Profilo sintetico riassuntivo
Nato ad Arcene (Bg) il 12.10.1903, contadino terrazziere, antifascista, celibe, risiede a Verdello (Bg) in via Treviglio 7. Primo figlio di una famiglia di contadini, è fratello di Maria (n. Arcene il 18.11.1906, operaia setaiola, nubile), Francesco (n. Arcene il 12.04.1911, muratore, celibe), Lorenzo (n. Arcene il 15.6.1913, agricoltore, celibe), Angelo (n. Arcene il 23.5.1915, agricoltore, celibe), Carola (n. Arcene il 28.7.1917, nubile). Non ha precedenti penali. Si trasferisce per lavoro in Francia nel febbraio 1930, rientrando ad Arcene nel successivo mese di maggio. La sera del 21.9.1935 si trova nella trattoria ‘San Giusto’ di Arcene a giocare a carte. Al momento è disoccupato. Ubriaco, accusa l’oste e proprietario del locale, Serafino Mandelli di Arcene, segretario politico del fascio locale dal 4.5.1935 al 16.9.1935, di non avergli saputo procurare, tramite la sua carica politica, un posto di lavoro presso gli stabilimenti di Dalmine, aggiungendo poi che “qui non si trova lavoro, in Italia si muore di fame”. Inoltre, Vitali aggiunge che in Francia si vive una vita migliore rispetto all’Italia, prendendosi per questo uno schiaffo da parte dell’oste fascista. Arrestato dai Cc, viene denunciato e proposto per il confino di polizia per “manifestazione anti-italiana”. Nel fascicolo sono conservati i verbali delle deposizioni dei testimoni. Tra queste, c’è quella del 23.9.1935 di Giacomo Ammoni (di Angelo e Francesca Piazzoni, n. ad Arcene il 20.3.1910, operaio meccanico), che ricostruisce la sequenza dello scambio verbale tra Mandelli e Vitali. Questi, avvicinatosi a Mandelli, dopo aver pronunciato la frase sulla mancanza di lavoro, viene invitato da Mandelli a fare domanda di lavoro per l’Africa orientale come operaio, come uno dei presenti nel locale, ma il Vitali “rispondeva al Mandelli che in Abissinia non ci sarebbe andato, che colà aveva un fratello come soldato e che avrebbe anche iniziate pratiche per farlo venire a casa, siccome da diversi anni non lo vedeva. A questo punto il Mandelli gli faceva notare che era un sangue di rapa. Il Vitali dava allora del mascalzone al Mandelli e quest’ultimo persa la pazienza gli assestava uno schiaffo in faccia. Qui la cosa ebbe fine perché uno dei presenti allontanava il Vitali onde evitare complicazioni nel litigio. Aggiungo però che il Vitali era molto preso dal vino”. Il 24.9.1935 viene poi tradotto nelle carceri giudiziarie di Bergamo a disposizione della Questura. Nella loro relazione al comando della compagnia dei Cc di Bergamo del 25.9.1935, i Cc di Treviglio ricostruiscono in sintesi l’intera vicenda, presentando Vitali in questo modo: “E’ individuo rude e grossolano; di carattere chiuso e poco socievole, prepotente e vendicativo; è anche di temperamento irascibile e violento, specie quando è preso dalle bevande alcooliche alle quali si abbandona con una certa facilità”. Il 4.10.1935, informato della vicenda, il Ministero dell’Interno invia alla Prefettura di Bergamo un telegramma che dice: “Pregasi fare assegnare confino per anni cinque Vitali Giuseppe Francesco comunicando a suo tempo se tenuto (conto) di lui pericolosità codesta prefettura ritenga opportuno sia internato aut se possa essere inviato comune terraferma sempre che per condizioni salute sia in grado sopportare regime confino”. Il 10.10.1935 il medico delle carceri giudiziarie dichiara Vitali di sana e robusta costituzione, idoneo a sopportare l’eventuale regime di confino. Il 29.10.1935 finalmente, dopo oltre un mese di carcere Vitali compare dinanzi alla Commissione Provinciale per il confino di polizia. Presi in esame gli atti a disposizione e tento conto delle testimonianze rese dai presenti al diverbio tra Vitali e Mandelli, la Commissione non ritiene che Vitali abbia pronunciato la frase incriminata con una vera intenzione anti-italiana, ma solo perché esasperato dal contegno provocatorio del Mandelli. Pertanto, non ritiene di infliggergli il provvedimento del confino, ma solo quello della diffida. La vicenda, pertanto, dopo la decisione della Commissione Provinciale si ridimensiona. Il Ministero, dietro richiesta del 30.10.1935 da parte della Questura di Bergamo, autorizza la scarcerazione di Vitali e attende di sapere se e quale provvedimento verrà preso nei suoi confronti. Il 6.11.1935 viene scarcerato e lo stesso giorno viene diffidato in Questura. Il 18.11.1935 il Ministero dell’Interno chiede al prefetto di Bergamo di essere informato sui provvedimenti presi a carico di Vitali. Sul piano politico, come scrivono il 16.12.1939 i Cc di Treviglio alla Questura di Bergamo, “non ha dato motivo a segnalazioni”, tuttavia è di sentimenti antifascisti. I Cc aggiungono poi che Vitali “è un elemento dedito al vino e sotto l’influsso dell’alcool è portato talvolta ad esprimere pareri in pubblico inconclusionati che poi smentisce in istato normale. Attendere ancora prima di radiarlo”. (G. Mangini)