; inviti per una lotteria a favore della rivista «Ordine Nuovo» e una cedola per la spedizione dello stesso periodico insieme al «Comunista», oltre a circolari cifrate ma non decifrate. Nel suo rapporto il questore osserva che la documentazione sequestrata “sta a dimostrare l’attività dello Stuani, attività rivoluzionaria, sediziosa, che aveva per fine l’eccitare all’insurrezione contro i poteri dello Stato ed a mutare violentemente la Costituzione dello Stato la forma del Governo”. Nell’analisi del questore tali attività sono da mettere in relazione ai piani più generali dei dirigenti della Terza Internazionale di Mosca, di cui Stuani è il tramite provinciale. Il 12.3.1923 il sotto-prefetto di Treviglio scrive al prefetto di Bergamo che Stuani, al momento ancora in carcere, prima del suo arresto era in corrispondenza con altri ‘sovversivi’ di Bergamo, è da ritenersi un elemento pericoloso e, se rilasciato, riprenderebbe la sua attività propagandistica. Stuani viene comunque rilasciato dal carcere perché prosciolto in istruttoria dall’accusa di aver complottato contro i poteri dello Stato. Arrestato di nuovo e imprigionato nel giugno 1923, viene liberato il 31.7.1923 per insufficienza di prove. Il 26.1.1924 il Cpc informa il prefetto di Bergamo che “fra i documenti criptografici sequestrati nel decorso anno a Genova, presso quella sede clandestina dell’Esecutivo Comunista Italiano, figura il nome del suindicato individuo. Pregasi, pertanto, la S.V. di fornire le informazioni di rito sul conto di lui, e disporre che sia convenzionalmente vigilato”. Il suo pseudonimo nel materiale criptografato sequestrato è ‘Siral’. I Cc di Caravaggio il 3.12.1926 propongono al prefetto di Bergamo di ammonirlo per i suoi precedenti, ma la Commissione Provinciale ritiene di sottoporlo solo a diffida, il che avviene nel maggio 1927. Dopo la diffida, secondo il rapporto al questore del 31.12.1927 redatto da Mingione, commissario aggiunto di Ps di Treviglio, Stuani ha mostrato “un serio ravvedimento”, ma il commissario attribuisce tale atteggiamento al timore di misure più gravi e non a mutamento di convincimenti, tuttavia la diffida inflitta e la sorveglianza continua su di lui vengono ritenute misure sufficienti, in accordo con i Cc di Caravaggio e con Tobia Ceserani, podestà del luogo. Poche settimane dopo, tuttavia, l’8.2.1928, lo stesso commissario Mingione invia al questore di Bergamo un rapporto molto negativo su Stuani, il quale “ha commessi in questi ultimi tempi degli atti contro il Fascismo di Caravaggio e contro il podestà di quel Comune, On.le Comm. Tobia Ceserani, fino al punto di provocare una vivace reazione di quella cittadinanza, reazione che non ha avuto incresciose conseguenze solo per l’energico e pronto intervento del predetto Deputato e per le misure adottate dall’Arma locale”. Aggiunge che Stuani è in contatto con ‘sovversivi’ locali e di Milano, che ha in corso una “campagna di calunnia” contro Ceserani, “esponente del Fascismo di tutto il trevigliese” e che, rappresentando “un serio pericolo per le condizioni dell’ordine pubblico di Caravaggio e Comuni limitrofi”, è segnalato come meritevole “di un severo provvedimento di polizia anche nella considerazione che la diffida fattagli direttamente da codesto Uffico non è valsa a farlo desistere dai suoi insani propositi. Il provvedimento proposto viene invocato dal Podestà, dal Fascio di Caravaggio e da tutti gli elementi nazionali di quella città, che vedono la loro tranquillità compromessa dalle mene dello Stuani e degli altri sovversivi suoi parenti ed amici”. Lo stesso Mingione però, dieci giorni dopo la sua segnalazione, e cioè il 18.2.1928, si affretta a scrivere di nuovo