Profilo sintetico riassuntivo
Nato e residente a Romano di Lombardia (Bg) il 21.7.1904, antifascista, sovversivo non schedato. Figlio dell’ex-preside del ginnasio ‘Rubini’ di Romano di Lombardia, poi residente a Scanzorosciate (Bg), è studente in legge all’Università di Pavia. Laureatosi, lavora come impiegato in uno studio notarile, poi diviene vice-capo-ufficio della sede milanese della società ‘Montecatini’. Sposato con Alma Olivari (fu ing. Luigi) e padre di Luigi, Giacomo e Rosa, si proclama mazziniano. Nel corso del 1924 svolge attività di praticantato a Romano di Lombardia presso lo studio legale dell’avvocato socialista Angelo Masneri (b. 62), che lo convince a prendere la tessera socialista, firmata dallo stesso Masneri, e a lasciare il Pnf consegnando la tessera fascista nelle mani del segretario politico del fascio di Romano di Lombardia, ing. Carlo Finazzi (poi ucciso da partigiani a Crescenzago il 16.5.1945). Questi ne informa il padre che, insieme allo zio materno don Giuseppe Radici, richiamano il giovane Zampieri, nel frattempo espulso dal Pnf. La perquisizione domiciliare eseguita dai Cc ha esito negativo. Considerando le possibili conseguenze negative derivanti dalla sua inclusione nell’elenco delle persone politicamente sospette, il 27.2.1927 lo zio sacerdote scrive una lettera al questore di Bergamo, conservata nel fascicolo, chiedendo che il nome del nipote venga tolto dall’elenco “delle persone sovversive e pericolose per l’ordine pubblico di Romano, mentre lo stesso è tutt’altro che sovversivo, e solo per errore fu incluso nell’elenco”, invocando per questa richiesta il fatto che “la nostra Famiglia, che ha per capo mio padre, tuttora vivente, superstite garibaldino, e che conta parecchi caduti sul campo della gloria nelle guerre d’Africa e nell’ultima grande guerra, non avrebbe mai tollerato che un proprio congiunto si macchiasse dell’infamia di dare il proprio nome a qualsiasi partito denigratore del sangue versato e della vita generosamente immolata. Il Segretario Politico locale potrà dare tutte le informazioni del caso, perché sia tolta un’onta che pesa su di noi tutti”. Lo stesso Zampieri il giorno 1.3.1927, su carta da bollo, scrive di suo pugno una lettera al prefetto di Bergamo per chieder di essere radiato dall’elenco delle persone sospette all’ordine nazionale, dichiarando la sua precedente iscrizione al partito socialista come scelta superficiale di un momento e non come segno di un convincimento profondo. Il 4.3.1927 il commissario prefettizio che regge il comune di Romano di Lombardia informa la Prefettura che Zampieri ha ricevuto la carta d’identità come sospetto politico con l’impronta digitale ma nello stesso tempo presenta ricorso contro tale decisione. Nella sua lettera il commissario prefettizio aggiunge che “lo Zampieri, che è un giovane studente universitario, sia per la sua età sia per i precedenti suoi e di famiglia (il padre Preside del locale Ginnasio Rubini è tesserato fascista) non pare possa comunque ritenersi sospetto o pericoloso per l’ordine nazionale”. La richiesta dello zio sacerdote induce il questore di Bergamo a chiedere informazioni ai Cc di Treviglio, che il 14.3.1927 rispondono ricostruendo la vicenda dell’espulsione dal Pnf, imputandola all’ingenuità del giovane Zampieri e alla capacità persuasiva dell’avvocato Masneri. Nel chiudere il rapporto, il comandante della compagnia di Treviglio dei Cc, Salvatore Capozzi, osserva che “lo Zampieri venne in un primo tempo inscritto nell’elenco delle persone pericolose per l’ordine Nazionale per una errata valutazione delle di lui qualità generali da parte del Comandante della Sezione di Romano di L. nei confronti del quale questo