Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Valle Lomellina (Pv) il 9.9.1876, sacerdote. Fino al 1927 è parroco di Spinone al lago (Bg). Sul suo conto esiste un memoriale di autodifesa datato 15.6.1927 e alcune relazioni dei Cc. I contrasti di don Broglia con le autorità fasciste di Spinone sembrano scaturire dai dissapori col fascista Saturno Iardoni, proprietario dell’albergo San Carlo a Spinone, da poco giunto nella bergamasca dalla frazione Cervara del comune di Pontremoli (Ms). Quest’ultimo accusa il sacerdote di possedere giornali sovversivi e nell'inverno 1925 spinge i Cc della zona a perquisire la sua abitazione. La perquisizione effettuata senza alcun mandato da parte del brigadiere Teodori della stazione dei Cc di Endine e dal milite Vittorino Salvatoni è senza esito. Nella sua autodifesa, don Broglia dichiara che tale perquisizione, oltre che illegittima, era del tutto ingiustificata, perché “a tutti è nota la lotta continua che sempre ho fatto contro ogni idea sovversiva, e la mia opera per inspirare nei miei parrocchiani piena fiducia nel presente regime, impostami dalla disciplina e dalla religione di cui sono ministro”. Alcuni mesi più tardi, dopo il rifiuto del sacerdote di prestare 10.000 lire allo Iardoni, quest’ultimo, approfittando dell’assenza di don Broglia, invia due ragazzi, Nino Bidasio e Alessandrino Belotti, a suonare con la campana della chiesa parrocchiale un inno simile a 'Bandiera rossa', incolpando dell’accaduto il sacerdote e poi informando il brigadiere dei Cc Teodori e i militi del fascio di Trescore Balneario (Bg), allo scopo di " dare una lezione" al parroco. Ulteriori attriti si aggiungono quando Iardoni inizia a organizzare nel suo albergo feste danzanti fino a tarda ora, aspramente criticate dal sacerdote. Così don Broglia descrive tali feste sotto forma di “banchetti con balli che si protraevano fino al mattino della domenica, invitando donne equivoche e povere fanciulle del paese, non rispettando neppure il tempo della quaresima e la tassativa proibizione del nostro provvidenziale duce.” A tali feste partecipa anche il brigadiere Teodori, che così si presta alle manipolazioni dello Iardoni. L’opposizione di don Broglia a queste feste danzanti, le sue critiche a molte persone del paese e in particolare le accuse di cattive frequentazioni lanciate a carico del brigadiere Teodori, fanno scattare nei confronti del sacerdote il provvedimento di diffida, emanato il 13.6.1927 “per il suo atteggiamento contrastante con le Gerarchie Fasciste”. A propria tutela, il 19.11.1928 don Broglia invia un memoriale al podestà di Spinone, ragionier Giosuè Farina, il quale in una lettera al prefetto di Bergamo del 28.1.1929 prende le difese del sacerdote, dichiarando che il parroco “fu sempre deferente e ossequente al regime”. Dopo attente osservazioni, il podestà ha potuto constatare che il comportamento di don Broglia “era tutt’altro, che avverso all’ordinamento. La popolazione lo ama e lo stima, perché buono e caritatevole. Il suo tratto è un po’ rude ed anche violento, allorquando dal pergamo scagliandosi contro il mal costume osa indicare chiaramente le persone compromesse. Lo invitai ad essere più riservato, offrendo e chiedendo leale collaborazione, per poter giungere allo stesso scopo, senza ricorrere a metodi ormai sorpassati, irritanti ed inconcludenti”. Al fine di “rasserenare lo spirito del postulante, turbato e avvilito” e per tranquillizzare la popolazione, ritiene immeritato il grave provvedimento della diffida. Per parte sua, lo stesso don Broglia, nel suo memoriale, cita vari episodi che dimostrano la sua lealtà allo Stato e al regime fascista, come l’acquisto a sue spese (50 lire) del gagliardetto fascista per la locale sezione del partito, che poi ha benedetto “solennemente dopo un patriottico discorso”, la sottoscrizione di un abbonamento al giornaletto fascista della Val Cavallina diretto dal ragioniere Bonatti, l'aver convinto il giovane ragionier Leoni della Banca Popolare a iscriversi al Pnf, l'aver lodato in chiesa “ripetutamente” l’operato del governo nazionale, tenendo “funzioni speciali per l’incolumità del nostro primo Ministro” e raccomandano per ben due volte nelle ultime elezioni politiche “pubblicamente in chiesa di andare tutti alla conferenza dell’on.vMazza de’ Piccioli e del notaio Rosa, centurione di Lovere”. Infine, ricorda l’amicizia con uno dei gerarchi fascisti più in vista a livello nazionale, il bergamasco Giacomo Suardo, il quale contribuisce generosamente alle “benefiche istituzioni pro della parrocchia e del comune”. Qualche anno dopo, nell’aprile 1932, l’autorità ecclesiastica dispone il suo trasferimento nella parrocchia a Scano al Brembo (Bg) e nel 1933 viene radiato dal novero dei sovversivi bergamaschi, perché dopo la diffida non dà più luogo a rimarchi, “mantenendosi appartato e disinteressandosi di ogni attività politica”. (R. Vittori)