Profilo sintetico riassuntivo
Nato a San Giovanni Bianco (Bg) il 26.1.1917, antifascista, famiglia contadina. Il nonno paterno è stato un garibaldino. Ha una sorella, Pellegrina, e 3 fratelli, Battista, Giorgio e Pierino. Nel 1931, all’età di 14 anni, entra nell’Istituto Salesiano di Torino. Nell’agosto 1935 viene mandato in missione nel Collegio Salesiano di Calcutta, nel dicembre 1939 torna In Italia. Dopo un breve soggiorno presso la famiglia, si trasferisce a Torino presso la Ditta Boffa. Presta servizio militare nei mesi di maggio e giugno 1940 a Rimini nel 56° Reggimento Artiglieria, riprende l’impiego a Torino presso la Ditta Boffa. Questa, però, chiude l’attività e Milesi, dopo un breve soggiorno presso la famiglia Bellardi, si trasferisce ad Alba come vice-rettore del Civico Collegio Convitto (costruito nei primi anni Trenta su progetto dell’architetto Oreste Giovanni Dellapiana). Iscritto al terzo anno della facoltà di Lettere dell’Università di Torino, frequenta le lezioni fino al momento del suo arresto. La vicenda è determinata dal rifiuto da parte degli studenti di una classe di rispondere al saluto al Duce, avvenuto all’Istituto magistrale di Alba il 12.12.1940. In seguito alla delazione di uno studente il 14.12.1940, il 15.12.1940 Milesi viene incarcerato, il 27.1.1941 viene denunciato al Tribunale Speciale dal questore di Cuneo insieme ad altre 32 persone e tenuto in prigione in attesa del processo. Il giorno successivo la Questura di Cuneo informa dell’avvenuto quella di Bergamo, indicandone le motivazioni in base ai relativi articoli del Codice Penale (disfattismo politico, art. 265; propaganda antinazionale e sovversiva, art. 272; offese al prestigio del capo del governo, art. 282; ricezione di radio-comunicazioni da paesi nemici, cioè Radio Londra e Radio Edimburgo, art. (RD 16.6.1940). Il processo, che si svolge a Roma al Tribunale Speciale e vede come relatore Giovanni Presti e come presidente Giuseppe Conticelli, si conclude il 2.5.1941 con la sentenza n. 106. Il gruppo di istitutori e di studenti denunciati, oltre a Milesi, è costituto da Bruno De Martin Mazzalon, studente di magistero e istitutore come Milesi, nato a Comelico Superiore (Bl), Cpc b. 1719; Clemente Demonte, studente nato negli Usa e residente a Torino, Cpc b. 1725; Giacomo Giacometto, studente universitario, nato a Torino e residente a Cuneo, Cpc b. 2376; Luigi Carlo Alberto Montanaro, studente universitario di Cossano Belbo (Cn), Cpc b. 3367; Renato Montanaro, studente magistrale di Bossolasco (Cn), Cpc b. 3367; Armando Ernesto Olmo, studente magistrale di Alba, Cpc b. 3259; Carlo Bartolomeo Prandi, studente magistrale di Monticello d’Alba (Cn), Cpc b. 4109; Virginio Rolfo, studente scuola media superiore, nato a Feisoglio (Cn), Cpc b. 4373; Giuseppe Traversa studente liceale di Piana Crixia (Sv), Cpc b. 5199 fasc. 106069; Giuseppe Domenico Vaira studente magistrale di Alba (Cn), Cpc b. 5284, fasc. 020456. Milesi e De Martin Mazzalon, istitutori del Convitto, vengono condannati a 10 anni e 6 mesi di reclusione, a 1.000 lire di multa e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici; Luigi Montanaro, istitutore, a 5 anni e 6 mesi; Renato Montanaro, studente di terza magistrale, a 5 anni di reclusione. Clemente Demonte, istitutore, e Giuseppe Traversa, studente di terza liceo, a 5 mesi. Altri 5 imputati sono assolti. In seguito alle vicende seguite al 25.7.1943, i condannati vengono liberati nell'agosto del 1943. Alcuni prenderanno parte alla Resistenza. Il 9.5.1941, una settimana dopo la