Profilo sintetico riassuntivo
Nata a Cremona l’1.1.1858, prima di quattro sorelle, le altre tre sono Antonia, Emilia, Alessandrina. Alta 1.50, è residente a Bergamo in Piazza Mascheroni 2, iscritta al partito socialista massimalista, insegnante, pensionata comunale, sposata con Lorenzo Ghidini, dal quale ha un unico figlio, Luigi Nicola. Nel 1900 muore il marito e deve trovare un lavoro per vivere e per provvedere al figlio Luigi. Inizia a lavorare a Bergamo come supplente provvisoria presso la classe quinta alle Scuole elementari femminili comunali ai Tre Passi. Nello stesso anno, per le edizioni Bolis di Bergamo, pubblica un opuscolo di 32 pagine, I lavori donneschi nelle scuole normali. Nel novembre 1924 per qualche mese fornisce ospitalità a casa propria, in Piazza Mascheroni 2, al maestro elementare socialista Pietro Alberti. In un’informativa interna alla Questura di Bergamo del 26.11.1926, redatta dai brigadieri Luigi Guidolotti e Tito Calanca, a proposito della Bolzoni viene scritto che “è di buona condotta morale, politicamente era inscritta al partito socialista massimalista ove conserva tuttora le sue idee. Spesso riceveva dei colloqui in casa propria con persone aderenti al partito, fra i quali il Prof. Cominetti Amedeo, Maestro Alberti Pietro, qualche volta per il passato anche con l’ex Deputato massimalista Viotto Domenico di Brescia. Era abbonata al giornale «Avanti» ed anche sostenitrice di esso. La prenominata Bolzoni è di pessimi sentimenti nazionali contraria all’attuale Governo ed al Fascismo”. Alla luce di tale valutazione, in un foglio di minuta conservato nel fascicolo e siglato dal questore, con la data dell’1.12.1926 c’è il seguente appunto manoscritto: “Da diffidare”. La Bolzoni, pertanto, viene invitata a comparire in Questura a Bergamo dove il 21.12.1926 viene diffidata. Il provvedimento comporta l’obbligo delle impronte digitali sulla carta d’identità e il giorno stesso Bolzoni redige una dichiarazione autografa nella quale evidenzia il proprio totale disimpegno politico, ricorrendo pertanto contro il provvedimento. Nel fascicolo è infatti conservata una sua lettera autografa, indirizzata al prefetto di Bergamo (in quel momento il modenese Carlo Solmi, a Bergamo dal 1926 al 1929), senza data ma della fine del marzo 1927 (sulla lettera, a lapis blu, è segnato infatti l’appunto: “1/4.927 conferito col Sig. Prefetto. Atti”). Questo il testo della lettera:
“Illus.mo Signor Prefetto della provincia di Bergamo
So che sono devolute all’alto ufficio della S.V. Ill.ma opere di giustizia, di bontà, di protezione. Invoco appunto una riparatrice azione per troncare le conseguenze di una ingiusta valutazione della quale sono vittima. Come ebbi l’onore di esporre a voce alla S.V. Ill.ma, è verissimo che io, professando idee socialiste, appartenni al partito che accoglieva allora nelle sue file quanto di eletto, di buono, di colto aveva la società. E le mie attività in seno alla Sezione locale furono tutte di carattere assistenziale e culturale. La violenza dei mezzi per raggiungere gli obiettivi del socialismo mi ebbe sempre nemica acerrima. Lungo gli anni della guerra ebbi l’unico figlio ufficiale nell’esercito; e come insegnante mi prodigai nell’assistere i piccoli che avevano il padre al fronte. Quando l’appartenere al Partito Socialista fu colpa e furono vietate manifestazioni ed associazioni, mi astenni completamente da ogni attività. Da 27 anni, da quando rimasi vedova cioè, insegno nelle scuole del Comune di Bergamo, e per altrettanti anni nella scuola festiva alle operaie. I verbali di visita stanno a dimostrare aver io adempiuto con scrupolosa diligenza a tutti i doveri del delicato ufficio, che non vuol essere profanato da competizione di parte. Il figliuolo, impiegato di concetto presso l’Editore Comm. Hoepli, milita nel campo fascista ed i nostri rapporti ed i nostri affetti non hanno modificato. Alla S.V. Ill.ma chiedo quindi che, assunte le necessarie notizie intorno alla mia personalità, si passi alla cancellazione del mio nome da quella lista che un’apposita Commissione ha compilata senza aver contezza di me. Gli on. Avv.ti Conte Benaglio e Preda; il Comm. Caversazzi, il Comm.re Hoepli, superiori diretti nell’insegnamento e colleghi, interrogati dalla S.V. Ill.ma potranno testimoniare che quanto asserisco corrisponde a verità. In via subordinata chiedo venga revocato il provvedimento della diffida e l’altro dell’impronta digitale sulla carta d’identità. Sempre ai comandi della S.V.Ill.ma per ogni altra indicazione, presento i miei ossequi e la vivissima preghiera. Della V.S. Ill.ma devotiss.ma Anna Bolzoni Ghidini Insegnante p. L. Mascheroni 2”.
