Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Venezia il 30.8.1875, contabile, socialista rivoluzionario, risiede a Bergamo in via Borgo S. Caterina 44, mentre nel 1941 risiede in via Pignolo 38, mentre il fratello Francesco (n. 1880) risiede a Venezia. La Prefettura di Venezia apre la sua scheda biografica il 20.4.1904. Ha compiuto gli studi elementari e non ha titoli accademici, lavora come rappresentante di commercio, frequenta i socialisti veneziani, non collabora ad alcun periodico ma legge assiduamente, oltre ai quotidiani locali, anche l’«Avanti!» e il «Secolo». Agli inizi di gennaio 1904 si allontana da Venezia per sfuggire ai creditori e la Questura locale ipotizza che Rainer voglia dirigersi a Bucarest. Il 27.7.1904 viene spiccato mandato di cattura nei suoi confronti per bancarotta semplice e fraudolenta. Viene arrestato a Brindisi l’1.11.1908. Processato e condannato viene dimesso per fine pena dal carcere di Parma il 15.1.1913. Viene denunciato il 14.7.1913 per minacce ai danni di Pasquale Galatà, ma il pretore del 3° mandamento di Venezia il 30.5.1914 sentenzia il non luogo a procedere per mancanza di querela. Nel corso della prima guerra mondiale, nel periodo dell’invasione austriaca seguito a Caporetto, dall’autorità occupante viene nominato sindaco di Portogruaro (Ve), trovandosi a gestire la difficile situazione di coloro che sono rimasti sotto l’occupazione austriaca. Nell’immediato dopoguerra Rainer si trova coinvolto in una dura polemica giornalistica locale sul suo ruolo come sindaco di Portogruaro e soprattutto sulla sua collaborazione al giornale «La Gazzetta del Veneto» (1917-1918), voluto dagli austriaci per il controllo dell’informazione nell’area dell’occupazione. Su questo giornale Rainer pubblica, il 3.2.1918, un articolo fortemente polemico contro la scelta della guerra, la sottolineando la durezza della situazione degli italiani rimasti nelle zone occupate e le difficoltà incontrate, rivendicando il lavoro svolto in condizioni difficili. Dopo l’armistizio lavora presso la Camera dell’Impiego Privato, il consorzio delle cooperative del porto di Venezia ed infine presso la succursale di Mirano (Ve) del Credito Bancario Popolare di Venezia. Con un’ordinanza del 25.1.1919 del pretore di Venezia, in seguito a recesso di querela viene dichiarato non luogo a procedere contro di lui per ingiurie e lesioni. Sulla «Patria del Friuli», giornale diretto a Udine da Domenico Del Bianco, il 13.10.1919 (a. 42, n. 215) Rainer pubblica un articolo, Un periodico in difesa dei rimasti in territorio invaso, affermando di voler farsi iniziatore di una pubblicazione periodica per raccogliere specifiche testimonianze sulle vicende di tutti coloro che non avevano lasciato le loro terre sotto l’avanzare degli austriaci, per “il trionfo della verità e della giustizia e per soddisfare un sentimento giustificato dal risentimento, dall’amor proprio offeso, calpestato e deriso da settarie, bieche, egoistiche venali passioni”. All’articolo di Rainer faceva infine seguito una breve nota, firmata anonimamente ‘Alcuni rimasti’, in cui si plaudiva all’iniziativa di Rainer, proponendo che fosse sostenuta da altri. Il giorno dopo, martedì 14.10.1919, sul quotidiano «Giornale di Udine» (a. 54, n. 225) il direttore, l’istriano irredentista, nazionalista e infine fascista Isidoro Furlani (1885-1923), pubblicava uno di seguito all’altro i due articoli di Rainer sopra citati – quello del 3.2.1918 comparso su «La Gazzetta del Veneto» e quello del 13.10.1919 comparso sulla «Patria del Friuli» - per cercare di smascherare come falsa la sua posizione di difesa dell’italianità espressa nel secondo usando per questo gli accenti neutralisti e anti-militaristi presenti nel primo. La polemica viene chiusa da Furlani con l’articolo Il ‘caso’ Rainer, «Giornale di