Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Telgate (Bg) il 6.8.1867, avvocato, socialista e massone. Tra la fine del 1890 e l'inizio del 1891 fa parte dell'Associazione democratico-radicale insieme ad altri esponenti del nascente movimento socialista in bergamasca. Nel dicembre 1891 l'Associazione inizia un ciclo di conferenze per la divulgazione del pensiero socialista e Gennati in quel mese ne tiene una dedicata al programma di Erfurt del partito socialdemocratico tedesco. Dopo la nascita del Partito dei lavoratori italiani, poi socialista, fondato a Genova nell'agosto 1892, aderisce da subito al partito e nell'ottobre 1892 firma il manifesto di adesione, reso pubblico a Bergamo da un gruppo di socialisti che costituiscono la Lega socialista bergamasca. Il 20.10.1893 il prefetto di Bergamo, scrivendo al sotto-prefetto di Lecco, lo definisce “giovane colto, poco simpatico e poco efficace oratore, è dei più operosi ed influenti membri della lega socialistica bergamasca”. Il 29.4.1894 lo stesso prefetto spedisce un telegramma del tutto simile al prefetto di Vicenza. Il 10.6.1894 la Prefettura di Bergamo redige questa nota biografica: “Appartiene al partito socialista. E’ oratore mediocre, qualche volta mordace e violento. Tenne alcune conferenze per la propaganda socialista in Bergamo ed in altri luoghi della provincia e in altri di provincie finitime. Esercita l’avvocatura in unione al correligionario Maironi Federico”. A parte queste brevi notizie, sul periodo del primo impegno politico di Gennati nel fascicolo non è conservata documentazione, presente invece a partire dai primi anni Venti. Utili indicazioni sono però contenute nel libro di Angelo Bendotti e Giuliana Bertacchi del 1985 sulla Camera del lavoro di Bergamo, dal quale traiamo alcune informazioni essenziali. Il 19.8.1894 partecipa insieme ad Emilio Gallavresi (Cpc, b. 2241, 1894-1942, scheda biografica) al Congresso regionale socialista di Cremona in rappresentanza della Lega socialista bergamasca, che però poco tempo dopo, il 21.10.1894, viene sciolta d’autorità dal prefetto Serafini di Bergamo perché, in quanto organizzazione socialista, considera la lotta di classe come principale strumento di lotta politica e sociale, quindi è sovvertitrice dell’ordine vigente. Il 16.2.1895, insieme agli altri esponenti della disciolta Lega socialista bergamasca, viene processato in Pretura a Bergamo e al termine del giudizio gli imputati vengono tutti assolti per insufficienza di prove.
Il 6.12.1895 si sposa a Bergamo con Elisa Angiola Maria Agliardi (di Antonio e Teresa Porati, n. Bergamo il 16.10.1877), sorella di Luigi Agliardi, direttore della Banca Mutua Popolare di Bergamo. Si iscrive all’albo professionale il 9.2.1902 e nel giugno 1902 partecipa alle elezioni amministrative come uno dei 4 candidati socialisti presenti nella lista unitaria costruita con i liberali, ma non viene eletto. Nello stesso periodo Gennati è editorialista del giornale socialista di Bergamo «Il Pensiero», sulle cui colonne nel settembre 1902 esprime una posizione contraria all’approvazione della linea moderata espressa dalla maggioranza del Circolo socialista bergamasco in appoggio alla linea ufficiale del partito. Tuttavia, per superare le divisioni politiche che contrappongono spesso il Circolo socialista bergamasco e la Camera del lavoro, è proprio Gennati che nell’autunno 1903 avanza la proposta di sciogliere il Circolo socialista e di trasformarlo in una vera e propria sezione del partito, allo scopo di dare maggiore unità al movimento operaio e socialista