Profilo sintetico riassuntivo
Nato ad Alzano Maggiore (Bg) il 14.3.1881, sacerdote. Coadiutore parrocchiale di Sarnico (Bg) dal 12.11.1907. Il 2.2.1910 il vescovo di Bergamo Giacomo Maria Radini-Tedeschi (1905-1914) lo nomina parroco di Sarnico, dove rimane fino alla morte. Nel seminario vescovile di Bergamo è compagno di studi del coetaneo Angelo Giuseppe Roncalli: i due si riabbracciano a Roma nella basilica di San Pietro il 5.5.1959, pochi mesi dopo che Roncalli è divenuto papa Giovanni XXIII (28.10.1958). A Sarnico don Bonassi si mostra molto attivo sia nell’ambito religioso che in quello civile, come nel caso dell’avvio dei lavori, nel 1913, di un teatro per ospitare la neo-costituita Compagnia Filodrammatica. Dopo l’avvento del fascismo, alcuni esponenti del nuovo potere muovono varie accuse nei suoi confronti, da quella di essere stato favorevole agli imperi centrali durante la prima guerra mondiale, a quella di essere stato, nel primo dopoguerra, un seguace del partito popolare e un ammiratore di Guido Miglioli e di don Franco Carminati, a quella di essersi messo contro il nuovo potere al sorgere del fascismo, essendosi rifiutato di benedire sia il monumento ai caduti di Sarnico, opera dello scultore Cirillo Bagozzi e inaugurato il 28.5.1923, sia i gagliardetti della sezione fascista il 13.9.1925, in entrambi i casi con la motivazione dell’assenza di una disposizione in tal senso da parte del vescovo. Anche il 6.11.1925, in occasione di una fiaccolata di giubilo organizzata dai fascisti di Sarnico per festeggiare il fallito attentato a Mussolini del 4.11.1925 da parte di Tito Zaniboni, don Bonassi respinge la richiesta del sindaco di far suonare le campane durante la fiaccolata, dicendo che per disposizioni superiori non era consentito suonare le campane se non per funzioni strettamente religiose. Per questo, nel dicembre 1925 il procuratore generale del Re si rivolge a Luigi Maria Marelli il vescovo di Bergamo succeduto nel 1915 a Radini-Tedeschi, informandolo di imminenti provvedimenti contro don Bonassi. La reazione del vescovo è immediata e il 15.12.1925 risponde al procuratore con una lettera lunga e articolata, nella quale esprime tutto il proprio apprezzamento per il sacerdote e il forte legame tra questo e la sua comunità: “una prova tangibile della stima e dell’amore verso il Parroco Bonassi me la diede la buona popolazione e le Autorità di Sarnico, tre o quattro anni orsono, quando io aveva mostrato il proposito di trasferire il Parroco stesso ad altra Parrocchia più importante. Fu in quei giorni vivissimo l’interessamento di tutta quella Parrocchia a persuadermi di risparmiare loro un provvedimento che si giudicava da grande pregiudizio al maggior bene di quella borgata”. Poi, il vescovo invita seccamente il pocuratore a informarsi meglio: “Vorrei però pregare V.E. ad assumere più esatte e più serie informazioni da persone del luogo, anche delle più note per la loro non dubbia fede politica certo che la attestazione che io mi sento di poter rilasciare sulla condotta del Parroco Bonassi sarà suffragata della testimonianza unanime di tali persone”. Inoltre, respinge le accuse mosse a don Bonassi, ribattendole punto per punto: il comportamento del parroco durante la prima guerra mondiale “contribuì non poco a tenere sollevati e consolati gli animi dei parrocchiani, e quelli altresì dei numerosi soldati della parrocchia”; la benedizione del monumento ai caduti “venne negata non dal Parroco, ma dalla autorità Diocesana per la indegnità artistica e morale di tale monumento. Lo stesso Ingegnere testè defunto Fornoni Elia, vero artista che lasciò un nome onorato in tutta la Bergamasca, interessato da me come giudicasse il monumento, che io avevo visto solo di una cartolina, mi rispose che artisticamente meschinissimo e moralmente era vergognoso”; quanto alla mancata benedizione del gagliardetto della sezione fascista, anche in quel caso si è trattato di una decisione venuta dalla Diocesi, per la quale non si benedicono le bandiere di qualsivoglia partito, mentre si benedicono quelle della Milizia delle scuole, delle Società tutte apolitiche purchè non antireligiose”; anche il rifiuto di far suonare le campane per il fallito attentato a Mussolini è stato dato “in base alle disposizioni canoniche, e perché era stato richiesto