Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Bergamo il 6.6.1902, ha la licenza elementare e risiede in via San Bernardino 36. Ha un fratello, Camillo Giovanni Battista detto Emilio, falegname residente in via Pelabrocco 9, e due sorelle, una ricoverata all’Istituto rachitici e l’altra a servizio come domestica. Dal 1921 alla metà del 1923 lavora come tipografo presso l’Istituto Italiano d’Arti Grafiche di Bergamo e, pur aderendo a posizioni ‘sovversive’, alla Questura di Bergamo non sembra particolarmente coinvolto nell’impegno politico. Si trasferisce poi alla tipografia Restelli di Lovere (Bg), dove viene arrestato dai Cc locali, ma nel fascicolo non ne è documentato il motivo. Nel 1923 viene rimproverato dai fascisti perché porta con spavalderia un grande fazzoletto rosso al collo, gli viene imposto di toglierlo e lui ‘malevolmente aderì all’imposizione’. Dal 1924 è residente a Milano dove lavora come tipografo e frequenta gli antifascisti locali, dimostrandosi comunista. Celibe, incensurato, dal 13.4.1928 è detenuto insieme ad altri militanti comunisti, sospettati di essere tra gli esecutori dell’attentato alla Fiera campionaria di Milano, avvenuto il giorno prima, il 12.4.1928, in piazzale Giulio Cesare. In carcere tutti gli arrestati subiscono pesanti sevizie allo scopo di indurli a confessare un qualche loro coinvolgimento nell’attentato, tanto che uno del gruppo, Antimo Boccalari, in seguito alle percosse perde la ragione. Testa e gli altri vengono rilasciati dieci giorni dopo, il 23.4.1928, perché riconosciuti estranei all’attentato. Tuttavia, il 5.6.1931 i componenti del gruppo vengono denunciati al Tribunale Speciale con l’accusa di ricostituzione del disciolto partito comunista. Più precisamente, vengono imputati “1. del delitto di cui all’art. 3 p.p. della legge 25 novembre 1926 n. 2008 per avere in Milano, nel febbraio 1928, in correità fra loro, promossa la riunione di essi medesimi quali iscritti al partito comunista al fine di commettere atti di violenza che condussero a portare la strage fra gli avversari del partito stesso nel territorio del regno, e conseguentemente a suscitare la guerra civile. 2. del delitto di cui all’art. 4 capoverso primo della legge predetta per avere fatto parte del PC disciolto fino all’atto del loro arresto. Testa Giuseppe inoltre per correità in falso di carta d’identità per Bruneri Oreste (ai sensi dell’art. 285 e 64 del CP nonché del delitto all’art. 285 in relazione all’art. 5 legge 25-11-1926 per avere aiutato Bruneri ad eludere le investigazioni dopo che era stato rinviato a giudizio dal TS e si manteneva latitante”. Da quest’ultima imputazione Testa viene assolto per insufficienza di prove, ma per le imputazioni principali gli vengono inflitti 12 anni di carcere. Per quanto riguarda gli altri: Oreste Bruneri, muratore, 3 anni e 6 mesi; Ettore Vacchieri, meccanico, 12 anni; Augusto Lodovichetti, muratore, 12 anni; Giuseppe Sarchi, lattaio, 6 anni; Francesco Oggioni, cantiniere, 5 anni; Porta Giuseppe, tramviere, assolto; Boccalari Antimo, meccanico, nel frattempo internato in manicomio. Vengono inoltre inflitti a tutti l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, tre anni di vigilanza speciale e il pagamento delle spese processuali. Il 10.10.1932 Testa viene trasferito alla casa penale di Lucca, poi a Fossombrone, agli inizi del 1934 di nuovo a Lucca e il 3.2.1934 al carcere di Bergamo. Dal marzo 1934 è nel carcere di Civitavecchia, da dove viene liberato per amnistia il 13.3.1934. Rientrato a Milano, lavora come tipografo presso la ditta Vanzetti e Vamoletti di via Salasco 34, dove guadagna 120 lire settimanali. Il 29.6.1935 con il permesso della Questura di Milano giunge a Bergamo per visitare i parenti, si presenta in Questura e il giorno dopo riparte per Milano. Il 23.11.1936 la Questura di Milano aggiorna quella di Bergamo sul conto di Testa, del quale dice che non è iscritto al Pnf, è sottoposto a vigilanza speciale e non ha dato prova di ‘ravvedimento’ politico. Il 30.4.1938 viene fermato per misure di Ps e il successivo 22 maggio rimesso in libertà. Il 2.4.1939 viene arruolato nel 43° Reggimento Fanteria di stanza a Genova, da dove il 5.6.1939 rientra a Milano in via Morazzone 8 per convalescenza di due mesi. Dal 17.9.1939 fino al 9.6.1940 non ci sono segnalazioni. Ritenuto pericoloso di I categoria, incluso perciò nell’elenco dei sovversivi capaci di attentati terroristici, all’inizio della seconda guerra mondiale il Ministero degli Interni reputa opportuno internarlo in campo di concentramento per tutto il periodo della guerra, perciò il 3.7.1940 viene fermato a Milano e trattenuto in carcere in attesa della destinazione. Il 17.7.1940 il Ministero dispone di inviarlo nel campo di concentramento per internati civili di Colfiorito (Pg), da dove il 27.12.1940 viene trasferito nel campo di concentramento di Manfredonia. Da qui, per la sua condotta ‘sobillatrice’, l’11.9.1941 viene trasferito alle isole Tremiti fino al luglio 1943, quando viene liberato, rientrando a Milano. Nell’agosto 1943 si reca per qualche giorno a Bergamo ospita della zia Rosina Zanchi, per poi rientrare a Milano. Nel fascicolo è conservata una sua fotografia. Cpc, b. 5084, f. 031608, 1928-1943, scheda biografica. (G. Mangini, R. Vittori)