Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Caravaggio (Bg) il 26.10.1869, perito agrimensore, antifascista, sposato con Virginia Nova e padre di Aldo Giovanni Antonio (medico presso il sanatorio di Sondalo, dove la famiglia risiede dal 1929). La documentazione contenuta nel fascicolo riguarda principalmente il conflitto che si svolge a Caravaggio tra Bietti e il capo del fascismo locale, Tobia Ceserani, deputato fascista dal maggio 1924 al gennaio 1929. Dopo l’avvento del fascismo al potere, anche in sede locale gli esponenti fascisti intendono estromettere tutti coloro i quali, oltre che incarichi politici, hanno svolto funzioni amministrative. E’ appunto il caso di Ceserani nei confronti di Bietti, che pure sono parenti, dato che la madre di Ceserani, Rachele Bietti, è cugina dello stesso Bietti. Il 29.6.1924 Ceserani e il fratello Giovanni Battista (n. a Caravaggio il 5.6.1889), a sua volta fascista, affrontano Bietti in piazza a Caravaggio, gli chiedono conto delle sue posizioni nei confronti del fascismo, lo buttano a terra e lo pestano a sangue (secondo la ricostruzione effettuata dai Cc tre anni dopo, i due fratelli Ceserani si sarebbero limitati a ‘schiaffeggiare’ Bietti), tuttavia, su consiglio del procuratore del Re, non presenta querela per non coinvolgere la madre di Ceserani, sua parente. Nel gennaio 1925 Bietti subisce una perquisizione domiciliare da parte della polizia, senza esito. Dopo il primo attentato a Mussolini ad opera di Tito Zaniboni il 4.11.1925, Bietti viene arrestato dai Cc, portato in caserma a Treviglio e trattenuto in carcere per una notte. Rientrato a casa, espone la bandiera italiana da una finestra della sua abitazione a Caravaggio per festeggiare il fallimento dell’attentato al duce, ma due fascisti mandati da Ceserani gli impongono di toglierla. Bietti decide allora di inviare direttamente a Mussolini un esposto sulla sua situazione a Caravaggio e sul ruolo di Ceserani. Dal Ministero dell’Interno ne deriva la richiesta alla Prefettura di Bergamo e ai Cc di fornire informazioni in proposito. Il compito viene affidato ai Cc e il 17.2.1926 il tenente Carta, comandante della stazione dei Cc di Treviglio, redige per la locale Sotto-prefettura un’articolata relazione su Bietti, il cui impianto complessivo si basa sull’intento di fondo di controbattere punto per punto tutte le argomentazioni di Bietti, mostrando con ciò di essere a conoscenza dell’esposto inviato da Bietti a Mussolini. La relazione si apre con una doppia premessa, e cioè che Bietti non è affatto un ingegnere ma un perito agrimensore, e che è un antifascista. Il profilo politico di Bietti viene poi presentato come quello di uno dei dirigenti del partito socialista a Caravaggio già dall’anno 1900, insieme a Giovanni Pedrini e all’avvocato Emilio Gallavresi (nato a Caravaggio nel 1856, deputato per Caravaggio al Parlamento italiano dal 1921 al 1924; Cpc, b. 2241, 1894-1942, scheda biografica). La ricostruzione che ne deriva è chiaramente condizionata dal punto di vista filo-fascista dell’estensore. Così viene scritto che nel 1919 Bietti ha collaborato con l’amministrazione comunale di sinistra (guidata dal sindaco Banfi) in qualità di giudice conciliatore, di presidente del Ricovero Garibaldi, di membro della Commissione musicale e di sindaco della cooperativa socialista che aveva come proprio emblema la falce e il martello, a cui Bietti aveva concesso in affitto le proprie terre. Prosegue il rapporto del tenente Carta: “nel 1921 a Caravaggio si sferrò una vera e propria azione sovversiva che venne denominata ‘Le giornate rosse di Caravaggio’ e durante le quali squadre di sovversivi armati bloccarono il paese impedendo agli abitanti la libera uscita se prima non si sottoscriveva una somma pro costituzione strade a favore dei soci della