Botta Giovanni Maria Francesco

n. busta
18
n. fascicolo
552
Primo estremo
1928
Secondo estremo
1940
Cognome
Botta
Nome
Giovanni
Altri nomi
Maria Francesco
Presenza scheda biografica
no
Luogo di nascita
Data di nascita
1881/11/24
Luogo di morte
Semonte (Bg)
Data di morte
1964/03/25
Livello di istruzione
diploma
Professione
sacerdote
Collocazione politica
Profilo sintetico riassuntivo
Nato nella frazione Cirano di Gandino (Bg) il 24.11.1881, sacerdote. Compagno di studi nel seminario di Bergamo del futuro papa Giovanni XXIII, viene nominato curato prima a Sangallo, poi a Laxolo e nel 1919 parroco di Semonte (frazione di Vertova). Don Botta è oggetto di inchiesta nel 1928 da parte della Questura perché durante le processioni religiose, invece di lasciare libero un lato della strada per la circolazione dei veicoli, divide i fedeli in due ali occupando tutta lo spazio stradale e interrompendo la circolazione. Due anni dopo l’UPI della 14 Legione della Mvsn segnala al segretario del Pnf di Bergamo il comportamento sospetto di don Botta il quale, pena l'espulsione dalle organizzazioni religiose, ha diffidato i parrocchiani che intendono frequentare il Dopolavoro e i locali dell’OND (Organizzazione Nazionale Dopolavoro) di Vertova, perché in tali ambienti si rischia, avrebbe detto il sacerdote, di essere corrotti moralmente dall’ideologia fascista. Dopo la segnalazione, la polizia di Bergamo svolge le proprie indagini e secondo il rapporto al questore del 13.2.1930 del commissario di Ps Guido Masiero risulterebbe che don Botta “non sia stato finora troppo ossequiente al regime […] e sia di carattere zoticamente intransigente ed autoritario”. Tuttavia, dopo aver interrogato alcuni fascisti locali non sembra che don Botta abbia detto che i fascisti di Vertova siano corrotti. Una volta però il sacerdote ha preso a scapaccioni alcuni ragazzi che si intrattenevano nel campo sportivo del Dopolavoro di Semonte durante le funzioni religiose. I risultati sono confermati da un rapporto dei Cc di Clusone (Bg) del 24.3.1930, secondo cui il sacerdote tiene buona condotta, ma è intransigente in materia religiosa, scontroso e talmente esigente che vorrebbe che i fedeli gli ubbidissero ciecamente nelle prescrizioni religiose. la conclusione del rapporto dei Cc è che “mai il sacerdote suddetto, ha parlato sconvenientemente delle istituzioni fasciste. Detti addebiti sono artificiosi e messi in circolazione da persone non potute identificare” al fine di mettere in cattiva luce il sacerdote stesso. Un altro episodio si verifica il 16.5.1935, quando il milite fascista e capo squadra Giuseppe Vitali, residente a Treviglio, informa il Comando della 14 Legione della Mvsn (e questo a sua volta il Questore di Bergamo), che lo stesso giorno nel negozio di Amalia Bazzoni a Bergamo in piazza Pontida 17, ha udito il parroco di Semonte dire, alludendo alle camicie nere in partenza per l’Africa, che “dal mio paese parte tutta la feccia”. Interrogato dalla Questura di Bergamo il 18.5.1935, don Botta dichiara per scritto di essere stato nel negozio di piazza Pontida e di avervi avuto una breve conversazione con un milite fascista in divisa da campo in partenza per l’Africa. Questi si è detto contento perché “al suo battaglione era stato destinato un ottimo cappellano”. Visto che il milite stava acquistando uno specchio, il sacerdote scherzando disse “se lo specchio stesso gli serviva per piacere alle ‘more’. Ebbi per risposta che era già sposato e con prole, per cui si riprometteva di dedicare poco tempo alle conquiste femminili”. Dopo di che si il sacerdote ha sentito come dovere del suo ministero sacerdotale di “raccomandargli di stare accorto alla propria persona, poiché non era escluso che fra i partenti ci potessero essere di quelli ‘appartenenti alla feccia’”. All'udire tali parole, che don Botta definisce prive di intenti offensivi, il milite si scaglia contro di lui con parole e gesti minacciosi. Il sacerdote cerca di calmarlo e gli chiede scusa, ma vedendo che non serviva a niente pensa di allontanarsi per evitare ulteriori attriti. A questo punto la Questura interpella il Ministero degli Interni per sapere quale provvedimenti prendere nei confronti del sacerdote. Il 28.6.1935 il Ministero risponde che don Botta “dovrà essere diffidato ai sensi vigenti disposizioni”. Il 9.7.1935 la Curia vescovile di Bergamo, per tramite del delegato canonico P. Carrara, scrive al Prefetto comunicando il proprio rammarico per l’accaduto, assicurando che sono stati già fatti i debiti richiami al sacerdote. Tre anni dopo, il 28.12.1938, il prefetto di Bergamo informa la Questura che il 20.12.1938, durante una partita di calcio nel campo sportivo del comando della Gil (Gioventù Italiana del Littorio) di Vertova, don Botta ha inveito contro alcune ragazze della Gil che stavano acquistando i biglietti, dicendo che il campo sportivo non era luogo adatto per loro e le invitava ad andare all’oratorio. Anche su questo episodio la Questura avvia le proprie indagini e giunge alla conclusione che il sacerdote avesse detto quelle parole perché condizionato dalle idee tradizionali del clero rurale, contrarie alla partecipazione delle ragazze alle riunioni maschili. il 28.8.1940 i Cc di Gazzaniga (Bg) esprimono parere favorevole alla radiazione di don Botta dallo schedario dei sovversivi. Morto il 25.3.1964, venerdì santo e Annunciazione. Per il ruolo svolto da don Botta durante la Resistenza, si può consultare il volume Curtarelli 2018. (R. Vittori)
Familiari
Botta Ferdinando (padre)
Nato nel 1838, operaio giornaliero.
Riccardi Camilla (madre)
Botta Luigi Angelo (fratello)
Nato a Gandino il 4.11.1875, si sposa il 24.4.1902 a Gandino con Maria Torri.
Botta Maria Lodovica Maddalena (sorella)
Nata a Gandino il 10.8.1877.
Botta Giovanni Battista Serafino (fratello)
Nato a Gandino il 7.1.1880, morto il 2.9.1881.
Botta Ferdinando Bernardo (fratello)
Nato a Gandino il 22.9.1884, morto il 26.2.1885.
Botta Giovanni Battista Pietro (fratello)
Nato a Gandino il 18.8.1887, morto il 29.2.1888.
Luoghi di residenza
Semonte Lombardia Italia (1930 - )
Fatti notevoli
1935/05/16 - 1935/05/16
Il 16.5.1935 è coinvolto in una discussione in un negozio di Bergamo con un fascista, al quale dice che alcuni fascisti in partenza per l'Africa sono della vera e propria 'feccia', suscitando la decisa reazione del suo interlocutore.
Sanzioni subite
diffida (1935 - )
In rubrica di frontiera
no
In bollettino ricerche
no
Esclusione dallo schedario
Data di esclusione
1940
Documentazione allegata
corrispondenza (Lettera del delegato vescovile, canonico P. Carrara, del 9.7.1935, al prefetto di Bergamo, in cui comunica il proprio rammarico per quanto accaduto a don Botta, assicurando che sono stati già fatti i debiti richiami al sacerdote.)
Riferimenti bibliografici
Curtarelli 2018