Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Sarnico (Bg) il 24.10.1903, vive a Stezzano in via Piave 4, antifascista, macellaio, non è iscritto al Pnf, è sposato con Assunta Maria Pesenti (n. a Stezzano il 27.8.1906, di Angelo e Maria Scarpellini, casalinga), ha due figli, Teresa (n. 2.2.1926) e Santino (n. 13.5.1930). Il 24.6.1940 alle 20.30 in un locale pubblico di Stezzano, mentre un gruppo di avventori sta parlando dell’elargizione di 100.000 lire fatta dal Duce a favore dei danneggiati dalla grandinata di Stezzano, Marchetti commenta: "Non se le sarà tolte dalla sua paga". Tra i presenti c’è anche il fascista Fulvio Daminelli (di Giovanni e Caterina Donadoni, n. il 6.6.1914 a Stezzano), che gli chiede spiegazioni senza ottenerle. Il giorno dopo Marchetti viene fermato dai Cc e il 10.7.1940 il questore Pumo lo denuncia al prefetto, nonostante a Stezzano Marchetti sia ritenuto di scarsa intelligenza, nel fatto in questione si è invece mostrato "pericoloso, perché le parole mordaci, gettate come a caso, senza importanza, sono quelle che fanno maggior presa nell’animo semplice del popolo. La frase ingiuriosa per il Duce, nonostante le postume recriminazioni, vennero dette e perciò si rileva la necessità di un severo provvedimento". Nel fascicolo è però conservata copia della lettera di risposta, inviata il 25.7.1940 dal capitano dei Cc Giovanni Pontoglio alla Questura di Bergamo, in particolare all’attenzione del Commissario di Ps, che il 13.7.1940 aveva chiesto ai Cc un parere sul caso di Marchetti. Nella sua risposta, dopo aver ricostruito in modo efficace la fisionomia umana e politica di Marchetti, il capitano Pontoglio conclude che questi "anche nell’ambiente fascista locale, non è ritenuto antifascista e la nota frase sconveniente da egli pronunciata nei riguardi del DUCE si attribuisce a pura irriflessione. Pertanto e non essendo ritenuto Marchetti persona pericolosa per l’ordine pubblico e sociale, si propone il medesimo per il provvedimento di diffida". I Cc, dunque, ritengono che Marchetti debba solo essere diffidato e non confinato, ma stranamente la loro risposta giunge addirittura 3 giorni dopo l’assegnazione al confino di polizia deciso dalla Commissione provinciale, dove pure è presente un rappresentante degli stessi Cc. Significativamente, sul foglio dattiloscritto della risposta dei Cc, a mano e con lapis blu, trasversalmente a tutto il foglio è scritto un vistoso ‘sostituito’. Il 22.7.1940, infatti, la Commissione Provinciale per il confino di polizia (presidente prefetto Ballero, questore G. Pumo, procuratore del Re Calcaterra, comandante la XIV Legione Mvsn Di Luciano, comandante gruppo Cc Marchetti) assegna Marchetti al confino di polizia per 2 anni, in quanto "pericoloso per l’ordine nazionale", in base all’art. 181 del T.U. delle Leggi di Ps, cioè per una frase offensiva nei confronti del duce. Il Ministero di Grazia e Giustizia, nel caso di condanna al confino, il 3.7.1940 aveva già comunicato la destinazione, Pisticci (Mt), dove in effetti Marchetti giunge il 12.8.1940 e da dove gli viene concesso di intrattenere corrispondenza con la moglie e con la madre. Dopo la condanna, nei giorni dell’agosto 1940, viene subito avviata la pratica del ricorso e già nel settembre 1940 i Cc di Bergamo si mostrano favorevoli all’eventuale concessione di un atto di clemenza nei confronti di Marchetti, come scrive il 3.9.1940 il tenente dei Cc Domenico Vico alla Questura di Bergamo, perché "l’eventuale revoca o commutazione dell’impugnato provvedimento verrebbe accolta favorevolmente in pubblico anche perché il Marchetti non è ritenuto elemento sovversivo, quindi non si ritiene che l’accoglimento del ricorso possa dar luogo ad incidenti". Nel novembre 1940 la moglie e i figli di Marchetti, e nel dicembre 1940 la madre, presentano un’istanza al Ministro Galeazzo Ciano per ottenerne la liberazione, ma il 26.1.1941 la domanda viene respinta anche dietro il parere del prefetto di Bergamo, che ritiene troppo recente il provvedimento di condanna nei confronti di Marchetti perché l’atto di clemenza possa essere accolto. La Commissione d’appello, tuttavia, lo rimette in libertà il 28.3.1941. Nel fascicolo è conservata una sua fotografia, duplicata in più copie dall’originale, nel dicembre 1940, da parte della questura di Milano nel dicembre 1940. Cpc, b. 3027, 1941-1941. Un fascicolo a suo nome è in ACS, fondo ‘Confino Politico’, b. 617, n. 9368. (G. Mangini)