Lorenzi Mario


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n. busta
64
n. fascicolo
1911
Primo estremo
1935
Secondo estremo
1942
Cognome
Lorenzi
Nome
Mario
Presenza scheda biografica
no
Luogo di nascita
Data di nascita
1912/08/11
Livello di istruzione
licenza elementare
Professione
manovale
Collocazione politica
Profilo sintetico riassuntivo
Nato l’11.8.1912 a Verdello (Bg), dove convive con i genitori, manovale, antifascista, celibe. Già diffidato nel 1931 per avere sfregiato un ritratto di Mussolini, verso la mezzanotte del 3.8.1935, dopo aver passato la serata in diverse osterie di Verdello, prima presso il locale ‘Al Sole’, poi ‘Alla campana’ e, dopo le 23, al caffé ‘Bergamelli’, rincasando ubriaco insieme ad Egidio Regonesi, a sua volta di Verdello e a sua volta ubriaco, Lorenzi esclama ad alta voce: ‘Schifoso Mussolini che prende tutti i soldati più giovani e li manda a farli ammazzare e al macello contro gli abissini; vogliono mandarmi in Abissinia a far che cosa? A farmi ammazzare? Schifose le autorità di Verdello’. Quattro giorni dopo i due vengono denunciati dal fascista di Verdello Federico Foppa e dalla moglie di questi, Angela Melocchi, e da Ancilla Gualandris (di Pietro e Maria Colombo, n. Stezzano il 4.11.1908, domiciliata a Verdello, sposata con Giuseppe Agostinelli), la quale espone i fatti che la inducono a sporgere denuncia come testimone. I Cc avviano l’inchiesta sull’episodio e nel rapporto del 28.8.1935 alla Questura di Bergamo ricostruiscono l’accaduto. Nel presentare Lorenzi lo definiscono ‘di sentimenti contrari al regime’, dato che nel 1931, sempre in stato di ubriachezza, aveva sfregiato un ritratto di Mussolini. I Cc aggiungono che si tratta di ‘giovane dissipato, poco amante del lavoro, prepotente e dedito al vino’, citano un precedente per schiamazzi, non ulteriormente specificato, per il quale il 18.8.1932 il Pretore di Bergamo lo condanna a 100 lire di ammenda. I Cc osservano poi che Regonesi faceva eco a Lorenzi con frasi incomprensibili, in cui qualcuno dei testimoni ha colto solo la parola “Abissinia”, ma che il suo atteggiamento era di piena approvazione di quanto stava dicendo Lorenzi. Lo schiamazzo attira l’attenzione, oltre che dei vicini di via Donizetti, anche del padre di Lorenzi, che accompagna il figlio a casa, e dei fratelli di Regonesi, Giuseppe ed Angelo, che rimproverano il fratello facendolo a sua volta rientrare a casa. Tra i presenti ai fatti la prima a testimoniare è Ancilla Gualandris, che il 7.8.1935 racconta che verso le ore 24 era uscita per cercare il marito, incontrando Lorenzi e Regonesi che pronunciavano le frasi incriminate, poi Lorenzi veniva accompagnato a casa dal padre mentre Regonesi veniva redarguito da un fratello. Del tutto simile è la testimonianza di Giuseppe Agostinelli (di Alessandro, n. 1908), il quale stava uscendo dall’osteria ‘Al Sole’ insieme ai fratelli Regonesi. Il fascista Federico Foppa (di Pietro, n. 1880), iscritto al Pnf dal 1923, viene svegliato dalle grida ma sente solo Lorenzi, non Regonesi. Analoghe parole vengono dette dalla moglie di Foppa, che sente schiamazzi e frasi confuse ma non ne sa individuare l’autore. Nell’interrogatorio dei due protagonisti, Lorenzi dichiara di non ricordare nulla perché ubriaco, mentre Regonesi nega l’imputazione che gli viene rivolta, dice di aver bevuto poco ed esclude che Lorenzi abbia parlato di Abissinia e che abbia offeso Mussolini, almeno per ‘tutto il tempo che rimase con me ed anche durante il percorso fatto insieme in via Donizetti’. Lo stesso giorno 7.8.1935 i Cc di Treviglio inviano un telegramma al Ministero dell’Interno per informare dell’accaduto e il giorno dopo, l’8.8.1935, ne informano anche la Questura di Bergamo, che il 10.8.1935 comunica al Ministero dell’Interno l’arresto e la detenzione di Lorenzi, avvenuti l’8.8.1935. Il 