Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Campagna Lupia (Ve) il 10.4.1879, commerciante, antifascista, dal 1922 con la famiglia si trasferisce a Bergamo (formalmente nel giugno 1927) in via A. Locatelli 34 con la moglie, il figlio Gino e la madre e proviene da Badia Polesine (Ro). Nel 1939 risiede temporaneamente a Milano in via Tasso 8. Nel luglio 1939 una ‘fonte fiduciaria’ della Questura di Milano informa che Visentini frequenta spesso una latteria di via Santa Maria della Porta e che, durante la sua permanenza nel locale, si abbandona sempre a commenti critici e a giudizi negativi contro il regime fascista. La Questura di Milano incarica il vigile urbano Secondo Moroni, in realtà uno degli addetti all’Ufficio Politico della Questura, di recarsi nella stessa latteria e fingersi un avventore casualmente seduto al tavolo insieme a Visentini. Questi cade nella trappola, dato che si lascia andare ad affermazioni che poi vengono puntualmente riferite alla Questura di Milano dal Moroni. Visentini afferma così che le imposte sarebbero state aumentate del 30% perché “al Governo, per tirare avanti la baracca traballante, occorrevano sette miliardi di lire”; poi, che “la politica del Duce è costruita sull’arena e al minimo soffio tutto dovrà cadere”, commentando che “quell’uomo è un pazzo ed un ubbriaco, non comprende più nulla, ha la mania dell’applauso”. Inoltre, per sostenere quest’ultima affermazione, racconta che suo figlio Gino, critico della rivista «Cinema», gli ha riferito che Mussolini vuole essere applaudito quando si incontra con i ministri nei corridoi della Camera. Ancora, che gli italiani non hanno energia e non sanno scuotere il giogo fascista e che preferiscono restare in Italia pur rimanendo oppressi, mentre lui se ne andrebbe volentieri se appena potesse perché “la patria è dappertutto dove si mangia” e, infine, che “basta andare a Roma con un po’ di biglietti da mille da regalare ai Ministri per ottenere qualsiasi concessione”. L’1.8.1939 la Commissione Provinciale di Milano (composta dal prefetto Mario Di Goitzeta, dal Procuratore del Re avv. Michele Dello Russo, dal questore Gaetano Laino, dal Comandante dei Cc Raffaele Galleani e dal Console Mvsn, Giuseppe Achilli) lo condanna al confino di polizia per 5 anni “per avere manifestato sentimenti di netta avversione al regime” e per offese a Mussolini. Confinato a Maida (Cz) per 5 anni, poi ridotti a 3 in appello, viene liberato nel giugno 1942. Nel fascicolo è conservata una sua foto segnaletica in doppia posa. Cpc, b. 5441, fasc. 138433, 1939-1942, con scheda biografica. (G. Mangini)