Ausenda Celestina Rosa Lorenzina Maria


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n. busta
5
n. fascicolo
153
Primo estremo
1934
Secondo estremo
1944
Cognome
Ausenda
Nome
Celestina
Altri nomi
Rosa Lorenzina Maria
Presenza scheda biografica
no
Luogo di nascita
Data di nascita
1893/09/12
Luogo di morte
Calolziocorte (Lc)
Data di morte
1971/06/20
Livello di istruzione
laurea Lettere
Professione
insegnante
Collocazione politica
Profilo sintetico riassuntivo
Nata a Treviglio (Bg) il 12.9.1893, dove vive presso la zia Elvira Ausenda perché i suoi genitori muoiono precocemente. Prima di laurearsi pubblica un saggio di 10 pagine, Importanza politica e morale dell’occupazione di Gerusalemme, stampato nel 1918 a Soresina (Cr) dalla tipografia Mariani, mentre il 17.7.1919 si laurea alla Facoltà di Lettere dell’Università di Bologna con una tesi su Francesco Domenico Guerrazzi e Giuseppe Mazzini. Dopo l’Università insegna a Treviglio, prima nelle scuole elementari e poi Lettere all’Istituto Tecnico. Nel 1926 si trasferisce all’Istituto Tecnico di Cremona. Nel 1930 a Cremona pubblica un libro di versi, 'La santa ricerca. Canti', edito dallo Stabilimento Unione Tipografica Bignami. Dopo il 1932 a Cremona conosce Arturo Amigoni, un socialista reduce dal confino (1929-1932: Ponza, Nocera, Montecorvino), con il quale condivide l’impegno politico e, secondo le fonti di polizia, ha anche un legame sentimentale, benché su questo punto ci siano aspetti e comportamenti di Amigoni, già sposato, e Ausenda, nubile, in contrasto con tale ipotesi. Quello che è certo è che la frequentazione di Ausenda con Amigoni suscita ben presto sospetti nell’ambiente fascista. Tali sospetti stanno alla base del primo documento conservato nel fascicolo e che risale al 12.3.1934, quando la Questura di Cremona chiede a quella di Bergamo di avere “dettagliate e riservate informazioni, specie in linea politica, sul conto della professoressa Ausenda Celeste”. Tale richiesta, al di là del fatto che la risposta giunta da Bergamo non fornisca utili informazioni in proposito, è uno degli effetti della sorveglianza a cui Amigoni era sottoposto in quanto ex-confinato. Infatti, è la Prefettura di Cremona che il 12.10.1936 informa la Divisione Affari Generali e Riservati della Direzione Generale di Ps del Ministero degli Interni sui risultati di tale sorveglianza. Da tale rapporto emerge che intorno a lui non solo si raccolgono altri antifascisti cremonesi, tra cui il popolare Giuseppe Speranzini e il comunista Rosolino Ferragni, ex-internato a Pianosa, ma anche la stessa Ausenda, nell’appartamento della quale giungono giornali e corrispondenza. Così, la Questura di Cremona invia al provveditore agli studi locale una lettera in cui si denunciano le frequentazioni sospette di Ausenda, chiedendone l’allontanamento. L’invio a Cremona di un ispettore generale da parte del Ministero della Pubblica Istruzione per un’inchiesta su Ausenda mette in allarme quest’ultima e Amigoni. Per sfuggire al pericolo di un arresto, i due decidono di espatriare insieme clandestinamente il 30.12.1936, trasferendosi a Parigi, dove il loro primo contatto è una vecchia conoscenza cremonese di Amigoni, il socialista e sindacalista Giovanni Ernesto Caporali (1891-1961), impiegato alla CGT - Confederazione Generale del Lavoro francese come addetto per la manodopera italiana, che affida ad Amigoni qualche piccolo e occasionale incarico remunerato nel suo ufficio. Negli stessi giorni Ausenda e Amigoni prendono contatto con altri antifascisti italiani, in particolare con il gruppo di ‘Giustizia e Libertà’. Intanto, il 7.1.1937 il prefetto di Cremona informa il Ministero dell’Interno e il prefetto di Bergamo che Ausenda ha