e nello stesso tempo al partito. In realtà le vicende del movimento socialista vedono il formarsi in seno al partito di una corrente radicale e intransigente, rivoluzionaria, e una più moderata, riformista, alla quale, nel corso del 1904, Gennati aderisce. Nello stesso anno è favorevole allo sciopero generale, condannato invece dal leader riformista Federico Maironi, che però viene difeso da Gennati quando l’ala più radicale del partito ne invoca l’espulsione. Le difficoltà a ricomporre in modo unitario le forze del partito socialista a Bergamo inducono Gennati a proporre la cessazione delle pubblicazioni del giornale «Il Pensiero», per dedicare le energie assorbite dal giornale al rilancio del partito. Nell’estate del 1905 partecipa alla campagna elettorale per le elezioni amministrative, in seguito alle quali viene eletto nel consiglio comunale cittadino. Come già accennato sopra, a parte le notizie relative ai primi anni Novanta, il maggior numero di informazioni su Gennati contenute nel fascicolo, oltre ad una nota del maggio 1911 sul suo essere ancora consigliere comunale a Bergamo e avvocato molto apprezzato, i documenti più numerosi e significativi su di lui partono dal 1923. In quell’anno, nell’amministrazione comunale guidata dal sindaco Paolo Bonomi, Gennati è consigliere di minoranza e in tale veste pronuncia un discorso contro il governo, rifiuta l’onorificenza della Croce di Cavaliere della Corona d’Italia sostenendo che le sue idee non gli consentono di fregiarsene. Poco tempo dopo l’amministrazione comunale viene sciolta dal fascismo, sostituita dal commissario prefettizio Alfredo Franceschetti. Sul ruolo di Gennati nell’amministrazione comunale di Bergamo, nel fascicolo è conservata una copia del quotidiano cattolico «L’Eco di Bergamo» (a. XLIV, n. 84,) di giovedì 12.4.1923, che a p. 2 riporta un articolo sulla questione ferroviaria di Bergamo trattata dall’on. Paolo Bonomi con l’opposizione di Gennati. Il 5.1.1925 viene aggredito e picchiato da una squadra fascista e nei giorni successivi gli giungono lettere e biglietti di solidarietà da parte di numerose persone. Dell’episodio scrive anche il «Corriere della Sera». Il 6.11.1925 viene perquisita la sua abitazione con esito negativo. Nel 1926 è tra i sostenitori ed oblatori del giornale socialista «La Giustizia» con 2.000 lire, mentre Alessandro Tiraboschi sottoscrive per 1.000 lire. Il 2.11.1926 gli vengono sequestrati passaporto e lettere personali. Tra le lettere sequestrate e presenti nel fascicolo, c’è anche la lettera-circolare da Milano del 14.6.1926, firmata da Felice Ferri, dal rag. Ferruccio Jellinek e da Filippo Turati, che scrivono a tutti coloro che si sono fatti liquidatori del giornale socialista «La Giustizia», ai quali chiedono il versamento, oltre che della quota della prima rata di 500 lire, anche delle altre quote sottoscritte. Il 18.6.1926 Gennati versa sul conto di Turati la sua quota, come risulta dal tagliandino di ricevuta dell’assegno circolare. Allegata c’è anche la lettera di ricevuta del giornale del 21.6.1926. Nel dicembre 1926 viene proposto per provvedimenti di polizia e diffidato ai sensi dell’art. 166 della Legge di Ps. Il 3.12.1929 una nota del Cpc richiede al prefetto di Bergamo l’aggiornamento della scheda biografica di Gennati, che al Cpc risulta essere intimo amico del dott. Angelo Filippetti (Cpc, b. 2061, 1899-1936, scheda biografica), ex sindaco socialista di Milano (novembre 1920-agosto 1922), e di Dino Gentili (b. 46), genero di Filippetti, per il quale Gennati nell'aprile 1928 ha reso possibile