Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Bergamo il 5.10.1889 da Giovanni e Lucia Messi, anarchico, dal 1910 lavora come tipografo e poi proto presso la tipografia Mariani, posta sul Viale Roma, in pieno centro a Bergamo. Sposato con Luigia Pesenti. Fratello del più noto Alessandro, sindacalista rivoluzionario, del quale fino all'estate-autunno del 1914 condivide le posizioni politiche. É tra i componenti di rilievo del Gruppo Libertario Bergamasco, costituitosi nell'agosto 1914 per iniziativa del fratello Alessandro. Questi infatti, vistasi rifiutare l'iscrizione all'USI, decide di costituire un'organizzazione libertaria parallela e autonoma. Benché riformato allo scoppio della 1a guerra mondiale, il 29.4.1916 Luigi Caglioni viene chiamato alle armi nel 1° Reggimento Genio Zappatori, 1a Compagnia Lanciafiamme e subito inviato al fronte dove, nel febbraio 1917, è caporale. Il 21.5.1918 viene condannato dal Tribunale di guerra del 20° Corpo d’Armata a 20 anni di reclusione militare, rimozione dal grado, spese e tasse di sentenza per rifiuto di obbedienza, condanna poi amnistiata con il decreto Nitti. Congedato il 2.9.1919, a seguito della condanna subìta non ottiene l’attestato di buona condotta e non gli vengono conferiti il premio di smobilitazione e il pacco vestiario. Conclude la guerra con il grado di caporalmaggiore. Rientrato a Bergamo, è tenuto costantemente sotto controllo dalla Questura, soprattutto dopo che il 1° maggio 1920 viene notato a fianco della bandiera anarchica nel corteo che, partendo dal popolare Borgo Santa Caterina e attraversando la città, si dirige alla Camera del Lavoro di Bergamo. Nell'ottobre 1920 aderisce all'UAI - Unione Anarchica Italiana - Federazione Anarchica Lombarda. Nelle sere precedenti le elezioni comunali di Bergamo, tenutesi nell’ottobre 1920, gli agenti della Questura lo notano mentre affigge manifesti dell’UAI che invitano all’astensione elettorale. Il 22 dello stesso mese viene effettuata una perquisizione domiciliare, senza esito. Il 19.11.1920 C. redige, firma e spedisce da Bergamo direttamente al Ministero dell’Interno il seguente telegramma: “Gruppo Libertario protesta contro Governo reazionario reclama liberazione Malatesta tutte vittime politiche. Caglioni Luigi via G. Quarenghi 8 Bergamo”. É tra gli abbonati alla rivista «Fede». Nell'ambito delle attività della locale Camera del Lavoro, tra il 1920 e il 1921 partecipa insieme al fratello Alessandro alla costituzione della sezione di Bergamo dell'A.A.P.E. - Associazione Antialcoolica Proletari Escursionisti, che si contrappone all'associazionismo borghese - che ormai caratterizza l'UOEI - Unione Operaia Escursionisti Italiani, da cui si scinde. La nuova associazione si costituisce su una rigida base classista e ha come obiettivo l'autonoma emancipazione civile, morale e culturale del proletariato, soprattutto si batte contro la diffusissima piaga dell'alcolismo. La mattina del giorno 8.2.1926, mentre Caglioni non è presente nella tipografia Mariani dove lavora, gli agenti della Questura perquisiscono il suo armadietto personale, rinvenendovi alcune cartucce di gelatina esplosiva e due bombe rudimentali ricavate da tubi metallici da riempire con la gelatina, ma non ancora confezionati. Nel fascicolo aperto al nome di Caglioni dalla Questura di Bergamo, sono contenuti due brevi elenchi del materiale sequestrato. Avvisato dal titolare della tipografia, Caglioni si dà immediatamente alla latitanza, allontanandosi in bicicletta grazie all'aiuto di Gaetano Ghirardi, uno dei componenti del Gruppo Libertario Bergamasco. Il sospetto è che Caglioni sia diretto a Milano. Nella serata dello stesso 8.2.1926, dopo l'infruttuosa perquisizione avvenuta alle 12.30 alla presenza di sua moglie, gli agenti della Questura perquisiscono in sequenza le abitazioni di 3 suoi colleghi, attivi nella Camera del Lavoro di Bergamo, “per sospetta detenzione di armi e documenti sovversivi”: alle 19.20 quella di Enrico Spreafico al quarto piano di via San Giacomo 1; alle 19.40 quella del tipografo-legatore socialista unitario Guido Ferrari al primo piano di via San Lorenzo 8 e alle 20 