Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Sarnico (Bg) il 14.9.1875, mediatore, antifascista, residente in Bergamo Alta in via Porta Dipinta 28, sposato con Maria Cadei, nata a sua volta a Sarnico, dalla quale ha 3 figli: Edvige, Virginio e Arnaldo. Tuttavia, dagli anni Venti è separato dalla famiglia, convivendo con Margherita Bovisio (di Cipriano e Delfina Bocca nata a Milano il 10.5.1891). Presta servizio militare nel 1° Reggimento Fanteria nel 1896-97 e partecipa alla campagna d’Africa ne gennaio e febbraio 1897. Richiamato alle armi il 16.1.1917 nel 60° Battaglione, poi nel 55° Battaglione 78° Reggimento, viene congedato il 28.11.1918. Durante la prima guerra mondiale subisce varie punizioni disciplinari “perché sorpreso fra i soldati a tenere conversazioni sovversive”. Pregiudicato per minacce, bancarotta semplice, ingiurie, ricettazione e truffa, viene ammonito nel 1927 per reati comuni. Pur non avendo evidenziato particolari attività politiche, il 29.3.1935 viene rinvenuta su alcuni edifici di Bergamo Alta la scritta “M al Duce”, realizzata con matita blu. Sulla base di alcune testimonianze, Buelli viene indicato come l'autore delle scritte. Il rapporto dei Cc dell’1.4.1935 ricostruisce la dinamica dei fatti che portano all'accusa, secondo la quale il 28.3.1935 il muratore Alessandro Cerea (nato a Bergamo il 3.5.1906, residente in via Fara 23), mentre percorre via Porta Dipinta, osserva Buelli scrivere a grossi caratteri con una matita blu sul muro degli edifici ai civici 29-23 e 15 la scritta “Abbasso il Duce”. Sopraggiunto Giacomo Cuminetti (nato a Bergamo l’11.3.1906, domiciliato in via Arena 8, legatore), i due seguono Buelli e lo sorprendono mentre disegna una doppia V rovesciata sul muro della casa del parroco di Sant' Andrea. Il fatto viene segnalato al milite fascista Umberto Corti (di Giulio), che ferma Buelli e lo conduce alla sede fascista di Bergamo e poi sai Cc, che procedono al suo arresto. Nel corso dell’interrogatorio Buelli nega di essere l’autore delle scritte. Il 15.4.1935 la Commissione Provinciale per il confino di polizia lo condanna a due anni di confino politico, da trascorrere a Salandra (Mt), da cui viene prosciolto il 29.3.1936. Al suo ritorno Buelli continua ad esercitare una sua personale opposizione criticando apertamente il regime fascista. Questo suo comportamento genera però reazioni nel contesto che lo circonda. Una prima denuncia, anonima e firmata “un italiano di Mussolini”, è contenuta in un biglietto postale spedito al questore di Bergamo il 2.11.1937, nel quale si denuncia il comportamento antifascista di Buelli “in locali di trattorie sempre a bere e dire fandonie sul regime e che è tutto falso quello che dicono i giornali relativamente alla fasciste riunioni che colà [a Roma] avvengono, individuo sfruttatore di una povera donna con la quale convive in concubinamento certa Bovisio Margherita in via Pignolo 101 (...) dice male del Regime fascista”. Inoltre, alla Questura di Bergamo. viene rilasciata una dichiarazione autografa di Marco Visconti e Luigi Gentili del 10.5.1939 in cui si sostiene che Buelli avrebbe affermato “Vado in culo a Mussolini e a tutti i suoi decreti di affitto; faccia il grande con la roba sua e non quella degli altri”. Per tutelarsi, il 13.12.1939 Buelli indirizza ad Alessandro Ghisleni, fiduciario del Gruppo rionale fascista 'Benedetti', una dichiarazione manoscritta con la quale accusa Andrea Carlo Bonaiti, un tale Ruggeri e Marco Visconti di essere gli autori di una macchinazione ai suoi danni. Il 18.12.1939 alcuni agenti di Ps fermano Andrea Carlo Bonaiti (di Giovanni, nato a Lorentino di Calolziocorte il 26.12.1885 e residente a Bergamo in via Pignolo 101) per misure di Ps e accertamenti di polizia politica, ma viene rilasciato il giorno stesso in base ai giudizi favorevoli nei suoi confronti rilasciati da persone autorevoli, tra le quali l'avvocato Armando Nava, che tra il 1941 e il 1943 sarà il podestà di Bergamo. Pochi giorni dopo Buelli viene fermato dalla polizia in relazione ad una scritta antifascista - "Morte a tutti i fascisti e al Duce" - ritrovata nell'appartamento da lui abitato in via Pignolo 101 e di proprietà del Gentili. La scritta, di cui è conservata nel fascicolo la fotografia realizzata dalla polizia fascista, è realizzata con una matita copiativa e si trova sullo stipite di una porta interna ed è contrassegnata dalla sua firma. Buelli nega di esserne l’autore e l'attribuisce a qualcuno che intende vendicarsi di lui. Al proposito fa il nome di Luigi Gentili (di Gaetano), che è stato ospite a in casa sua. Un confronto grafico esclude che l’autore sia Buelli, mentre la grafia della scritta assomiglia a quella del Gentili, che al momento risulta irreperibile. Buelli cita vari elementi a sostegno della sua accusa: lBonaiti, proprietario dell'appartamento, aveva accesso all’abitazione anche dopo che Buelli l’aveva lasciata. Inoltre, prosegue Buelli, una “donna di malavita abitante nella istessa casa, detta Gina, da Grumello del Monte, andava dicendo che per mezzo di pezzo grosso della federazione che la frequentava, tale Mangialardo, m’avrebbe fatto mandare al confino. Prima che avvenisse ciò io denunziai al gruppo fascista “Lusardi” il Bonaiti per offese al duce; perché non si è mandato tutto l’incarto alla Questura?”. Aggiunge poi che l’avvocato Mangili, con studio in largo Adua, è in possesso delle deposizioni a suo tempo fatte contro il Bonaiti da parte del Gentili, ma in seguito i due si devono essere accordati contro Buelli e accusarlo della scritta. Dichiara di non essere mai stato antifascista, nonostante il precedente, di cui nega la paternità. I documenti presenti del fascicolo non informano su come sia finita la vicenda. Nel 1941 Buelli viene interrogato dalla polizia in occasione della comparsa di alcune scritte antifasciste, poi imputate al gruppo di giovani antifascisti composto dai fratelli Bruni, Taino e Caffi. Nella circostanza, il 25.9.1941 rilascia una dichiarazione in cui si dichiara estraneo agli sfregi effettuati al monumento della rivoluzione fascista e sull’effigie del duce nella stazione di Valtesse. Dichiara inoltre di non sapere nulla su tali fatti. L’ultima notizia che lo riguarda risale al 9.5.1942, quando viene arrestato per lesioni con arma da punta e taglio a certo Giovanni Battista Gregis. Nel fascicolo sono conservate una sua fotografia e le impronte digitali. Cpc, b. 883, 1935-1942. (R. Vittori)