Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Boltiere (Bg) il 19.10.1900, operaio, minatore, antifascista. Emigrato in Francia. Diffidato. La sera del 31.8.1930, dopo che nel pomeriggio a Boltiere si era tenuto il funerale di un componente della locale milizia fascista, l'operaio metallurgico antifascista Giuseppe Ferrari, ubriaco, in un locale pubblico del paese commenta negativamente il funerale del pomeriggio. Uno degli avventori del locale, il milite fascista Cesare Pisoni, prima redarguisce il Ferrari e poi esce per chiamare i Cc ma, incontrando per strada un altro milite fascista, Giacomo Ferrari di Osio Sotto, insieme a quest'ultimo rientra nel locale per dare una lezione a Giuseppe Ferrari. Questi viene difeso appunto da Rossi, che morde il labbro al fascista Giacomo Ferrari. Dopo la colluttazione, Rossi e Giuseppe Ferrari vengono arrestati con l'accusa di lesioni per il primo e di manifestazione sediziosa il secondo. Il 16.9.1930 il prefetto di Bergamo telegrafa al Ministero dell'Interno proponendo l'assegnazione al confino per i due antifascisti. Il Ministero risponde subito chiedendo più precise notizie politiche sui due antifascisti e due giorni dopo, il 18.9.1930, il prefetto di Bergamo risponde a Roma che Ferrari non è favorevole al fascismo, mentre Rossi non viene ritenuto un oppositore per due ragioni: in primo luogo è stato iscritto al Pnf fino al 1929, venendone radiato per non aver rinnovato il pagamento della quota d'iscrizione, in secondo luogo si è schierato a fianco del suo compagno di lavoro non per ragioni ideologiche, ma per difenderlo dall'aggressione dei due militi fascisti. Con un ulteriore telegramma ministeriale, viene escluso il confino e alle autorità locali viene proposto di infliggere l'ammonizione. A Rossi vengono dati 20 giorni di reclusione, il pagamento delle spese processuali e la denuncia alla commissione provinciale, che però il 7.11.1930 non infligge l'ammonizione ma solo la diffida perché Rossi non ha precedenti penali, politicamente non ha mostrato sentimenti contrari al regime tanto da essere stato iscritto al fascio fino al 1929, inoltre ignorava i motivi del diverbio tra Ferrari e i due militi fascisti. Subito dopo la diffida, Rossi emigra in Francia, nella zona di Digione, dove trova lavoro come minatore. Proprio il fatto che sia emigrato subito dopo l'incidente con i fascisti induce i Cc di Bergamo a chiedere al questore di mantenere Rossi nello schedario dei sovversivi. Nel 1935 il consolato italiano di Digione lo definisce "un sano e bravo operaio", che non si occupa di politica e che sta per iscrivere due dei suoi quattro bambini nelle organizzazioni giovanili fasciste locali. Lavora come minatore a Blanzy nei pressi di Montceau-les-Mines (Borgogna, dipartimento Saona e Loira). Nel 1937, secondo un informatore, pur non svolgendo aperta attività politica, Rossi "sarebbe da considerarsi nettamente a sinistra. Tuttavia non avrebbe mai dato luogo, sinora ad alcun rilievo sfavorevole". Nel 1941 risulta ancora in Francia. Cpc, b. 4429, 1930-1941. (G. Mangini, R. Vittori)