cooperativa socialista. Le case delle persone benestanti furono violate e carpite con la più bestiale violenza somma e firme pro strade. Il sig. Ugo Bietti prestò, primo fra tutti e senza pressione alcuna L. 10.000 al Comitato esecutivo, fomentando così l’odio più cieco contro quanti non intendevano sottostare alla imposizione. Il Bietti, per tale suo contegno, ebbe gli elogi dell’allora sindaco comunista Banfi, in un pubblico comizio, tenuto nella piazza principale del paese”. Nel corso di tale comizio un gruppo di 12 fascisti, capeggiati da Ceserani, si presenta per dire che da quel momento non avrebbero tollerato altri disordini. I fascisti vengono circondati e, secondo la relazione, Bietti affronta Ceserani dicendogli “Andate a casa e non fate ragazzate se tenete cara la pelle”. Inoltre, prosegue la relazione, dopo l’avvento del fascismo, Bietti si mantiene ostile e “nelle ultime elezioni politiche fece propaganda per l’on. le Bortolo Belotti, di cui si dice fosse fiduciario della plaga”. Infine, viene stigmatizzato come tardivo e del tutto strumentale il tentativo di Bietti di accreditarsi come simpatizzante del regime fascista. Il 30.11.1926 capitano Salvatore Capozzi dei Cc di Treviglio scrive al comando dei Cc di Bergamo sintetizzando il precedente rapporto del tenente Carta del 17.2.1926 e proponendo per Bietti l’ammonizione da parte della Commissione Provinciale di Bergamo. Il 14.12.1926 Bietti riceve la convocazione dalla Commissione Provinciale per il confino di polizia, presso la quale nei giorni successivi deve presentarsi per difendersi dall’accusa di essere un elemento pericoloso per la nazione. Il 17.12.1926 Bietti ricorre contro la sua convocazione e la relativa accusa, da lui definita “raccapricciante imputazione”, inviando il ricorso al prefetto di Bergamo. Si definisce un galantuomo e un onesto cittadino, che si è sacrificato per trent’anni per il Comune, per i luoghi pii, per la Casa del soldato, svolgendo inoltre per 14 anni il ruolo di giudice conciliatore. Dichiara di non avere mai appartenuto al partito socialista e di essere invece stato iscritto per circa 3 anni all’Unione liberale bergamasca, da cui si è staccato dopo aver capito che tale partito non era favorevole al regime fascista. Allega al suo ricorso un dossier, in cui sono presenti, in particolare, le trascrizioni manoscritte da lui effettuate tanto della corrispondenza intercorsa tra lui e le istituzioni in relazione alle quali ha svolto ruoli amministrativi, quanto quella intrattenuta con Ceserani a partire dalla presa del potere da parte fascista. Nelle sue lettere del novembre 1922 Ceserani di fatto ingiunge a Bietti di lasciare gli incarichi che gli erano stati assegnati dalla giunta comunale precedente, già dimessa per iniziativa fascista. Il 16.2.1927, su carta intestata ‘Ing. Agr. Ugo Bietti – Caravaggio (Bergamo)’, Bietti si rivolge al prefetto di Bergamo, Carlo Solmi, e richiama un colloquio con lo stesso prefetto avvenuto il giorno prima, durante il quale gli era stata assicurata la sospensione del provvedimento della carta d’identità obbligatoria a lui assegnata come sospetto politico. Bietti fa poi presente di avere appena ricevuto dal segretario comunale di Caravaggio - su ordine del podestà Ceserani (che Bietti chiama ‘Sindaco’) – l’ingiunzione a presentare 4 copie di un suo ritratto fotografico per realizzare appunto la carta d’identità come sospetto politico e comunica di aver risposto di non avere a disposizione le fotografie richieste, che “se saranno proprio necessarie, le presenterò pel 28 c.m.. Conoscendo per prova la violenza di chi è oggi a capo del Comune, e con quale facilità faccia trasportare le persone in Caserma a ½ del R.R.C.C., ad evitare seri inconvenienti il sottoscritto prega caldamente la S.V.I. perché abbia la cortesia