Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Bergamo il 28.10.1896, dove risiede in via Tasso 40, disegnatore e capo tecnico, poi rappresentante di commercio, dal 24.5.1930 vedovo di Carolina Zenoni, senza figli. Partecipa alla prima guerra mondiale, prima come sottotenente nel 160° reggimento Fanteria, poi nel 1918 come tenente nel 5° reggimento Alpini Battaglione ‘Edolo’. Ferito due volte e per questo in licenza di convalescenza, dopo Caporetto chiede e ottiene di essere inviato al fronte, raggiungendo sul Piave il 145° Reggimento Fanteria Brigata ‘Catania’. Viene decorato con la croce di guerra al valore. Nel 1921 si iscrive al fascio di combattimento di Bergamo, prendendo parte attiva all’attività squadristica, specialmente nella preparazione della marcia su Roma, alla quale partecipa. Nel 1925 presenta al Ministero dell’Aeronautica un progetto per un motore d’alta quota e per questo viene chiamato a Roma ed assegnato alla Direzione Generale del Genio Aeronautica – Reparto Ricerche ed Esperienze, poi viene assegnato a diversi aeroporti. A partire al 1926 non rinnova la tessera fascista, disinteressandosi completamente della militanza perché nello stesso 1926 viene richiamato in servizio dal Ministero dell’Aeronautica, dal quale viene congedato definitivamente agli inizi del 1930. Come scrive il 28.1.1938 il capitano dei Cc di Bergamo Giuseppe Pasanisi alla Questura di Bergamo nel proporre Campelli per il confino di polizia, “nel 1930 il Campelli perdette la moglie e da quell’epoca iniziò una vita fisicamente e moralmente disordinata che aggravata dal crescente disagio economico lo condusse a vivere alla giornata ricorrendo ad espedienti che gli fruttarono parecchie peripezie giudiziarie”. A partire infatti dal dicembre 1930, quando viene condannato dal Tribunale Militare di Milano ad un anno e 3 mesi di carcere militare per furto ai danni dell’amministrazione militare (perdendo con ciò il ruolo di ufficiale di complemento dell’Aeronautica), tra il 1934 e il 1937 la Pretura e il Tribunale civile di Milano di occupano di lui 7 volte (fallimento, truffa, bancarotta semplice, appropriazione indebita). Nel 1937 lavora come rappresentante di apparecchi per ingrandimenti fotografici. Il 14.12.1937 si trova presso la ‘Trattoria del Cacciatore’ di Nembro (Bg), dove esprime posizioni critiche nei confronti della politica estera fascista e di Mussolini, critiche poi confermate da due fascisti di Nembro, Erminio Cometti e Luigi Peruzzi. Il 21.12.1937 la sua abitazione viene perquisita alla ricerca di scritti od opuscoli ‘sovversivi’, senza esito. Il 23.12.1937 viene fermato e portato in Questura a Bergamo, dove viene interrogato dal Commissario di Ps Francesco Giongo a proposito delle sue affermazioni. Nel fascicolo è conservata copia del relativo verbale. La ricostruzione delle affermazioni di Campelli viene effettuata nella già citata proposta di confino avanzata il 28.1.1938 dai Cc di Bergamo alla Questura, per la quale Campelli biasima “aspramente la politica internazionale del Regime alla quale, secondo le sue affermazioni, si devono le cattive condizioni finanziarie dell’Italia ed il generale disagio della Nazione. A conclusione del suo dire egli faceva comprendere che unico rimedio, a questa disgraziata situazione, sarebbe stato l’allontanamento del Duce dal potere perché data la sua irriducibile intransigenza non si può sperare in un cambiamento dei rapporti con le altre nazioni e specialmente con l’Inghilterra, le cui giuste rappresaglie fanno soffrire il popolo italiano. Alle contestazioni mossegli da funzionari della locale Regia Questura egli ha opposto che il suo dire era stato di