a tarda ora, dopo il suono dell’Ave Maria vespertina, quando non si suonano le campane neppure per il trasporto del SS.mo scaramento agli infermi”; infine, il vescovo smentisce la definizione di don Bonassi come “popolare estremista, tanto è vero che nella sua parrocchia non venne mai costituita la sezione del partito popolare; e neppure lo si può accusare di avversione recisa e fegatosa al regime nazionale attuale, perché da buon sacerdote coll’esempio e colle parole inculca la doverosa ubbidienza, per coscienza e non per paura, alle Autorità costituite”. La lettera del vescovo Marelli si conclude osservando che non ci sono motivi per un provvedimento canonico e, come vescovo e come cittadino, ritiene che “le misure che si vorrebbero adottare mentre colpirebbero indebitamente un sacerdote integerrimo, lungi dal contribuirne alla pacificazione degli animi, addolorerebbero profondamente la popolazione di Sarnico, ed il Clero tutto della Diocesi”. Molto probabilmente l’intervento del vescovo Marelli è stato efficace perché, nelle carte conservate nel fascicolo, non ci sono notizie di provvedimenti di polizia contro il sacerdote. Tuttavia, il documento cronologicamente successivo è un rapporto al prefetto, intitolato “Condotta politica del parroco di Sarnico”, inviato il 5.4.1927 dal maggiore Pietro Testani dei Cc di Bergamo, nel quale vengono ribadite le stesse accuse già formulate un anno e mezzo prima. Don Bonassi viene descritto come “di buona condotta morale, intelligente, colto, ma intrigante”. Quest’ultima osservazione è l’unica, nel rapporto dei Cc, sottolineata a lapis blu dal prefetto. In conclusione, il maggiore Testani osserva che “dalla fine del 1925, non ha più dato motivo a lagnanze nei riguardi della sua condotta politica, dimostrando, almeno esteriormente, di non più interessarsi di partiti. Detto sacerdote, per la sua posizione sociale e per le sue benemerenze acquisite nel campo della beneficenza, è molto ben visto da forte massa della popolazione sulla quale esercita forte ascendente morale” lo propone per la diffida. Per effetto di tale rapporto don Bonassi viene denunciato nell’aprile 1927 alla Commissione Provinciale per il confino di polizia, che nel giugno 1927 gli notifica l’accusa di essere ‘persona pericolosa’ per i suoi precedenti e per la sua condotta e lo convoca per il 19.7.1927. Appena ricevuta la convocazione, il 16.6.1927 don Bonassi scrive una lettera al canonico Paolo Merati, Vicario generale della Curia Vescovile di Bergamo. Alla lettera don Bonassi allega un suo testo dal titolo “Memoriale. Ciò che il Fascismo locale fa a Sarnico”. Sia la lettera che il memoriale sono conservati nel fascicolo. Nella lettera a monsignor Merati, don Bonassi manifesta stupore e amarezza: “Io casco proprio dalle nuvole davanti a simili accuse, e un complesso di sentimenti di umiliazione, di sdegno e di amarezza tendono a deprimere il mio spirito ed il mio cuore! Non credeva proprio di aver meritato simili accuse dopo tanto lavoro e tanto sacrificio compiuto per il bene della religione, ed anche della Patria. Non ho confidato un simile attentato a nessuno, perchè sono sicuro che la popolazione esploderebbe in una sdegnosa protesta, molto più che farebbe presto ad individuare gli accusatori, anzi i calunniatori”. Soprattutto, chiede al suo interlocutore di farsi da tramite per lui con il prefetto di Bergamo, al quale preferisce non ricorrere di persona perché, “dopo che fin dall’anno 1925 sono stato messo alla porta in un modo tutt’altro che educato, data la mia condizione di Parroco, non ho ardito più mettervi piede”. Il sacerdote conclude la sua lettera con un’espressione di fiducia, scrivendo che “mi presenterò alla suddetta Commissione, davanti alla quale non mi sarà difficile difendermi, e sono certo che chi ne verrà fuori colla testa rotta saranno i miei accusatori”. Monsignor Merati non mette tempo in mezzo e già il 18.6.1927 dalla Curia vescovile si rivolge per lettera a Carlo Solmi, prefetto a Bergamo dall’agosto 1926 al luglio 1929, al quale scrive di don Bonassi in questi termini: “Posso attestare con tutta coscienza della serietà ed onestà del Parroco di Sarnico come sacerdote e come cittadino. Le sue opere di zelo e di carità lo hanno reso carissimo alla popolazione, che rimarrà sorpresa ed indignata quando