Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Vertova (Bg) il 19.9.1892, antifascista, impiegato nella fonderia del Cotonificio Valle Seriana di Vertova, dove risiede. Sposato, ha 4 figli. Nel fascicolo è conservata copia di un esposto dattiloscritto di 4 pagine indirizzato da Locatelli alla Procura di Bergamo nell’agosto 1930, con il quale denuncia un’aggressione da lui subita nella notte tra l’1 e il 2.8.1930 insieme a Giuseppe Terzi (b. 103), ormai settantenne. I due passano la serata dell’1.8.1930 in un locale pubblico di Vertova, dove ad un certo punto entra anche il segretario politico del fascio locale, Gaetano Rinaldi, il quale sembra volersi accertare della presenza di Locatelli e Terzi, tanto da uscire subito dopo averli visti. I due amici, rincasando a piedi sulla strada provinciale tra Vertova e Nossa, a circa 20 metri dalla casa di Locatelli vengono sorpresi da una squadra di fascisti che, in occasione della giornata del 1° agosto, controllano il territorio locale. Aggrediti, Locatelli e Terzi cercano di fuggire, ma vengono raggiunti e ripetutamente bastonati, con lesioni multiple alla testa e in varie parti del corpo. Locatelli viene trovato privo di sensi presso il cancello di casa sua da parenti e amici, che provvedono a ricoverarlo in ospedale, da dove viene dimesso l’11.8.1930 con la mascella rotta. Grazie alle dichiarazioni dei signori Archetti, Doria e Angelo Conti, che riferiscono che un’ora prima dell’aggressione erano stati diffidati dagli stessi fascisti a ritirarsi per tempo se non volevano assistere a fatti spiacevoli, testimoniando anche che i fascisti si erano ritrovati dopo l’aggressione alla stazione di Vertova. I responsabili vengono individuati in Angelo Gualdi di Giuseppe, vigile urbano di Vertova, Giovanni Zanchi di Giuseppe (impiegato comunale), Cesare Castelli fu Giovanni (soprannominato ‘Gioanì senza sangue’), Francesco Ciceri fu Luigi, Attilio Bellini fu Angelo (che esplode un colpo di pistola in aria per allontanare alcune persone accorse dopo aver sentito le grida di aiuto degli aggrediti), Andrea Donà di Giuseppe, Santino Guerini fu Giovanni, Pietro Maffei fu Giovanni, Andrea Marchesi fu Teodoro e il già citato segretario politico del fascio di Vertova, Gaetano Rinaldi fu Francesco, tutti imputati di lesioni gravi premeditate. Nel suo esposto, oltre ad allegare il certificato medico dell’ospedale, che riscontra commozione cerebrale e varie ferite guaribili in 45 giorni, Locatelli scrive di ritenere politica la causa dell’aggressione, "cosa assai strana e sommamente ingiusta giacché non mi sono mai occupato di politica e non ho mai parlato male del partito Fascista", aggiungendo di avere solo ‘un piccolo dissidio’ con il Comune di Vertova a causa di una tassa di 1.800 lire per un dazio su beni materiali, che Locatelli ritiene ingiusta e che non intende di pagare solo sulla base di un semplice invito del podestà, ma in seguito ad un avviso formale dell’esattoria. Aggiunge inoltre che la notte stessa della sua aggressione, suo cognato Adami si è recato a Gazzaniga per avvertire il fratello di Vincenzo Locatelli, Francesco. Questi giunge a Vertova accompagnato dai Cc, in presenza dei quali sente il segretario politico di Vertova ammettere di essere stato lui ad organizzare la spedizione punitiva. In conseguenza di questi fatti, i fascisti locali cercano di trovare una via d’uscita che li tuteli sul piano penale. Con questo obiettivo si muovono sia la federazione provinciale del Pnf che il comando della XIV legione della Mvsn di Bergamo, che indirizzano alla Prefettura un rapporto su Terzi e Locatelli nel quale i due sono presentati come soggetti che "si abbandonano spesso a discussioni di carattere politico che degenerano talora in vere e proprie critiche oltre che alle autorità locali anche al governo nazionale e turbano l’ambiente fascista locale con la loro opera deleteria e sobillatrice, particolarmente pericolosa e dannosa in questi momenti di crisi economica ed in ambiente eminentemente operaio", chiedendo per entrambi l’ammonizione. Nel ricostruire e spiegare l’episodio al Ministero degli Interni, nella sua relazione del 7.5.1931 la Prefettura di Bergamo fa proprie le parole dei fascisti locali e presenta l’aggressione a Locatelli e Terzi come sostanzialmente giustificata, scrivendo che, soprattutto in relazione a Terzi, le motivazioni degli aggressori non sono infondate: "Intemperante e provocatore, facile alla critica, non si è astenuto da apprezzamenti e da atteggiamenti che, data la sua condizione economica e la sua posizione sociale, non possono non influire sull’animo dei giovani. Il Locatelli appare più circospetto del Terzi, ma per la sua assiduità con questi, per le compagnie che frequenta e per l’assenteismo assoluto da tutte le cerimonie e manifestazioni si rende altrettanto sospetto di ostilità al regime". Per queste ragioni il prefetto di Bergamo, pur rilevando che i due non hanno precedenti, osserva che talvolta esagerano nel bere e per questo sono già stati diffidati dai Cc e propone che venga loro inflitta anche l’ammonizione. Il Ministero risponde una settimana