Profilo sintetico riassuntivo
Nato ad Alzano Sopra (Bg) il 9.3.1899, falegname, comunista. La madre muore alcune settimane dopo la sua nascita e il padre si risposa con Anna Gritti, che alleva i bambini nati dal primo matrimonio del marito. Bonomi frequenta la scuola fino alla quarta elementare, residente a Bergamo dal 1913 e abitante all’epoca dei fatti in via Borgo Palazzo 77, convivendo con la matrigna, con la sorella e il fratello. Presta servizio militare dal febbraio 1917 al marzo 1920. Buon lavoratore, serio, dal carattere mite e “riguardoso”, cerca di migliorare la propria cultura tramite letture personali. Nei primi anni Venti è uno dei più attivi militanti comunisti bergamaschi. Il suo nome emerge all'attenzione della polizia fascista nel 1923 in seguito al ritrovamento di documenti nella sede clandestina dell'esecutivo comunista italiano a Genova, nei quali compare anche il suo nome, associato allo pseudonimo 'Crisantemi'. Perciò, il 24.2.1923 la sua abitazione è perquisita dagli agenti della Questura in cerca di armi e munizioni, ma rinvengono solamente l’opuscolo “Le condizioni di ammissione dei partiti nella Internazionale comunista”. Due giorni dopo il questore di Bergamo motiva la denuncia di Bonomi all'autorità giudiziaria per i reati agli artt. 246, 247, 251 del Codice Penale in quanto “esercita propaganda indefessa”, legge e diffonde pubblicazioni comuniste, “partecipa con oblazioni alle sottoscrizioni pro stampa e pro vittime politiche”. Occupa importanti cariche nel partito locale, “è a conoscenza circolari e direttive del Comitato esecutivo, che provvede a diramare”. E’ accusato di azione sediziosa volta a provocare insurrezione contro i poteri dello stato. Da tali accuse viene però prosciolto. Nel marzo 1925, secondo un'informativa degli agenti di Ps, Calanca e Guidolotti, Bonomi si faceva spedire tramite fermo posta 40 copie del giornale comunista «Lo stato operaio» che poi distribuiva tra i compagni più fedeli. Le copie del giornale vengono sequestrate per ordine del prefetto e su di lui viene disposta la massima vigilanza. Un mese dopo, il 2.4.1925, viene arrestato alla Camera del Lavoro di Bergamo nel corso di una riunione del Comitato Federale del PCdI e trovato in possesso di un blocco di tessere del Soccorso Rosso Internazionale, di una circolare del PCd'I alle federazioni provinciali, di 3 schede di sottoscrizione pro-scioperanti, di 2 schede di sottoscrizione a l’Unità. Viene rimesso in libertà il giorno dopo (3.4.1925). Nel corso di due perquisizioni effettuate nella sua abitazione nell’aprile 1925, vengono trovati tre frammenti di un quotidiano (forse l’«Unità»), un proiettile di piccolo calibro, una fotografia di G. Matteotti e un prospetto delle merci di esportazione dell’Urss. Per la detenzione del proiettile viene denunciato e poi assolto dal Tribunale di Bergamo. Il 19.8.1925 viene fermato perché sospettato di aver distribuito la sera del 10 agosto, insieme ad altri attivisti, manifestini sovversivi tra i militari in libera uscita nei pressi di via Alberico da Rosciate. Le indagini subito attivate accertano che quella sera Bonomi era stato visto all’angolo di via Mai parlare con aria sospetta con alcuni compagni di lavoro: il falegname socialista Giacinto Savoldi di Calcinate, il falegname socialista e poi comunista Ambrogio Parma, il falegname Lino Tornaghi (di Angelo e Claudia Bossi, 28 anni), gli ultimi due residenti a Bernareggio (Mi). Bonomi nega di aver distribuito tali manifestini e nonostante il fatto che le perquisizioni delle abitazioni dei tre sospettati diano esito negativo e che gli indizi raccolti siano molto deboli, i Cc ritengono responsabili Bonomi e i suoi colleghi, pertanto li deferiscono alla Commissione Provinciale, che l'1.12.1926 condanna Bonomi al confino politico per 3 anni. In realtà, alla fine del 1925 buona parte del gruppo dirigente comunista bergamasco (Bonomi, Barcella, Perico, Ferrari, Galimberti, Beltrami) era stato arrestato proprio utilizzando il pretesto della distribuzione dei volantini antimilitaristi. Bonomi viene destinato a Lampedusa. Nella stessa circostanza vengono condannati al confino a Lampedusa anche il sindacalista rivoluzionario Alessandro Caglioni, i comunisti Giuseppe Santo Beltrami, Vittorio Barcella e Guido Galimberti, gli anarchici Gaetano Ghirardi ed Egidio Corti. Il 19.12.1926 presenta ricorso contro l’assegnazione al confino, motivando l’istanza con il proscioglimento da due precedenti imputazioni, il suo abbandono di ogni attività politica da oltre anno e la sua partecipazione alla prima guerra mondiale. Il ricorso viene respinto, ma periodicamente la madre riceve un sussidio economico da parte del Ministero dell'Interno, essendo venuta meno l’unica fonte di reddito della famiglia, costituita appunto dallo stipendio del figlio. Nel gennaio 1927 viene trasferito a Pantelleria, due mesi dopo a Ustica e nell’estate 1928 a Ponza, dove nel dicembre 1929 termina il periodo del confino. Al rientro a Bergamo viene inserito nell’elenco delle persone pericolose da fermare in determinate occasioni e sottoposto a sorveglianza. Dopo aver scontato la pena, stando ai periodici rapporti degli agenti della Questura, Bonomi sembra non interessarsi più all’attività politica, ma stando alla testimonianza di Luigi Leris a pagina 115 del suo libro di memorie 'Pagine di vita rivoluzionaria', è tra i partecipanti alla riunione clandestina del partito comunista bergamasco tenutasi nel bosco di Redona (Bg) nel luglio 1930. La riunione, diretta dal 'compagno Lenti (Ezio Tonelli) doveva discutere tra le altre cose dell’espulsione dal partito di Amadeo Bordiga e di Pietro Tresso, Francesco Leonetti, Paolo Ravazzoli. Bonomi, insieme a Perico, si dichiara contrario all’espulsione. Il 6.10.1933, in seguito al controllo della sua corrispondenza, la polizia postale intercetta una busta a lui indirizzata contenente il n° 1 del nuovo periodico «Politica socialista», proveniente da Parigi. Pochi giorni dopo, il 15.10.1933, viene perquisita la sua abitazione e Bonomi interrogato, durante il quale dubita che il mittente della rivista sia il comunista bergamasco Vittorio Agostini, emigrato in Francia da qualche anno. Il 12.11.1933 a casa sua viene effettuata una perquisizione domiciliare, senza esito. Negli anni seguenti la polizia ritiene che Bonomi non svolga più attività politica e nel giugno 1935 lui stesso presenta un’istanza a Mussolini in cui fa atto di sottomissione e chiede di essere politicamente riabilitato. Il 13.6.1935 il prefetto di Bergamo dichiara al Ministro degli Interni che dopo il ritorno dal confino Bonomi non ha più “dato luogo a rimarchi”, si dimostra “ossequiente verso il regime”. Lavora presso la Cooperativa del legno in via Cappuccini, è iscritto ai sindacati fascisti di categoria e frequenta cortei patriottici. Il 26.6.1935 il capo della polizia concede il nulla osta alla radiazione di Bonomi dal novero dei sovversivi. Cpc, b. 739, 1924-1935, scheda biografica. (R. Vittori)