lasciato l’appartamento di via Solferino dove abitava “e si è allontanata per ignota destinazione. A quanto sembra la predetta professoressa sarebbe riuscita ad espatriare clandestinamente col noto socialista schedato ex confinato politico Amigoni Arturo suo amante e con lo stesso si troverebbe a Nizza presso l’albergo Royal. Alla ripresa delle lezioni del giorno 4 corrente non si è presentata né ha inviato alcuna comunicazione alle autorità scolastiche”. Lo stesso giorno 7.1.1937 i due emigrati da Parigi scrivono una cartolina a Cremona alla moglie di Amigoni, Clelia Lanzi, informandola che sono giunti nella capitale francese da due giorni, cioè dal 5.1.1937. L’8.1.1937 da Parigi Ausenda scrive una lettera al suo preside, Vittorio Grandi, trascritta e presente in copia nel fascicolo, nella quale esprime l’insofferenza per il proprio lavoro di insegnante e per l’assenza di prospettive nell’Italia fascista. Rispetto a tutto ciò, la prima percezione di Ausenda su Parigi rivela le sue speranze: “Sono da tre giorni a Parigi. Ella sa che mi fu rifiutato il passaporto dal Dott. De Nicolais, passaporto che non avrei tuttavia usato per espatriare, poiché le avevo dato la mia parola in proposito. Questo passo sarebbe stato ritardato alquanto, sebbene io vi pensassi ormai, da che non era mia intenzione di finir la vita insegnando rosa-rosae; né l’Italia consente ad una persona di qualche ingegno di farsi valere in qualsivoglia maniera. Viste dunque le reticenze ed i dinieghi sospettosi della Questura, ho preso la risoluzione di andarmene senza indugio, e di incominciare una nuova vita. A Parigi sto sistemandomi assai bene, e credo che presto il ricordo della vita professorale monotona e piatta sarà lontano da me: qui l’ingegno si fa strada senza dubbio e senza eccessive difficoltà”. Il 9.1.1937 la Prefettura di Cremona invia al Cpc e ai prefetti di Bergamo, Milano e Genova un dettagliato rapporto su alcuni aspetti delle modalità della fuga da Cremona e sull’espatrio clandestino di Amigoni e Ausenda, modalità fino a quel momento rimaste sconosciute nel dettaglio dei tempi, dei modi e soprattutto delle complicità. Alle 23 del 29.12.1936 il cremonese Italo Catullo Berretera (di Carlo e Angela Maria Bergamaschi, nato a Sesto Cremonese l’1.5.1900), fascista dissidente, allevatore e commerciante di polli, con un anticipo di 100 lire prende in affitto un’auto dal noleggiatore Cibolini di Cremona, dicendo di doversi recare fuori provincia per ragioni commerciali. L’auto però non viene riconsegnata entro il tempo prestabilito e il 2.1.1937 a Cibolini, proprietario dell’auto, giunge una lettera di Berretera, scritta da Nizza il 31.12.1936, in cui dice che si deve trattenere nella città francese oltre le sue previsioni e che gli manda in allegato lo scontrino con il quale può ritirare l’auto nel garage di Sanremo dove l’ha depositata, promettendo di saldare il suo debito al ritorno a Cremona. Il giorno prima, cioè il 30.12.1936, per parte sua Amigoni aveva scritto un laconico biglietto alla moglie, amica di Ausenda ma ignara di tutto, dicendo solo che si assentava da Cremona per un paio di giorni con Berretera. Lo stesso giorno anche Ausenda aveva scritto alla moglie di Amigoni, alla quale chiedeva di ritirare per lei le poche cose rimaste nel suo appartamento, dovendolo sgomberare e dicendole che si sarebbero riviste il lunedì 4.1.1937. Amigoni da Nizza scrive poi alla moglie una cartolina postale, il cui testo, come quelli fin qui citati, è integralmente trascritto dalla Prefettura di Cremona, attivatasi subito per il controllo della corrispondenza presso l’abitazione di Amigoni: “Carissima, da tre giorni sono in Francia. Perdonami se me ne sono andato senza avvisarti, ma