Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Zanica (Bg) il 28.12.1890, iex-combattente di Fanteria come caporalmaggiore nella prima guerra mondiale, durante la quale viene ferito alla gamba destra, muratore, socialista, definito ‘disfattista’ dalla polizia fascista, analfabeta. Ha una quindicina di condanne per reati comuni. Nel dicembre 1930 viene fermato a Roma per misure di Ps, perché è definito “quale individuo ozioso, vagabondo, dedito all’alcool e pregiudicato per truffe”. Agli inizi di gennaio 1931 si allontana da Roma e la Questura locale l’8.5.1931 lo inserisce nel BR con la schedina n. 4039. Subito dopo viene fermato ad Arezzo, da dove nel maggio 1931 viene rimpatriato a Zanica con foglio di via obbligatorio. Trova lavoro a Oltre il Colle (Bg) presso la società mineraria ‘Vielle Montagne’ e torna a Zanica il 23.7.1931 per aver concluso il suo lavoro, ma si accinge a partire per l’Alta Valle Brembana, dove dalla fine del mese di luglio 1931 lavora a Carona (Bg) come manovale per la Società Anonima Alto Brembo presso il lago Sardegnana. Nell’estate 1941 si trova a Sondalo (So) dove lavora per una ditta edile, ma il 27 agosto ha già lasciato il paese e non ha nemmeno ritirato la paga del mese, rendendosi irreperibile. La sera dell’1.12.1941 canta ‘Bandiera rossa’ nella trattoria ‘Speranza’ in via Milizia 46 a Bergamo. Viene sentito da diverse persone, tra le quali due militari del 78° Reggimento Fanteria di stanza a Bergamo, Giuseppe Bastia (fu Pietro e Paolina Sabioli, n. l’1.6.1910 a Bescapé, Pv, residente a Milano) e Angelo Brembilla (di Felice e Alessandrina Moneta, n. Milano il 12.12.1915, residente a Milano), al cui tavolo si siede Bresciani, che dopo un momento inizia a cantare l’ ‘Internazionale’. I due soldati cercano di farlo smettere, ma in quel momento entrano nel locale i fascisti Arturo Baratto (fu Primo e Nebuloni Virginia n. a Cassalnuovo, Pv, il 28.4.1901, residente a Bergamo), e Pietro Madaschi (fu Ferdinando e Algeri Maria, n. a Scanzorosciate 19.5.1901, residente a Bergamo) i quali, oltre a dirgli di smettere di cantare, gli chiedono le generalità. Questi consegna la sua carta d’identità e mentre i due la stanno controllando, lui ne approfitta per allontanarsi. La carta d’identità, rilasciata dal Comune di Bergamo il 30.7.1941 e dalla quale risulta che la sua residenza è in via Borgo Palazzo 78, è conservata nel fascicolo. Benché identificato, viene rintracciato solo nel marzo successivo, arrestato il 3.3.1942 e deferito alla Commissione Provinciale per il confino di polizia, che il 17.4.1942 lo sottopone ad ammonizione. Lo stesso giorno viene avviato a Zanica, paese natale nonché comune di residenza, con foglio di via obbligatorio. Poche sere dopo, tuttavia, non solo si trova nei locali del Dopolavoro di Zanica, in contravvenzione ai vincoli dell’ammonizione (si trova in un locale pubblico dopo le 21) ma dà anche luogo ad un’altra ‘manifestazione antifascista’. Alla presenza di alcuni fascisti, infatti, dice “Questa volta non la vinceremo più la guerra, perché quello che abbiamo guadagnato noi lo stanno mangiando altri”. Di queste parole gli chiede conto il fascista Emilio Persiani, ma Bresciani ripete le sue affermazioni. Persiani si reca allora dai Cc di Zanica a denunciare l’accaduto. Il brigadiere a piedi Virgilio Di Domenico si reca al Dopolavoro, rintraccia Bresciani e lo porta in caserma, dove Bresciani conferma quanto detto in precedenza. Subito arrestato, viene portato ancora una volta nelle carceri giudiziarie. Il capitano Alberto Lanoce dei Cc di Bergamo il 24.4.1942 invia il rapporto sull’accaduto alla Questura, allegando i verbali di interrogatorio e proponendo il confino per Bresciani, per la sua “accentuata pericolosità sia in linea politica che nei riguardi dell’ordine pubblico”. Il questore fa sua la proposta e nella relazione del 25.5.1942 la sottopone al prefetto, che è anche il presidente della Commissione Provinciale. Il 30.5.1942 Bresciani è condannato al confino politico per 3 anni e il 6.7.1942 giunge a Ustica. In seguito viene trasferito nel campo di internamento di Renicci di Anghiari (Ar), dove forse viene liberato nel settembre 1943. Oltre alla sua carta d’identità, nel fascicolo sono conservate due copie di una sua fotografia formato tessera. Cpc, b. 833, 1931-1942. (R. Vittori)