condanna, la fidanzata di Milesi, Pierina Bellardi, scrive direttamente a Mussolini “con fascistica devozione”, implorandone la grazia. Subito dopo la condanna, Milesi chiede di poter corrispondere dal carcere di San Gimignano con i componenti della sua famiglia, con la fidanzata e con alcuni amici. Il Ministero dell’Interno, prima di accogliere la richiesta, si rivolge alle Questure di Bergamo, Torino e Cuneo perché svolgano indagini sui nominativi forniti da Milesi. Nell’elenco, oltre ai famigliari (Francesco, padre; Maria, madre; Pellegrina, Giuseppe, Giorgio, Pierino, fratelli; Laura Milesi, zia) ci sono i nomi della fidanzata Pierina Bellardi, di Torino; Giuseppe Vanora, cugino della fidanzata, Torino; Antonio Coiazzi, Torino; don Luigi Maiolo, direttore del Collegio Convitto Civico di Alba (Cn). Al momento della condanna, due fratelli di Milesi, Giorgio e Pierino, si trovano in guerra sul fronte greco e uno di essi è dichiarato disperso. Il maresciallo capo dei Cc di San Giovanni Bianco, Salvatore Cutello, il 2.12.1941 scrive alla Questura di Bergamo esprimendo parere favorevole alla corrispondenza tra Milesi e i suoi famigliari, per la loro buona condotta “sotto ogni profilo”, e non manca di osservare che “la condanna riportata dal predetto – causata dall’invidia di altre persone – ha prodotto in questa popolazione viva impressione, e ciò dovuto al fatto che il condannato – come pure tutti i di lui famigliari – sono tenuti in buona considerazione”. La Prefettura di Cuneo, a sua volta, risponde il 19 giugno 1941 a proposito del sacerdote don Luigi Maiolo, del quale osserva che è “di buona condotta morale e politica senza precedenti o pendenze penali, di razza ariana e di religione cattolica”, esprimendo per questo parere favorevole alla corrispondenza con Milesi. La Questura di Torino risponde il 30.12.1941 a proposito di Pierina Bellardi, sarta e fidanzata di Milesi, che “risulta di regolare condotta. Dal 29.10.1940 è iscritta al Pnf proveniente dalle organizzazioni giovanili” e abita presso la zia materna a Torino in via Principi d’Acaja 26. Il 7.7.1942 dalla casa penale di San Gimignano Milesi rivolge al Re la domanda di grazia, nella quale rifiuta l’accusa di disfattismo, rivendica il proprio patriottismo, cita i fratelli al fronte da 2 anni. Presenta nuova domanda di grazia l’8.5.1943. Scarcerato il 19.8.1943, nel gennaio 1944 abita a Grabbia, frazione di San Giovanni Bianco. Il 23.1.1944 il capo della provincia di Bergamo, Emilio Grazioli, scrive ai Cc di San Giovanni Bianco chiedendo notizie, dato che la posizione di Milesi, dopo il rilascio dal carcere, “è ora giuridicamente regolare”. Tuttavia, “prego, pertanto, segnalarmi quanto dovesse risultare a suo carico dopo la liberazione per esaminare l’opportunità di sottoporlo a provvedimenti di polizia. Si è comunque disposto che nei confronti del Milesi venga esercitata assidua vigilanza dall’Arma competente per territorio”. L’8.3.1944 i Cc di San Giovanni Bianco rispondono alla Questura di Bergamo riferendo di non avere affatto notizie di Milesi, il quale, “graziato in seguito agli avvenimenti politici del luglio scorso, pur essendo stato più volte invitato a presentarsi in questo ufficio, non si è ancora presentato. Fatte ricerche non è stato possibile ancora rintracciarlo perché da questo comune si è allontanato per ignota destinazione e i suoi famigliari non sanno ove si trovi. Questo comando ravvisa l’opportunità che il Milesi venga proposto per l’ammonizione”. Cpc, b. 3286, 1941-1943. ACS, Tribunale Speciale, b. 737. (G. Mangini)