il suo impiego in una ditta produttrice di corozite a Gorlago (Bg) della quale Gentili sarebbe poi diventato direttore. Il 10.10.1933, su due colonne del portico che si affaccia sul ‘Sentierone’, in pieno centro a Bergamo, tra il caffè Isacchi e il caffè Nazionale, vengono rinvenute le seguenti frasi scritte a matita e poi cancellate: “Duce! Vogliamo l’avvocato Gennati al confino – Morte all’avvocato Gennati”. Qualche tempo dopo, la signorina Maddalena Sonabelli di Giuseppe, di 34 anni da Rovato (Bs) e domiciliata a Milano in via Caimi 6, si dichiara l’autrice delle scritte offensive contro Gennati "per giusta e santa ritorsione contro l’avvocato da cui avrebbe ricevuto proposte oscene da lei sdegnosamente rifiutate", ma è lecito sospettare che si tratti di una calunnia montata ad arte, come vedremo più oltre, operata ai danni di Gennati dal giudice Florindo Ribolla, che accusa Gennati, senza alcun fondamento, di aver tratto profitti illeciti dalla sua attività professionale. Per questo, nel biennio 1934/1935 la Questura di Bergamo dispone che l’amministrazione delle Poste e Telegrafi prenda nota di tutta la corrispondenza in arrivo all’indirizzo di Gennati, chiedendo di tenere sotto controllo, in particolare, lettere assicurate ed eventuali vaglia a suo favore, ma il controllo non porta a niente. Gennati si imbarca a Napoli il 24.2.1935 alla volta dell’Egitto per visitare una figlia, insegnante di lingua inglese presso la Scuola Commerciale del Cairo, da dove rientra in Italia il 16.3.1935 sul piroscafo ‘Esperia’. Il 23.5.1935 il Comando della 14a Legione della Mvsn di Bergamo informa il prefetto di Bergamo che nei giorni precedenti, in occasione della partenza per l’Africa Orientale del battaglione locale della Mvsn, parlando con l’avvocato Giuseppe Alberti, in precedenza per circa 4 anni addetto al suo studio, Gennati avrebbe detto che l’ing. Antonio Braguti - vice segretario federale fascista, capo manipolo della 14a Legione Mvsn e direttore dell’azienda tramviaria di Bergamo - sarebbe scappato da Bergamo per non partire. La sera stessa di questo colloquio, il 17.5.1935, Gennati viene aggredito e picchiato da una squadra fascista. In un esposto dattiloscritto al sindacato avvocati e procuratori di Bergamo, Gennati denuncia l’aggressione da lui subita in piazza Vittorio Veneto a Bergamo ad opera di una decina di fascisti guidati da Aldo Lusardi, giovane avvocato addetto alla segreteria particolare della federazione fascista di Bergamo, che lo assalgono con “pugni, sputi, calci e con ogni sorta di ingiurie”. In conclusione della sua denuncia, chiede di procedere penalmente contro gli aggressori. In realtà, dall’inchiesta successiva emerge che Gennati ha avuto solo un breve scambio verbale con Alberti, al quale si è limitato a chiedere se fosse al corrente della voce sulla presunta fuga di Braguti. Alberti, ignaro della cosa, rientrando nel proprio ufficio di assicuratore ne ha fatto cenno ad un suo impiegato, il ragioniere fascista Aldo Pizzini. Questi ne ha informato telefonicamente la federazione fascista e la sera stessa si è verificata l’aggressione a Gennati. Il giorno dopo un funzionario di Ps svolge indagini sull’episodio, ma non sugli aggressori, tutti giovani fascisti, bensì su Gennati, che era stato informato della presunta fuga di Braguti dal commesso del proprio studio, il quale a sua volta aveva raccolto da altri l’informazione. Il 24.5.1935 è lo stesso Ministero degli Interni - DGPS – DAGR sez. II, prot. n. 442/12231 – a scrivere al prefetto di Bergamo per avere ulteriori informazioni