tu capisci che la vita a Cremona mi era ormai insopportabile, con la continua minaccia di un nuovo confino. Parto oggi per Marsiglia, non inquietarti per me. Scriverò a lungo. Bacia la bambina, saluti cari Arturo”. Amigoni e la moglie hanno una sola figlia, Maria. Il 3.1.1937 Ausenda scrive alcune cartoline illustrate ad alcune colleghe dell’Istituto Tecnico di Cremona, ma il 4.1.1937, giorno di ripresa delle lezioni dopo le vacanze natalizie, non si presenta al lavoro. In precedenza aveva chiesto alla Questura di Cremona il passaporto turistico per la Francia, che non le era stato concesso, come scrive la Prefettura di Cremona, “per la sua sospetta condotta politica e la sua notoria amicizia con elementi sovversivi di questo capoluogo, già segnalata a cotesto On/le Ministero con rapporto n° 09773 del 12 ottobre 1936”. Lo stesso Berretera, iscritto al Pnf dal 1921, era già stato vigilato dalla Questura di Cremona perché intimo amico di Amigoni all’epoca della condanna al confino di quest’ultimo. Il 12.1.1937 i due fuggiaschi, dal ‘Grand Hotel de Suez’ di boulevard de Strasbourg 17 di Parigi, scrivono insieme una breve cartolina postale alla moglie di Amigoni: mentre Ausenda scrive che stanno bene e che non deve preoccuparsi, Amigoni scrive che la sistemazione è lunga e laboriosa ma che “una quantità di circostanze mi lasciano sperare che riuscirò pienamente nell’intento che mi ero prefisso prima di partire”. La cartolina postale viene intercettata e trascritta a cura della Prefettura di Cremona, che il 10.1.1937 richiede l’iscrizione di Ausenda in RF con l’indicazione “da arrestare”, mentre il 16.1.1937 viene iscritta in BR. La stessa Prefettura il 15.1.1937 informa il Ministero dell’Interno e le Prefettura di Bergamo e Imperia di avere forti sospetti di complicità nella fuga di Ausenda e Amigoni sul conto del cremonese Emanuele Ceruti (di Eligio e Giovanna Rossi, nato a Cremona il 22.1.1898, rappresentante di commercio di generi alimentari all’ingrosso, non iscritto al Pnf e con numerosi precedenti giudiziari). Questi l’1.7.1930 si era trasferito prima a Ventimiglia e poi a Bordighera, e sua moglie, Aida Piovani (di e, nata il 2.10.1901 in Argentina, a Ribeirao Preto, da Maddalena Biazzi e da Carlo, originario di Torre Picenardi), il 10.10 1936 per 900 lire aveva acquistato da un cremonese una vettura targata Cr 3745. Il 22.1.1937 il prefetto di Imperia informa il Cpc e il prefetto di Bergamo che il precedente 30.12.1936 Italo Catullo Berretera, dopo avere affittato a Cremona il 4.1.1937 l’autovettura ‘Augusta’, targata 6732 C.R., l’aveva lasciata in deposito nell’autorimessa Sappia di Sanremo in piazza Colombo 19, poi ritirata dal legittimo proprietario Cibolini la mattina del 4.1.1937. Non risulta la presenza di Ausenda e Amigoni in alberghi o affittacamere della provincia di Imperia, mentre viene adombrata la responsabilità di Emanuele Ceruti nel favorire l’espatrio clandestino dei due. Questa ipotesi investigativa mette in azione la Prefettura di Imperia, che indaga sul citato Ceruti. Emerge così che Amigoni era stato a Bordighera il 19.12.1936, portando con sé un biglietto con l’indirizzo di Ceruti, biglietto del quale aveva imprudentemente cercato di disfarsi durante la sua sosta nell’ufficio della Milizia Ferroviaria di Voghera. Ceruti, amico di Berretera, viene interrogato in proposito e ammette di avere visto Berretera, ma per caso, perché Berretera lo aveva incontrato in auto per strada e si era fermato a salutarlo, nega di avere mai conosciuto o incontrato Ausenda e Amigoni, anche perché l’auto acquistata dalla moglie non avrebbe comunque potuto portarli in Francia, essendo priva dei necessari permessi (il cosiddetto ‘trittico’). Di