Tomasoni Bortolo Giovanni


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n. busta
115
n. fascicolo
3465
Primo estremo
1937
Secondo estremo
1941
Cognome
Tomasoni
Nome
Bortolo
Altri nomi
Giovanni
Presenza scheda biografica
no
Luogo di nascita
Data di nascita
1896/03/02
Livello di istruzione
licenza elementare
Professione
muratore
Collocazione politica
Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Castione della Presolana (Bg) il 3.2.1896. Partecipa alla prima guerra mondiale. Con sentenza del Tribunale di guerra della VII armata del 13.9.1918 viene condannato alla fucilazione alla schiena per diserzione dal corpo, pena poi non eseguita. Antifascista, muratore, risiede a Bratto, è sposato con Domenica Migliorati (n. il 9.8.1905) e ha due figli, Ernesta (nata il 29.8.1928) e Giovanni (nato l’11.11.1929). É coinvolto in un episodio avvenuto la sera del 22.8.1937, ricostruito in un rapporto dell’1.9.1937 dei Cc di Bergamo alla Questura di Bergamo. Informata sulla vicenda, il 15.9.1937 la Prefettura di Bergamo inoltra un rapporto al Ministero dell’Interno. A questo primo rapporto, però, il 24.10.1937 la Prefettura ne fa seguire un altro, che il Ministero dell’Interno, nella sua risposta assai seccata del 4.12.1937, non ha difficoltà a mostrare in contraddizione con quello precedente. Alle 24 del 22.8.1937 Bortolo Tomasoni, in compagnia di un altro Tomasoni, Graziano Battista, contadino residente a Bratto (Bg), per strada gridano “Viva la Russia. Viva Matteotti. Viva la nostra Lega”. A questo punto entra in scena un altro Bortolo Tomasoni (fu Tomaso e Tomasina Armanni, n. a Castione il 5.12.1894, domiciliato a Bratto e iscritto al Pnf dal 1932), che la sera di due giorni dopo, mentre si trova nell’albergo dei fratelli Ferrari a Bratto, racconta ad un ulteriore Tomasoni, Pietro (fu Francesco e Maria Bendotti, n. a Castione il 15.9.1894, muratore domiciliato a Bratto e iscritto al Pnf dal 1932), che due sere prima, appunto il 22 agosto, uscito dal dopolavoro aveva incontrato il primo Bortolo Tomasoni, il quale si rivolgeva ad un secondo Pietro Tomasoni (fu Antonio, n. il 4.8.1898, giardiniere, iscritto al Pnf dal 1926), lì presente, dicendogli “Tu che comandi qualche cosa, non potresti farmi restituire le mille lire del prestito che ho fatto da quel ‘porcel de chel to’ padrù’ (da quel maiale del tuo padrone) alludendo con ciò a S.E. il capo del governo”, aggiungendo poi che erano “una manica di maiali tutti assieme” e, allontanandosi, pronuncia le frasi citate sopra, alle quali si unisce appunto Graziano Battista Tomasoni. Sulla base di questa testimonianza del primo Pietro Tomasoni, i Cc interrogano il secondo Bortolo Tomasoni, cioè l’uomo che avrebbe riferito l’episodio al primo Pietro Tomsoni. Senonché, il secondo Bortolo Tomasoni nega di aver riferito le frasi citate dal primo Pietro Tomasoni, ma conferma di aver incontrato il secondo Pietro Tomasoni e i primi due Tomasoni di questa storia, Bortolo e Graziano Battista. Questi ultimi due, completamente ubriachi, lo apostrofano con il termine ‘carbonaro’ mentre lui, il secondo Bortolo Tomasoni, per evitare inutili discussioni li invita ad andarsene. I due si allontanano e poco dopo li sente che cantano e gridano e, tra le parole da loro proferite, distingue la parola ‘Matteotti’. I Cc interrogano anche il secondo Pietro Tomasoni, il giardiniere a cui i due ubriachi si sarebbero rivolti, e questi conferma le loro frasi (sulla restituzione del prestito al porco ecc. e le frasi in cui veniva citato Matteotti). L’1.9.1937 i Cc procedono all’arresto del primo Bortolo Tomasoni e di Graziano Battista Tomasoni, i quali però negano ogni addebito, ammettendo solo l’incontro con il secondo Pietro Tomasoni ma non con il secondo Bortolo Tomasoni, aggiungendo di aver cantato solo una canzone popolare. Il secondo Bortolo Tomasoni, per parte sua, interrogato dall’ispettore di zona dei fasci, Maurizio Romelli, conferma di aver sentito i due gridare