Scarpellini Luigi, detto Farfarello


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n. busta
107
n. fascicolo
3225
Primo estremo
1933
Secondo estremo
1939
Cognome
Scarpellini
Nome
Luigi
Altri nomi
detto Farfarello
Presenza scheda biografica
no
Luogo di nascita
Data di nascita
1902/06/21
Luogo di morte
Bergamo
Data di morte
1937/12/01
Livello di istruzione
licenza elementare
Professione
operaio
Collocazione politica
Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Albegno di Treviolo (Bg) il 21.6.1902, operaio, celibe. La sera del 5.10.1924 ad Albegno è coinvolto in un uno scontro tra antifascisti e fascisti. Tra i fascisti particolarmente aggressivi si dimostrano Giuseppe Locatelli e soprattutto Giulio Benedetti, che insegue Scarpellini, il quale per difendersi lo ferisce gravemente. Dopo lo scontro Scarpellini viene subito arrestato e detenuto, mentre Benedetti è ricoverato in gravi condizioni all’Ospedale di Bergamo in Chirurgia Prima, letto n° 149, dove il 6.10.1924 si reca il Giudice istruttore, cavalier Giuseppe Pace, per poterlo interrogare, ma Benedetti non è in condizioni di rispondere e, senza riprendere conoscenza, muore il 12.10.1924. I Cc di Stezzano (Bg), della legione territoriale di Milano, indagano sul fatto e la sera del 6.10.1924, alle ore 23, redigono il verbale d’arresto delle persone coinvolte, nonché una relazione sull’accaduto per il procuratore del re di Bergamo. Il difensore di Luigi Scarpellini, designato da suo padre, è l’avvocato Enrico Meoli, lo stesso che difende Antonio e Celestina Scarpellini, padre e sorella di Luigi. Gli altri antifascisti coinvolti, e cioè Alfredo Previtali, Luigi Leidi, Giovanni Barcella, nominano loro difensore l’avvocato Ubaldo Riva. Dal momento della morte di Benedetti, il regime mussoliniano proclama Benedetti ‘Martire Fascista’, alla memoria del quale viene intitolato un viale di Dalmine. Scarpellini viene processato, ma con sentenza del 9.7.1925 viene assolto dalla Corte d’Assise del Tribunale di Bergamo per aver agito in stato di legittima difesa. In seguito lavora come muratore per l’impresa G. Rinaldi di Curdomo (Bg). Emigra in Francia con regolare passaporto il 28.9.1929, recandosi in Alta Savoia a Lauversy (S. Claude). Dal 1.1.1930 è in Svizzera, ad Altstetten (Cantone di Zurigo), per un mese è senza lavoro e risiede presso la casa dello zio Biagio Scarpellini. Torna ad Albegno il 3.2.1930 per rinnovare il passaporto e nell’aprile 1930 ritorna ad Altstetten, dove risiede presso la famiglia Bregoli o Brigoli, in Badenstrasse. Rimane 6 mesi lavorando per la ditta Babila Cappelletti di Schlieren, svolgendo anche propaganda antifascista. Alla fine del giugno 1930 torna in Francia, a Digione, dove lavora alla costruzione di una ferrovia con l’impresa Roir fino alla fine di settembre. Si trasferisce poi a Chalon-sur-Saone (Borgogna), dove lavora come manovale alla costruzione di un ospedale. Nel giugno 1931 rientra a Treviolo, da dove si trasferisce a Curdomo il 13.7.1931. Il 1.2.1933 a Dalmine ferisce con una badilata alla testa (ma nei rapporti successivi pare che, dopo il colpo alla testa, ne abbia dati altri due, alle gambe e alle spalle) il fascista Giuseppe Colleoni. Ne nasce un’immediata inchiesta e il 2.2.1933 il Commissario di Ps Canossa così scrive al questore di Bergamo: “Sul ferimento avvenuto ieri sera in Dalmine in persona del Fascista Colleoni Giuseppe, ho accertato quanto segue. Circa quattro anni orsono in Dalmine il sovversivo Scarpellini Luigi uccise, per motivi politici, il fascista Benedetti Giulio. Quest’omicidio