fronte alla contestazione che Amigoni aveva in tasca il suo indirizzo, Ceruti risponde dicendo che la cosa non è affatto strana, essendo lui persona molto nota per la sua attività commerciale. Neanche la perquisizione effettuata in casa sua porta a trovare tracce di contatti con Ausenda e Amigoni. Ceruti, dopo tutti gli accertamenti, verrà rilasciato il 22.3.1937. Dopo il loro arrivo a Parigi e i primi momenti di fiducia e ottimismo, ai due emigrati si pongono due problemi: oltre alla necessità di individuare il proprio ruolo a Parigi nella lotta antifascista, si tratta soprattutto di provvedere economicamente alla propria sussistenza materiale. Nell’aspirazione di entrambi la speranza è che le due questioni possano risolversi l’una nell’altra, traendo cioè sostentamento proprio dall’impegno antifascista. In questo, il riferimento più immediato sono le risorse messe a disposizione dai fratelli Rosselli per l’attività di ‘Giustizia e Libertà’, in particolare per la realizzazione di articoli con informazioni aggiornate sulla situazione del fascismo in Italia da pubblicare sul periodico del movimento. L’8.3.1937 il Cpc informa l’Ambasciata d’Italia a Parigi e i prefetti di Bergamo e Cremona che, come riferito da una spia fascista infiltrata, Ausenda ha consegnato alla redazione di «Giustizia e Libertà» alcune pagine dattiloscritte contenenti un notiziario dall’Italia, pubblicato nel n° 3 del 15.1.1937 con il titolo ‘Le condizioni del contadino in Regime Fascista’, mentre insieme ad Amigoni pubblica su «Giustizia e Libertà» del 19.2.1937 l’articolo ‘Nelle scuole medie dell’Italia’. Il 23.3.1937 l’Ambasciata di Parigi comunica al Cpc (e questo a sua volta il 17.4.1937 ai prefetti di Bergamo e Cremona) che Ausenda e Amigoni vivono a Parigi al n° 19 di rue de l’Atlas, che sono molto attivi in ‘Giustizia e Libertà’ e che Ausenda ha pubblicato alcuni articoli sulle scuole medie italiane sulla rivista del movimento. Intanto, alla pagina 1916 della «Gazzetta Ufficiale» di lunedì 24.5.1937 (a. 78, n. 119), il Ministero dell’Educazione Nazionale pubblica il provvedimento della dispensa dal servizio nei confronti di Ausenda, deliberato il 12.4.1937. Ausenda e Amigoni il 19.6.1937 partecipano a Parigi ai funerali dei fratelli Rosselli, mentre il 10.9.1937 sul periodico «Giustizia e Libertà», con lo pseudonimo Jacopo da Campo, esce l’articolo di Ausenda ‘Il fascismo e la donna’. Nel libro di Mauro Canali ‘Le spie del regime’ (Il Mulino, 2004), a p. 78 l’autore riporta un commento manoscritto di Michelangelo Di Stefano, direttore della Polizia Politica dal 1929 al 1938, aggiunto a penna al testo del rapporto stilato da un proprio agente, nel quale viene sintetizzato un articolo di Ausenda che parla del ruolo dell’Ovra: “si vede che è bene informata questa lurida puttana! Fosse vero!”. Tra gli impegni assunti da Ausenda e Amigoni con la direzione parigina di ‘Giustizia e Libertà’, inoltre, c’è anche quello di tentare la costituzione di una sezione clandestina del movimento anche a Cremona, utilizzando a questo scopo contatti epistolari indirizzati a persone di Cremona indicate dai due emigrati. Trattandosi della città di Farinacci, la dirigenza di ‘Giustizia e Libertà’ vede con molto favore il tentativo. Questo aspetto dell’attività di Ausenda e Amigoni è ricostruito molto bene da Mario Giovana nel suo libro ‘Giustizia e Libertà in Italia’ (Bollati Boringhieri, 2005), che mostra il tentativo di aggirare il controllo fascista sulle lettere provenienti dall’estero facendole entrare clandestinamente e spedire dall’Italia verso i destinatari cremonesi grazie ad una rete di fiduciari. La figura principale di tali fiduciari, però, è quella di Secondo Saporetti, che in realtà