Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Bergamo il 6.11.1897, risiede in via Pitentino 26, casa Lusardi. Antifascista, è impiegato presso la Società Italcementi, collega di Anania Francesco Cesareni. Appassionato alpinista, nel 1915 si arruola volontario nel corpo degli alpini, nel quale rimane ininterrottamente per tutta la prima guerra mondiale, partecipando a tutte le azioni sull’Ortles, sullo Stelvio e sul Cevedale. Tra i compagni d’arme, già con lui in precedenza nell’alpinismo, ci sono Santino e Giannino Calvi, Medardo Salvadori, Carlo Locatelli (morti in guerra), Antonio Locatelli, Bindo Missiroli, Oscar Gmur e altri. Congedato dopo l’armistizio con grado di sergente, nel tardo autunno del 1919 partecipa alla battaglia politico-ideologica dell’immediato dopoguerra, entrando nelle fila del primissimo movimento fascista nella prospettiva ideologica del combattentismo. Tuttavia, dopo le prime fasi, intorno al 1922 si allontana dal fascismo e dalla vita politica attiva, dedicandosi prevalentemente ai suoi interessi alpinistici, attivo nella sezione di Bergamo dell’Associazione Nazionale Alpini e nel Club Alpino Italiano, dove sarà segretario-cassiere dal 1927 al 1934 durante la presidenza di Antonio Locatelli, amico fraterno di Mioni fin dall’infanzia. Nel 1920 era stato assunto all’Italcementi di Bergamo come contabile. Nel 1934 chiede la reiscrizione al Pnf, senza esito. Da alcuni impiegati fascisti dell’Italcementi viene accusato, insieme ad Anania Cesareni, di aver fatto commenti negativi nei confronti di Mussolini, della stampa fascista e del fascismo in generale. L’8.4.1938 viene portato in questura, dove gli vengono contestate le accuse mentre, nel frattempo, viene perquisita la sua abitazione, senza esito. Lo stesso giorno è lo stesso questore Pumo a recarsi di persona all’Italcementi, dove interroga come testimoni il cav. Antonio Giuseppe Grazioli (fu Luigi, n. Belluno il 28.1.1894); il cav. Giovanni Ridolfi (fu Francesco, n. Martinengo il 23.2.1893) e Bonifacio Donadoni (fu Guglielmo, n. Alzano Lombardo il 8.7.1909), mentre, nella stessa data, il commissario di Ps Francesco Giongo si reca in via Pitentino 30 a casa di Riccardo Zilioli (di Benedetto e Felicita Bassanelli, n. a Bergamo il 19.5.1888). Il 13.4.1938 si presentano in questura altri testimoni, impiegati presso l’Italcementi, convocati circa le affermazioni di Mioni e Cesareni. Tra i testimoni c’è il colonnello Errardo Di Aichelburg (fu Ulrico e fu Caccia contessa Polissena, n. a Novara il 19.3.1865 e residente a Bergamo in via Alberico da Rosciate n. 24), che il 13.4.1938 viene ascoltato nella propria abitazione direttamente dal questore Pumo. Il 15.4.1938 davanti al questore si presenta anche Alessandro Alessandri (fu Rodolfo e fu Angelina Ginammi, n. Bergamo il 29.8.1893 e residente a Milano in via Pellizza da Volpedo 14, impiegato a Milano alla Nord Cementi). Nei giorni in questione, presso la sede centrale dell’Italcementi di Bergamo in via Camozzi 12, i dipendenti sono 169 (19 dirigenti, 120 impiegati, 30 operai: tra i dirigenti ci sono 9 iscritti al partito fascista, tra gli impiegati 51 uomini e 11 donne, tra gli operai 8, come risulta da nota informativa spedita il 26.4.1938 dal prefetto Toffano al Ministero dell’Interno). Immediatamente informato della vicenda da parte della questura di Bergamo, il Ministero dell’Interno già il 16.4.1938 indica le isole Tremiti alla questura di Bergamo e alla Commissione Provinciale come possibile destinazione per il confino politico da assegnare a Mioni. Il 19.4.1938 viene realizzata dagli uomini della questura di Bergamo la fotografia a doppio scatto di Mioni che compare nel fascicolo personale di quest’ultimo. Il 22.4.1938 Mioni compare davanti alla Commissione Provinciale, composta dal prefetto, avvocato e Gr. Uff. Giuseppe Toffano, dal Procuratore del