Comando è opportunamente intervenuto con i mezzi di sua competenza. Ciò premesso si esprime parere favorevole per l’accoglimento della istanza dello Zampieri”. Questi presta servizio militare nel 1928. Dal febbraio 1933 risiede a Bergamo in via Galliccioli 1 e lavora come impiegato presso lo studio del notaio Taschini di via XX settembre 27, mentre nel febbraio 1934 nello studio del notaio Leonardo Pellegrini di via Zambonate 13. Nel 1934 chiede di essere riammesso al Pnf, ma il federale di Bergamo Giuseppe Beratto gli comunica che non può accogliere la domanda perché il motivo della radiazione dal partito non è tra quelli previsti da Mussolini per la riammissione. Dal 13.11.1938 si trasferisce con la famiglia a Treviglio in via Mazzini 30. Iscritto nello schedario dei sovversivi, nell’ottobre del 1939 ne viene radiato dopo il parere favorevole in tal senso dell’1.10.1939 da parte dei Cc di Treviglio. Nel corso del 1942 a Romano di Lombardia si ritrova spesso nella bottega del calzolaio Defendente Manetta (b. 59) insieme a questi e al fratello Riccardo Manetta (b. 59), oltre ad Alessandro Nosari, il tema dei loro discorsi è nettamente antifascista. Per questo viene arrestato il 26.6.1942 dal maresciallo Angelo Meloni e dal vice-brigadiere Salvatore Scali dei Cc di Treviglio. Il giorno dopo viene rinchiuso nelle carceri giudiziarie della Questura di Bergamo, che l’1.8.1942 lo denuncia alla Commissione Provinciale per i provvedimenti di polizia. Tra l’arresto e l’udienza della Commissione Provinciale Zampieri passa in prigione il mese di luglio 1942. Durante la detenzione chiede di poter corrispondere con la moglie, i figli, il padre e la madre, il fratello rag. Luigi (Bergamo, via Broseta 20), lo zio materno comm. prof. don Giuseppe Radici (fu Ernesto, di Scanzorosciate), la zia materna Maria Radici (vedova Iuduni, Romano di Lombardia), la cognata Paola Olivari (Milano, via Poliziano 15), la zia della moglie, Rosa Faini vedova Milani (Milano, via Sarpi 60), la zia della moglie Elisa Baizini vedova Olivari (Bergamo, viale Roma 6), i cugini Quarto, Paolo, Luigia, Maria ed Elisabetta Quarti fu Edoardo (Bergamo, via Sant’Orsola 14), i cugini della moglie prof. dr. Dora e dr. Mario Olivari (Bergamo, viale Roma 6), i conoscenti cav. Luigi e Meri Cassani (Treviglio, via Mazzini 30), il compagno di studi notaio dr. Mario Leidi (Bergamo, piazza Vittorio Emanuele 6), l’ex collega di studio notaio G. Battista Taschini (Bergamo, via XX settembre 27), l’ex collega di studio avv. Giovanni Pansieri (Bergamo, via XX settembre 27), il direttore della Soc. Montecatini Gr. Uff. Avv. Angelo Angelelli (Milano, via Principe Umberti 18), il procuratore della Società Montecatini, prof. dr. Tommaso Ferranti (Milano, via Principe Umberto 18), il collega di ufficio procuratore della Società Montecatini, rag. Renato Casagrande (Milano, via Principe Umberto 18). Viene anche interrogato e l’1.8.1942, tre giorni prima del giudizio, la Questura informa la Prefettura di Bergamo delle risultanze dell’interrogatorio: “Interrogato lo Zampieri, questi ammise di aver frequentato la bottega del Manetta, soggiungendo di essersi in questa incontrato con Ferrari Angelo fu Carlo e di Facchetti Angela, nato a Romano Lombardo il 9.9.1895, ivi residente, bracciante - Maltempi Angelo fu Ferdinando e Bertolazzi Giovanna, nato a Romano Lombardo il 1.7.1890, ivi residente, operaio elettricista - e Gandossi Giuseppe fu Giovanni e fu Ceseria Giacoma, nato a Romano Lombardo il 28.5.1893. Luppoli, Ferrari, Gandossi, Nosari e Maltempi risultano inscritti al P.N.F. e dalla Federazione è stata annullata l’inscrizione. Il dott. Zampieri ha affermato di essersi intrattenuto nella bottega del calzolaio