distintamente la frase sulla Russia, su Matteotti ecc. I Cc, considerando che i testimoni sono di buona condotta e che il secondo Bortolo Tomasoni ha per nipote la moglie del primo Bortolo Tomasoni e che perciò non ci sono rancori che possano rendere poco credibili le testimonianze, accreditano come effettivamente avvenuto l’episodio. Pertanto i due accusati vengono denunciati alla Commissione Provinciale per l’assegnazione al confino di polizia, che si riunisce l’11.10.1937, ma l’assegnazione al confino non c’è, così come non ci sono altri tipi di provvedimenti e i due imputati sono rimessi in libertà. Come scrive il 24.10.1937 il prefetto di Bergamo Toffano al Ministero riferendosi agli accusati, la commissione “non ha ritenuto sufficientemente provata la loro responsabilità, richiedendo un supplemento d’indagini. Ulteriori accertamenti all’uopo praticati sono risultati piuttosto favorevoli agli imputati, poiché è stato stabilito che l’unico teste di accusa trovavasi la sera del fatto ubriaco e perciò le sue dichiarazioni sono da ritenersi poco attendibili”. Tuttavia, dato che i due hanno tenuto un comportamento “dubbio e sospetto”, la Commissione propone la diffida per Graziano Tomasoni perché ha buoni precedenti, mentre per Bortolo Tomasoni, disertore di guerra già condannato nel 1918 alla fucilazione, propone l’ammonizione, attendendo però indicazioni in proposito da parte del Ministero. Come già accennato all’inizio, la risposta del Ministero, firmata da Carmine Senise, all’epoca vice-capo della polizia, è datata 4.12.1937 e fa notare che nel primo rapporto della Prefettura di Bergamo del 15.9 le accuse sembravano “sufficientemente provate da più testimonianze”, mentre nel secondo del 24.10 compare un solo testimone, poco attendibile. Ricorda che una sola testimonianza, per giunta inattendibile, non è sufficiente per giungere ad un provvedimento; inoltre, si richiama la Prefettura, in fatti simili, a svolgere indagini “esaurienti e complete fin da quanto i fatti stessi vengono riferiti a questo Ministero (..) e si eviti il caso che le prove raccolte a carico di detti accusati appaiano poi alla Commissione Provinciale, alla quale sono stati denunciati, insufficienti ed inattendibili, come viene poi a risultare da ulteriori indagini che potevano essere eseguite prima”. Nel fascicolo non ci sono tracce di provvedimenti successivi. I Cc di Clusone il 16.3.1941 informano la Questura che Bortolo Tomasoni, che pure viene definito ‘comunista’, è di buona condotta e lo propongono per la radiazione perché ha dato prove di ‘ravvedimento’ politico dato che presenzia a tutte le manifestazioni fasciste ufficiali. Due giorni dopo, il 18.3.1941, tramite l’Unione provinciale dei sindacati dell’industria per Tomasoni viene chiesto al Ministero il nulla osta all’espatrio in Germania per lavoro, concesso con un telegramma da Roma firmato da Senise il 31.3.1941. Tomasoni parte per la Germania l’1.5.1941. Cpc, b. 5129, f. 130183, 1937-1941. (G. Mangini, R. Vittori)
Familiari
Tomasoni Giovanni (padre)
Piccardi Giovanna (madre)
Migliorati Domenica (moglie)
N. il 9.8.1905.
Tomasoni Ernesta (figlia)
N. il 29.8.1928.
Tomasoni Giovanni (figlio)
N. l'11.11.1929.
Luoghi di residenza
Bratto Lombardia Italia (? - ?)
Fatti notevoli
1918/09/13
Con sentenza del tribunale di guerra della VII armata del 13.9.1918 viene condannato alla fucilazione alla schiena per diserzione dal corpo, pena poi non eseguita.
1937/08/22
Alle 24 del 22.8.1937 Bortolo Tomasoni, in compagnia di un altro Tomasoni, Graziano Battista (b. 103), contadino residente a Bratto, per strada grida 'Viva la Russia. Viva Matteotti. Viva la nostra Lega'.
Relaz. con altri soggetti
Tomasoni Graziano Battista (antifascista)
ASBg, Sovversivi
In rubrica di frontiera
no
In bollettino ricerche
no
Esclusione dallo schedario
Data di esclusione
1941
Altre fonti archivistiche
(ACS-CPC) Archivio centrale dello Stato (Roma), Casellario Politico Centrale
Busta 5129, Fascicolo 130183