sulla vicenda, a proposito della quale è stato il comando della 14a Legione Mvsn di Bergamo ad avvisare il Ministero. Il questore di Bergamo, su incarico del prefetto, risponde il 28.5.1935 con la nota 0475 del Gabinetto di Pubblica sicurezza, indirizzata come riservata personale al Capo della Polizia. In essa il questore afferma non corrispondere al vero che il vice segretario federale Braguti si sia allontanato da Bergamo per sottrarsi alla partenza per l’Africa, perché “egli dovette invece sottoporsi ad una visita collegiale per una infermità di cui era affetto ad una gamba in seguito a caduta da cavallo. Quest’ultima circostanza dette luogo a qualche diceria alla quale però l’opinione pubblica non prestò fede”, tanto che la mattina stessa della citata aggressione Braguti era partito regolarmente con il suo battaglione alla volta dell’accantonamento. Il questore aggiunge che non è stato ancora possibile accertare il vero contenuto di quanto detto da Gennati ad Alberti. Il 14.6.1935 il prefetto scrive nuovamente al Ministero con la nota n. 0475, avendo appurato che l’aggressione a Gennati è stata opera di Lusardi e dei suoi uomini e che la diceria sulla fuga di Braguti non sia da attribuire a Gennati. Questa è la conclusione del rapporto del prefetto al Ministero: “Nel trasmettere i verbali d’interrogatorio, che danno l’idea esatta del come la diceria, che reputo superfluo dichiarare del tutto infondata, sia venuta propalandosi, prego codesto On. Ministero farmi conoscere se e quali provvedimenti ritenga siano ad adottarsi nei confronti dei propalatori”. A questo proposito il 12.6.1935 il commissario capo di Ps Simone invia al prefetto un rapporto sui fatti e sulla loro genesi, allegando copia delle informazioni fornite il 4.6.1935 dal brigadiere Calanca. Secondo tale ricostruzione, la notizia che l’ing. Braguti sia scomparso per evitare di partire per l’Africa è stata riferita a Gennati dal suo scritturale Giuseppe Morosini, il quale a sua volta l’aveva appresa da Pietro Marcassoli (65 anni, fornaio disoccupato, non iscritto al Pnf), che a sua volta l’aveva sentita da Alessandro Brignoli (35anni, iscritto al Pnf dal 1933), il quale l’aveva sentita la sera del 16.5.1935 nel caffè Anselmo di Bergamo da Santo Valentini (45 anni, di Bergamo, impiegato, iscritto al Pnf). Valentini nega la circostanza, che invece viene confermata da altri testimoni. Nel citato rapporto al prefetto del 4.6.1935, il brigadiere Calanca aveva riferito anche della difficile situazione di Valentini (sposato, con due figli piccoli e con seri problemi di salute), per il quale “riteniamo essere sufficiente qualche provvedimento disciplinare da parte della federazione politica”. Intanto, il fascista Lusardi, responsabile dell’aggressione a Gennati, il 16.6.1935 parte a sua volta per la campagna d’Africa, dove verrà ucciso in battaglia il 5.11.1935. Il 19.6.1935, intanto, Gennati viene diffidato con l’accusa di aver diffamato esponenti del Pnf, accusa da lui respinta nello stesso verbale della diffida. Per effetto di ciò, Gennati viene espulso dal Sindacato avvocati e procuratori di Bergamo. A tale espulsione Gennati il 26.9.1935 oppone ricorso, che però viene respinto il 19.10.1935. Nel frattempo, giunge una lettera anonima alla Prefettura di Milano con il timbro postale di Milano del 27.6.1935, che contiene un foglietto anonimo firmato “Vox Populi vox Dei”, che annuncia essere in preparazione un attentato a Mussolini: all’estero il tentativo sarebbe diretto dal “noto fuoruscito Avv. Pacciardi, nell’interno è invece l’Avv. Domenico