Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Bergamo il 20.2.1906, istruzione elementare, idraulico, comunista poi espulso dal partito. Scheda biografica a partire dal 16.5.1926. Alto 1,58. Ha una sorella di nome Celsa Fernanda Maria, nata a Bergamo il 22.5.1910, che lavora a Bergamo come sarta e nel novembre 1935 si trasferisce a Roma dove lavora come domestica. Nel fascicolo è conservata la tessera n. 2705 del 1922 di Varini della Federazione Giovanile Comunista d'Italia, con la firma del segretario della sezione, Ercole Scotti, e l'indicazione dell'avvenuto versamento delle quote per i mesi da gennaio a luglio. La tipografia stampatrice della tessera è quella dei fratelli Palombi di Roma. La tessera contiene un'immagine: un uomo, in piedi su una zattera costituita da un libro aperto che reca, nella pagina di sinistra la scritta 'proletari di tutti i paesi unitevi' e, nella pagina di destra, il nome 'Carlo Marx'. La zattera-libro è appoggiata sulle onde di un mare mosso e l'uomo, ritto in piedi con scarpe e pantaloni ma a torso nudo, si aggrappa ad una sorta di barra che funge anche da timone sul quale sventola un drappo rosso. Sullo sfondo, si intravedono una nave che ha fatto naufragio e in lontananza una piccola luce che proviene dalla terra ferma. All'interno della tessera è stampato il 'Programma' che prevede 10 punti:
'Il Partito Comunista d'Italia (Sezione della Internazionale Comunista) è costituito sulla base dei seguenti principii:
1. Nell'attuale regime sociale capitalista si sviluppa un sempre crescente contrasto tra le forze produttive e i rapporti di produzione dando origine all'antitesi di interessi ed alla lotta di classe tra il proletariato e la borghesia dominante.
2. Gli attuali rapporti di produzione sono protetti e difesi dal potere dello stato borghese che, fondato sul sistema rappresentativo della democrazia, costituisce l'organo della difesa degli interessi della classe capitalistica.
3. Il proletariato non può infrangere né modificare il sistema dei rapporti capitalistici di produzione da cui deriva il suo sfruttamento, senza l'abbattimento violento del potere borghese.
4. L'organo indispensabile della lotta rivoluzionaria del proletariato è il partito politico di classe.
Il Partito Comunista, riunendo in sé la parte più avanzata e cosciente del proletariato, unifica gli sforzi delle masse lavoratrici, volgendoli dalle lotte per gli interessi di gruppi e per risultato contingente alla lotta per l'emancipazione rivoluzionaria del proletariato.
Il partito ha il compito di diffondere nelle masse la coscienza rivoluzionaria, di organizzare i mezzi materiale di azione e di dirigere, nello svolgimento della lotta, il proletariato.
5. La guerra mondiale, causata dalle intime, insanabili contraddizioni del sistema capitalistico che produssero l'imperialismo moderno, ha aperto la crisi di disgregazione del capitalismo in cui la lotta di classe non può che risolversi in conflitto armato tra le masse lavoratrici ed il potere degli stati borghesi.
6. Dopo l'abbattimento del potere borghese, il proletariato non può organizzarsi in classe dominante che con la distruzione dell'apparato statale borghese e con la instaurazione della propria dittatura, ossia basando le rappresentazioni elettive dello Stato sulla classe produttiva ed escludendo da ogni diritto politico la classe borghese.
7. La forma di rappresentanza politica nello stato proletario è il sistema ei Consigli dei lavoratori (operai e contadini), già in atto nella Rivoluzione russa, inizio della rivoluzione proletaria mondiale e prima stabile realizzazione della dittatura proletaria.
8. La necessaria difesa dello Stato proletario contro tutti i tentativi controrivoluzionari può essere assicurata solo col togliere alla borghesia ed ai partiti avversi alla dittatura proletaria ogni mezzo di agitazione e di propaganda politica e con la organizzazione armata del proletariato per rspingere gli attacchi interni ed esterni.
