Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Bergamo il 14.7.1917, antifascista, comunista. Dopo aver studiato al liceo 'Sarpi', si laurea in medicina e chirurgia. Abita in via San Bernardino 24. É iscritto al Pnf dal 16.10.1939 all'11.10.1941, quando gli viene ritirata la tessera ed espulso perché arrestato per attività sovversiva, incarcerato e denunciato al Tribunale Speciale. Con lui sono coinvolti i fratelli Eugenio e Roberto Bruni, a loro volta detenuti dall'11.10.1941, Virgilio Caffi, detenuto dal 12.10.1941, e Gino Antonucci, detenuto dal 13.10.1941. Il 9.3.1942 i 5 giovani sono portati in aula a Roma e giudicati dal Tribunale Speciale. Taino, i due fratelli Bruni e Caffi sono accusati di aver svolto, in concorso fra loro, propaganda per deprimere e distruggere il sentimento nazionale mediante scritte murali a Bergamo dal novembre 1940 all'ottobre 1941, come quella a carbone su Porta San Giacomo: "Italiani ribellatevi! Il fascismo e la guerra porteranno alla rovina". Tutti e 5, inoltre, sono imputati di avere offeso il prestigio e l'onore di Mussolini in diverse riprese e in concorso fra loro, e di aver nottetempo imbrattato con liquido marrone l'effigie del duce sull'ara dei caduti fascisti a Bergamo, posta nel giardino antistante gli uffici comunali della città. Il mattino seguente era stato necessario transennare e coprire la scultura perché i bergamaschi facevano la fila per vedere. Il Tribunale Speciale nella circostanza è composto dal presidente Gaetano Le Metre (luogotenente generale Mvsn), dal giudice relatore Gioacchino Milazzo e dai giudici Ugo Colizza, Carlo Bergamaschi, Emilio Palmeri, Torello Pompili, Alessandro Alvisi. Al termine del processo, Taino, Caffi ed E. Bruni sono giudicati responsabili e perciò condannati a 4 anni di carcere (Taino e Caffi) e a 3 anni (E. Bruni). Roberto Bruni è assolto per insufficienza di prove e Gino Antonucci per non aver commesso il fatto e per questo immediatamente scarcerato. I condannati devono pagare le spese processuali e il loro stesso mantenimento per il periodo di carcere preventivo. Taino e Caffi, inoltre, vengono condannati all'interdizione temporanea dai pubblici uffici. Taino è fidanzato con Maria Giovanna Savoia (di Ernesto e Lidia Cavallari, n. Visano, Bs, il 1.6.1921 e residente a Brescia via L. da Vinci 22), impiegata presso l'Istituto Fascista autonomo delle case popolari, alla quale il 13.4.1942 viene concesso di intrattenere corrispondenza con il fidanzato. Il 6.4.1942 viene concesso al padre e alla zia paterna Elvira Alessandra Luigia di avere corrispondenza con il giovane Taino. Il 10.4.1942, viene inoltre concessa la corrispondenza anche con la madre Ines Volonterio, con la sorella Giuliana, con la zia paterna Clelia, con la nonna materna Giulia Scotti. Il 18.8.1943 la Questura di Modena chiede per telegramma a quella di Bergamo se per Taino, recluso a Castelfranco Emilia (Mo), si possa chiedere la grazia all'autorità giudiziaria. Il 21.8.1943 viene concessa la grazia e con foglio di via obbligatorio è rimpatriato a Bergamo, dove il 22.8.1943 si presenta in Questura. Liberato, entra in clandestinità. Con il nome di Elio, scelto in omaggio a Vittorini, partecipa alla Resistenza nella II Divisione Lombardia delle Brigate Garibaldi: è commissario politico presso la Brigata Mina, attiva in Valtellina tra Colico e la Val Gerola. Dopo il 25.4.1945 diviene dirigente del Pci di Bergamo, deputato e per vent'anni componente del Consiglio comunale. Muore a Bergamo il 18.10. 2015. Cpc, b. 5009, fasc. 106742, 1942-1943. (G. Mangini)