al questore di Bergamo riferendo di un colloquio avuto con il comandante della stazione dei Cc di Caravaggio a proposito del tentativo di Stuani, effettuato il 12.2.1928, di poter parlare con il podestà Ceserani. Di fronte al rifiuto di Ceserani di ricevere Stuani, questi si rivolge appunto al maresciallo dei Cc, pregandolo di riferire in vece sua al podestà che tutto ciò che lo stesso Stuani ha fatto a proposito della vertenza sul prezzo del pane, lo ha fatto anche perché consigliato in tal senso dall’ing. Luraschi, commissario straordinario della federazione nazionale dei panificatori fascisti, il quale lo avrebbe spinto a raccogliere documenti e prove a carico di Ceserani per contribuire a indebolirlo politicamente. A riprova del suo dire, Stuani consegna due lettere, di Luraschi a Stuani, al maresciallo dei Cc perché questi le mostri a Ceserani. Il commissario aggiunto di Ps, nel concludere il suo rapporto al questore, così scrive: “Il contenuto di tali lettere sarà stato comunicato alla Confederazione Nazionale dei Commercianti e quindi allo stesso Ing. Luraschi il quale o avrà così creduto che la sua corrispondenza fosse stata sequestrata a Caravaggio, o ne avrà scritto allo Stuani, il quale per giustificarsi, avrà inventato il sequestro denunziato a cotesto Ufficio, ma che, ripeto, si riduce ad una semplice e spontanea consegna di due lettere al Maresciallo dei CC.RR. da parte dello Stuani stesso”. Due giorni dopo, il 20.2.1928, con un’ordinanza del podestà il forno dei fratelli Stuani viene chiuso perché i proprietari non si sono attenuti alle indicazioni ministeriali per il calmiere dei prezzi. La Questura di Bergamo e il podestà ritengono che l’aver coinvolto l’ing. Luraschi nel contenzioso sul calmiere dei prezzi si configuri come un tentativo di mettere l’un contro l’altro gli esponenti del regime fascista locale, quindi un vero e proprio atto politico contro lo Stato fascista. Per questo l’1.3.1928 Stuani viene denunciato alla Commissione Provinciale e proposto per il confino e lo stesso giorno arrestato. Il 5.3.1928 dal carcere scrive una lettera al questore di Bergamo protestando per il prolungarsi della detenzione e contro l’ipotesi dell’invio al confino politico, che dichiara assurda alla luce di quella che definisce l’ineccepibilità della sua condotta politica dal 1922 in poi. Fa risalire la sua detenzione ad una ritorsione ai suoi danni da parte del podestà fascista di Caravaggio, on. Tobia Ceserani, da lui accusato di speculazioni e comportamenti illeciti riguardo a proprietà fondiarie sia a Caravaggio che a Treviglio e dintorni. Rispetto a tali comportamenti, Stuani osserva che solo un regime e un partito complici con Ceserani possono biasimare e condannare il proprio operato e, “se così è, mi si mandi pure al confino, poiché mi sarebbe gramo il vivere in simile Stato”. Dichiara inoltre di voler spedire un telegramma direttamente a Mussolini per smascherare Ceserani, chiedendo giustizia dei danni che lui stesso e la sua famiglia ne hanno avuto. Il 24.3.1928 viene assegnato al confino di polizia per due anni e lo stesso giorno interrogato in Questura dal commissario di Ps, segretario presso la Commissione provinciale di confino. Stuani afferma che: “E’ vero che nel febbraio 1923 fui fiduciario provinciale del partito comunista per la provincia di Bergamo. É vero che fui depositario del cifrario e di altri documenti che mi furono sequestrati. Ammetto di avere spedito a Roma memoriale firmato da 13 fornai ed ammetto di aver dichiarato al Maresciallo dei RR.CC. che quanto feci fu per istigazione dell’ing. Luraschi, dichiarazione che devo oggi rettificare nel senso che alle mie sollecitazioni l’ing. Luraschi