forma troppo elevata per l’intelligenza e la cultura dei suoi ascoltatori onde costoro ebbero a svisare molti dei concetti da lui espressi. I discorsi del Campelli tenuti nell’esercizio di Nembro sono certamente una manifestazione del suo stato d’animo di deluso e di naufrago della vita. Non per questo però il suo agire è meno pericoloso di una aperta propaganda sovversiva e le sue frasi insensate possono far breccia specie fra il popolino. D’altronde il passato del Campelli non è molto limpido e comunque denota in lui scarsissimo senso morale. Pertanto si propone che egli venga assegnato al confino di polizia”. La Commissione Provinciale per il confino di polizia di Bergamo, riunitasi il 24.1.1938, lo condanna al confino per 5 anni. La destinazione indicata dal Ministero dell’Interno è Secinaro (Aq), nei pressi di Sulmona, dove viene condotto agli inizi del febbraio 1938. Campelli presenta ricorso, ma nel mese di marzo la risposta è negativa. Alla fine del giugno 1938 chiede una licenza per tornare a Bergamo alcuni giorni per assistere la madre malata che, a sua volta, sta assistendo la sorella Egilda Zenoni moribonda. Dal 2.7.1938 gli viene concessa una licenza dal confino per 8 giorni, poi aumentati di altri 8 in seguito alla morte della vecchia zia, al termine dei quali viene riaccompagnato al confino dal vice-brigadiere di Ps Tito Calanca. Per ogni giorno di tale licenza il vice-brigadiere Calanca vigila Campelli costantemente e compila un rapporto quotidiano sui suoi comportamenti. Prima di rientrare al confino, il 19.7.1938 Campelli presenta domanda di sussidio mensile per sua madre. Nella stessa data, la Commissione d’Appello accoglie parzialmente il ricorso di Campelli contro la condanna a 5 anni e riduce la pena a 2 anni. Dopo essere stato rinchiuso nelle carceri di Sulmona per 15 giorni, il 20.9.1938 viene tradotto a Pacentro (Aq). In occasione delle festività natalizie, nel dicembre successivo Campelli viene condizionalmente prosciolto dal confino e può rientrare a casa presso la madre in via Tasso con il foglio di via obbligatorio del 22.12.1938. Il giorno dopo si presenta in Questura a Bergamo. Il 26.12.1938 il questore di Bergamo incarica la squadra politica di incaricare i Cc di sorvegliare Campelli e “provvedere a che lo stesso non venga molestato sotto alcun motivo, per il precedente che determinò a suo carico il provvedimento di polizia”. Viene sorvegliato con regolarità fino al 1943. In seguito agli avvenimenti del 25.7.1943, Campelli manifesta pubblicamente la sua soddisfazione per la fine del regime fascista, ma per questo si trova a discutere e litigare con un seniore della Mvsn di Bergamo, Alfredo Michelato, che ha la peggio. Questi al momento non dà seguito a tale litigio, ma dopo il ritorno del fascismo con l’instaurazione della RSI seguita all’8.9.1943, nel novembre 1943 decide di procedere contro Campelli presentando denuncia al commissario federale di Bergamo del Partito fascista repubblicano, Mario Cionini Visani. Questi il 24.11.1943 trasmette copia della denuncia al capo della provincia di Bergamo scrivendo che “per i provvedimenti di competenza, anche in ordine alla legge istitutiva dei Tribunali straordinari, si trasmette copia della denuncia presentata dal mutilato di guerra, Seniore della Milizia, Michelato Alfredo. Il Michelato, in data 28 luglio u.s., è stato violentemente aggredito e percosso dai nominati Campelli Nino e Rizzi Mario, perché fascista ed Ufficiale della Milizia”. Nel fascicolo sono conservate due copie di una fotografia in doppia posa, scattata in Questura a Bergamo il 21.1.1938. Cpc, b. 984, 1938-1943. (L. Citerio, G. Mangini, R. Vittori)