Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Bergamo il 5.5.1906, muratore, minatore, comunista. La sua famiglia giunge a Bergamo da Feltre (Bl) il 30.11.1905 e si stabilisce in via San Tomaso de’ Calvi 1 fino al 29.10.1909, quando tornano a Viguni di Feltre senza più tornare a Bergamo. Nel 1922 Cecchin emigra con il padre in Francia per lavoro. Il padre rientra in Italia nel 1924 e da allora non ha più alcuna notizia del figlio. Un suo zio risiede a Bergamo ma non ha corrispondenza con lui. Sia il 29.10.1926 che il 9.11.1926 il Tribunale di Briey (dipartimento Meurthe-et-Moselle, regione Grand Est) lo condanna a 50 franchi di ammenda per lesioni. Negli anni successivi si sposta di frequente tra la Francia e la Svizzera, dove nel 1926 acquisisce la tessera del Partito Comunista Svizzero. Viene arrestato a Zurigo sotto il falso nome di Renato Freschi il 20.2.1934 per contravvenzione ad un precedente decreto di espulsione dalla Confederazione elvetica. Il giorno dopo il Consolato Generale italiano di Zurigo invia una relazione su Cecchin al Ministero dell’Interno, che l’11.3.1934 ne trasmette copia alla Prefettura di Bergamo: “Le autorità di polizia locali hanno ieri tratto in arresto in questa città (Josephstrasse, 143) - dove si era annunciato all’affittuario della camera come ticinese - il sedicente Freschi Renato, titolare di un libretto rilasciatogli, con n. 716, e con anzianità d’iscrizione risalente all’anno 1926, dal partito comunista svizzero (sezione di Carlikom). Ma, come altre volte si è avuto modo di constatare, il partito comunista usa iscrivere i suoi adepti con nomi convenzionali. Difatti, il predetto era anche in possesso di una carta d’identità rilasciatagli dal Sindaco di Hussigny-Godbrange (Francia) e di altra analoga carta rilasciatagli dal Sindaco di Longwy (Francia). Entrambi questi due documenti erano al nome di Cecchin Costanzo, nato il 5 maggio 1906, ‘da Bergamo’. Questa sembra essere la sua vera identità. Ma, alle autorità svizzere, che già hanno avuto occasione di occuparsi di lui, nei cui confronti l’anno scorso decretarono l’espulsione dal territorio della Confederazione, egli risulterebbe essere, in effetti, originario di Feltre. Non è improbabile che il Cecchin sia stato espulso dalla Francia, o se ne sia allontanato per prudenza, in conseguenza delle misure di polizia prese in quel paese contro i sovversivi stranieri dopo i recenti moti di piazza colà avvenuti. Il Cecchin, venendo qui, ha contravvenuto al decreto di espulsione vigente nei suoi riguardi, e, pertanto, sarà deferito all’Autorità giudiziaria che, come in altri casi consimili, si limiterà, probabilmente, a comminargli alcuni giorni di prigione, per poi espellerlo nuovamente. Cercherò possibilmente, di sapere a quale frontiera sarà, a suo tempo, condotto”.
Nell’aprile 1934 il padre risiede a Centola (Sa) per lavoro, suo fratello Vittorio a Capriolo (Bs) dove si è sposato, la sorella Anna Teodora a Milano, l’altra sorella Teresa Natalina è morta a Feltre nel 1928 e, da ultimo, il fratello Amanzio vive e lavora in Liguria. Cecchin, dopo essere stato di nuovo espulso dalla Svizzera, si trasferisce ancora in Francia. Dopo lo scoppio della guerra civile spagnola, insieme ad altri da Parigi forse già nell’agosto 1936 raggiunge Marsiglia e si imbarca per la Spagna per arruolarsi nelle milizie repubblicane, come scrive lo studioso Augusto Cantaluppi (Cantaluppi 2020), che riferisce della partenza di Cecchin da Parigi insieme a Mario Bramati, Emilio Lionello, Costante Mengoni, Renato Pace e Gildo Belfiore. Secondo la ricostruzione dello studioso Matteo Cefis (Cefis 2013, p. 99), invece, Cecchin entra in Spagna nell’ottobre 1936 ed entra nel battaglione ‘Garibaldi’, nella compagnia di Stato Maggiore. Nel novembre combatte a Madrid nei pressi dell’Università, a Casa de Campo, dove il 21.11.1936 viene ferito. In seguito torna al fronte come portaordini del 1° battaglione della Brigata ‘Garibaldi’. Nel settembre 1938 partecipa come sergente alla battaglia dell’Ebro e viene di nuovo ferito. Al termine della guerra civile spagnola, nel febbraio 1939 entra in Francia e viene internato nel campo si Saint-Cyprien, poi di Gurs e infine di Vernet. La sua presenza in Spagna viene segnalata per la prima volta dalle autorità fasciste con un telegramma del 18.3.1937 del Ministero dell’Interno indirizzato alla Questura di Bergamo e a tutte le Prefetture d’Italia: “Viene riferito che comunista Cecchin Costanzo Pietro di Vittore già residente Svizzera si sarebbe imbarcato Marsiglia diretto Spagna insieme gruppo comunisti per arruolarsi quelle milizie rosse. Pregasi disporre opportune misure per rintraccio arresto perquisizione predetto caso ingresso Regno riferendone. Prefetto Belluno est pregato rettificare sensi suindicati iscrizione R.F. et provvedere analoga inscrizione bollettino ricerche possibilmente con fotografia assicurando. P. Ministro Bocchini. Originale in cifre