Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Sabbio Bergamasco (Bg) l’8.8.1894. Partecipa alla prima guerra mondiale come sergente maggiore del 78° Reggimento Fanteria e viene ferito. Reduce e combattentista, riceve una medaglia commemorativa e una croce di guerra. Titolare della trattoria ‘Lupi’ di Dalmine (Bg), è anche commerciante in mobilio in un negozio la cui proprietà condivide con il fratello Battista. Iscritto al Pnf nel 1923, viene radiato nel 1925 per “dubbia fede fascista”. Sposato con Manilia Gina Bonzanni, è senza figli. Nel 1933 chiede di nuovo l’iscrizione al Pnf ma gli viene rifiutata. Si vanta di avere conoscenze altolocate e nell’estate 1940 chiede ancora l’iscrizione al Pnf, ma il 10.8.1940 il segretario politico del Pnf di Dalmine gli scrive che la sua domanda non viene accolta. Il 25.10.1940 Acquaroli si rivolge al Direttorio nazionale del Pnf a Roma per presentare ricorso contro la decisione del Pnf di Dalmine e indica come referenze i nomi di Tringali Casanova, presidente del Tribunale Speciale, e quello del consigliere nazionale Pietro Capoferri. Il 19.2.1942 nella sua trattoria entrano per pranzare l’autista Giovanni Salerio e il meccanico Luigi Molinari, giunti a Dalmine da Genova per collaudare un trattore insieme all’autista milanese Giovanni Corna. Acquaroli si siede al loro tavolo e, come riferisce il testimone Luigi Molinari l’8.2.1942 nella deposizione rilasciata ai Cc di San Nicolò Trebbia (Ge) dove risiede, “si mise a parlare della situazione alimentare dicendo fra l’altro che oltre alla tessera, per mangiare ci voleva le vivande, ciò che secondo lui mancavano, esclamando ‘per fortuna che io ho ancora kg. 200 di cotechini di maiale’. Facendo qualche pausa, l’Acquaroli proseguì il suo discorso pronunziando le seguenti frasi: ‘Fra poco tutte le industrie italiane dovranno chiudere i battenti per mancanza di materie, e fra non molto verranno assorbite dal capitale tedesco, indi noi italiani dovremo lavorare la terra e faremo la fame’. In seguito al nostro risentimento ed invitato a smetterla con quei discorsi, l’Acquaroli smetteva di parlare, per cui io ed i miei compagni pagammo il conto e ci allontanammo. In seguito, io e i miei compagni commentammo l’accaduto e, decisi a denunziare il sopra nominato Acquaroli, il Corna disse che si sarebbe incaricato lui per fare regolare denunzia all’autorità competente”. Sulla base della denuncia alla federazione fascista di Bergamo presentata contro di lui il 21.1.1942 da Mario Corna, Acquaroli viene accusato di “propaganda disfattista”. La denuncia viene poi inoltrata alla Questura di Bergamo, che incarica le guardie di Ps di procedere alla relativa inchiesta. Il primo passo in tale direzione è una minuziosa perquisizione domiciliare effettuata il 6.3.1942 in casa di Acquaroli in via Provinciale 6 dal maresciallo di Ps Giovanni Maurelli insieme alla guardia di Ps Molfetta e al vigile Berta. Ne risulta una relazione al questore inviata il giorno stesso dal maresciallo Maurelli, che riferisce dell’esito della perquisizione, la quale però non fornisce elementi che possano anche indirettamente suffragare l’accusa: “Acquaroli ha in casa, in una stanza della sua abitazione, circa Kg. 40 di cotechini e 150 chilogrammi circa di salami, nonché N. 4 teli di lardo, il tutto però è stato ricavato dalla macellazione di due suini, uno al nome del fratello Battista, che si allega regolare cartolina, rilasciata dall’ufficio dell’alimentazione in data 24.11.1941 e l’altra a suo nome, rilasciata il 14.11.1941. Al momento però della macellazione, l’Acquaroli ha confezionato da detti due suini Kg. 120 circa di cotechini, parte