Re, comm. dott. Francesco Calcaterra, dal questore, comm. Giuseppe Pumo, dal console Mvsn cav. Giovanni Gallo e dal maggiore dei Cc Carlo Perinetti. In tale circostanza Mioni redige una memoria difensiva, nella quale ammette di avere pronunciate frasi che nella forma possono sembrare irrispettose verso Mussolini e il fascismo, ma che nella sostanza non tradiscono la sua fedeltà allo Stato, alle sue istituzioni e ai suoi uomini. Cita come testimoni a sua difesa Mario Finazzi, Arnaldo Perlini, Gianni Favettini, Fernando Bellotti. Oltre a questi nomi, Mioni cita a sua difesa anche l’ingegnere svizzero ma cittadino italiano Oscar Gmur (morto a Sangallo l’11.8.1967). Questi era figlio dell’ing. Giuseppe Gmur, il quale era stato tra i realizzatori della diga del Gleno, morto il 25.8.1920. Oscar Gmur aveva partecipato alla prima guerra mondiale in qualità di tenente degli alpini, e il 29.6.1921 aveva contribuito alla costituzione della sezione “Orobica” dell’A.N.A., con sede in via Adamello 4 a Bergamo, il cui comandante era il Ten. Luigi Calcaterrra e i cui consiglieri erano: tenente Bindo Missiroli, alpino Antonio Carminati, capitano conte Giacomo Suardo, sottotenente on. Pietro Capoferri, tenente Fermo Lecchi, 1° capitano Antonio Leidi, tenente Giulio Pesenti, capitano Aldo Pizzini, sergente Vincenzo Cazzaniga, tenente Vincenzo Schiantarelli, sottotenente Pasquale Tacchini, tenente Oscar Gmur, tenente Mario Villa, artigliere Alessandro Locatelli. Si tratta degli amici e dei commilitoni di Mioni. Gmur, che abitava in via S. Benedetto, collaborava con Alziro Bergonzo per la realizzazione del progetto della Casa Littoria (poi Casa della Libertà), avvenuta tra il 1937 e il 1940, occupandosi delle strutture dell’edificio. La Commissione Provinciale, tuttavia, in base all’art. 181 del TU delle leggi di PS condanna Mioni e Cesareni a 5 anni di confino perché "pericolosi per l’ordine nazionale". La destinazione del confino non viene comunicata in prima istanza, dato che il condannato ha 10 giorni di tempo per ricorrere di fronte alla Commissione Centrale d’Appello presso il Ministero dell’Interno a Roma. Sarà l’avvocato Pasquale Tacchini, con Mioni reduce della prima guerra mondiale, a redigere il 14.5.1938 una memoria difensiva riservata indirizzata alla Commissione Provinciale di Bergamo e da questa alla Commissione d’Appello di Roma. Il ricorso verrà accolto per esplicita volontà di Mussolini, che decide di trasformare la condanna al confino in diffida, come documenta il telegramma inviato dal capo della polizia Bocchini al prefetto di Bergamo il 17.6.1938. Il giorno successivo, 18.6.1938, il provvedimento viene comunicato a Mioni dal vice-questore Francesco Giongo. Nell’attesa dell’esito del ricorso, Mioni viene allontanato da Bergamo e mandato per qualche tempo presso la sede dell’Italcementi di Imperia. Dopo la conclusione giudiziaria della vicenda Mioni viene licenziato. Il 28.81939 lascia Bergamo per Padova, dove lavora come impiegato presso il Consorzio Cementi Tre Venezie.
Nel giugno 1940 Mioni chiede ancora una volta l’iscrizione al Pnf quale ex-combattente. Il 15.6.1940 l’Ufficio Disciplina della Segreteria Politica della Federazione di Bergamo del Pnf scrive una lettera riservata alla Mvsn – Ufficio Politico, al questore e al comando dei Cc di Bergamo, chiedendo informazioni dettagliate sulla condotta morale e politica, sui precedenti penali e sulla posizione militare di Mioni, specificando che “si gradirebbe conoscere come è visto negli ambienti fascisti e se ha in precedenza fatto altra domanda d’iscrizione al P.N.F.”. Il Pnf non accoglie la domanda di iscrizione e per questo motivo la questura di Bergamo non intende radiarlo dall’elenco degli ‘affiliati a partiti sovversivi’. Nel fascicolo è presente una foto a doppio scatto realizzata il 19.4.1938. Non è conservato fascicolo al Cpc. (G. Mangini)