ebbe a dirmi che anche se avessi ottenuto soddisfazione, non ne avrei cavato nulla per quanto riguarda il calmiere. Dichiaro però oggi che la mia campagna non fu rivolta contro l’Onorevole Ceserani per combattere il Regime ma spinto dalla necessità economica e di famiglia in conseguenza del calmiere”. Nonostante questa difesa, viene condannato a 2 anni di confino di polizia perché, “già fiduciario provinciale del partito comunista ed irriducibile avversario del Regime, si è reso promotore di una campagna tendente ad ostacolare l’azione dei poteri dello Stato nella lotta contro il carovita ed a gettare discredito sugli esponenti del Regime”, cioè su Ceserani. Per determinare da parte del Ministero dell’Interno la scelta della località di confino, il 28.3.1928 il prefetto di Bergamo invia alla Direzione Generale di Pubblica Sicurezza, Divisione Confino, la documentazione prodotta dalla Commissione Provinciale per il caso di Stuani, condannato perché ritenuto un pericolo permanente per l’ordine statale in base al 2° comma dell’art. 184 del Testo Unico delle leggi di Ps. In attesa di conoscere la destinazione di confino, dal carcere di Sant’Agata a Bergamo il 30.3.1928 Stuani scrive una lettera al prefetto, con la quale chiede un sussidio per la moglie e il figlio di un anno e, nel caso di traduzione al confino, che gli vengano risparmiati i ferri, impegnandosi a non tentare la fuga. Presenta anche ricorso contro la condanna al confino. Il 31.3.1928 la Questura di Bergamo realizza le sue foto segnaletiche conservate nel fascicolo e incollate con le impronte digitali sulla sua scheda personale, che viene aperta con la data del giorno dopo, l’1.4.1928, dalla Prefettura di Bergamo. Il giorno dopo ancora, il 2.4.1928, con un telegramma da Roma viene comunicato che la località di confino scelta dal ministero per Stuani è Lipari. Nel frattempo però si è attivato il meccanismo istituzionale innescato dal ricorso di Stuani contro la condanna al confino, che ne blocca l’immediata esecuzione fino al termine della relativa istruttoria. Così, il 12.4.1928 la Direzione Generale degli Affari Generali Riservati - Sez. I (Confino) trasmette al prefetto di Bergamo le motivazioni del ricorso, nel quale Stuani sostiene “che non è vero che egli abbia promosso una campagna diretta ad ostacolare la lotta contro il caro vita. Con altri bottegai colpiti negli interessi si rivolse alle superiori autorità sindacali Provinciali le quali riconobbero giustissime le sue richieste. Lui fu l’informatore del Presidente della Confederazione Generale dei Panificatori ma le sue informazioni furono giuste ed il Podestà di Caravaggio ebbe la peggio. Non ha screditato nessun esponente del Partito Fascista”. Sulla base di queste considerazioni, il Ministero chiede al prefetto ulteriori e dettagliate informazioni sulle vicende in questione e sulla situazione economica e famigliare di Stuani, in particolare chiede un parere su “quale impressione produrrebbe eventuale revoca o commutazione impugnato provvedimento e se revoca o commutazione richiederebbe particolari misure per prevenire incidenti”. Il prefetto di Bergamo trasmette la richiesta di informazioni alla Questura e questa a sua volta la trasmette il 18.4.1928 ai Cc di Treviglio i quali, con nota 25.4.1928, rispondono al questore: “Lo Stuani Achille (..) è nullatenente. Egli vive del suo lavoro e gode una pensione di lire 125 mensili essendo mutilato di guerra. É insignito della Croce di guerra. L’eventuale revoca o commutazione del provvedimento produrrebbe nell’elemento fascista del luogo cattiva impressione e potrebbe essere causa di possibili incidenti, anche perché lo Stuani per il suo carattere violento