di essi sono stati da lui consumati. È titolare dell’esercizio che personalmente gestisce in Dalmine. Di discrete condizioni economiche e si crede che possa disporre di un patrimonio che si aggira sulle duecentomila lire. La di lui famiglia è composta dalla sola moglie, Bonzani (recte: Bonzanni) Manilia di anni 45. É combattente della grande guerra 1915-18 ed ha medaglia commemorativa e croce di guerra. Per quanto riguarda la sua condotta morale, non ha riportato condanne, ad eccezione di 5 contravvenzioni, due che riguarda(no) il pubblico esercizio, due sulla legge sanitaria ed una per mancata denunzia di assicurazione. Si aggiunge che l’Acquaroli in data 19.5.1928 veniva assolto dalla Pretura di Bergamo per insufficienza di prove dall’imputazione per avere portato distintivi di guerra a lui non conferiti. Politicamente, ha sempre manifestato sentimenti nazionali e favorevoli al Regime Fascista e si aggiunge che dal 1921 al 1924 abbia avuto regolare tessera del partito, ritiratagli poi in seguito divergenze avute con autorità fasciste di Dalmine. Nell’esercito ricopriva il grado di sergente maggiore ed è anche ferito di guerra. L’Acquaroli è rispettoso verso le autorità, ha però il vizio di vantarsi delle conoscenze che ha verso alte personalità e forse quello è il suo più cattivo difetto. Nella casa del ripetuto Acquaroli sono state fatte altre perquisizioni per motivi diversi da quello di oggi, ma però di quello che era incolpato nulla è stato mai rinvenuto”. L’11.4.1942 il questore di Bergamo scrive al prefetto, presidente della Commissione Provinciale per il confino di polizia, denunciando Acquaroli per le sue “inopportune e gravi espressioni”, aggiungendo che “è un individuo ciarliero e pronto alla critica, si è dimostrato col suo contegno elemento di disordine, capace di turbare la serenità degli animi”, pertanto ne propone l’ammonizione. Così come la Questura, una volta ricevuta la denuncia da parte del Pnf, procede alla relativa inchiesta attraverso le guardie di Ps, così la Prefettura, ricevendo la denuncia da parte della Questura, apre a sua volta la propria inchiesta incaricandone i Cc. Pochi giorni dopo, il 16.4.1942, il capitano Alberto Lanoce, comandante la compagnia dei Cc di Bergamo, propone alla Questura e al comando dei Cc la sola diffida ai sensi dell’art. 164 della Legge di P.S., perché non ritiene fondate le accuse che vengono rivolte ad Acquaroli: “non vi sono elementi concreti per considerarlo un elemento pericoloso per gli ordinamenti politici dello Stato, come vorrebbero farlo ritenere i denunzianti. L’Acquaroli, all’uopo interrogato dal sottoscritto, ammette di avere partecipato alla conversazione tenuta con alcuni autisti in merito alla difficoltà attuale dei mezzi di trasporto sia per la scarsità del materiale determinata dalle restrizioni sull’uso dei pneumatici che per l’indisponibilità di carburante sottoposto a razionamento, ma ha escluso in modo assoluto di avere detto che le industrie italiane presto dovrebbero chiudere i battenti per mancanza di materie prime e che fra non molto verrebbero assorbite da capitale tedesco. La versione data dall’incolpato potrebbe essere veritiera, e non è da escludersi che i suoi accusatori possano avere frainteso le frasi da lui proferite e dato ad esse un significato differente da quello reale. In difesa dell’Acquaroli vi è il suo passato militare che può far fede sui di lui sentimenti tutt’altro che sovversivi. Da autentico combattente e ferito di guerra ha sempre partecipato, con slancio e vivo patriottismo, alle manifestazioni di carattere politico-nazionale ed in passato non ha mai dato luogo a sospetti