con Luppoli, Ferrari, Gandossi e Maltempi su questioni alimentari, fatti di guerra e argomenti politici, soggiungendo che egli è di idee mazziniane e che sua aspirazione è quella di volere l’Italia libera da ogni forma di influenza straniera. Ha affermato che uguali erano i sentimenti dei suoi interlocutori. Tutti e quattro hanno negato, però, ogni addebito”. Il 4.8.1942 viene condannato a 3 anni di confino di polizia perché “pericoloso per l’ordine nazionale”. Contro la condanna Zampieri presenta ricorso l’11.8.1942. Il 2.9.1942 la IIa Delegazione Interprovinciale – Sezione IV di Milano del Sottosegretariato di Stato per le Fabbricazioni di Guerra si rivolge alla Questura di Bergamo per sapere le ragioni dell’arresto di Zampieri del giugno precedente, chiedendo inoltre un parere sull’opportunità o meno di mantenerlo nel personale della fabbrica una volta scontata la condanna. Intanto, destinato a Pomarico (Mt), Zampieri vi giunge il 15.9.1942. Il 14.10.1942 il Ministero dell’Interno concede alla moglie Alma e ai tre figli di ricongiungersi con Zampieri a Pomarico. La scadenza della sua condanna è prevista per il 25.6.1945, ma il 27.10.1942 il Cpc comunica alle Prefetture di Matera e di Bergamo che Zampieri viene prosciolto condizionalmente dal confino con atto di clemenza del duce in occasione del ventennale della marcia su Roma. Il 4.11.1942 viene munito del foglio di via obbligatorio con l’ordine di presentarsi alla Questura di Bergamo entro 3 giorni. Il 6.11.1942 rientra presso la propria abitazione di Treviglio. L’11.11.1942 la IIa Delegazione Interprovinciale – Sezione IV di Milano del Sottosegretariato di Stato per le Fabbricazioni di Guerra si rivolge alla Questura di Bergamo per ottenere “un esplicito parere sull’opportunità o meno che il nominato in oggetto continui a far parte del personale di stabilimento ausiliario come richiesto con foglio 834 Segr. D. in data 16 settembre c.a.”. Il 19.11.1942 la Questura di Matera gli riconosce un assegno di lire 58.20 come rimborso per le spese di viaggio per il suo rientro a casa, ricevuto dal comune di Treviglio il 3.12.1942. Il 7.12.1943 i Cc di Treviglio esprimono parere favorevole alla permanenza di Zampieri presso lo stabilimento Montecatini. Dalla sua abitazione di Treviglio di via Mazzini 30, il 6.5.1943 scrive alla federazione fascista di Bergamo: “Vi comunico che dal 6 novembre del decorso anno sono rientrato in famiglia a Treviglio, mio luogo di residenza, dal confino di Polizia di Pomarico, e ciò in accoglimento del mio ricorso contro il giudicato della Commissione provinciale di Bergamo. Tanto per norma e conoscenza di questa Federazione”. Due giorni dopo, l’8.5.1943, la segreteria della federazione di Bergamo del Pnf, retta da Mario Cionini Visani, si rivolge al questore di Bergamo a proposito di Zampieri, “con preghiera di voler cortesemente far conoscere con esattezza se lo stesso è stato rimpatriato dal confino di polizia in base a condono, oppure – come l’interessato asserisce – in seguito ad annullamento della decisione a suo tempo presa nei suoi confronti dalla Commissione provinciale per i provvedimenti di polizia”. La risposta della Questura di Bergamo, del 10.5.1943, conferma che la liberazione non è avvenuta per annullamento della condanna ma per “atto di clemenza del duce in occasione del ventennale della marcia su Roma”. Nel dicembre 1947 viene incluso come antifascista nell’elenco dei confinati politici durante l’ex regime fascista. Nel fascicolo sono conservate foto segnaletiche in tre pose scattate il 4.8.1942. Il 21.12.1947 viene incluso con la qualifica di antifascista nell’elenco dei confinati politici. Cpc, b. 5505, fasc. 071968, 1941-1942. (G. Mangini)