Canepa Luciano

n. busta
24
n. fascicolo
721
Primo estremo
1928
Secondo estremo
1933
Cognome
Canepa
Nome
Luciano
Presenza scheda biografica
no
Luogo di nascita
Data di nascita
1875/07/07
Luogo di morte
Covo (Bg)
Data di morte
1930/07/24
Livello di istruzione
diploma
Professione
sacerdote
Collocazione politica
Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Cremona e Corpi Santi il 7.7.1875, sacerdote. Parroco di Covo (Bg), popolare. Il 14.6.1928 il Commissario di Ps scrive una lettera da Covo al questore di Bergamo informandolo del fatto che l’inaugurazione del monumento ai caduti in guerra è prevista a Covo per il successivo 24.6.1928. La ragione di tale comunicazione è dovuta al fatto che c’è tensione politica tra il parroco, don Canepa, e gli elementi fascisti locali: “effettivamente in Covo tra il Parroco Canepa e il Comitato del Monumento composto da elementi fascisti intercorrono soltanto rapporti di convenienza e per evitare la lotta aperta il Parroco mitiga quanto di aspro vi è nelle sue decisioni trincerandosi col rito religioso. Infatti il Parroco non battezzerà il Monumento, e non potendo sottigliare col dichiararlo opera immorale in quanto la nudità del soldato è coperta da una foglia, mi ha affermato che il Monumento come opera da esporre sta bene, ma non ha i requisiti per applicarvi il rito sacro. Però il Sac. Canepa per evitare che il suo rifiuto a battezzare il Monumento potesse creargli contrasti con gli elementi locali, messosi d’accordo col Vescovo di Cremona l’8.6.1927 fece da costui scrivere al Comitato, che non può permettere la benedizione del Monumento giudicandolo del tutto sconveniente. In seguito a tale lettera il Parroco che faceva parte del Comitato si dimise, mascherando così la sua intima decisione con l’obbedienza al capo della giurisdizione ecclesiastica. Ho fatto comprendere al suddetto parroco di evitare ulteriori noie con propaganda subdola che potrebbe avere ripercussioni gravi”. Sulla base delle informazioni contenute in questa lettera, soprattutto per il sostegno dato a don Canepa da Giovanni Cazzani, vescovo dal 1914 al 1952 della diocesi cremonese, di cui Covo fa parte, il 18.6.1928 il Questore di Bergamo incarica il comando dei Cc di Treviglio di assumere informazioni su don Canepa perché questi “ha svolto e svolge tuttora attività subdolamente avversa al regime e che in varie occasioni egli abbia lasciato trapelare i suoi sentimenti”. Il compito di raccogliere tali informazioni viene svolto dai Cc di Romano di Lombardia, territorialmente prossimi a Covo. Il rapporto dei Cc alla Questura di Bergamo, a firma del maresciallo maggiore a piedi Pietro Reboldi, porta la data del 30.6.1928. Nel rapporto don Canepa viene presentato come un avversario del fascismo, legato all’esperienza politica del disciolto partito popolare, dato che “ha sempre conservato intimamente idee contrarie al partito nazionale fascista esplicando la sua attività nella popolazione con segretezza attraverso anche all’esplicazione delle sue mansioni di parroco servendosi degli esponenti del già partito popolare i quali conservano tuttora le stesse idee. Non è stato possibile raccogliere elementi probatori o statistiche specifiche relative alla sua attività antifascista, ma consta che nel circolo cattolico giovanile S. Tarcisio sito in Covo, del quale è Presidente il sig. Ferrari cav. Ernesto esponente principale del già partito popolare non vengono ammessi i giovani iscritti ai balilla, anzi se qualche giovane già inscritto al circolo passa ad inscriversi ai balilla viene senz’altro radiato dal circolo stesso e non gli viene più permesso l’ingresso; ciò avviene evidentemente per le direttive date dal Parroco Canepa. Il numero dei balilla in Covo è molto esiguo perché, senza dubbio, nel circolo sopra indicato viene esplicata fra tutti i giovani inscritti attiva e segreta propaganda contro tale istituzione; questo può arguirsi anche dal fatto che nei primi del corrente mese gli scolari inscritti in detto circolo vennero dai loro insegnanti muniti di domanda di inscrizione ai balilla già completata con carico di farla firmare dai genitori ma tali domande vennero tosto riconsegnate agli insegnanti sprovviste di firma. A questo fatto non è certamente estraneo il parroco Don Canepa, abituato a dominare in paese, pare non veda di buon occhio altra autorità locale e non sembra disposto a seguirne le direttive; anche il Podestà Brevi Rag. Riccardo non ha buoni rapporti pur non essendosi questi mai permesso atti men che rispettosi verso il predetto sacerdote”. Per effetto della segnalazione dell’esclusione dal Circolo giovanile cattolico San Tarcisio di Covo di alcuni giovani iscritti ai balilla, il 5.7.1928 il questore di Bergamo convoca Ernesto Ferrari, di 35 anni, nato e domiciliato a Covo, cavaliere e proprietario terriero, presidente di quel Circolo giovanile, “quando la S.V. abbia occasione di recarsi a Bergamo”. Ferrari viene interrogato sulla questione l’11.7.1928 presso gli uffici della Questura, ma lui risponde negando qualunque chiusura verso i balilla di Covo da parte del Circolo giovanile cattolico: “Non è vero che la iscrizione di appartenenti ai Balilla al Circolo San Tarcisio sia inibita; è bensì