Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Roma il 10.4.1883, falegname, anarchico, diventa fascista dopo il 1922. Dopo le scuole elementari, a 18 anni (1901) si arruola nell’Arma dei Carabinieri dalla quale viene licenziato un anno e mezzo dopo perché affetto da disturbi mentali. In questo periodo, mentre risiede a Roma, si avvicina al movimento anarchico, legge e distribuisce la stampa libertaria, collabora come corrispondente della rivista «Alleanza Libertaria», settimanale edito a Roma dal1909 al1911. Prende parte a tutte le manifestazioni dei partiti estremi e si fa notare come agitatore, tant’é che nel 1907 subisce una condanna per oltraggio alla forza pubblica in occasione della manifestazione del primo maggio e il 3.4.1908 viene arrestato per misure di Ps per aver preso parte a una riunione nei locali della Lega generale del lavoro di Roma (nata nel novembre del 1907 in opposizione alla CdL di Roma, che è su posizioni riformiste), in seguito a gravi tumulti avvenuti in Piazza del Gesù il giorno precedente in occasione del trasporto funebre dell’operaio Cesare Premucci. E’ particolarmente attivo nelle manifestazioni, di cui si fa anche promotore, che si tengono nell’ottobre del 1909 a favore di Francisco Ferrer per protestare contro la sua esecuzione. Il 3.10.1909 viene arrestato mentre distribuisce volantini “pro vittime della repressione spagnola”, invitanti ad comizio privato alla Casa del Popolo. Nel 1913 è iscritto al Fascio Comunista-Anarchico di Roma, sorto il 28 febbraio dello stesso anno, e nel dicembre si trasferisce ad Anzio (Roma) dove lavora presso la segheria elettrica Cassoli. Negli anni successivi subisce varie condanne per questioni private: il 23.7.1914 viene arrestato perché “querelato per ratto consensuale in pregiudizio della minorenne Salesi Agnese”. Tradotto alle carceri mandamentali di Albano, è rimesso in libertà provvisoria nell’agosto 1914. Il 27.5.1915 dalla Pretura di Albano (Roma) viene condannato a 3 mesi e 15 giorni di reclusione per oltraggio al pudore; due anni dopo, il 10.6.1917, è arrestato a Roma e deferito alla R. Procura per adulterio, il 1° luglio ottiene la libertà provvisoria. Dopo aver abbandonato la moglie Nazzarena Postecchi e i figli, si stabilisce con la concubina presso la famiglia Renzetti in via Leone n. 54. Nel maggio 1918 “nella riunione tenutasi nella Camera del Lavoro confederale per la ricostituzione del fascio sindacale dell’azione diretta”, viene eletto membro del comitato direttivo del fascio stesso. L’anno dopo (1919) si trasferisce a Piacenza, dove svolge attiva propaganda anarchica con conferenze, interventi sul periodico «Voce Proletaria» e organizzando scioperi. Il 24.9.1919 è “denunciato dal Questore di Piacenza a quella Pretura per contravvenzione agli articoli 1 e 7 legge di P.S. per aver promosso e capitanato insieme ad altri sovversivi corteo oltre 500 persone in quella città senza osservare disposizioni di legge. [Inoltre risulta] membro della Commissione esecutiva della Camera del Lavoro di Piacenza”. Altre denunce segnalano il suo attivismo nel corso del biennio rosso: il 16.10.1919 è denunciato per istigazione a delinquere “avendo incitato l’uditorio in una conferenza tenuta nel comune di S. Antonio a Trebbia di quella provincia contro i militari dell’Arma dei RR.CC.”; l’8.11.1919 viene “denunziato da questa Questura (Piacenza) all’Autorità Giudiziaria per avere in pubblico comizio tenutosi a Piacenza eccitati intervenuti alla guerra civile, al sovvertimento di poteri dello Stato e per oltraggio all’arma dei RR.CC.”, arrestato il 10.11.1919, è scarcerato il 4.2.1920 per ordine della Procura Generale di Parma. Il 15.3.1920 è nominato segretario della