distrutto”. Nuove informazioni su Cecchin giungono alla Prefettura di Bergamo solo a guerra di Spagna conclusa, quando il 17.3.1939 il Cpc invia il seguente telegramma: “Risulta in modo certo che il noto connazionale Costanzo Cecchin fu destinato, col grado di sergente, ad un battaglione internazionale costituitosi dopo la caduta di Barcellona. Tanto per opportuna notizia”. Il 19.10.1939 è ancora il Cpc a rivolgeri alle Prefetture di Bergamo e Belluno, fornendo un’informazione che poi si rivelerà infondata, e cioè che Cecchin era stato liberato il 22.8.1939 con il permesso di recarsi nel territorio del dipartimento di Meurthe-et-Moselle, in particolare a Hussigny, cittadina sul confine con il Lussemburgo, in una zona mineraria dove c’è una forte presenza dell’emigrazione italiana e dove Cecchin era già stato in precedenza: “Si è potuto sapere che in data 22.8. u.s. il nominato in oggetto, già miliziano in Spagna, allora ritenuto al campo di concentramento di Gurs, aveva ottenuto il permesso di ritornare a risiedere nel dipartimento di Meurthe et Moselle. Si riteneva andasse nuovamente a Hussigny ove pare risiedesse prima della sua partenza per la Spagna. Non si è in grado però, almeno per il momento, di far conoscere se il Cecchin sia effettivamente tornato. Tanto per notizia in relazione a precorsa corrispondenza”. Il 13.4.1940, però, il Cpc rettifica la sua precedente comunicazione, scrivendo a Bergamo e a Belluno che Cecchin era effettivamente a Gurs, “ma ha lasciato tale località perché facente parte di una compagnia di lavoratori trasferita in altra località”, cioè a Vernet, il che significa che Cecchin è sempre nella condizione di internato come lavoratore coatto. Dopo l’invasione nazista del giugno 1940 e il susseguente attacco fascista, la Francia è costretta a capitolare e a subire le condizioni imposte dai due paesi aggressori. Così, la Commissione Italiana di Armistizio con la Francia - Organismo di controllo per l’esecuzione dell’articolo XXI della Convenzione d’Armistizio di Lione, il 19.10.1942 riferisce al Ministero dell’Interno che è stata richiesta alle autorità francesi la consegna di Cecchin e di altri internati. Il Cpc ne fornisce notizia il 31.10.1942 ai prefetti di Bergamo e Belluno, a cui il 21.11.1942 segue un’altra comunicazione dal Cpc: “A seguito della ministeriale in data 31 ottobre u.s. si comunica, per opportuna notizia, che la R. Delegazione per il Rimpatrio di Tolosa ha fatto conoscere che il connazionale in oggetto ha dichiarato di non voler rimpatriare”. Di fatto, il 6.1.1943 Cecchin è costretto a presentarsi al confine franco-italiano di Mentone, dove viene immediatamente arrestato. Il giorno dopo l’ufficio di Ps di Ponte dell’Unione di Mentone, si rivolge per telegramma ai Cc di Mentone, alle Questure di Imperia, Bergamo e Belluno, al commissario della Polizia di frontiera di Torino e alla direzione delle carceri di Mentone: “Si prega disporre che l’individuo in oggetto detenuto nelle locali carceri a disposizione di questo Ufficio, venga tradotto straordinariamente a mezzo dell’Arma a Belluno a disposizione di quella Questura. Pregasi assicurare”. Subito dopo il trasferimento a Belluno, la Questura lo denuncia alla locale Commissione Provinciale, che il 19.2.1943 lo condanna a 5 anni di confino di polizia e il 5.3.1943 il Ministero dell’Interno lo destina a Ventotene, da dove viene liberato nell’agosto successivo in seguito alla caduta del fascismo. Dopo aver lasciato Ventotene, Cecchin raggiunge il fratello Amanzio in Liguria. Questi risiede nella frazione Abragni di Montemoro (Sv), dove vive con la famiglia (da 2 anni è diventato padre) e, come Costanzo, è muratore e minatore. In seguito si trasferisce a Cadibona (Sv). I due fratelli lavorano in una miniera di lignite e torba e sono attivi nella formazione partigiana 1a Divisione ‘Garibaldi Bevilacqua’. Alcuni militi fascisti della formazione ‘San Marco’ della Gnr, dall’8.9.1943 stanziati a Cadibona, sospettano che i due Cecchin siano partigiani, si fingono intenzionati a disertare le fila fasciste, come già effettivamente si era verificato in precedenza, per entrare a loro volta in clandestinità, riuscendo a convincere i Cecchin a fissare un appuntamento per tale scopo. Si tratta però di una trappola e, al momento convenuto, i due fratelli vengono arrestati. Dopo un processo sommario tenuto il 17.8.1944, vengono condannati alla fucilazione per la mattina seguente. Pochi istanti prima dell’esecuzione, mentre è a colloquio con don Carlo Curioni, parroco di Cadibona, Amanzio riesce a cogliere un momento di distrazione dei militi fascisti e a fuggire scendendo di corsa dalla collina. Benché ferito da uno dei colpi sparati contro di lui, Amanzio riesce a nascondersi e a salvarsi. Costanzo non segue il fratello e viene fucilato pochi momenti dopo la fuga del fratello: è il 18.8.1944. E’ sepolto nel cimitero di Cadibona. Cpc, b. 1221, 1934-1943. (L. Citerio, G. Mangini, R. Vittori)