vero che le eventuali domande dovrebbero, per disposizione della Presidenza diocesana di Cremona, essere a questa ultima inoltrate per l’approvazione. Io sono presidente del Circolo dalla sua fondazione e precisamente dal 1921, ma finora posso assicurare che nessuna domanda di appartenenti ai Balilla è stata finora presentata. Non posso dire in questo momento, perché non ne rammento i nomi, se fra i giovani radiati dal Circolo San Tarcisio, vi siano dei balilla; ad ogni modo se per caso ce ne fossero, dichiaro fin da ora che non furono certo esclusi in seguito alla loro inscrizione ai balilla, ma per altri motivi. L’oratorio che ha sede nei locali del Circolo San Tarcisio, è frequentato anche da balilla e non mi risulta che ad essi siano stati frapposti ostacoli; l’oratorio però non mi riguarda perché è diretto personalmente dal curato don Rosolino Malfasi. Il parroco don Luciano Canepa non si interessa del Circolo che viene diretto da me e dai consiglieri secondo le direttive della Presidenza diocesana di Cremona, mentre dell’assistenza religiosa è incaricato il curato. Gli inscritti al Circolo San Tarcisio ammontano fra piccoli e grandi ad una quarantina”. Il questore di Bergamo, insoddisfatto delle risposte di Ferrari, intende approfondire la questione e il 12.7.1928 chiede informazioni su don Canepa ai Cc di Romano di Lombardia. Questi rispondono pochi giorni dopo, il 17.7.1928, con un rapporto redatto dal maresciallo maggiore a piedi Pietro Reboldi, comandante di quella stazione dei Cc: “1° A Covo sono inscritti 56 Balilla; 2° Fanno parte del Circolo S. Tarcisio n° 6 balilla degli ultimi inscritti, mantenuti nel circolo per tema, ritiensi, di provvedimenti dell’Autorità qualche cosa essendo certamente andato all’orecchio del parroco di Covo delle accuse che gli si fanno”. La situazione generale cambia in seguito ai Patti Lateranensi, siglati l’11.2.1929, in particolare cambia l’atteggiamento dei Cc, ma non quello dei fascisti: questi sono sempre sospettosi nei confronti di don Canepa, mentre i carabinieri, dopo i Patti Lateranensi, tendono a smorzare le accuse fasciste anziché, come avevano fatto nei mesi precedenti, sostenerle. Se ne ha una prova evidente già nel marzo 1929, quando la federazione fascista di Covo scrive alla Prefettura di Bergamo lamentando le affermazioni fatte il 17.2.1929 da don Canepa in occasione della cerimonia religiosa per celebrare la Conciliazione tra lo Stato e la Chiesa, nel corso della quale avrebbe detto che “Mussolini era stato un socialista, un bestemmiatore di Cristo, un anticristiano, rinnegatore della fede, che aveva sposato senza il vincolo religioso. Il prete curò molto dimettere in rilievo questa parte e non aggiunse nessun elogio per il Duce”. Su questa base, la Prefettura di Bergamo si rivolge il 9.3.1929 alla Questura per svolgere indagini in proposito. La Questura, a sua volta, si rivolge ai Cc di Romano di Lombardia i quali, questa volta a firma del maresciallo maggiore Enrico Penna, il 23.3.1929 riferiscono alla Questura non solo ridimensionando la questione, ma rovesciandola completamente a favore di don Canepa, che viene presentato come del tutto allineato con il fascismo. Il maresciallo Penna infatti conferma che le frasi attribuite a don Canepa sono state effettivamente pronunciate durante la funzione religiosa, però “non furono pronunciate come offese a S.E. il Capo del Governo, ma bensì per dimostrare, secondo i concetti religiosi, che la potenza divina nei suoi imperscrutabili misteri, arriva dovunque ed a tutto provvede, per modo che anche S.E. il Capo del Governo, contrario alla fede nella sua gioventù, secondo il concetto dell’oratore, si sia modificato in seguito, dimostrandolo apertamente con i primi atti del suo governo, rimettendo a posto il crocifisso bandito dalle scuole e dagli uffici pubblici e lavorando poscia alla risoluzione della questione Romana, atto solenne che lo onora come Capo del Governo e come cristiano. Si reputa inoltre opportuno far presente che il parroco Don Canepa, in Covo, pubblicamente ha svolto una buona propaganda per le imminenti elezioni politiche, illustrando con argomenti persuasivi il lavoro svolto ed i fini conseguiti dal Governo Nazionale a favore dei cattolici, esortando tutti a recarsi compatti alle urne a votare la scheda che approva l’opera del Governo nazionale”. Don Canepa muore a Covo il 24.7.1930. Radiato il 21.6.1933. (L.Citerio, G. Mangini, R. Vittori)
Familiari
Canepa Giuseppe (padre)
Nato nel 1844, falegname.
Giudici Giovanna (madre)
Nata nel 1847, lavandaia.
Canepa Ersilia (sorella)
Nata a Cremona e Corpi Santi il 29.10.1876.
Canepa Annibale (fratello)
Nato a Cremona e Corpi Santi il 9.4.1878.
Canepa Rosa (sorella)
Nata a Cremona e Corpi Santi il 22.5.1880.
Canepa Annita (sorella)
Nata a Cremona e Corpi Santi l’11.1.1883.
Luoghi di residenza
Cremona e Corpi Santi Lombardia Italia (1875 - ) Covo Lombardia Italia ( - 1930/07/24)
Fatti notevoli
1928 - 1929
Segnalato nel 1928 per atteggiamento ostile al regime fascista.
Relaz. con altri soggetti
Ferrari Ernesto (popolare)
Malfasi Rosolino (sacerdote)
In rubrica di frontiera
no
In bollettino ricerche
no
Esclusione dallo schedario
Data di esclusione
1933/06/21