Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Calcio (Bg) il 22.2.1903. Minatore, comunista, il 27.6.1920 la Pretura di Romano di Lombardia (Bg) lo condanna condizionalmente a 45 giorni di reclusione per furto. Agli inizi del 1929 emigra in Belgio in cerca di lavoro con un passaporto regolarmente rilasciato dalla Questura di Bergamo. Si sposta in varie località. Non trovando lavoro, verso la fine dell’anno si sposta in Francia, dove risiede anche il fratello Benedetto. Anche in questo caso si sposta in varie località, fissando alla fine la sua residenza a Carnoules (dipartimento del Var), nei pressi di Tolone. Prima del suo espatrio è noto come simpatizzante comunista e comunque avverso al fascismo. Nel novembre 1937 viene segnalata la sua partenza per la Spagna e, date le informazioni precedenti, viene subito sospettato di essersi arruolato nelle milizie antifranchiste. Per questo, dal 3.1.1938 viene iscritto in RF e BR per dar luogo al suo arresto. Viene inoltre disposto il controllo della posta alla sua famiglia per accertare se ci sono rimesse di denaro da parte del Soccorso Rosso Internazionale. La sua scheda biografica viene iniziata il 14.5.1938. Il 9.9.1938 viene segnalata la sua presenza in Francia, dato che sulla scheda biografica a tale data è scritto: “Non risulta che si sia mai allontanato da Carnoules né che sia politicamente cattivo”. Ancora il 14.5.1940 viene ribadito l’ordine da parte del Cpc del controllo della corrispondenza della sua famiglia. Il 4.12.1940 Seghezzi si presenta all’ufficio di Ps di Mentone chiedendo di rientrare in Italia. Arrestato, viene disposta la sua traduzione straordinaria alle carceri di Bergamo in attesa di disposizioni. Giunto a Bergamo, il 3.1.1940 viene interrogato dal commissario di Ps della Questura di Bergamo, Francesco Giongo. Nel verbale dell’interrogatorio, Seghezzi ricostruisce in dettaglio la sua vicenda. In concomitanza con lo scoppio della guerra di Spagna nell’estate del 1936 era rimasto senza lavoro a Carnoules. La sua carta d’identità francese era scaduta e quindi era per lui necessario trovare un impiego per regolarizzare la sua posizione e non rischiare l’espulsione. Trasferitosi a Montauban, nell’Alta Garonna, dove già era stato, per cercare lavoro, non ne trova. In tale circostanza incontra un non meglio specificato Morisi, che si trova nelle sue stesse condizioni. Dopo essersi recati a Bordeaux, Morisi propone di andare in Spagna per le migliori paghe. Imbarcatisi su una nave diretta da Bordeaux a Santander, con Morisi non trova alcun lavoro, tuttavia i due si recano tutti i giorni in un locale “dove convenivano a mangiare molte persone d’ambo i sessi e dove somministravano minestra e pane gratuitamente. Il sedicente Morisi pure consumava il pasto in detto esercizio ed egli stesso ebbe a dare il mio nome al personale addettovi”. Dopo trenta giorni, persa la speranza di trovare un lavoro tramite Morisi, Seghezzi sale su un battello che porta in Francia solo profughi. Giunge in un porto francese a nord di Bordeaux di cui non ricorda il nome ma ricorda la presenza di una sorta di commissione spagnola che faceva salire su un treno speciale diretto a Barcellona tutti gli individui atti alle armi. Non avendo più denaro con sé, sale a sua volta sul treno, ma alla tappa di Bordeaux riesce a scendere dal treno e ad allontanarsi. Racconta di aver raggiunto a piedi Tolone e poi Carnoules, dove riesce e trovare lavoro come bracciante agricolo. Nell’ottobre 1940 viene fermato dalla gendarmeria francese perché sprovvisto di documenti. Dopo essere stato detenuto per 50 giorni viene posto in libertà e il 30.11.1940 