non defletterebbe dalla linea di condotta per la quale fu assegnato al confino. Gl’incidenti potrebbero solo evitarsi - in caso di accoglimento del ricorso - col mutamento di residenza da parte dello Stuani e dei suoi famigliari. Il Capitano Comandante della Compagnia Salvatore Capozzi”. Respinto così il ricorso, il 2.5.1928 Stuani giunge alla colonia di Lipari e nello stesso mese chiede il fallimento del forno di famiglia, mentre sua moglie presenta domanda al Ministero dell’Interno per avere un sussidio, ma il podestà di Caravaggio, on. Tobia Ceserani, è contrario alla concessione perché, osserva, i parenti della moglie di Stuani sono ricchi e sono tenuti ad aiutarla. Nel giugno 1928 Stuani chiede una licenza per recarsi a Caravaggio e sistemare i suoi interessi, dovendo far fronte alle richieste dei creditori che hanno avanzato istanza di fallimento. Tuttavia, il 4.7.1928 il prefetto di Bergamo esprime parere contrario all’istanza perché, “dato che questi gestiva il forno in società col padre e con i fratelli, si ritiene che essi possano benissimo regolare la faccenda. La presenza dello Stuani a Caravaggio non sarebbe inoltre opportuna anche per motivi di ordine pubblico”. Sempre nel giugno 1928 Ceserani lamenta di ricevere lettere minacciose dallo Stuani da Lipari. La Commissione Provinciale d’appello, comunque, il 23.7.1928 commuta il confino in ammonizione e Stuani il 25.7.1928 viene accompagnato da un agente da Lipari a Messina e da Messina a Bergamo, dove il 28.7.1928 viene sottoposto ai vincoli dell’ammonizione. Tornato a Caravaggio nella sua casa di via Polidoro Caldara 4, riprende subito la sua battaglia per ottenere la riapertura del forno di famiglia e il suo immediato interlocutore e avversario è il podestà Ceserani. Nell’agosto 1928 scrive due lettere allo stesso Ceserani. La prima è del 14.8.1928, con la quale chiede la riapertura del forno sostenendola con tre ragioni: a. il forno è improntato ai moderni criteri previsti dalle indicazioni ministeriali; b. la chiusura determina uno squilibrio nella distribuzione dei panifici e quindi un cattivo servizio alla cittadinanza; c. se ci sono stati errori da parte dell’impresa Stuani, sono stati ampiamente pagati. La lettera si chiude con un “salutandola romanamente”. Nell’altra lettera chiede di potersi iscrivere al Pnf. Alla prima lettera non ottiene risposta e dopo la seconda riceve una visita dei Cc di Caravaggio con l’ingiunzione di non importunare oltre il podestà. Nei tre mesi successivi si reca per sette volte dalla federazione fascista dei commercianti di Bergamo di viale Vittorio Emanuele 2, presso il segretario avvocato Gerenzani e il presidente ragionier Giovanni Regazzoni, che fanno presente a Stuani la loro difficoltà a risolvere per via amministrativa la questione per via delle implicazioni politiche del caso, che coinvolge la figura di Ceserani. Il 18.10.1928 Stuani scrive una nuova lettera, questa volta al segretario politico fascista di Bergamo, Pietro Capoferri. Nella lettera riferisce di essere stato, lo stesso giorno, presso la federazione fascista degli esercenti di Bergamo per avere notizie sulla possibilità di riapertura del forno, ma in quella sede l’avvocato Gerenzani gli ha risposto che la federazione degli esercenti non può nulla in proposito perché la questione del forno va risolta in sede politica. Nella stessa lettera Stuani rileva inoltre che “dopo il mio ritorno dal confino e del come avvenne, ritengo che il rivangare la questione politica che, sia detto tra parentesi servì a meraviglia alle autorità di Bergamo per mandarmi a Lipari, sia una cosa per lo meno fuori luogo”. Si dichiara disposto a qualsiasi sacrificio pur di ottenere la