commosse allora la cittadinanza di Dalmine la quale per onorare la memoria del Benedetti intitolò al suo nome un viale del Comune. Senonché lo Scarpellini, subito dopo il delitto arrestato, e rinvito a giudizio, fu, dalla locale Corte di Assise assolto per avere egli agito nello stato di legittima difesa. Rimase pertanto nell’elemento fascista di Dalmine e, in conseguenza di quest’assoluzione, un forte rancore contro lo Scarpellini il quale però, dopo il delitto in persona del Benedetti, non aveva più dato luogo ad altri incidenti, onde il rancore dei fascisti, sebbene mal represso, rimaneva contenuto nei limiti apparenti di una certa indifferenza. E’ accaduto però, circa due mesi orsono, che il Vice Podestà di Dalmine, avendo saputo che lo Scarpellini si tratteneva una sera in un’osteria di quel comune a festeggiare il matrimonio di una propria sorella, chiamò a sé sette o otto altri fascisti coi quali si recò all’osteria. Quivi, chiamato fuori lo Scarpellini, che vuolsi fosse anche un po’ brillo, dopo uno scambio di parole, il Vice Podestà, spalleggiato dagli altri fascisti schiaffeggiò lo Scarpellini - il quale, dopo l’incidente rientrò nell’osteria onde l’episodio non ebbe più seguito. Ma lo Scarpellini, uomo tutt’altro che timido, di carattere violento e nient’affatto disposto a tollerare qualsiasi provocazione, si legò al dito l’incidente di quella sera ed in cuor suo meditò la vendetta. Ieri mattina, il caso volle che egli, passando in bicicletta per il Viale Giulio Benedetti, fra i pochi operai che lavoravano per rimuovere la neve, avesse ravvisato nel fascista Colleoni Giuseppe, uno di coloro che due mesi orsono avevano spalleggiato il Vice Podestà allorquando questi, fuori dell’osteria lo aveva schiaffeggiato. E rivolgendosi appunto al Colleoni, passandogli vicino in bicicletta, gli disse: «Vai a farti la comunione perché oggi è la tua giornata» e proseguì. Il Colleoni non aveva neppure capito il linguaggio strano dello Scarpellini, se i compagni di lavoro che gli stavano vicini e che avevano inteso, non gli avessero ripetuto le frasi dello Scarpellini, soggiungendogli, per metterlo in guardia: Sai, è Scarpellini, l’uccisore di Benedetti. Ma il Colleoni non diede soverchia importanza al fatto e continuò a lavorare. La sera infatti, verso le ore 17, lo Scarpellini ripassò in bicicletta sullo stesso Viale e, avvicinatosi al Colleoni, si fermò e lo chiamò a sé, al che il Colleoni, lasciato il lavoro, si avvicinò col badile in mano. Lo Scarpellini, ricordò allora al Colleoni che egli era stato uno di coloro che avevano aiutato il Vice Podestà a schiaffeggiarlo quella sera, ma il Colleoni negava e ne derivò così una discussione durante la quale lo Scarpellini, afferrato il badile che il Colleoni teneva in mano, gliene vibrò un colpo al capo, rimontando quindi in bicicletta ed allontanandosi di corsa. Non è stato possibile arrestarlo perché si mantiene tuttora irreperibile, onde l’Arma di Dalmine che lo ha fino ad oggi invano ricercato, procederà alla denunzia dello Scarpellini al Magistrato, dopo l’accertamento dei fatti nel senso da me riferito. Il Commissario Canossa”. Ricercato da Cc e fascisti, viene arrestato lo stesso 2.2.1933 dai Cc presso Ponte S. Pietro, mentre Colleoni è giudicato guaribile in 30 giorni salvo complicazioni. Processato, Scarpellini è giudicato colpevole di lesioni gravi e, con sentenza 15.11.1933, viene condannato a 5 anni di reclusione. Scrive in proposito «L’Eco di Bergamo» il 15.11.1933: “Corte d’Assise di Bergamo - Cinque anni di reclusione all’autore di lesioni