quella di Guglielmo Brembilla al terzo piano di via Sant'Alessandro 42. Nessuna di queste perquisizioni ha un qualche esito. Il giorno dopo, a partire dalle 9 di mattina, vengono perquisite anche le abitazioni di tutti i componenti del Gruppo Libertario Bergamasco. La maggior parte di essi vive nel quartiere proletario di Borgo Pignolo, fortemente coeso dal punto di vista politico e sociale: Luigi Albani, pollivendolo; Simone Piccinini, operaio tessile; Luigi Marcassoli, panettiere; Vittorio Antonio Colla, meccanico; Egidio Corti, operaio meccanico; Camillo Mazzoleni, tipografo; Ernesto Ferrari, elettricista; Giovanni Santo Pasquale Gamba, operaio meccanico; Bernardo Ghibesi, venditore ambulante. Camillo Mazzoleni viene arrestato e nell’interrogatorio al quale viene sottoposto dichiara che probabilmente Caglioni si trova ancora a Milano, ma forse l’indicazione di Milano viene fornita da Mazzoleni per depistare le ricerche. In effetti, le indagini per rintracciare il tipografo bergamasco si estendono al capoluogo lombardo e il 15.2.1926 la Questura di Milano perquisisce, senza esito, l’abitazione di via Palladio 2 del meccanico anarchico Ersilio Belloni (1902-1978; Cpc, b. 464; cfr. http://www.bfscollezionidigitali.org/entita/13017-belloni-ersilio/), che risulta in corrispondenza con G. Ghirardi (il quale a sua volta viene arrestato per aver favorito la fuga di Caglioni) e dell’anarchico Carlo Molaschi, nell'ipotesi, non dimostrata, che ci sia stata da parte dei due milanesi una qualche forma di complicità con la fuga. Dalle indagini, tuttavia, non emerge l’eventuale recapito milanese di Caglioni. In realtà, inizialmente la Questura di Milano ipotizza che il suo nascondiglio sia presso l’abitazione dell’anarchico Armando Papa, venditore ambulante (Cpc, b. 3716), ma la stessa Questura milanese il 27.2.1926 informa quella di Bergamo che “nonostante le più attive ed accurate indagini esperite non è stato possibile addivenire al rintraccio ed arresto del catturando Cagnoli (recte: Caglioni, n.d.r.) Luigi. Si esclude ad ogni buon conto che il Caglioni abbia alloggiato presso il Papa”. Caglioni comunque, raggiunge clandestinamente Marsiglia. Viene inserito in BR il 26.3.1926, schedina n. 2053. Il 14.4.1926 è ancora a Marsiglia e spedisce una cartolina postale ad un amico che risiede al suo stesso indirizzo di Bergamo e che è conservata nel fascicolo. Nello spazio della cartolina postale riservato all’indirizzo Caglioni scrive: “Ottolini Vittorio tabaccaio nonché grande aviatore - via G. Quarenghi 8 - Bergamo”, mentre nello spazio del testo vero e proprio scrive: “Bigio - Aviatore - 14.4.26 - Sempre bene come spero di tutti voi in famiglia e anche degli amici tutti. Con piacere riceverei vostre nuove colla speranza che siano buone. Qui la vita non cambia affatto. Tutto uguale. Come ve la passate? Sempre allegri spero.... ché coi buoni ci si sta sempre bene. Saluti a tutti e buone cose”. Con sentenza 4.5.1926 del Tribunale di Bergamo, Caglioni viene condannato in contumacia a 3 anni di reclusione e uno di vigilanza per il reato di cui agli articoli 1 e 5 della legge 19 luglio 1894 n. 314. Per complicità e favoreggiamento vengono condannati a 6 mesi di reclusione gli anarchici G. Ghirardi ed E. Corti, oltre a Giovanni Radici, Benedetto Sanzoni, Giovanni Battista Ginelli, mentre Mazzoleni viene assolto per insufficienza di prove. Il 25.5.1926 il Ministero degli Interni informa il prefetto di Bergamo che viene riconosciuto un compenso di lire 100 a ciascuno degli agenti che hanno trovato gli esplosivi nell’armadietto di Caglioni, mentre il successivo 11.6.1926 lo stesso Ministero comunica al prefetto di Bergamo che al Commissario di Ps Francesco Broccardi, che ha diretto l’operazione di ritrovo e sequestro degli esplosivi, viene riconosciuto un compenso di 300 lire. Nell’agosto 1926 la moglie di Caglioni riceve dalla Francia una lettera del 2.8.1926 da una sua amica, Aba Castelletti. Questa, con la figlia Bice e il marito Daniele Castelletti (che a Bergamo era operaio fonditore), dal 1922 è a Parigi in rue Boulets n. 5: lui lavora in un garage per automobili, lei in un laboratorio