riapertura del forno, rimettendosi per questo alla discrezionalità di Ceserani, anche per evitare di coinvolgere lo stesso Mussolini, cioè “incomodare Colui che sicuramente vede queste cose come Ceraste di dantesca memoria”. Stuani, tuttavia, non ottiene risposta nemmeno da Capoferri. Il 2.11.1928 scrive allora una lettera alla Federazione fascista dei commercianti di Bergamo chiedendo una risposta definitiva, che arriva tramite una lettera del 17.11.1928, in cui si scrive che la questione è stata avocata a sé da Capoferri. Stuani si presenta allora il 19.11.1928 direttamente alla casa dei sindacati di Bergamo chiedendo udienza a Capoferri, parla con il suo segretario scambiandolo per quest’ultimo, dal quale ottiene comunque un appuntamento per i giorni successivi al ritorno a Caravaggio da Roma di Capoferri. Quando ciò avviene, Stuani telefona per avere l’appuntamento promesso, parla con il segretario di Capoferri che stavolta si presenta come tale e riferisce che Capoferri non sa nulla e non si occuperà della questione perché l’ha risolta lo stesso segretario di Capoferri parlando direttamente con Ceserani, che però esclude la riapertura del forno, chiuso insieme ad altri tre nel periodo della riduzione generale dei negozi come strategia del regime per introdurre il calmiere dei prezzi. Dato l’esito del tentativo, il 28.11.1928 Stuani scrive direttamente a Carlo Solmi, prefetto di Bergamo. Nella lettera ricostruisce tutta la sua vicenda, stigmatizza il fatto che il segretario di Capoferri assuma informazioni e prenda decisioni che spetterebbero a Capoferri stesso e chiede un intervento risolutore del prefetto stesso: “Voi che conoscete la radice di questa disgraziata vertenza, volendo siete l’unico che potreste volgerla alla fine. L’autorità che promana dall’altissima carica che avete l’onore di coprire è sicura garanzia che ognuno si piegherà al voler vostro”. In conclusione di lettera, Stuani si dichiara disposto a rinunciare alla propria licenza commerciale a favore del fratello pur di ottenere la riapertura del forno. Da parte sua, Ceserani consegna le due lettere di Stuani ai Cc di Caravaggio, chiedendo di far sapere in Prefettura che, qualora Stuani dovesse essere ammesso nel partito, lui si dimetterebbe da tutte le cariche fasciste, mentre Stuani contesta la validità della decisione presa a suo danno dalla Commissione Provinciale di inviarlo al confino, osservando che il questore e il prefetto di Bergamo, membri della Commissione Provinciale, sono gli stessi che hanno convalidato la chiusura del suo forno proposta da Ceserani, generando così un circolo vizioso giuridico al momento di decidere, in sede di Commissione, la sua condanna al confino. Inoltre, dice pubblicamente di avere appoggi presso alte personalità fasciste, che gli dovrebbero consentire la riapertura del forno e l‘iscrizione al fascio, minacciando anche di spedire memoriali a Mussolini. In effetti, l’1.1.1929 da Milano spedisce un voluminoso plico, contenente documenti a carico di Ceserani, direttamente a Mussolini. La risposta del potere fascista locale non si fa attendere. Il 5.1.1929 viene denunciato allo scopo di essere rimandato al confino “avendo tenuto cattiva condotta e avendo dimostrato di non saper trarre amenda (sic) dall’atto di clemenza della commutazione”. Interrogato dai Cc di Caravaggio, che ne riferiscono riservatamente alla Questura di Bergamo l’11.1.1929, Stuani esibisce la ricevuta dell’avvenuta spedizione, dicendosi sicuro dell’appoggio di influenti personalità fasciste. Inoltre, dato che non gli sono stati concessi i benefici di legge dal Tribunale di Bergamo per il fallimento della sua azienda, ha inviato una protesta a Mussolini