9. Solo lo Stato proletario potrà sistematicamente attuare tutte quelle successive misure di intervento nei rapporti dell'economia sociale con le quali si effettuerà la sostituzione del sistema capitalistico con la gestione collettiva della produzione e della distribuzione.
Per effetto di questa trasformazione economica e delle conseguenti trasformazioni di tutte le attività della vita sociale eliminando la divisione della società in classi, andrà anche eliminandosi la necessità dello stato politico, il cui ingranaggio si ridurrà progressivamente a quello della razionale amministrazione delle attività umane'.
L’11.8.1924 la Questura di Milano informa quella di Bergamo che, in seguito al sequestro di documenti appartenenti al fiduciario locale del Partito Comunista, tra i vari indirizzi ne sono stati trovati anche 4 residenti in territorio bergamasco: oltre a Varini, Biagio Falà; Francesco Colombelli (via Sant’Alessandro 90) e Giuseppe Testa. Il 22.8.1924 l’appuntato dei Cc Carlo Malanchini e il vice-brigadiere dei Cc Domenico Carbonara, entrambi specializzati e assegnati alla Questura di Bergamo, procedono alla perquisizione domiciliare dell’abitazione di Varini in via Osio 18 per rinvenirvi armi non denunciate. Le armi non ci sono, ma i due Cc sequestrano “opuscoli e carte di propaganda sovversiva”. Nel marzo 1925 Varini frequenta tra gli altri Alessandro Caglioni, Luigi Albani, Battista Bonomi, i fratelli Bellini. Al suo indirizzo giungono 15 copie del periodico di Roma «Lo Stato Operaio» che lui distribuisce tra i suoi compagni. Lavora come idraulico presso i fratelli Lazzari in via Sant’Alessandro 13 a Bergamo. La sera del 2.4.1925 viene sorpreso e arrestato presso la Camera del lavoro di Bergamo perché partecipa ad una “riunione di sovversivi”. Il giorno dopo, 3.4.1925, mentre Varini è presso le carceri giudiziarie, alla presenza del padre la sua abitazione viene perquisita senza esito e la sera viene rimesso libertà. Il 30.4.1925 la sua abitazione di vicolo San Carlo viene perquisita dal brigadiere Francesco Caforio e dall’appuntato Leopoldo Murolo, Cc specializzati addetti alla locale Questura, alla ricerca di armi, senza esito. Una perquisizione viene effettuata lo stesso giorno dai due Cc citati anche nelle abitazioni di Guglielmo Erba e di Aldo Morosini. Alle 22 del 23.5.1925 Varini viene fermato in via Osio in un locale pubblico da una squadra di Cc specializzati addetti alla Questura di Bergamo e composta dal brigadiere Luigi Guidolotti, dai vice-brigadieri Tiro Calanca, Giuseppe La Pusata, Alberto Nardi e dall’appuntato Salvatore Santonocito. Dopo essere stato diffidato, viene posto in libertà il 25.5.1925. Subisce una nuova perquisizione domiciliare il 9.6.1925, senza esito. Il 6.10.1925 viene di nuovo sottoposto a perquisizione domiciliare da parte degli agenti di Ps Sante Jacobazzi, Luigi Guidolotti e Giovanni Tronchini. La perquisizione non ha esito ma Varini viene arrestato e rimesso in libertà il giorno successivo. Il 24.11.1925 viene arrestato e denunciato all’autorità giudiziaria insieme ad altri comunisti per “istigazione a delinquere contro le persone e la proprietà ed associazione a delinquere” (articoli 118 e 135 del codice penale), ma viene assolto per insufficienza di prove. Il 18.12.1925 la guardia di Ps Sante Jacobazzi riferisce al questore che Varini è “un pericoloso comunista, ex-segretario della federazione comunista giovanile. É ritenuto capacissimo