è un abilissimo informatore dell’Ovra che gode della fiducia dello stesso Carlo Rosselli. Nel corso del 1937 Saporetti, in qualità di emissario di ‘Giustizia e Libertà’, effettua anche una serie di viaggi tra Parigi, Milano e Cremona per consolidare i contatti inizialmente presi per via epistolare sulla scorta delle indicazioni nominative fornite da Ausenda e Amigoni. Così, tramite Saproretti, gli organi polizieschi fascisti, sia l’Ovra che la Polizia Politica, possono seguire, controllare e indirizzare passo dopo passo il costruirsi a Cremona della rete di ‘Giustizia e Libertà’, in cui alla fine vengono coinvolte circa una ventina di persone, tra le quali il fratello e la moglie di Amigoni. Al momento opportuno, nell’agosto 1937, quando il coinvolgimento delle persone attivate è ormai compiuto, viene realizzata un’ondata di arresti che stronca completamente il tentativo. Per Ausenda e Amigoni gli arresti di Cremona sono un colpo durissimo, che si aggiunge alle loro croniche difficoltà economiche e alla grave situazione di disorientamento determinata dall’assassinio dei fratelli Rosselli. Come mostrano i documentatissimi libri di Mimmo Franzinelli e Mauro Canali, a Parigi sono presenti moltissimi informatori al servizio del fascismo, capillarmente infiltrati nell’ambiente dell’emigrazione antifascista per svolgere il doppio gioco, fingendosi antifascisti ma in realtà essendo spie al servizio del sistema di potere fascista. Dalla capitale francese giunge pertanto al Ministero degli Interni, oltre che a quello degli Esteri, un notevole flusso di informazioni, che consentono agli apparati polizieschi del regime di organizzare iniziative per colpire anche indirettamente gli oppositori. Un esempio di ciò riguarda proprio Amigoni. Sulla stampa fascista cremonese viene messa in atto una campagna di delegittimazione morale e politica nei suoi confronti con l’articolo intitolato 'Fesso!', comparso il 12.8.1937 sul n. 191 del periodico di Cremona «Regime Fascista», vero e proprio organo di stampa di Roberto Farinacci, capo incontrastato del fascismo cremonese. Nell’articolo si parla di Emilio Lussu, definito appunto un ‘fesso’ perché si circonda di persone inaffidabili come Amigoni, sul quale si insinua, citando una fantomatica lettera di Amigoni ad un amico cremonese, il sospetto che abbia proposto a Farinacci di fare la spia a suo favore da Parigi in cambio della risoluzione dei suoi problemi economici per potersi mantenere in Francia. La coincidenza cronologica tra gli arresti a Cremona (10 agosto) e la comparsa dell’articolo su Amigoni (12 agosto) non può essere casuale e va nella direzione di una vera e propria liquidazione politica e morale dell’esule, messo in difficoltà soprattutto agli occhi dei propri compagni a Parigi. In sede storiografica non è mancata l’accusa di ambiguità o addirittura di doppiogiochismo rivolta ad Ausenda e ad Amigoni. Va però rilevato che le mosse dei due vengono seguite e annotate dagli informatori per consentire alla polizia fascista di condizionarne i comportamenti a proprio favore. Con una nota del 6.12.1937 il Cpc riferisce al prefetto di Cremona e a quello di Bergamo: “Per opportuna conoscenza, si comunica che il socialista Arturo Amigoni e l’amante Ausenda Celeste, il 28 agosto u.s. hanno preso parte, quali appartenenti a ‘g. e l.’ ad una conferenza tenutasi in Parigi nel caffè di n° 50 del Boulevard de Strasbourg, per commemorare la battaglia in Spagna di Monte Pilato (sic) nella quale trovarono la morte due degli esponenti del fuoruscitismo italiano a Parigi”. La nota successiva da parte del Ministero degli Interni è del 19.1.1938: “Per gli accertamenti del caso del cui esito si gradirà riferimento si comunica