gravi. Nel pomeriggio di ieri si è chiuso il testimoniale, a carico ed a difesa, dopodiché prendeva la parola l’avv. Venanzio, rappresentante la P.C. L’oratore, dopo un saluto alla memoria di G. Benedetti, ha concluso chiedendo una severa condanna, avendo sostenuto in pieno il capo di imputazione. Stamane il PM cav. uff. dott. Bonvino, dopo aver dichiarato trattarsi di un fattaccio, ha lumeggiato severamente la figura dello Scarpellini, nei cui confronti ha abbandonata l’imputazione di tentato omicidio, per sostenere la lesione, con le due aggravanti dell’arma e della premeditazione. Ha chiesto perciò una condanna a 10 anni di reclusione, danni e interdizione perpetua dai pubblici uffici. La difesa ha sostenuto, per la parola dell’avv. Pezzotta, l’assenza della premeditazione nel non esistente fine di uccidere. Questi argomenti, compreso quello dell’aggravante dell’arma, vennero ribattuti dall’avv. Meoli e la tesi difensionale è stata accolta dalla Corte, che ha ritenuto di trattarsi di lesioni gravi personali, esclusa la premeditazione. In base a queste motivazioni, il Presidente, S.E. Rosati, pronunziava sentenza di condanna dello Scarpellini a 5 anni di reclusione, alla libertà vigilata, all’interdizione dei pubblici uffici, ai danni da liquidarsi in L. 5000 e alle spese di costituzione di P.C. Molto pubblico ha assistito alla celebrazione di questo dibattimento”. Evitata quindi la reclusione e sottoposto a vigilanza, il maresciallo Dante Stefanini dei Cc di Stezzano l’8.11.1936 riferisce al questore che Scarpellini è celibe, lavora come operaio e vive da solo del suo lavoro ad Albegno, frazione di Treviolo, in via Frizzoni 11. Non essendo iscritto al Pnf e non manifestando simpatia per il fascismo, viene sconsigliata la radiazione dallo schedario dei sovversivi. La radiazione di Scarpellini avverrà solo nell’ottobre 1939, dopo la sua morte, avvenuta all’Ospedale Maggiore di Bergamo l' 1.12.1937. Nel fascicolo è conservata una sua fotografia del 1927 tratta dalla sua carta d’identità, riprodotta nel febbraio 1933 dalla Questura di Brescia. (G. Mangini)
Familiari
Scarpellini Giovanni Antonio (padre)
Nato nel 1863, fruttivendolo.
Colombo Adelaide (madre)
Scarpellini Filomena (sorella)
Nata ad Albegno il 18.11.1892.
Scarpellini Celeste (sorella)
Nata ad Albegno il 22.8.1897.
Scarpellini Costantina (sorella)
Nata ad Albegno l’11.11.1900, morta il 2.1.1901.
Scarpellini Biagio (zio paterno)
Nato ad Albegno il 2.2.1875 da Costantino e Felice Peroni.
Luoghi di residenza
Treviolo Lombardia Italia frazione Albegno (1902 - ) Curdomo Lombardia Italia (1931 - )
Fatti notevoli
1924/10/05 - 1924/10/05
La sera del 5.10.1924 ad Albegno è coinvolto in un uno scontro tra antifascisti e fascisti, tra i quali particolarmente aggressivi si dimostrano Giuseppe Locatelli e soprattutto Giulio Benedetti, che insegue Scarpellini, il quale per difendersi lo ferisce a morte.
1933/02/01 - 1933/02/01
Il 1.2.1933 a Dalmine ferisce con una badilata alla testa (ma nei rapporti successivi pare che, dopo il colpo alla testa, ne abbia dati altri due, alle gambe e alle spalle) il fascista Giuseppe Colleoni.
Sanzioni subite
Relaz. con altri soggetti
Benedetti Giulio (fascista)
Locatelli Giuseppe (fascista)
Colleoni Giuseppe (fascista)
Meoli Enrico (avvocato)
Riva Ubaldo (avvocato)
In rubrica di frontiera
no
In bollettino ricerche
no
Esclusione dallo schedario
Data di esclusione
1939
Documentazione allegata
fotografia da documento identificativo
Altre fonti archivistiche
ASBg, Tribunale di Corte d’Assise di Bergamo
Busta 1925, Fascicolo 13/123