19.8.1935 il Ministero dell’Interno invia un telegramma al prefetto di Bergamo in cui chiede l’assegnazione al confino di polizia per Lorenzi, lasciando però decidere al prefetto, sulla base della ‘pericolosità’ di Lorenzi, se questi debba essere inviato in una colonia insulare o in un comune di terraferma, valutando anche le sue condizioni di salute, che devono essere tali da consentirgli di sopportare il regime di confino, mentre per Regonesi viene prescritta l’ammonizione. La significativa differenza di trattamento tra Lorenzi e Regonesi da parte della Commissione Provinciale, che sarà sottolineata anche nel ricorso presentato dagli avvocati di Lorenzi contro la condanna, indica la preoccupazione fascista di impedire in tutti i modi ogni possibile voce spontanea di dissenso nei confronti della guerra d’Etiopia, su cui il regime intendeva invece costruire il più ampio consenso possibile. Il 31.8.1935 gli avvocati Enrico Meoli e Francesco Bicci, con studio a Bergamo in via XX Settembre 19, presentano infatti ricorso contro la detenzione di Lorenzi alla Prefettura, ritenendo che quanto è avvenuto sia stato "un atto di incoscienza, commesso collettivamente in stato di ubriachezza", e che su Lorenzi sono ricadute tutte le colpe. Lorenzi viene descritto come un buon giovane, d’indole mite e laboriosa, di ottimi precedenti penali e politici, appartenente a famiglia di persone oneste e patriottiche, "giacchè quasi tutti di casa, specialmente i fratelli, sono fascisti disciplinati e laboriosi". La detenzione a cui, al momento, Lorenzi è sottoposto, viene indicata come sufficiente come monito, mentre il confino "significherebbe la sua rovina nonché l’immeritato discredito di tutta la sua onorata famiglia. In paese riuscirebbe beneviso un provvedimento di clemenza". L’11.9.1935 la Questura di Bergamo al prefetto invece segnala Lorenzi come meritevole di condanna al confino come elemento di "spiccati sentimenti antinazionali ed antifascisti", che ha sempre mostrato la sua ostilità verso il regime. A proposito dei fatti del 3 agosto, il questore commenta che Lorenzi "era ubbriaco, è vero, nondimeno egli con la manifestazione sovversiva esprimeva i suoi veri sentimenti ed oltraggiava l’entusiasmo popolare per la nostra azione militare in Africa", aggiungendo che l’arresto di Lorenzi "valse a calmare gli animi dei verdellesi", tuttavia ritiene opportuno che la Commissione Provinciale prenda un ‘esemplare’ provvedimento di polizia, cioè la condanna al confino. Il 17.9.1935 Lorenzi compare davanti alla Commissione Provinciale per il confino di polizia, si dichiara non sovversivo e dice di non ricordare nulla a causa dell’ubriachezza, che indica come la vera causa dell sfregio al ritratto di Mussolini da lui compiuto nel 1931. Lorenzi viene condannato a 2 anni di confino. In attesa che il Ministero dell’Interno si pronunci sulla destinazione del confino, dal carcere di Bergamo presenta ricorso contro la condanna. In attesa dell’esito del ricorso, dal Ministero giunge l’indicazione della destinazione del confino, individuato a Castropignano (Cb), dove Lorenzi giunge l’11.10.1935. Due giorni dopo, il 13.10.1935, la Questura di Campobasso vuole sapere dalla Questura di Bergamo con quali famigliari Lorenzi tenga corrispondenza, ma la Questura di Bergamo risponde di non essere in grado di fornire tale informazione. Nel frattempo, il 2.1.1936 il Ministero dell’Interno – Direzione Generale di Pubblica Sicurezza comunica ai prefetti di Bergamo e Campobasso che la Commissione d’Appello ha respinto il ricorso di Lorenzi. Nelle settimane successive Lorenzi chiede di poter corrispondere dal confino con Giovanna Foppa e Maria Ghisotti. La Questura di Campobasso il 14.2.1936 chiede informazioni a quella di Bergamo sulle due donne. Incaricati di raccogliere le relative informazioni, i Cc di Treviglio