Camera del Lavoro di Piacenza in sostituzione dell’anarchico Angelo Faggi, dell’Unione Sindacale Italiana, trasferitosi a Sestri Ponente (Ge). Pochi giorni dopo, il 21.3.1920, “tenne una pubblica conferenza in Agazzano, nella quale espresse la necessità di formare nuove leghe proletarie, e di tenersi sempre pronti e compatti per combattere la borghesia e l’attuale Governo. Disse che l’Italia è prossima al movimento rivoluzionario, ed inveì contro il militarismo inneggiando alla Russia bolscevica. Venne denunciato all’Autorità Giudiziaria da quel comandante la Stazione dei RR.CC. per eccitamento all’odio di classe e vilipendio alle pubbliche istituzioni”. Nel luglio 1920 si trasferisce a Sampierdarena (Ge) per ragioni di salute e vi assume la reggenza della Camera del Lavoro e a Piacenza viene sostituto da Angelo Faggi, mentre in agosto è a La Spezia dove viene nominato segretario di quella sezione sindacalista. Il 15.11.1920 viene condannato dalla Corte di Assise di Cremona a 11 mesi e 7 giorni di detenzione e a 874 lire di multa per incitamento alla violenza e all’odio tra le classi sociali, istigazione a delinquere contro i poteri dello Stato, reati commessi in varie località della Provincia di Piacenza nel corso del 1919, soprattutto nel comizio al Politeama di Piacenza per commemorare la rivoluzione russa. Dopo la condanna si rende irreperibile e il 17.3.1921 viene colpito da mandato di cattura emesso della Procura del Re di Cremona. Viene rintracciato tre anni dopo a Brescia, nell’ottobre 1924, dove nel frattempo era diventato vice segretario dei Sindacati Fascisti, carica dalla quale è però licenziato perché “aderente al Comitato d’Azione di propaganda sorto a Milano in opposizione alla politica sindacale dell’onorevole Rossoni”. Dopo l’espulsione, il 20.11.1924 si trasferisce da Brescia a Bergamo, dove alloggia con la propria famiglia in Piazza Terzi n. 2, presso la casa del marchese Terzi e trova impiego “in qualità di propagandista della Corporazione Sindacale Fascista locale”. Secondo le indagini della polizia si ferma a Bergamo per circa sette mesi, ma nel maggio 1925 si trasferisce a Milano in via P. Frisi 51 presso Mognaschi, in seguito al licenziamento dalla Corporazione sindacale fascista avvenuto nell’aprile 1925 per contrasti con le direttive dei dirigenti dei sindacati fascisti bergamaschi. Trasferendosi a Milano, però, Belli lascia a Bergamo la famiglia priva di mezzi di sostentamento e per questo motivo sua moglie Nazzarena (di Giuseppe), di 44 anni, il 16.5.1925 viene munita di foglio di via obbligatorio per Roma, sua città d’origine, ma il 3.6.1925 la Questura di Roma, che vede giungere la moglie di Belli con foglio di via ma senza alcuna motivazione, chiede alla Questura di Bg le ragioni di tale rimpatrio. La risposta della Quesrura di Bergamo è del 12.6.1925: dato che Belli è stato licenziato ed ha lasciato la famiglia senza mezzi e se ne è andato, “poichè il Belli conserva tuttora il domicilio in codesta città quest’ufficio provvide al rimpatrio della famiglia costà munendola dei mezzi necessari”. A Milano Belli è amministratore dello stabile di via Frisi 51 e corrispondente del giornale «L’Idea Nazionale», inoltre risulta iscritto al Pnf con tessera n. 41332 del marzo 1922. Alla fine del 1925 fa ritorno a Bergamo in compagnia della sua amante, la bergamasca Lucia Tironi, di Evaristo, prendendo alloggio in via San Giacomo n. 44 presso Cesira Camozzi. In questo periodo, come informa il brigadiere Guidolotti della squadra politica della Queatura di Bergamo, trova impiego presso la Compagnia Italiana S.I.C.L.I. (Soccorso Immediato Contro l’Incendio) che ha sede in via Borgonuovo n. 26 Milano, ove Belli si reca