Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Cisano Bergamasco (Bg) il 21.12.1899, dove risiede in viale Vittorio Emanuele III 10, definito ‘disfattista’ dalla Questura di Bergamo. Padre di tre figli: Maria, Piercarlo e Lodovico, commercia vini all’ingrosso e gestisce un negozio di generi alimentari. Le sue condizioni economiche sono floride, possiede beni immobili con un reddito annuo di 35.500 lire. Partecipa alla Prima guerra mondiale e viene congedato il 10.3.1921 col grado di caporale, ottenendo la croce di guerra al merito. In un suo memoriale autografo scritto il 12.12.1941 mentre si trova nel carcere di Bergamo, riepiloga il suo curriculum politico: appena rientrato dopo aver concluso la ferma di guerra, il 16.3.1921 aderisce al fascismo e “dopo un mese fui comandante dell’avanguardia studentesca ed il 1 maggio 1921 ebbi l’onore di partecipare all’ammaino dell’ultima bandiera rossa che ebbe a circolare nelle vie della città garibaldina, unitamente all’eroico A. Locatelli, Beratto, Abate, ecc.”. Rientrato a Cisano inizia a far proseliti al fascismo, “tenace coadiuvatore nella fondazione del Fascio di Cisano, Pontida, Calolzio, Caprino e Vercurago”. Per motivi di lavoro deve trasferirsi nell’Italia meridionale e insulare, ma mantiene la carica di triumviro. Si dimette dalla carica nel 1926 in seguito a diverbio con gli altri due componenti del triumvirato, lasciando il partito fascista. Da quel momento si dedica al lavoro e alla famiglia. Nel 1932 muore una figlia di tre anni e, dopo una lunga malattia, nel 1938 muore anche sua moglie, lasciando tre figli. Nel 1938 gli viene offerta di nuovo la tessera del Pnf per ricoprire la carica di segretario politico, che accetta solo a condizione che l’iscrizione sia retrodatata al 1921, ma la proposta non viene accettata. Sostiene di aver ricevuto a suo carico la calunnia di aver augurato mala sorte ai soldati italiani. Nonostante ciò gli rinnovano l’offerta della tessera del Pnf e lui ripete la stessa condizione. Nel 1941 si sposa in seconde nozze con Ida Colombo (fu Gaetano e Beretta Emilia, nata a Lecco 16.5.1900). Una settimana prima dell’arresto offre al segretario politico del Fascio di Cisano, cav. Giraudi, di cedere gratuitamente ad una erigenda cooperativa fascista i locali di un negozio di sua proprietà. Nella sua memoria scritta nel carcere giudiziario in attesa della riunione della Commissione Provinciale, lamenta che la lontananza da casa produce effetti negativi sulle sue attività economiche e sull’educazione dei figli. Sostiene di non meritare l’accusa di “individuo contrario all’ordine nazionale” e conferma di “essere sempre stato un fedele esecutore degli ordini del duce verso il quale ho sempre nutrito sentimenti di fiducia e di viva considerazione”. Dalle informazioni raccolte dalle forze dell’ordine emerge che Brambilla è stato comandante della squadra d’azione del fascio di Cisano, che nel 1924 era membro del Direttorio e componente del triumvirato straordinario per la reggenza del fascio, ma anche che il 5.5.1925 viene costretto a dimettersi per “fede fascista tentennante”. Per le sue esternazioni pubbliche sul cattivo andamento della guerra, viene diffidato nel dicembre1940 insieme a Pasquale Pellegrini, al dott. Luigi Brambilla e a Luigi Rolla, tutti di Cisano, per sfavorevoli apprezzamenti sulle operazioni belliche e sull’esito finale della guerra nei riguardi della Germania, che secondo le loro previsioni avrebbe dovuto soccombere di fronte all’Inghilterra, essendo questa più ricca finanziariamente. Il 10.11.1941 il segretario della Federazione fascista di Bergamo, Gino Gallarini, scrive al Questore di Bergamo chiedendo la condanna al confino per