e al prefetto di Bergamo, nella quale accusa il presidente del Tribunale di Bergamo, Belloni, di aver subordinato la concessione dei benefici di legge ad una raccomandazione dell’on. Ceserani e di Pietro Capoferri. La susseguente perquisizione a casa di Stuani ha esito negativo. Arrestato a casa sua il 16.1.1929 dai Cc di Caravaggio, viene tradotto nelle carceri di Bergamo, dove lo stesso giorno riceve e controfirma la formale comunicazione della convocazione davanti alla Commissione Provinciale per il successivo 22.1.1929, sulla base dei seguenti addebiti: “Già assegnato al confino di polizia perché quale ex fiduciario provinciale del partito comunista ed irriducibile avversario del Regime, si era reso promotore di una campagna denigratoria e tendente ad ostacolare l’azione dei Poteri dello Stato nella lotta contro il caro-viveri ed a gittare (sic) discredito sugli esponenti del Regime; ammonito in commutazione del confino per disposizione ministeriale, ha tenuto cattiva condotta, ha ripreso una acerba campagna di denigrazione contro esponenti del Regime, minacciando scandali con pretesi appoggi di personalità fasciste, accusando regi uffici di fatti completamente falsi”. II 22.1.1929 si riunisce in Prefettura la Commissione Provinciale, composta dal prefetto Carlo Solmi, dal procuratore del Re Vincenzo Zampelli, dal questore Giovanni Guarducci, dal console comandante della XIV legione Mvsn Giovan Battista Marconi e da Armando Calabrò, capitano Cc in rappresentanza del comandante dei Cc di Bergamo. Stuani viene condannato al confino di polizia per 2 anni, che il Ministero dell’Interno poi decide essere la colonia di Ponza. Prima della partenza per il confino, però, ci sono ulteriori passaggi. Lo stesso giorno della condanna al confino Stuani rilascia una dichiarazione al commissario di Ps di Bergamo, Guido Masiero, relativa alla situazione di momentanea sospensione della sentenza di fallimento del forno così come riferitagli dal rag. Achille Bonfichi, dell’amministrazione comunale di Treviglio, curatore del fallimento. La Questura di Bergamo incarica la Pretura di Treviglio di verificare il contenuto delle affermazioni del Bonfichi, che tre giorni dopo, il 25.1.1929, viene interrogato in proposito. Questi afferma che nell’istanza di omologazione formale del fallimento, da lui redatta e inoltrata al Tribunale, aveva inserita la domanda di concessione dei benefici di legge, subordinati al nulla osta dell’on. Ceserani, podestà di Caravaggio, cioè dall’antagonista principale di Stuani, che nega il nulla osta. Viene quindi effettuato un passo ulteriore nella direzione di stabilire l’effettiva dinamica della mancata concessione, da parte del Tribunale di Bergamo, dei benefici di legge nel procedimento del fallimento del forno di Stuani. Il 7.2.1929 il procuratore del Re, Vincenzo Zampelli, convoca a testimoniare Pietro Quaglia, cancelliere del Tribunale. Di fronte alle concordi affermazioni di Stuani e di Bonfichi sulla dinamica del procedimento di omologazione formale della sentenza di fallimento del forno emessa dal Tribunale di Bergamo, e sulla mancata concessione dei benefici di legge previsti in tale circostanza (cioè far cessare il procedimento per bancarotta semplice), Quaglia ricostruisce la dinamica dell’accaduto: all’inizio lo stesso Quaglia si era rivolto al giudice delegato al fallimento, Maronna, per avere indicazioni sulla concessione o meno dei benefici di legge. Maronna si era dichiarato propenso a concederli, invitando però Quaglia ad averne autorevole conferma dal presidente del Tribunale, Belloni, il quale però non intende concederli perché la percentuale dovuta ai creditori è troppo bassa (il 15%) e perché