che, secondo notizie fiduciarie, gli articoli pubblicati dal libello «Il Martello» sotto la firma di Jacopo da Campo sono redatti dal duo Ausenda Celeste-Amigoni Arturo”. Il 3.12.1938, sempre grazie alla segnalazione di un informatore, Ausenda interviene ad una festa organizzata dagli anarchici e dal comitato delle ‘S.I.A.’ nella sala ‘Le Petit Vergeat’ al n. 33 di rue Grange aux Belles (Casa dei Sindacati) di Parigi. Le informazioni vengono raccolte anche in altri modi, per esempio sottoponendo ad interrogatorio gli esuli che rientrano in Italia. Il 7.7.1939 il Cpc informa i prefetti di Cremona e Bergamo che il socialista cremonese Alberto Pietro Arcaini (di Santo e Lucia Nervi, n. Persico Dosimo, Cr, il20.5.1897, residente a Cremona, ex-combattente, in Francia nel 1922, rientrato in Italia, nel 1937 torna clandestinamente in Francia, a Parigi, dove ha contatti con Amigoni, Caporali e gamba, nel 1940 chiede l’iscrizione al Pnf; cfr. ASCr, CpQ, b.4, fasc. 89), interrogato al suo rientro in Italia dalla Francia, riferisce di essersi incontrato occasionalmente con Amigoni, Ausenda e Caporali. Tra le persone che ha incontrato, Arcaini fa anche il nome di Giovanna Carrara, detta Gina (nata a Farini d’Olmo, Piacenza, il 7.2.1885), che gestisce un ristorante-albergo a Vincennes, rue Montebello 30 ed è sposata con Luigi Scagnelli (n. a Farini d’Olmo, Piacenza, il 17.3.1881). Il 25.2.1940 il Cpc informa il prefetto di Terni e per conoscenza quelli di Cremona, Bergamo e Forlì, che l’operaio antifascista Tullio Galeazzi (n. 1904 a Terni, in RF, Cpc b. 2235) a Parigi ha avuto contatti con Arturo Amigoni e Celeste Ausenda, oltre che con Giuseppe Salvati (n. 1894 a Collescipoli, Tn, commerciante vini e impresario edile, Cpc b. 4548), Antonio Bondi (n. 1891 a Cesena, socialista ma in realtà spia fascista, Cpc b. 719), Ernesto Caporali, frequentando i locali pubblici dove si ritrovano gli esponenti di ‘Giustizia e Libertà’ per avere assistenza e raccomandazione presso la Confederazione Generale del Lavoro francese. Galeazzi ha fornito ad Ausenda notizie sulle industrie dell’Umbria, in particolare sulle acciaierie, che avrebbero dovuto essere usate da Ausenda per articoli da pubblicare su «Giustizia e Libertà» e sul «Nuovo Avanti». Galeazzi, antifascista ma non attivo politicamente, è stato raccomandato alle autorità fasciste italiane in Francia dal comm. Cristini, presidente della Federazione delle Associazioni Economiche Italiane in Francia. Il destino di Ausenda, come quello di Amigoni, era segnato da tempo, ben prima che ci fosse l’invasione nazista della Francia. Come chiarisce efficacemente lo storico Mimmo Franzinelli nel suo volume sulle spie fasciste (‘I tentacoli dell’Ovra’, 1999, p. 384, n. 55), Ausenda era controllata da ben dodici spie infiltrate, che trasmettevano a Roma le informazioni da lei ottenute. Dopo l’occupazione nazista della Francia del giugno 1940, viene arrestata a Parigi il 9.7.1940 dalla polizia tedesca su segnalazione di una spia italiana e il 30.10.1940 consegnata alla polizia italiana di frontiera del Brennero, da dove viene trasferita nelle carceri giudiziarie di Cremona e qui interrogata per conto del Cpc sulla sua attività all’estero. Il verbale del suo interrogatorio, presente tra i documenti conservati nel suo fascicolo personale al Cpc presso l’Archivio Centrale dello Stato a Roma, porta la data dell’11.11.1940, dal quale è tratto il brano seguente, citato da Franzinelli nel libro citato, in cui Ausenda formula un giudizio complessivo molto amaro sull’antifascismo dell’emigrazione politica italiana, mostrando la sua lucida consapevolezza di una sconfitta umana prima ancora che politica: “Senza rancore, il mio giudizio obiettivo