si reca presso la Delegazione Italiana di Armistizio a Tolone, dove chiede di essere rimpatriato. Il 5.12.1940 ottiene il passaporto provvisorio, il foglio di via e i mezzi necessari al viaggio. Alla frontiera di Mentone viene fermato e poi tradotto a Bergamo dai Cc. Alla domanda sulle sue posizioni politiche, Seghezzi risponde di non essersi mai occupato di politica, di non aver frequentato antifascisti italiani, di essere andato in Spagna solo perché interessato ad un buon lavoro e, pur trovando strano il comportamento del Morisi, questi non gli ha mai proposto di arruolarsi nelle forze antifranchiste, presenti a Santander ma rispetto alle quali non ha episodi da raccontare o fatti d’arme di cui esser testimone, dato che i nazionalisti erano ancora a Bilbao e l’occupazione franchista della città non era prossima. Morisi, con lui sul treno diretto a Barcellona, non era sceso a Bordeaux e aveva proseguito per la città catalana. Tra i volontari antifranchisti italiani che hanno preso parte alla guerra di Spagna risultano due combattenti con il cognome Morisi, Domenico e Massimo, entrambi nati nella provincia di Piacenza, ma da quanto ne dice Seghezzi si può identificare in Massimo Morisi, nato da una famiglia contadina di Chiaravalle d’Alseno (Pc) l’11.5.1890, attivo nella propaganda antifascista nella zona di Tolone (Sprega e Tagliaferri, 2007, p. 123). Seghezzi afferma anche di non aver conosciuto altri italiani in Spagna ma di aver sospettato che Morisi fosse “un ingaggiatore di disoccupati per portarli nelle file rosse” e conclude dicendo che “se fossi stato veramente nelle milizie rosse, sarei rimasto in Francia non avrei fatto ritorno in Italia”. Le autorità italiane credono al suo racconto ma viene lo stesso diffidato. Nel frattempo, la notizia del suo arrivo a Bergamo e del suo essere trattenuto come sospetto aderente alle milizie antifranchiste giunge anche a Calcio, il comune di residenza della famiglia Seghezzi. I fascisti di Calcio, e cioè il podestà Calcinelli, il segretario politico fascista Mario Ghezzi e il segretario comunale a sua volta di nome Ghezzi, sottoscrivono un documento che fanno pervenire in questura per scagionare Seghezzi, ma nel loro breve scritto fanno affermazioni che in realtà contrastano con quelle che, tre giorni dopo, Seghezzi avrebbe fatto e sottoscritto. Scrivono infatti che “Il Seghezzi ingaggiato da un’impresa in Francia fu mandato a lavorare in Spagna durante la guerra. Appena gli fu possibile, abbandonò il lavoro e tornò in Francia. Nessun precedente politico, sentimenti patriottici ineccepibili. Il fratello del Seghezzi (Seghezzi Benedetto) fu garibaldino nella grande guerra. Si fa istanza di rilascio del Seghezzi, senza provvedimenti a suo carico. Con fiducia e alto ossequio”. Una volta rilasciato, va a vivere a Calcio presso l’anziana madre, di 79 anni, e la sorella Teresa, vedova Zappella, di 52 anni. Nel marzo successivo viene richiamato alle armi e incorporato nel 33° Reggimento Fanteria di stanza a Cuneo e nel mese di aprile, nella sua trimestrale relazione alla Questura, il comandante della tenenza dei Cc di Treviglio, Amilcare Lizzi, pur osservando che nel periodo seguito al ritorno a Calcio Seghezzi non abbia dato luogo a rilievi, conclude dicendo che “permane il dubbio che possa nutrire ancora sentimenti contrari all’attuale regime che ci regge”. Nel settembre 1943, collocato in congedo, è a Calcio con la famiglia e lavora come bracciante. Radiato nel 1943. Nel fascicolo è conservata una sua fotografia scattata nel 1938. Cpc, b. 4731, fasc. 132061, 1938-1943. Nel fascicolo scheda biografica e fotografie. (G. Mangini)