Udine» (a. 54, n. 235) del 24.10.1919, il quale scrive, in conclusione, che “nessun altro italiano avrebbe scritto così. L’unica difesa che resta all’autore, è quella di dichiararsi o un seguace di Giolitti o un pussista bolscevico. Comunque, secondo noi, poco indicato per narrare le tristi vicende, e la eroica fierezza della gente rimasta”. Nel biennio 1919-1920 Rainer è anche tra i collaboratori del settimanale veneziano «Il Lavoro», organo dell’Associazione per il Lavoro di Venezia, sostenitore della cooperazione e della formazione professionale, che nel corso del tempo accentua la sua posizione anti-socialista, come nel suo articolo comparso nel numero 11 del 16.3.1920, intitolato Socialismo e produzione. In effetti, Rainer nei primi anni Venti si stacca dal sindacalismo socialista e si avvicina al popolarismo e ai suoi esponenti, cioè a quelli che gli hanno fatto avere gli incarichi professionali sopra citati. Traferitosi a Bergamo, dal luglio 1925 è contabile per la ditta Romano Bottazzi e figli, di via Lotto 4. Ha relazioni con personalità del Ppi, soprattutto il conte Dino Secco Suardo di Bergamo. Nel 1926 pubblica l’opuscolo Contributo alla soluzione del problema economico degli alti prezzi dei prodotti, spedito in omaggio al Re. Nel 1927 pubblica Il mistero dello sfruttamento secolare svelato al popolo. Testamento di un lavoratore ai lavoratori del mondo, edito a Bergamo dal tipografo Foresti. Nel fascicolo sono conservate le copie manoscritta e dattiloscritta del testo, datate 8.5.1927. Nel marzo 1928 viene intercettata e sequestrata una lettera a lui indirizzata, spedita da Port-Said da Pietro Rainer, con allegati ritagli di articoli sulla politica italiana tratti dal giornale «Le Quotidien». Il 23.3.1928 viene arrestato e denunciato per offese al pudore, minacce e ingiurie continuate, ma il successivo 11.4.1928 viene assolto dalle accuse. Nel novembre dello stesso 1928 viene denunciato dall’ufficio di Ps di Bergamo Alta per propaganda sovversiva, tuttavia nell’agosto 1929 il procedimento è ancora in fase istruttoria. Il 15.10.1929 viene arrestato perché colpito da ordine di cattura emesso oltre due anni prima dalla procura di Venezia, il 6.3.1927, per scontare 12 mesi di detenzione per bancarotta semplice. In seguito a ciò, la ditta Bottazzi, presso la quale ha lavorato dal 1926, lo licenzia. Scontata la pena a Venezia, il 21.5.1930 rientra a Bergamo, affittando una camera presso la signora Valsecchi in via Borgo Santa Caterina 44, ma nell’agosto successivo abita presso l’affittacamere Eugenio Chiesa, sempre via in Borgo Santa Caterina 42, presso il quale consuma anche i suoi pasti. Trova lavoro come impiegato presso il comm. Pino Zanchi, in via Paleocapa 18. Il 4.7.1930 scrive una raccomandata al questore di Bergamo, nella quale si lamenta delle continue attenzioni che gli uomini della Questura gli riservano. Ritiene di aver pagato tutti i suoi conti in sospeso con la giustizia. Dal mese di giugno vive grazie alla liquidazione avuta dalla ditta Bottazzi in seguito al suo licenziamento dopo 5 anni di impiego. Fornisce le referenze della famiglia di sua moglie, una famiglia benestante, in particolare fornisce il nome del cognato, il sacerdote don Michele Martina, arciprete di San Stino di Livenza, per far capire che non ha problemi economici e che è in grado di provvedere a sé stesso, chiedendo infine, non avendo problemi con nessuno, di essere lasciato in pace. Nel 1931 pubblica due opuscoli, La succinta diagnosi delle cause capitali della crisi mondiale, edito a Bergamo dalla tipografia Foresti, e Della riforma monetaria, edito dalla Tipografia Fratelli Cattaneo di Bergamo, mentre nel 1932 pubblica Studio sulla soluzione della crisi mondiale. L’11.11.1932 la Tipografia Cattaneo di via Borgo Palazzo 14 stampa 500 copie dell’opuscolo Il