verrà a conoscenza delle perfide arti de’ suoi nemici”. Per sostenere don Bonassi, monsignor Merati allega alla propria lettera anche quella da lui ricevuta dal sacerdote, insieme al memoriale già citato, “unicamente perchè abbia modo di conoscere le persone ed appurare i fatti”, chiedendo però che i due documenti gli vengano restituiti. Il fatto che siano invece ancora conservati nel fascicolo dimostra che la loro restituzione da parte del prefetto non è avvenuta. Il prefetto, per parte sua, considera questa vicenda solo come una delle tante pratiche burocratiche che si trova quotidianamente a gestire. Infatti, circa il materiale che gli ha inviato Monsignor Merati, così scrive in un suo appunto manoscritto del 27.6.1927 indirizzato ad un funzionario della Prefettura e conservato nel fascicolo: “27/6.927 Passi al Sig. Questore con preghiera di unirla alla pratica relativa a provvedimenti di Polizia contro il Parroco di Sarnico. Il Prefetto”. Nell’imminenza della riunione della Commissione Provinciale per deliberare sul caso di don Bonassi, anche il vescovo Luigi Maria Marelli si rivolge al prefetto, che è il presidente della Commissione Provinciale, dichiarando apertamente che le accuse a don Bonassi “non potranno essere che esagerazioni di malevoli” e che la gerarchia ecclesiastica segue il caso, citando in tal senso il potente cardinale Camillo Laurenti (1861-1938) e aggiungendo che “naturalmente io dovrò informare la S. Sede che sarà impressionata per queste minacce continue”. La Commissione Provinciale di Bergamo si riunisce il 19.7.1927 e decide per la diffida di don Bonassi, cioè per il minore dei provvedimenti previsti dalle leggi speciali varate dal fascismo. Il 21.6.1933 il capitano dei Cc di Bergamo Cesare Ramelli di Celle propone la radiazione di don Bonassi. Il 24.10.1933 lo stesso capitano Ramelli di Celle informa il prefetto e il questore e il suo stesso comando con un rapporto intitolato ‘Compagnia di rivista e varietà ‘Azzurrea’, che qui si trascrive integralmente:
“Dal 19 corrente trovasi a Sarnico, la compagnia di rivista e varietà ‘Azzurrea’, proveniente da Chiari e diretta da certo Comigotti Rubens di Giovanni, nato a Ferrara di anni 28, domiciliato a Milano in via Giovasso n° 7. Detta compagnia agisce sul teatro del fascio locale. Nella predica delle ore 8 del 22 andante, il parroco di Sarnico, Don Pietro Bonassi fu Giovanni, ritenendo che gli spettacoli della suddetta compagnia fossero immorali, ha proferito parole ostili alle rappresentazioni della compagnia lagnandosi inoltre contro le Autorità locali per aver permesso gli spettacoli. Don Bonassi ha proferito presso a poco le seguenti parole: ‘Mi spiace dover richiamare la vostra attenzione sul disordine che abbiamo in parrocchia. Avete già capito: si tratta del Varietà, che funziona al teatro del Fascio. Dalle fotografie esposte al pubblico e che io ho veduto e più che tutto da quello che 2 persone degne di fede, che hanno assistito, ho potuto sentire, ho capito che si tratta di spettacoli che per nulla affatto si possono tenere tra noi. Il Varietà è una cosa deplorevole anche nelle città, specialmente poi nei paesi. Mi meraviglio altamente che l’Autorità, che può concedere e può anche negare il permesso, abbia concesso il tenere tali rappresentazioni. Mi meraviglio poi che tali spettacoli si tengano nel teatro del Fascio, di un Partito quindi, il cui Capo, non si stanca di richiamare tutti ad un senso di maggiore moralità ed austerità di vita. Mi meraviglio ancora che vi siano degli impresari che per fare soldi finiscono collo speculare sulle passioni più basse. Genitori, tocca a voi protestare contro tali disordini così pericolosi per la nostra gioventù, tocca a voi impedire che i vostri figliuoli vadano a rovinarsi a simili spettacoli’. Non consta che gli spettacoli siano stati immorali. Il Commissario prefettizio di Sarnico si è già lagnato col Parroco per le parole proferite nei riguardi delle Autorità locali. Don Bonassi è iscritto nello schedario dei sovversivi ed è stato recentemente proposto per la radiazione dallo stesso non avendo più dato luogo a rilievi. Il Capitano Comandante la Compagnia Ramelli di Celle Cesare”. Radiato il 23.6.1933. Morto il 16.7.1966. Nel fascicolo sono conservate alcune copie di una sua fotografia. (G. Mangini, R. Vittori)