dopo, il 14.5.1931, concordando sulla proposta dell’ammonizione. Già il 17.5.1931 a Locatelli viene notificato l’avviso di comparizione in Prefettura per il provvedimento dell’ammonizione, sulla base della seguente motivazione: ‘segnalato come irriducibile avversario del regime e delle autorità di Vertova, denigratore del governo nazionale e provocatore’. Tuttavia, la denuncia alla Procura inoltrata da Locatelli rappresenta un ostacolo alla procedura dell’ammonizione. Per questo la Commissione provinciale chiede notizie sull’andamento della relativa istruttoria alla Procura di Bergamo, la quale il 29.5.1931 certifica che l’istruttoria per il procedimento penale contro gli imputati per lesioni gravi e premeditate è ancora pendente. La Commissione provinciale convoca per il 2.6.1931 Locatelli e Terzi nei locali della Prefettura di Bergamo, con invito a presentare le proprie difese. Locatelli fa pervenire alla Commissione, datata 2.6.1931, la sua memoria difensiva dattiloscritta, nella quale sostiene che le accuse nei suoi confronti sono del tutto insussistenti, non essendosi mai occupato di politica, non avendo mai intrattenuto discussioni su tali argomenti o denigrato o provocato esponenti del Pnf. Aggiunge che le sue affermazioni sono tutte dimostrabili, mentre non lo è la correttezza di coloro che hanno ispirato le imputazioni che gli vengono rivolte, da identificare nei suoi stessi aggressori. Delinea la sua vita, dedita al lavoro e alla famiglia, ha fatto 8 anni di servizio militare, di cui una parte al fronte. Allega alcuni documenti e, per dimostrare la sua estraneità alla politica, cita a suo favore 4 testimoni: l’ingegnere Luigi Marsili, direttore della fonderia presso cui lavora; il podestà di Colzate, sig. Ernesto Zilioli; Noè Donini, di Vertova e il dott. Zilioli, farmacista di Vertova. Ricorda che gli aggressori gli hanno fatto sapere che ‘avrebbero agevolato la mia posizione di fronte alla denunzia di ammonizione, qualora avessi receduto dalla denunzia penale sporta a suo tempo’, ma respinge tale tentativo scrivendo di confidare nella Giustizia. In conseguenza di tutto ciò, la Commissione provinciale delibera di soprassedere all’individuazione di eventuali provvedimenti nei suoi confronti, "sia in attesa dell’esito del procedimento a carico dei responsabili della aggressione patita dai medesimi il 2 agosto u.s., sia per procedere ad un supplemento di istruttoria sui precedenti e la condotta politici del Terzi e del Locatelli". La sospensiva di un eventuale provvedimento contro i due antifascisti è inconsueta, data la facilità con cui, in genere, la Commissione provinciale procede all’assegnazione di condanne. Ciò dipende proprio dalla denuncia penale pendente contro gli aggressori, perché una loro eventuale condanna da parte dell’autorità giudiziaria avrebbe reso improponibile un provvedimento di polizia contro gli aggrediti. Non era infatti pensabile che due distinti organi giudicanti dello Stato potessero condannare, per lo stesso episodio, l’uno gli aggressori e l’altro gli aggrediti, dato che la bastonatura subita dai due operai non poteva essere contemporaneamente legittima e illegittima. Per la Commissione provinciale, l’unica possibilità rimasta cui appigliarsi per condannare Locatelli e Terzi era quella di basarsi su eventuali precedenti, e in effetti tale ipotesi viene presa in considerazione, ma la Questura di Bergamo già il 16.5.1931, cioè prima della seduta della Commissione, comunica che nel casellario giudiziario non risulta nulla a carico dei due. La questione non può quindi trovare una soluzione formale, per questo viene tenuta in sospeso, tanto che il successivo 26.1.1932 la Prefettura di Bergamo comunica al Ministero degli Interni che il provvedimento dell’ammonizione a Terzi e Locatelli non ha ancora avuto luogo. Il tempo però lavora a favore di una soluzione che consenta di non condannare i bastonatori fascisti e, al contempo, chiudere la vicenda anche per i due bastonati. Il rapporto dell’8.8.1933 inviato al Cpc dal prefetto di Bergamo, dunque, comunica ufficialmente che la Commissione provinciale rinuncia al proposito di infliggere l’ammonizione a Locatelli e Terzi, sia perché, per intervenuta amnistia, si è estinta l’azione penale contro gli aggressori, sia perché ‘gran parte’ (quindi non tutti) degli addebiti a carico di Locatelli e Terzi si sono rivelati infondati. Inoltre, aggiunge il prefetto di Bergamo, nei due anni trascorsi dall’aggressione, Locatelli e Terzi hanno dato prova di ravvedimento e per questo anche i rilievi che contro di loro, secondo il prefetto, si sono rivelati fondati, vengono lasciati cadere. Nello stesso mese di agosto 1933 avviene la radiazione. In conclusione, i due amici di Vertova hanno preso un sacco di legnate, i responsabili sono stati identificati e denunciati ma non sono stati puniti, loro stessi vengono ‘perdonati’ di alcune delle ‘ragioni’ che, agli occhi della giustizia fascista, rendevano ‘legittime’ quelle legnate, le quali, evidentemente, non erano ancora ritenute sufficienti ad estinguere le loro ‘colpe’. Cpc, b. 2805, 1931-1933. (G. Mangini, R. Vittori)