Il prefetto Solmi incarica la Questura di predisporre un’informativa a proposito di quanto scritto nella lettera. Il 30.3.1927 gli agenti di Ps Sante Jacobazzi e Luigi Guidolotti della Questura di Bergamo redigono un rapporto in cui ripercorrono le vicende della Bolzoni, ribadendo il suo antifascismo. In calce a tale rapporto, prima di inoltrarlo al prefetto il Commissario aggiunto di Ps Guido Masiero scrive di suo pugno la seguente valutazione:
“31.3.27 - Senza mettere in dubbio i meriti della Ghidini nel campo dell’istruzione ed in quello assistenziale, sta il fatto della sua costante attività nel partito socialista mentre nulla lascia presumere che ella abbia modificato il suo atteggiamento nei riguardi del regime. Pertanto non sembra opportuno l’accoglimento del ricorso. G. Masiero”. Il prefetto deve avere risposto alla lettera della Bolzoni perché questa gli scrive di nuovo il 4.4.1927:
“Ill.mo Signor Prefetto. Come la S.V. mi ha consigliato, Le ho rivolta la domanda di essere esonerata dal fare le impronte digitali sulla carta d’identità, per iscritto. Attendo sempre dalla S.V. Ill.ma una risposta, che spero favorevole. Con osservanza obb.ma Anna Bolzoni V.va Ghidini p. L. Mascheroni Città 4.4.927”.
Il 4.4.1927 Bolzoni chiede infatti l’esonero dalle impronte digitali e il 7 aprile la Questura di Bergamo inoltra richiesta di informazioni alla squadra politica, al podestà di Cremona e al tribunale di Cremona. Anche da Brescia si cercano informazioni per via dei rapporti di Bolzoni con Domenico Viotto, che però nel luglio 1930 risulta residente a Milano. Bolzoni risulta anche iscritta al Cpc e se si reca fuori provincia dev’essere vigilata. Il 23.8.1930 la Mvsn di Brescia comunica alla questura di Bergamo che “era in rapporti intimi con il sovversivo Alberti Pietro di Ignoto e di Alberti Rosa nato a Milano il 3 agosto 1887, maestro, ex sindaco dell’amministrazione socialista di Orzinuovi, attualmente residente a Milano”. Il 9.6.1933 la Questura di Bergamo esprime parere favorevole alla sua radiazione dallo schedario per la sua avanzata età e per la buona condotta. Dietro esplicita richiesta della Questura, lo stesso parere favorevole viene espresso pochi giorni dopo, il 21.6.1933, dal vice-Commissario aggiunto di Ps di Città Alta, A. Della Volpe. Tuttavia, il 22.5.1937 il questore di Bergamo B. Monarca, eseguendo una disposizione del prefetto, impone al Direttore Provinciale delle poste di Bergamo di consegnare alla Questura, prima dell’invio ai destinatari, copia della corrispondenza istituzionale diretta alla Bolzoni e a Dualco Riccardo Truzzi, che abita in piazza Mascheroni al n. 1, mentre la Bolzoni al n. 2. Il motivo è che il 18.5.1937 c’è stata un’informativa dei Cc di Bergamo al questore su una manifestazione ‘sovversiva’ al ‘Sarpi’ in cui risulta coinvolto lo studente Renato Curatolo, che abita allo stesso indirizzo di Truzzi e della Bolzoni, per cui si ritiene che vi possa essere un rapporto diretto (si parla anche degli studenti Fausto Reposi e Battista Benedetti). Nel fascicolo è conservato il rapporto del 26.11.1938 dei Cc di Bergamo, a firma del capitano Giuseppe Passanisi. La Bolzoni ha un unico figlio, Luigi, di 54 anni, cavaliere e scrittore presso Hoepli. Nonostante il parere favorevole, la radiazione però non viene concessa. Nel dicembre 1940 i Cc di Bergamo, sempre a firma del capitano Giuseppe Passanisi, esprimono di nuovo parere favorevole alla radiazione:
“In linea politica la Bolzoni in questi anni non ha dato luogo a rilievi di sorta. Non ha dato però nessuna prova di ravvedimento dal suo vecchio atteggiamento politico Per tarda età (quasi 83 anni) non si muove più da casa e passa lunghi periodi continuamente a letto. Poiché la medesima non è più in condizioni di salute tali da poter nuocere e risultando in modo non dubbio che non riceve persone estranee in casa e che vive sola, questo comando ritiene opportuno proporre la Bolzoni per la radiazione dallo schedario dei sovversivi”. Muore a Bergamo il 6.12.1942. (G. Mangini, R. Vittori)