di sovversivismo sul suo conto. Per i suoi atti di intemperanza è stato malcompreso e non riscuote troppa simpatia nell’ambiente fascista di Dalmine, tanto che nel 1940 gli fu negata l’iscrizione al P.N.F. da lui richiesta, mediante regolare istanza, quale elemento indesiderabile”. Nonostante la proposta del capitano Lanoce, il giorno dopo, 17.4.1942, Acquaroli viene ammonito dalla Commissione Provinciale per il confino di polizia di Bergamo, composta dal prefetto Francesco Ballero, dal questore Giuseppe Pumo, dal procuratore del Re Francesco Calcaterra, dal Console Mvsn Carlo Allliata, dal maggiore dei Cc Ugo Marchetti e dal federale fascista Gino Gallarini. L’ammonizione, tuttavia, viene condonata nell’autunno successivo in occasione del ventennale della presa del potere fascista. Nel periodo che intercorre tra l’ammonizione e la sua revoca, e precisamente il 22.6.1942, il Municipio di Dalmine, a firma del podestà, rivolge al questore di Bergamo la richiesta di concedere Acquaroli il permesso di “fare ricerche per l’acquisto di legname occorrente per il puntellamento dei locali siti nella casa di sua proprietà, da adibire a ricoveri antiaerei degli inquilini ammontanti a circa 100 (cento) come da ordinanza del Comitato Provinciale di P.A.A. data la ragione per la quale viene richiesto il permesso, si prega di voler accogliere la domanda in modo che possa così essere costruito il ricovero casalingo che, dato il forte numero di inquilini, si rende proprio indispensabile”. Il 28.10.1943, anniversario della marcia su Roma, Acquaroli viene accusato dal federale Gallarini di aver guidato nel luglio 1943 l’assalto a Dalmine alla casa del fascista Ciro Prearo, presidente dell’Associazione Italo-Germanica. In tale data, infatti, Gallarini scrive una lettera “Riservata e Urgente” al capo della Provincia e al comando della Wehrmacht di Bergamo: “Necessita procedere subito al fermo di Acquaroli Giovanni, oste, via Provinciale 4, Dalmine, già condannato a 2 anni di confino - trasformato in due anni di ammonizione. Aggressore e feritore di fascisti nelle giornate di luglio, organizzatore dell’assalto alla casa del fascista Prearo, Presidente dell’Associazione Italo-Germanica. L’Acquaroli oggi continua impunemente la sua propaganda antiitaliana, antifascista e antitedesca. Fermo ed accertamenti F.to Gallarini”. Il giorno dopo, 29.10.1943, la Questura di Bergamo notifica ai Cc di Dalmine l’ordine di cattura per Acquaroli, che viene arrestato a casa sua dai Cc di Dalmine il 30.10.1943. Il suo arresto, tuttavia, determina una significativa reazione da parte del fascismo repubblicano di Dalmine, tanto che tutti e tre i componenti del trumvirato locale che gestisce il partito fascista repubblicano, e cioè Magnoni, Locatelli e Gian Maria Sala, il 13.11.1943 redigono e firmano una lettera al Commissario federale fascista della provincia di Bergamo, Mario Cionini Visani, in cui prendono le difese di Acquaroli: “Si notifica quanto segue a discarico del Sig. Acquaroli Giovanni, residente a Dalmine, ed attualmente detenuto dopo i fatti del 25 luglio:
1. non ci risulta che l’imputato abbia in qualunque modo introdotto nella abitazione del Sig. Prearo Ciro In Dalmine, generi alimentari allo scopo propagandistico di dimostrare che il Sig. Prearo (ex segretario politico) era un accaparratore di generi alimentari contingentati.
2. non è vero che l’imputato abbia condotto, capeggiato o con la parola aizzato la massa operaia al saccheggio delle abitazioni di fascisti e devastazioni di opere del regime.
3. è vero si che fra l’imputato ed il Sig. Prearo non correvano buoni rapporti, frutto di odi personali.