Gennati di Bergamo cui sono pervenuti dalla Svizzera denaro e opuscoli sovversivi”. Il 14.7.1935 il prefetto di Bergamo, il siciliano Lorenzo La Via, scrive riservatamente al prefetto di Milano e al Ministero degli Interni, ai quali comunica che Gennati, per l’età avanzata, viene ritenuto incapace di organizzare complotti, specie verso il capo dello Stato, inoltre è affetto da tempo da “accentuata forma di nevrastenia”, tanto che non può più assolvere con continuità il suo mandato professionale e, nei casi acuti, arriva a tenere conversazioni “sconclusionate”. La sua attività legale si svolge anche a Milano, dove si appoggia allo studio del genero, l’avvocato Gustavo Lanzillotti in via Melloni 2, ed è per questo che si reca nel capoluogo lombardo, in treno o in autostradale. Il prefetto di Bergamo chiede infine al collega di Milano di vigilare sui suoi contatti di natura ‘sospetta’ e al riguardo invia copia di una fotografia di Gennati, del quale si descrivono i connotati: statura bassa, testa grande, capelli corti bianchi radi, fronte alta convessa, occhi grigi, naso lungo rettilineo, bocca larga grossa e mento rettangolare. In seguito alla citata denuncia anonima del 27.6.1935, le indagini sul suo conto si allargano e coinvolgono anche la famiglia Nulli per via di Lucia Nulli (di Angelo e Angela Bonaldi, nata a Sarnico il 25.5.1903), la quale si è affidata a Gennati per curare la vertenza contro il marito, Floriano Ribolla (di Michele e Giuseppina Calvi, nato ad Antegnate il 20.8.1887, avvocato), in quel momento giudice del Tribunale di Verona. Sposati a Rovato (Bs) nel 1924, nel 1927 i due si separano legalmente perché il marito ha sperperato la dote della moglie. La causa che ne deriva, affidata da Lucia Nulli a Gennati, mira ad ottenere la separazione legale e il recupero di parte del patrimonio sciupato da Ribolla, che è appunto la persona sospettata della denuncia anonima contro Gennati. Il fatto è che Ribolla scarica sulla figura di Gennati la responsabilità dei propri problemi. Per questo, per anni, mette in atto una serie di atti ostili contro di lui. Già il 20.10.1933 Ribolla aveva inviato al segretario del sindacato fascista degli avvocati di Bergamo un memoriale contro Gennati, accusandolo di essere la causa dei contrasti con la propria moglie e chiedendo un’inchiesta su lui. Il segretario del sindacato aveva risposto ribadendo la correttezza del Gennati. Questa vicenda viene brevemente ricostruita in un rapporto redatto il 15.7.1935 per il questore di Bergamo dal maresciallo di Ps Manganaro, che definisce Gennati come un oppositore antifascista che non fa mistero delle sue idee con barzellette e critiche, anche se non è pericoloso a causa dell’età avanzata e delle sue indebolite facoltà mentali. Il 27.11.1935, la Questura di Bergamo riceve una lettera anonima da Milano: “Crediamo doveroso segnalarvi che l’avv. Domenico Gennati di Bergamo sta complottando un attentato contro il nostro Duce amato di concerto con fuorusciti, tra cui il noto Avv. Pacciardi. nello studio e nella casa dell’Avv. Domenico Gennati in Bergamo, noto antifascista, troverete nascosti infiniti opuscoli di propaganda per sovvertire il Regime con un prossimo colpo di mano. Un attentato al Duce istigato dall’avv. Gennati. Arriverete tardi!”