Stuani è stato confinato e ammonito, riservandosi un definitivo consulto in camera di consiglio. Quaglia aggiunge di essere stato interpellato sull’andamento della questione dal curatore del fallimento, Bonfichi, al quale riferisce il parere di Belloni e, di propria iniziativa, Quaglia suggerisce a Belloni che un parere favorevole alla concessione dei benefici di legge da parte di Ceserani, podestà di Caravaggio, avrebbe potuto indurre il Tribunale ad essere indulgente. Interpellato dunque da Bonfichi, Ceserani risponde di non voler interferire con l’iter giudiziario e che, per parte sua, a prescindere dalla sentenza del Tribunale, non intende concedere comunque la licenza d’esercizio del forno. Riferito da parte di Quaglia al presidente del Tribunale il parere di Ceserani, il presidente conferma l’indisponibilità alla concessione dei benefici di legge. L’antagonismo tra Stuani e Ceserani, intorno a cui ruota gran parte della vicenda del forno, emerge anche da un altro documento contenuto nel fascicolo, e cioè il rapporto inviato il 25.2.1929 alla Prefettura di Bergamo dal comandante della divisione di Bergamo dei Cc, Pietro Testani. Questi riferisce quanto afferma il maresciallo Dell’Erba dei Cc di Caravaggio, secondo il quale Stuani “ha sempre costituito in paese un serio pericolo per l’ordine in quantoché dopo la chiusura del forno, manifestò odio ed anche propositi di vendetta contro il locale Podestà”. Inoltre, benché non si possano imputare a Stuani comportamenti recenti ostili al regime fascista, pure “non ha mai desistito di fare commenti ed apprezzamenti sfavorevoli contro le autorità della Provincia e del luogo allo scopo di diminuirle nella popolazione. Infatti S.E. il Prefetto, l’on. Ceserani, il Presidente del Tribunale ed il Questore di Bergamo sono stati oggetto delle più basse accuse perché da lui ritenuti gli autori della sua rovina. E poiché detto Stuani, col suo contegno provocatore minacciava possibili incidenti da parte di elementi fascisti, ormai stanchi della sua opera diffamatoria nei confronti di dette Autorità, questa Arma lo proponeva per il confino, proposta che anche ora si conferma, sommettendo che un eventuale atto di clemenza, a così poca distanza di tempo, spingerebbe lo Stuani ad atti inconsulti in persona del locale Deputato”. Pochi giorni dopo questo rapporto, Stuani viene inviato a Ponza, dove giunge il 12.3.1929. Anche in questo caso Stuani ricorre in appello contro la decisione, ma la Commissione d’Appello, riunitasi per deliberare il 28.5.1929, conferma la condanna. Tuttavia, il 31.5.1929 il prefetto di Bergamo Solmi scrive allarmato al capo della polizia Arturo Bocchini, informandolo che la famiglia Stuani a Caravaggio ha sparso la voce che Achille sta per tornare in libertà e che la voce ha destato contrarietà nei fascisti locali. Il prefetto esprime anche la propria contrarietà perché Stuani, ai suoi occhi, “è indegno di un atto di clemenza ma il suo ritorno rappresenterebbe un pericolo per la persona del podestà Ceserani”. Il 24.8.1929 Natale Stuani, fratello di Achille, chiede il permesso di fargli visita per prendere accordi circa l’eventuale allontanamento di tutta la famiglia da Caravaggio. A questa richiesta di Natale Stuani i Cc di Treviglio, come scrivono al questore di Bergamo il 7.9.1929, esprimono “parere favorevole perché il suo desiderio sia accolto, facendo presente che l’incontro fra i due potrebbe far decidere il trasloco sopra accennato utile agli effetti della tranquillità e dell’ordine a Caravaggio”. Il 19.3.1930, con il piroscafo ‘Giannutri’ proveniente da Gaeta, giunge nella colonia di Ponza la moglie di Stuani, Maria Recanati, con il figlio, in seguito a nulla osta