nell’antifascismo di Parigi era questo: di elementi relitti di situazioni politiche e dottrine che avevano avuto cinquant’anni or sono la loro fioritura ed or sono vent’anni la loro sconfitta, in ritardo sui tempi moderni, ma chiusi nella loro cerchia ideologica, ed ormai parlanti un linguaggio senza eco nella storia. Nessuna possibilità di rinnovamento; e dietro la facciata, il dibattersi di interessi e ambizioni personali. Assenza totale di spirito scientifico e di quel disinteresse che fa gli uomini grandi nella prospera come nell’avversa fortuna. Quando fu evidente che Parigi sarebbe stata abbandonata ed occupata ai tedeschi noi non ci siamo mossi. Abbiamo quindi avuto la fortuna di assistere ad uno degli avvenimenti storici più importanti del secolo; ed abbiamo atteso serenamente il nostro destino”. Trasferita poi a Roma, viene rinchiusa nel carcere delle Mantellate. Il 13.12.1940 il questore di Roma, Palma, informa il prefetto di Roma che Ausenda e Amigoni hanno svolto attiva azione antifascista dal loro arrivo in Francia fino al momento del loro arresto e che “hanno sostanzialmente ammesso le contestazioni mosse loro, asserendo a giustificazione, di avere svolto attività e di avere millantato possibilità informative esclusivamente per risolvere il duro problema della vita quotidiana”, denunciandoli perché vengano assegnati al confino di polizia. Il 14.12.1940, in vista dell’imminente decisione della Commissione Provinciale di Roma su Ausenda, la Questura di Roma chiede per telegramma alle Questure di Bergamo e Cremona di poter avere tutte le informazioni biografiche disponibili su di lei, sulle sue condizioni economiche e se è in grado di mantenersi da sola al confino. La risposta giunge il 18.12.1940, quando la Questura di Cremona informa quella di Bergamo e quella di Roma che Ausenda, pur essendo insegnante di ruolo “non ha diritto a pensione per non aver raggiunto il minimo degli anni di servizio. Qui non possiede beni di fortuna e non risulta abbia speciali benemerenze”. Il 19.12.1940 viene condannata a 5 anni di confino politico dalla Commissione Provinciale di Roma, presieduta dal prefetto Rosario Speciale e composta dal procuratore del Re Nestore Conti, dal questore Ciro Verdiani, dal colonnello dei Cc Giovanni Fregnani e dal console Mvsn Giosuè Gangemi. Il 30.12.1940 viene decisa la destinazione del confino, Ventotene. Lo stesso accade per Arturo Amigoni. Dopo il 25.7.1943 viene liberata dal confino nel mese di agosto, rientrando a Cremona con foglio di via obbligatorio. Il 4.12.1944 il comando provinciale di Treviglio della Gnr fascista informa la Questura repubblicana di Bergamo che le ricerche per rintracciare Ausenda hanno dato esito negativo. Ausenda e Amigoni durante la Resistenza sono attivi nelle ‘Brigate Matteotti’. Dopo la fine della guerra si trasferisce a Calolziocorte (Bg), dove muore il 20.6.1971. Nel fascicolo è conservata una sua fotografia in triplice posa (di fronte, di fianco dal lato destro, di tre quarti dal lato sinistro), da cui è ricavata la fotografia in doppia posa (di fronte, di fianco dal lato destro), incollata su una scheda segnaletica su cui sono riportate anche le impronte digitali. La fotografia è stata scattata a Roma il 27.12.1940. Ci sono inoltre due copie di una sua fotografia giovanile, quasi certamente tratta da un documento d’identità. Nel fascicolo dedicato ad Ausenda nel fondo del Casellario politico della Questura fascista di Cremona (b. 7, fasc. 147), conservato presso l’Archivio di Stato cremonese, ci sono documenti che giungono fino al 1948. Cpc, b. 216, 1936-1943. ACS, PP, b. 53. (G. Mangini, R. Vittori)
Familiari
Ausenda Ausano (padre)
Nato nel 1865, maestro, morto a Treviglio il 19.12.1896.