Brambilla, perché la sera del 5.11.1941 Brambilla, presso il ristorante della stazione ferroviaria di Cisano, ha espresso valutazioni favorevoli all’Inghilterra e sfavorevoli alle potenze dell’Asse, della cui vittoria dubita. Scrive Gallarini al questore: “Ho dato ordine che la persona non venga ‘manganellata’, come meriterebbe, dagli squadristi locali, ma consegnata fino che si è a tempo, in buone condizioni a codesta R. Questura”. Dopo la denuncia del Pnf la Questura invia a Cisano un funzionario di Ps per accertamenti. In tal modo emerge che, parlando con Giovanni Valsecchi a proposito degli italiani in Francia e dell’andamento della guerra, Brambilla ha sostenuto “quasi la certezza della vittoria finale da parte degli inglesi, aggiungendo che anche nella ipotesi difficilmente realizzabile della vittoria dell’Asse, l’Italia diventerebbe schiava della Germania”, cercando di smorzare l’entusiasmo e la fiducia del Valsecchi. L’episodio viene confermato dalla deposizione di Francesco Pellegrino, di Cisano, che si è opposto alle affermazioni di Brambilla, il quale però nega di aver discusso di tali argomenti con Valsecchi e Pellegrino. In allegato al rapporto della Questura c’è la deposizione manoscritta di Valsecchi (fu Pietro e Mistica Sala, nato a Cisano Bergamasco il 16.12.1908). Il 12.11.1941 il prefetto di Bergamo invia una relazione sulla vicenda al Ministero dell’Interno, ricostruendone le tappe essenziali a partire dal fatto che già da tempo, alla Questura di Bergamo, risultava che da qualche influente cittadino di Cisano si facevano commenti sfavorevoli sull’andamento della guerra, anche se gli accertamenti non avevano portato a risultati concreti. Tuttavia la Questura aveva diffidato alcuni maggiorenti indiziati come “mormoratori e fra questi il soprascritto Brambilla”. La denunci di Gallarini e l’inchiesta della Questura portano alla denuncia di Brambilla alla Commissione Provinciale, per la cui riunione la Questura richiede l’estratto del Casellario giudiziario relativo alla situazione di Brambilla. L’estratto, rilasciato il 3.12.1941, mostra che tra il gennaio 1939 e il maggio 1940 è stato assolto dall’accusa di lesioni colpose dalla Pretura di Tirano, condannato ad una lieve ammenda dalla Pretura di Almenno per un’irregolarità amministrativa nell’esercizio commerciale, assolto dalla Pretura Bormio per amnistia per aver venduto vino con gradazione alcolica inferiore e condannato al pagamento di una lieve ammenda dalla Pretura di Almenno per maggiorazione di prezzi. Il prefetto di Bergamo, per parte sua, ritiene necessario prendere nei confronti di Brambilla una “giusta, severa punizione”, cioè la condanna al confino di polizia. Così, il 15.12.1941 Brambilla viene condannato a 3 anni di confino di polizia, ricorre in appello il 17.12.1941, ma intanto il 24.12.1941 il Ministero dell’Interno comunica la destinazione del confino, che è quella di Capestrano (Aq), dove giunge il 4.1.1942. Il 28.2.1942 i Cc di Bergamo scrivono alla Questura riepilogando le vicende di Brambilla e concludendo che in occasione dei fatti incriminati era stato “il più imprudente, ma non il più colpevole”; di conseguenza propongono una diminuzione della pena al confino che, a loro giudizio, produrrebbe un’impressione favorevole tra la popolazione. La Questura inoltra tale giudizio al Ministero degli Interni, che il 14.5.1942, con telegramma ai prefetti de L’Aquila e Bergamo, comunica ufficialmente che la “commissione appello habet ridotto sofferto periodo confino Brambilla Guido fu Pietro. Pregasi disporre rimpatrio. Pel ministro Senise”. Liberato il 18.5.1942. Cpc, b. 817, 1941-1942, come luogo di nascita è indicato erroneamente Ciserano. (R. Vittori)