di far avvertire d’ufficio il Comune di Caravaggio che la pendenza del sottoscritto è attualmente sospesa, e quindi viene sospeso anche l’obbligo della presentazione delle 4 fotografie per la carta d’identità”. Il 26.2.1927 viene diffidato. Il 27.4.1927 i Cc di Treviglio scrivono alla Questura di Bergamo che Bietti risiede ancora a Caravaggio in via Prata e “attualmente l’Ing. Bietti si professa simpatizzante fascista, però è poco creduto dalle gerarchie locali e nessuno lo avvicina all’infuori dei suoi vecchi amici e di qualche parente. Non si ritiene pericoloso per l’ordine nazionale”. Il 3.12.1927 dall’ufficio di Gabinetto del Ministro dell’Interno viene indirizzata una lettera al prefetto di Bergamo chiedendogli di procedere ad “accurati accertamenti e di sollecito riferimento” a proposito di un esposto, che viene allegato, in cui il dr. Aldo Bietti, figlio di Ugo, afferma che il padre “nutrirebbe sentimenti nazionali” e a Caravaggio sarebbe ritenuto ‘sovversivo’ solo per “calunnie sparse sul suo conto dal segretario politico di quel fascio, spinto ad osteggiarlo per risentimenti di carattere personale”. Venuto a conoscenza dell’esposto di Bietti, il direttorio del fascio di Caravaggio il 15.12.1927 scrive al prefetto di Bergamo informando che Bietti ha ripreso la ‘campagna’ contro Tobia Ceserani, capo del fascismo locale, che in otto anni ha portato “consensi indiscutibili” e i fascisti di Caravaggio si dicono orgogliosi di averlo come capo, “magnifica figura di apostolo della fede nostra ed esempio di disinteresse, lealtà, onestà”. Bietti viene invece definito come una figura ‘equivoca’ perché, dopo i suoi trascorsi ‘sovversivi’, cerca di rifarsi una verginità politica. Non può fruire di speciali considerazioni e ove ciò si verificasse, il partito prenderebbe netta posizione contraria. Sulla questione intervengono anche i Cc di Bergamo, che il 18.12.1927 così scrivono al prefetto: “Il perito agronomo Ugo Bietti di Caravaggio, ha recentemente inviato alla Direzione del Partito Nazionale fascista un memoriale contenente accuse contro il locale Deputato On. Ceserani. Tale fatto è a conoscenza anche dei fascisti del luogo i quali, mentre si sono recati dal prefato deputato per esprimergli la loro solidarietà, non celano certamente la propria indignazione contro la solita campagna che il sopradetto agronomo – antifascista - ha tentato e tenta nei confronti del loro gerarca E dappoiché dall’atteggiamento di parecchi fascisti potevano temersi delle rappresaglie in persona del Bietti, l’on. Ceserani, prima della sua partenza per Roma avvenuta il 14 corrente – riunì il Direttorio locale avvertendo che non avrebbe tollerato per alcun motivo qualsiasi atto di violenza contro il ripetuto Bietti riservandosi di agire personalmente, qualora avesse ravvisato il caso di difendere la sua dignità di cittadino e di uomo politico”. Il 25.12.1927 è ancora l’Ufficio di Gabinetto del Ministro dell’Interno che scrive ancora una vota, dopo il precedente del 3.12.1927, al prefetto di Bergamo per avere chiarimenti in merito all’esposto del dott. Aldo Bietti, fascista, in favore del proprio padre Ugo, che sarebbe ingiustamente accusato di nutrire sentimenti antinazionali. Il documento successivo è del 21.6.1933: i Cc di Treviglio, a firma del capitano Francesco Rea, scrivono alla Questura di Bergamo che Bietti fa di tutto per dimostrare sentimenti patriottici e di essere buon fascista, ma non gode di buona opinione tra i fascisti locali. Nel 1929 ha trasferito la sua residenza a Sondalo (So), dove il figlio Aldo è addetto a quel sanatorio e dove ha ottenuto la tessera del Pnf. Lo stesso capitano Rea, tuttavia, in un successivo documento del 16.11.1934 cambia opinione e ritiene Bietti meritevole di radiazione. Radiato il 26.11.1934. (G. Mangini, R. Vittori)