Monopolio dell’oro e del Credito Bancario, mandandone 4 copie alla procura del re, mentre tutte le altre vengono prelevate da Rainer. Con una nota del 29.12.1932, il prefetto di Bergamo scrive al questore informandolo del fatto che Rainer continua ad inviare i suoi opuscoli a Mussolini e chiede al questore se persistono ancora le ragioni per cui non è opportuno far pervenire a Rainer i ringraziamenti di Mussolini (e, in questo caso, si tratta di farlo smettere), oppure se è il caso che Mussolini ringrazi. Il 3.1.1933 il questore risponde dicendo che vale la prima ipotesi. Il 14.2.1933 la Prefettura di Venezia scrive a quella di Bergamo e al Cpc informando che a Venezia è comparso l’opuscolo di Rainer, messo in circolazione dal fratello Francesco, che risiede appunto nella città lagunare, è disoccupato e dichiara di aver ricevuto 12 copie dell’opuscolo e di averle distribuite tra amici e conoscenti. Il prefetto di Venezia informa inoltre dell’esistenza degli altri opuscoli, avanzando il sospetto che possano essere mezzi di propaganda antifascista occulta. La copia dell’opuscolo in questione era stata consegnata in Prefettura dalla federazione fascista di Venezia, che a sua volta l’aveva ricevuta da tale Ernesto Spalmach, che l’aveva acquistato da Francesco Rainer. Nell’opuscolo vengono criticati gli ordinamenti economici e monetari vigenti. Per questo il 21.2.1933 viene arrestato e perquisita la sua abitazione in via Borgo Santa Caterina 42. Tutte le copie degli opuscoli pubblicati da Rainer, per decreto del Ministero degli Interni, vengono sequestrate. Il giorno dopo, 22.2.1933, il prefetto di Bergamo informa quello di Venezia dell’avvenuto sequestro di 100 copie de Il Monopolio dell’oro e del Credito Bancario, di 200 copie di La succinta diagnosi delle cause capitali della crisi mondiale e qualche copia degli altri scritti pubblicati da Rainer, aggiungendo di poter escludere che Rainer li abbia pubblicati per effettuare propaganda antifascista. In effetti, tali pubblicazioni non sono messe in circolazione dal Rainer, che ne ha inviato qualche copia a conoscenti, alle autorità locali e allo stesso Mussolini, tanto che il Ministero degli Interni chiede informazioni alla locale Questura per sapere se era il caso o meno di dar corso ai formali ringraziamenti da parte di Mussolini. Il 23.2.1933 scrive dal carcere giudiziario di Bergamo una lettera indirizzata a Guido Masiero, capo gabinetto della Questura di Bergamo, in cui difende come coerentemente fasciste le tesi esposte nello scritto. Pochi giorni dopo, il 26.2.1933, lo stesso Masiero dispone la sua liberazione e la sua diffida. Nell’agosto 1934 viene licenziato dal suo impiego presso Zanchi “per indelicatezze commesse nella riscossione di vaglia (non denunziato per compassione)”. Dall’agosto al dicembre 1934 è disoccupato e viene mantenuto dal proprietario del ristorante ‘La Fontana’ di piazza Vecchia, a Bergamo Alta. Non ci sono altre segnalazioni sul suo conto fino a quando, il 18.9.1941, l’agente di Ps Agostino Ricotta e il brigadiere Luigi Guidolotti procedono al fermo di Rainer in via Torretta, dove ha trovato lavoro come contabile, per “accertamenti di polizia politica” perché sospettato di aver imbrattato, nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1941, il monumento alla Rivoluzione fascista in pieno centro a Bergamo e l’immagine di Mussolini a Valtesse. Interrogato in proposito il 30.9.1941, dichiara di non saperne niente, ed è la verità, dato che gli autori (poi individuati e condannati) sono gli ex-studenti del liceo ‘Sarpi’ Eugenio e Roberto Bruni (b. 19), Giuseppe Taino (b. 101), Virgilio Caffi (b. 20) e Gino Antonucci (l’unico del gruppo a non avere il fascicolo personale). Nel fascicolo è conservata una sua fotografia. Cpc, b. 4208, 1904-1941, scheda biografica. (G. Mangini)