chiesto il 6.2.1930. Durante la detenzione a Ponza, il 30.4.1930 viene citato a comparire come imputato per bancarotta semplice davanti al Tribunale di Bergamo, ma rinuncia alla comparizione preferendo essere giudicato in contumacia, come comunica in data 18.4.1930 l’Alto Commissariato per la Città e Provincia di Napoli alla Direzione Generale di Ps Affari Generali Riservati Sez. I Confino Politico e al questore di Bergamo. Liberato il 16.1.1931 per fine pena dal confino di Ponza, viene accompagnato a Napoli e da qui a Bergamo. Tre mesi dopo circa chiede il permesso di tornare a Ponza per incontrarsi con l’avv. Vittorio Ambrosini che vi è confinato. La ragione del colloquio chiesto da Stuani, secondo quanto ne scrive il 19.4.1931 il Ministero degli Interni al prefetto di Bergamo, riguarda “questioni tecniche amministrative circa impianti forni”. Il permesso viene accordato e Stuani, per raggiungere Ponza, deve passare per Gaeta, ciò che avviene con lasciapassare l’1 o il 2.5.1931. Ottenuta la possibilità di riaprire il forno, si dedica alla sua attività professionale di prestinaio. Dopo il rientro dal confino, le segnalazioni periodiche alla Prefettura da parte dei Cc e della Questura non contengono rilievi sul suo conto e, in alcuni casi, vengono fatte osservazioni positive. Il 7.1.1933, per esempio, il comandante della tenenza dei Cc di Treviglio, Francesco Re, nel suo rapporto alla Questura di Bergamo osserva che Stuani “da prove sincere di rivolgimento della sua idea comunista, dimostrandosi non solo ossequiente alle leggi dello Stato ma anche entusiasta del Regime Fascista e del P.N.F. Quando il locale Segretario Politico fa appello alla popolazione di dare per i bisognosi, lo Stuani si trova sempre al primo posto; nella scorsa stagione estiva e per tutta la stagione fornì il pane per la colonia marina a prezzo di spesa effettiva, vale a dire, senza alcun guadagno e senza tener conto della sua mano d’opera ed attualmente fornisce il pane per i disoccupati a prezzo tanto basso che nessun prestinaio ha voluto accettare, permettendo così un’economia al Comune di parecchie migliaia di lire. Nel complesso il comportamento dello Stuani, anche a giudizio delle gerarchie politiche locali, oltre ad apparire sincero è tale da non destare preoccupazione alcuna in linea politica, e da far prevedere un effettivo orientamento verso il Fascismo”. Un anno e mezzo dopo, il 26.9.1934, il maresciallo maggiore dei Cc di Treviglio, Giovan Battista Rossi, nel suo periodico rapporto alla Questura di Bergamo ribadisce le considerazioni appena espresse, osservando che Stuani in più circostanze ha chiesto l’iscrizione al partito fascista, nel quale “ora, da solo gregario, potrebbe essere di notevole rendimento”, proponendo la radiazione dallo schedario dei sovversivi e dal registro delle persone pericolose da arrestare in determinate contingenze. Analogo rapporto viene inviato il 16.12.1936 dal vice-brigadiere dei Cc di Caravaggio Arcangelo Capparotto alla Questura di Bergamo, in cui viene richiamata la proposta, più volte avanzata, di radiazione dallo schedario dei sovversivi, ma sullo stesso foglio, a mano, il questore aggiunge che “non è ancora opportuno radiarlo, dati i suoi precedenti”. Nel gennaio 1939 viene allentata la sorveglianza nei suoi confronti. Nel dicembre 1941 gli viene tolta la qualifica di ‘schedato’ ma viene mantenuto il suo nome nel novero dei sovversivi. Attivo nella Resistenza, nel dopoguerra è consigliere provinciale per il Pci, sindaco di Caravaggio e deputato per il Pci dal 1948 al 1953. In seguito aderisce al Psiup. Muore a Caravaggio il 2.5.1976. Cpc, b. 4977, fasc. 011085, 1924-1942, scheda biografica. (G. Mangini)