Cremonesi Maria Cristina (madre)
Nata nel 1869
Ausenda Giuseppe Ernesto Angelo (fratello)
Nato a Treviglio il 10.3.1895, morto il 12.8.1895.
Ausenda Elena Rosa Ernesta (sorella)
Nata a Treviglio il 12.2.1896.
Luoghi di residenza
Treviglio Lombardia Italia (1893 - 1926) Cremona Lombardia Italia (1926 - 1936) Parigi Francia (1936 - 1940) Ventotene Lazio Italia confino (1940 - 1943) Calolziocorte Lombardia Italia ( - 1971)
Fatti notevoli
1936 - 1936
Espatria clandestinamente in Francia con Arturo Amigoni.
1940/07/09 - 1940/10/30
Arrestata a Parigi dalla polizia tedesca e consegnata alla polizia italiana al Brennero.
1944 - 1945
Attiva nella Resistenza nelle 'Brigate Matteotti'.
Sanzioni subite
confino politico (1940/12/19 - 1943)
Condannata a 5 anni di confino politico a Ventotene dalla Commissione provinciale di Roma il 19-12-1940. Sarà liberata nell'agosto 1943.
Relaz. con altri soggetti
Amigoni Arturo (socialista)
ASCr, Casellario politico Questura, b. 3, fasc. 61
Speranzini Giuseppe (popolare)
ACS, Cpc, b. 4906, fasc. 135773)
Ferragni Rosolino Arnaldo (comunista)
ACS, Cpc, b. 2004
Caporali Giovanni detto Ernesto (socialista)
ACS, Cpc, b. 1036
Rosselli Carlo (giellista)
ASFirenze, Fondo Rosselli
Cottarelli Leandro (socialista)
ACS, Cpc, b. 1517
In rubrica di frontiera
Informazioni
1937
In bollettino ricerche
Esclusione dallo schedario
no
Documentazione allegata
fotografie private giornale quotidiano (Copia dell'articolo intitolato "Fesso!" in «Regime Fascista» del 12.8.1937, n. 191.)
Altre fonti archivistiche
(ACS-CPC) Archivio centrale dello Stato (Roma), Casellario Politico Centrale
Busta 216, Fascicolo
ASCr, Casellario politico Questura
Busta 7, Fascicolo 147
(ACS, PP) Archivio centrale dello Stato (Roma), Polizia Politica
Busta 53, Fascicolo
Riferimenti bibliografici
Antifascisti Cpc 1998, vol. 1
riferimento p. 330
Bellardi, Zanesi 2016
riferimento pp. 13-15
Lupi 2016
riferimento pp. 137-138
DBDL 1995
riferimento p. 88
Morandi 2021
riferimento pp. 19-40.
Stajano 2018
Franzinelli 1999
Canali 2004
Giovana 2005