di sartoria. Nella sua lettera, che la destinataria mostra poi spontaneamente al vice-brigadiere di Ps Pietro Bruno della Questura di Bergamo, la Castelletti – in quel momento a Marsiglia - informa che Caglioni è ricoverato in cattive condizioni in un ospedale marsigliese. Nel frattempo, dopo la prima condanna gli imputati hanno fatto ricorso in appello e il 16.10.1926 la Corte d’Appello di Milano conferma le condanne per Caglioni, Ghirardi e Corti e l’assoluzione per insufficienza di prove per Mazzoleni, ma accoglie il ricorso di Radici, Sanzoni e Ginelli, che vengono assolti per insufficienza di prove. Nel dicembre 1926 Caglioni risulta ricoverato per una grave forma di tubercolosi all’ospedale Laennec di Parigi, dove muore il 21.1.1928. Il giorno stesso, per telegramma la moglie viene avvertita del decesso dal direttore dell’ospedale parigino. I funerali si tengono il 24.1.1928. Parecchi mesi dopo la morte di Caglioni, e cioè il 23.11.1928, dal Ministero dell’Interno la Polizia Politica invia la seguente nota riservata al prefetto di Bergamo:
“Viene confidenzialmente riferito da Parigi che è colà morto un acceso ed energico anarchico militante tale Caglioni Luigi, bergamasco, intimo del famigerato Pollastri. Morendo costui avrebbe confidato al Comitato esecutivo comunista italiano di Parigi, di aver nascosto nel bergamasco, avanti la fuga, forti quantità di armi ed esplosivi. Si prega l’E.V. di disporre gli opportuni accertamenti, riferendo ogni utile emergenza”. Questa segnalazione, peraltro assai tardiva, contiene un improbabile riferimento ad un ‘Comitato esecutivo comunista italiano a Parigi’ al quale Caglioni si sarebbe rivolto. Di fatto, da essa non derivano sviluppi investigativi, anche se l’indicazione dell’esistenza a Parigi di un rapporto tra Caglioni e Sante Pollastro avrebbe potuto aprire, agli occhi degli inquirenti fascisti, una pista interessante. Nella banda Pollastro a Parigi era assai importante il ruolo svolto da Luigi Peotta, il cui fratello Ottorino Peotta (b. 76), a sua volta anarchico, dopo essere stato nella capitale francese presso il fratello, era rientrato in Italia dove aveva preso residenza a Treviglio ma lavorava a Sesto S. Giovanni, dove collaborava con Carlo Molaschi, citato in precedenza, alla diffusione della rivista «Pagine libertarie». Forse si può ipotizzare la casa trevigliese di Ottorino Peotta come la prima base d’appoggio per la fuga di Caglioni. L’ultima segnalazione documentaria del nome di Caglioni, risale ad una nota del 25.8.1930 indirizzata dalla Questura di Palermo a quella di Bergamo, con la quale viene comunicato l’arresto, insieme ad altri anarchici provenienti da Tunisi, del noto anarchico siciliano Paolo Schicchi, fautore della tendenza anti-organizzatrice nell’anarchismo italiano e sostenitore dell’azione diretta. Schicchi dal 1925 era a Marsiglia, dove aveva fondato e diretto il periodico «Il Picconiere» e dov’era rimasto, tra Marsiglia e La Ciotat, per alcuni mesi. Al momento del suo arresto a Palermo nel 1930, a Schicchi viene sequestrato un notes con appunti e indirizzi, tra i quali quello di Caglioni. Il questore di Palermo così riferisce sulla reazione di Schicchi al nome del tipografo bergamasco: “Significo, intanto, che lo Schicchi, interrogato al riguardo, ha reso la seguente dichiarazione: ‘Caglioni Luigi è un individuo che si presentò a Marsiglia come anarchico, mentre era, invece, un fascista’. Il Questore”. Il giudizio di Schicchi su Caglioni, come tanti altri giudizi dell’anarchico siciliano, è del tutto fuori luogo. I due erano su posizioni diametralmente opposte nell’ambito dell’anarchismo: Caglioni fautore del principio organizzatore (come dimostra la sua adesione all’UAI), Schicchi individualista e feroce polemista, di qui il suo giudizio sprezzante. Nel fascicolo è conservata una sua fotografia individuale e un’altra che lo ritrae insieme ai compagni di lavoro della tipografia Mariani. Sul retro di quest’ultima sono indicati tutti i nomi, accanto a ciascuno dei quali è annotata anche la data di assunzione in tipografia. Cpc, b. 930, f. 106700, 1914-1928, scheda biografica. (G. Mangini)