di esplicare propaganda circa la sua fede, ricavandone buon risultato, essendo un tizio svelto dimostrando anche una certa intelligenza, benché come istruzione letteraria abbia frequentato le scuole elementari. Egli tempo fa, fu espulso dal partito comunista per incoerenza, ma rimase sempre, sebbene isolato, un attivo sovversivo (..) Non ha relazioni indecorose con donne, per cui tiene buon tenore di vita, frequenta i pubblici esercizi ma non trascende mai all’ubriachezza. É un lavoratore e si dimostra rispettoso verso le autorità e in padroni in cui lavora”. Celibe, convive con il padre e la sorella. Il 20.4.1926 viene chiamato alle armi e assegnato al 5° Reggimento Alpini di stanza a Tirano. Si congeda il 19.10.1926, ritorna a Bergamo e trova lavoro come operaio meccanico presso l’officina di Arturo Lazzeri in via Torre del Raso 6. Il 2.4.1927 viene diffidato dal questore di Bergamo e sorvegliato. Nel marzo 1929 si trasferisce per lavoro a Torino, dove risiede in via Arborio 5 e inserito nell’elenco dei sovversivi pericolosi da arrestare in determinate circostanze. Le Prefetture di Bergamo e di Torino ipotizzano che la scelta di Torino dipenda dal fatto che nella città piemontese risiede il comunista bergamasco Angelo Foppa, che abita appunto in via Arborio 5 e si interessa per trovare un lavoro a Varini, con il quale era a contatto già agli inizi degli anni Venti nel Partito Comunista di Bergamo. Costantemente sorvegliato, la Questura di Torino non rileva nulla sul suo conto dal punto di vista politico, ma il 18.2.1932 gli fornisce il foglio di via obbligatorio per Bergamo in quanto disoccupato e privo di mezzi. Viene inoltre diffidato ai termini dell’art. 157 del Testo Unico di Ps. Nel gennaio 1933 la Questura di Bergamo lo include nell’elenco delle persone da arrestare in determinate circostanze. Nel novembre 1933 lavora a Selvino (Bg) come idraulico alle dipendenze dell’ing. Martines. Nell’estate del 1934 lavora come idraulico a Serina (Bg). Poco dopo si allontana dalla provincia di Bergamo e il 24.10.1934 viene fermato ad Ancona come persona senza fissa dimora e per questo rispedito a Bergamo con foglio di via obbligatorio. Rientrato a Bergamo, viene fermato alle 9.30 del 27.10.1934 nella piazza del Municipio e trasferito nelle carceri giudiziarie, viene rimesso in libertà il 5.11.1934. Da quel momento alloggia presso i locali dell’Opera Bonomelli, dove consuma gratuitamente i suoi pasti. Nel gennaio 1935 risiede a Bergamo nelle case operaie di via Carnovali 10 presso l’abitazione di uno zio materno Ferrari, mentre nell’aprile successivo è segnalato risiedere in via Moroni 18 presso la famiglia Meda. Il 28.7.1935 si trasferisce a Milano dove è stato assunto come operaio dalla ditta Maglio & C. di via Aleardi 20. Tale ditta è appaltatrice per contratti di lavoro in Africa orientale e Varini presenta domanda per potervisi trasferire idraulico ma senza successo. Dal febbraio 1936 è di nuovo a Bergamo, da dove si reca a Torino rimanendovi fino al 13.3.1936. Il 13.9.1936 la Questura di Milano lo definisce anarchico, ma senza alcun fondamento. Nel 1937 è a Rho (Mi), poi di nuovo a Bergamo, dove risiede in via Sant’Alessandro 40 e dove lavora come idraulico per la ditta Gnecchi. Il 24.6.1938 dai Cc di Città Alta viene fermato per misure di Ps e rilasciato il giorno dopo. Dal 15.10.1938 lavora a Ponte Nossa come idraulico per la ditta Rusconi, dove rimane fino al 15.1.1939. Nel