rispondono il 27.2.1936, riferendo che Giovanna Foppa (di Battista e Maria Albani, n. a Pognano il 23.2.1912, residente alla Cascina Rivarolo di Verdello), casalinga, è la fidanzata di Lorenzi, risulta di buona condotta e senza precedenti, mentre Maria Ghisotti (di Paolo e Carola Ubbiali, n. a Verdello, dove risiede alla Cascina Molina), filatrice, è l’amante di Lorenzi e per questo viene definita ‘donna di facili costumi’. Il 6.4.1936 i Cc di Treviglio informano la Questura che Lorenzi non ha prestato servizio militare in Marina bensì in Fanteria, nel 42° Reggimento a San Remo. Nel maggio 1936, in occasione della proclamazione dell’Impero fascista, Mussolini concede un’amnistia e Lorenzi viene prosciolto dalla condanna al confino e liberato. La Questura di Bergamo il 25.5.1936 gli impone di presentarsi entro un giorno al podestà di Verdello con il foglio di via obbligatorio rilasciato dalla Questura di Campobasso al momento del rilascio. Il 25.10.1936 i Cc di Verdello informano la Questura che Lorenzi risiede in via Donizetti 12 e non ha dato alcuna prova di ravvedimento che lo renda meritevole da essere radiato. Negli anni successivi la situazione non cambia. Il 31.8.1939 i Cc di Treviglio informano la Questura che Lorenzi è celibe, rimane spesso disoccupato, ‘appartiene alla razza ariana e professa religione cattolica’ e si dicono contrari alla sua radiazione perché rimane un elemento sospetto, dato che non partecipa mai ad alcuna manifestazione patriottica fascista, inoltre è considerato negativamente in paese ed è dedito a furti. Il 24.9.1939 viene arrestato e denunciato alla Pretura di Treviglio per un furto di legna ai danni dello zio paterno Luigi Lorenzi. Il 29.10.1940 chiede la tessera del Pnf, che nel marzo 1941 viene rifiutata perché continua ad essere ritenuto un ‘elemento pericoloso’. Radiato nel 1942. Nel fascicolo sono conservate copie delle foto segnaletiche di Lorenzi realizzate il 19.9.1935 dallo studio fotografico Alessandro Terzi di via Zambonate 10 a Bergamo, così come è conservato il cartellino segnaletico di Lorenzi con le sue impronte digitali, prese sempre il 19.9.1935. Cpc, b. 2839, 1935-1942. (G. Mangini, R. Vittori)
Familiari
Lorenzi Giuseppe (padre)
Cattaneo Angela (madre)
Luoghi di residenza
Verdello Lombardia Italia (1912 - )
Fatti notevoli
1935/08/03 - 1935/08/03
Verso la mezzanotte del 3.8.1935, rincasando ubriaco insieme ad Egidio Regonesi (b. 86), a sua volta di Verdello e a sua volta ubriaco, esclama ad alta voce: ‘Schifoso Mussolini che prende tutti i soldati più giovani e li manda a farli ammazzare e al macello contro gli abissini; vogliono mandarmi in Abissinia a far che cosa? A farmi ammazzare? Schifose le autorità di Verdello’.
Sanzioni subite
diffida (1931 - )
Diffidato per aver sfregiato, in stato di ubriachezza, un ritratto di Mussolini.
ammenda (1932/08/18 - )
Ammenda di 100 lire per 'schiamazzi'.
confino politico (1935/09/17 - 1936/05/21)
Condannato a 2 anni di confino politico e destinato a Castropignano (Cb). Liberato il 21.5.1936 in seguito all'amnistia concessa in occasione della proclamazione dell'impero fascista.
Relaz. con altri soggetti
Regonesi Egidio
ASBg, Sovversivi
Esclusione dallo schedario
Data di esclusione
1942
Documentazione allegata
Fotografie realizzate per conto della Questura di Bergamo il 19.9.1935 presso lo studio fotografico Alessandro Terzi di via Zambonate 10 a Bergamo. (Fotografie realizzate per conto della Questura di Bergamo il 19.9.1935 presso lo studio fotografico Alessandro Terzi di via Zambonate 10 a Bergamo.) Cartellino segnaletico di Lorenzi con le impronte digitali di Lorenzi realizzate il 19.9.1935.
Altre fonti archivistiche
(ACS-CPC) Archivio centrale dello Stato (Roma), Casellario Politico Centrale
Busta 2839, Fascicolo
Riferimenti bibliografici
Antifascisti Cpc 1998, vol. 11
riferimento p. 242