. La Questura non trascura questa segnalazione. Nel fascicolo è infatti presente, con la data del 13.12.1935, il verbale della perquisizione dell’abitazione di Gennati in viale Vittorio Emanuele 44, avvenuta alla presenza di sua moglie. La perquisizione porta al ritrovamento di un libro della scrittrice russa Edvige Toeplitz Mrozowska intitolato ‘Sine Ira’ e di un opuscolo di Giacomo Matteotti con la sua fotografia. Il medesimo giorno, alla presenza dello stesso avvocato Gennati, viene perquisito il suo studio in Piazza Vittorio Veneto, senza esito, e la sua villa in via Sudorno 27, senza esito. Dal canto suo Ribolla, che in precedenza era stato avvocato a Bergamo, poi pretore a Rovato, dove si era sposato, poi giudice presso i Tribunali di Milano, Verona, Savona, Livorno e Genova, nel corso del 1937 viene espulso dalla Magistratura per effetto delle sue malversazioni ai danni della moglie e della suocera e, per effetto di questo, accentua la sua ostilità nei confronti di Gennati. Nel fascicolo è infatti presente anche una copia del manifesto contro Gennati affisso sui muri di Bergamo la notte tra il 20 e il 21.11.1937. Gennati è convinto che tale manifesto si stato affisso da Ribolla e il 23.11.1937 lo denuncia al procuratore del Re presso il Tribunale di Bergamo con una lunga e dettagliata esposizione di tutti i precedenti. E’ molto probabile – ed è la convinzione di Gennati –che sia stato Ribolla tanto a spedire la lettera anonima alla Questura di Bergamo il 27.11.1935, quanto, in precedenza, a sporgere presso il Tribunale di Genova una denuncia anonima (di cui però non è riportata la data) contro Gennati per offese a Mussolini, proprio quando Ribolla era giudice presso il Tribunale del capoluogo ligure. Il procedimento giudiziario, tuttavia, si conclude con il proscioglimento. Una copia della sentenza della Corte di Appello di Genova del 18.11.1936 viene inviata al procuratore del Re di Bergamo ed è presente nel fascicolo. Per effetto della denuncia di Gennati contro Ribolla del novembre 1937, la Questura di Bergamo avvia un’indagine e il 6.12.1937 il brigadiere Calanca, della squadra politica della Questura, informa il commissario di Ps sui movimenti di Ribolla, che nel corso dell’anno è spesso a Bergamo e, dopo la sua espulsione dalla magistratura, non risulta svolgere alcuna attività lavorativa, risiedendo in città in via Borgo Palazzo 21 presso il fratello Michele, chimico. In calce al rapporto dattiloscritto del brigadiere Calanca, il commissario di Ps scrive un appunto autografo in cui chiede alla squadra politica di condurre Ribolla in Questura appena se ne presenti l’occasione. Tra i documenti è presente anche una nota interna della Questura di Bergamo, datata 18.12.1937: “L’avv. Gennati è più che convinto, certo che autore e diffusore dello scritto al ciclostile contenente le diffamazioni a suo danno sia l’avv. Ribolla, ma non può provarlo, come non riconosce nella lettera che figura inviata da Milano, la calligrafia del predetto”. In seguito viene nominato l’avvocato socialista Carlo Zilocchi come pacificatore tra i due e, dopo lunga discussione, Ribolla riconosce di essere l’autore delle scritte sui muri di Bergamo e dell’invio a numerose figure del mondo delle professioni di Bergamo di una lettera con numerose e infamanti accuse contro Gennati, al quale chiede scusa. Il 12.8.1939 la Questura di Bergamo ordina la revoca dell’iscrizione di Gennati in RF, avvenuta il 23.8.1928. Morto il 28.1.1940 a Bergamo nella sua casa di via Crispi 2 per crisi cardiaca. Radiato il 30.1.1940. Nel fascicolo è conservato il suo passaporto con fotografia, rilasciato il 28.8.1926 e usato una sola volta in uscita dall’Italia verso la Francia, da Ventimiglia, il 5.10.1926, rientrando da Mentone l’11.10.1926. Cpc, b. 2332, 1894-1940, scheda biografica. (L. Citerio, G. Mangini, R. Vittori)