4. è vero si che durante i fatti del 25 luglio l’imputato abbia usato della sua personale influenza verso la massa operaia esortandola alla moderazione e in alcuni casi impedendo che si effettuassero aggressioni alle cose e persone dei fascisti.
5. è vero si che (è) un fervido sostenitore delle organizzazioni combattentistiche.
E’ desiderio dei fascisti repubblicani di Dalmine che si faccia luce su quanto esista di accusa a carico del Sig. Acquaroli, in quanto ché la sua liberazione gioverebbe molto allo scopo propagandistico, dimostrando che il fascismo repubblicano è fonte di Giustizia, che colpisce inflessibilmente coloro che si sono macchiati e che si macchieranno di incomprensione verso i fini ideali che il fascismo repubblicano si impone per ridare alla Patria il senso dell’onore perduto e la fiducia fra il popolo, per una rapida ricostruzione del nuovo edificio sociale.
I componenti il Triumvirato
Fiduciario: Magnoni
Membro: Locatelli
Membro: Sala (faccio notare però che il sottoscritto Sala Dott. G. Maria, nel periodo della carnevalata Badogliana si trovava alle armi)”.
Così, il 21.11.1943 il Commissario federale avvocato Mario Cionini Visani scrive al capo della Provincia di Bergamo che “ora i dirigenti del Fascio Repubblicano di Dalmine mi fanno pervenire la dichiarazione (..) dalla quale si evince che nessun addebito può essere mosso all’Acquaroli in ordine alle note disposizioni di legge istituite dai tribunali straordinari. Anche per aderire al desiderio chiaramente espresso dai fascisti dalminesi, Vi prego di voler disporre perché l’Acquaroli sia rimesso in libertà”. Acquaroli viene rimesso in libertà il 23.11.1943.
Al termine della guerra Acquaroli cerca di farsi riconoscere come perseguitato politico e per questa ragione si rivolge a Luigi Bruni, a sua volta perseguitato politico e figura di riferimento a Bergamo del Partito Liberale Italiano. Così, il 31.12.1945, su carta intestata del ‘Partito Liberale Italiano (Il Partito della Libertà)’ Luigi Bruni scrive al questore di Bergamo:
“Prego l’On. cotesto ufficio di compiacersi di farmi avere una copia della denuncia che nel 1942 (febbraio) fu presentata a carico del Signor Acquaroli Giovanni di Dalmine e per cui questi fu dichiarato ammonito per la durata di due anni. Fra i denunzianti sono certi Corna Mario di Milano e Salerio Giovanni di Abbiategrasso. Grazie ed ossequi Luigi Bruni Professore”. Il questore risponde a Bruni a stretto giro di posta già il 4.1.1946, confermando che la denuncia contro Acquaroli è stata presentata il 21.1.1942 dal milanese Mario Corna alla federazione fascista di Bergamo e sottoscritta in qualità di testimoni da Luigi Molinari e Giovanni Salerio, dando luogo alla successiva ammonizione del 17.4.1942. Su carta intestata della ‘Procura dello Stato di Bergamo’ del 4.4.1946, il P.M. presso la Sezione Speciale della Corte di Assise, Briolini, si rivolge alla Questura di Bergamo in questi termini:
“Bergamo, 4 aprile 1946 - Il sig. Acquaroli Giovanni fu Pietro perseguitato politico interrogato quale teste nell’istruttoria del procedimento penale contro Gallarini Gino, mi ha dichiarato che negli archivi di codesta Questura si trova una pratica ad esso intestata contenente fra l’altro atti dai quali risulterebbe responsabilità del Gallarini in merito alle persecuzioni subite dall’Acquaroli stesso. Poiché tali atti potrebbero essere utili agli effetti dell’istruttoria contro Gallarini, si prega di inviare a questo ufficio il fascicolo della pratica Aquaroli”. Nel fascicolo è conservata una sua fotografia. Cpc, b. 13, 1942-1942. (G. Mangini, R. Vittori)