giugno 1939 viene richiamato sotto le armi nella 46a Compagnia del Battaglione Alpino ‘Tirano’ a Moso (Bz), da dove viene mandato in congedo illimitato il successivo 20.8.1939. In tale circostanza, il comandante del suo battaglione redige un rapporto su Varini che viene inviato alla Prefettura di Bolzano e questa, a sua volta, il 25.8.1939 ne trasmette il contenuto sia al Ministero dell’Interno – Direzione Generale di Ps, sia ai prefetti di Milano e Bergamo. Nel rapporto si legge che Varini “ha prestato servizio quale aiutante di sanità della 46° Cp., sebbene non graduato, dimostrandosi pieno di buona volontà e di capacità non comune. Molto disciplinato, non solo non ha mai dato occasione a lamentele di sorta, ma è stato di esempio ai compagni per contegno e sentimento del dovere. Lo scrivente, che quale comandante di plotone ebbe alle sue dipendenze il Varini durante il servizio di leva, può attestare che anche allora il Varini si comportò lodevolmente e anche allora meravigliò tutti il fatto che egli fosse un indiziato come comunista”. Rientrato a Bergamo nel dicembre 1939, dal 12.2.1940 viene assunto dalla Società Bergamasca per l’Industria Chimica di Seriate. Nel maggio 1940 viene radiato dall’elenco delle persone pericolose da arrestare in determinate circostanze. Nel giugno 1940 vive a Bergamo in via Sant’Alessandro 40 presso una stalla vuota. Tutte le sere rientra a Bergamo e consuma i suoi pasti presso l’osteria Ventura di via Sant’Alessandro. Agli inizi di gennaio 1941 viene licenziato come operaio dello stabilimento industriale Chimica Bergamasca di Seriate ma non ci sono rilievi di natura politica su di lui. Risiede a Bergamo in via Sant’Orsola 22 presso Bresciani. Il 18.9.1941, tuttavia, viene fermato dagli agenti Vincenzo Pistocchi e Michele Morra della polizia politica e rinchiuso nelle carceri giudiziarie di Bergamo perché è tra coloro che vengono sospettati di coinvolgimento nell’azione che, nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1941, a Bergamo ha imbrattato di vernice marrone il monumento alla Rivoluzione Fascista e a Valtesse l’effigie di Mussolini. L’azione, in realtà, è stata effettuata da un gruppo di studenti universitari. Tenuto in carcere per alcuni giorni, viene interrogato e rilasciato solo il 30.11.1941. Il verbale con le sue dichiarazioni al momento dell’arresto è conservato nel fascicolo: “Per quanto è avvenuto al Monumento della Rivoluzione Fascista nulla posso dire di quello che è avvenuto la notte dal 13 al 14 corrente, come nulla posso dire nei riguardi di quello che è avvenuto nei confronti dell’Efige (sic) del Duce nella frazione di Valtesse. Sono occupato quale operaio presso la Ditta Marconi Luigi via A. Lusardi 5”. Alle 14 del 26.7.1943 viene arrestato sul Sentierone a Bergamo da due agenti di Ps per ‘misure di Ps’, ma la ragione autentica è indicata in un appunto scritto a mano dal Commissario di Ps, apposto il giorno successivo sul verbale di arresto. Rivolgendosi al dirigente della 1° Divisione, questi scrive: “per eventuali provvedimenti di competenza, trattandosi di comunista”. Il 5.8.1943, tuttavia, un altro appunto manoscritto sullo stesso documento informa che “non essendo risultato nulla di specifico si rimette in libertà previa diffida”. Nel fascicolo, oltre alla tessera giovanile comunista, è conservata una sua fotografia in doppia posa del 1935. Cpc, b. 5326, fasc. 015656, 1926-1941, scheda biografica. (G. Mangini)