giornalmente come pendolare da Bergamo. Tuttavia, la Questura di Milano il 26.2.1926 risponde alla nota del brigadiere Guidolotti informando che a Milano non esiste nessuna assicurazione contro gli incendi che abbia Belli come proprio dipendente, il quale questi si è allontanato da circa 3 mesi dalla sua abitazione di via Frisi senza pagare la pigione. Il ritorno di Belli a Bergamo non sfugge ai fascisti locali e il 28.3.1926 alle ore 11.00 gli agenti di polizia l’arrestano in Piazza Dante perché “pur non essendo inscritto al partito Fascista indossava la camicia nera, suscitando reazioni da parte dei fascisti locali”. Il giorno dopo gli agenti di Ps lo diffidano dal rimanere a Bergamo e lo invitano a ritornare a Milano, dove lavora. Dopo un breve rientro a Milano, dal febbraio 1927 si trasferisce nuovamente a Bergamo presso la famiglia Tironi, in via Gombito 21 e in una nota del 3.3.1927 del vice-brigadiere di polizia Pietro Bruno, si riferisce che “il Belli abbia preso accordi con il centurione Cav. Zecchini, ed il Segretario particolare del Comm. Capoferri, geometra Della Torre, per rimanervi definitivamente in questa piazza di Bergamo, essendo egli viaggiatore, notizie che sono state raccolte dal sottoscritto presso il fratello della Tironi sua amante”. In una nota successiva del 14.3.1927 del brigadiere Guidolotti, la dirigenza fascista conferma l’autorizzazione concessa al Belli a risiedere in Bergamo. Nonostante la sua vicinanza agli ambienti fascisti, nel 1930 è inserito nell’elenco delle persone da arrestarsi in determinate circostanze e gli uffici Upi (Ufficio politico investigativo della Milizia fascista) di Brescia e di Bergamo continuano a sorvegliarlo e a sospettarlo di attività sovversiva. In una nota del 18.10.1932 della Mvsn di Bergamo firmata dal comandante Angelo Testa e indirizzata al prefetto di Bergamo, Belli “nei suoi giri d’affari in provincia [potrebbe] svolgere propaganda sovversiva. Per le sue idee sarebbe ritenuto capace di tenere il collegamento fra vari centri sovversivi e di provvedere alla distribuzione di opuscoli di propaganda”. Nell’agosto 1938 si trasferisce da Bergamo, dove viveva in via Sant' Alessandro 23, a Roma in via del Moro 33. Secondo una nota del 10.9.1947 della Questura di Roma (n. 061083 U.P.A./8, in risposta a nota n. 221/14928) alla Questura di Bergamo “dopo l’arrivo degli alleati a Roma”, il Belli sarebbe tornato a Bergamo. La polizia di Bergamo conferma la residenza di Belli in città nel dicembre 1944, il quale “si stabilì con la figlia in questa via S. Alessandro al n. 8. Il medesimo rimase in Bergamo fino il Gennaio 1946, dopo tale data non si notò la sua presenza in questo capoluogo; accertamenti eseguiti presso il locale ufficio anagrafe figura che il suddetto si è trasferito nella città di Lecco (Como). Durante la sua permanenza in questa città mantenne regolare condotta in genere, senza dare modo a rilievi; si occupava di commercio in generi alimentari non razionati, ed era rappresentante delle assicurazioni sulla vita in questa giurisdizione”. Una nuova nota informativa del 20.11.1947 della Prefettura di Milano (n. 030905 P.S.) alla quella di Bergamo lo segnala residente “in Vimercate via Cavour n. 1 presso l’albergo Corona. E’ impiegato in quella Camera del Lavoro e risulta iscritto al partito socialista italiano. In tutte le manifestazioni di carattere politico dei social-comunisti egli prende la parola per esaltare il programma dei partiti stessi. E’ però elemento moderato”. L’ultima nota che lo riguarda è della Questura di Bergamo e risale al 21.10.1953, dove si conferma la residenza a Vimercate e si conclude ritenendo opportuna l’archiviazione della sua pratica. (R. Vittori)