Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Castelli Calepio (Bg) il 10.12.1888, disfattista. Diplomato al liceo classico 'Sarpi' di Bergamo, combattente nella prima guerra mondiale, nel primo dopoguerra organizzatore del Partito Popolare, nominato Cavaliere della Corona d’Italia con decreto n° 137672 del 25.5.1926, volontario nel 1937 nella divisione ‘Tevere’ in Africa orientale come fascista, contrae la malaria. Ex-confinato politico per disfattismo, si sposa con Caterina Felizetti, ha un figlio, Silvio, che nel 1942 studiava presso il Seminario Pontificio Romano Maggiore di Roma e stava per essere ordinato sacerdote. E' sempre stato impiegato in ditte private, da ultimo come esattore per la Società Elettrica Bergamasca, impiego lasciato nel 1939 per fine contratto. Disoccupato per circa un anno, nel 1940 si trasferisce a Bolzano per lavoro, si impiega presso lo Stabilimento ‘Acciaierie’, dove viene rapidamente in sospetto per i suoi commenti ad alta voce sui fatti politici, militari, economici, sospetto intensificato dall’intercettazione di una sua lettera scritta il 6.11.1941 al sergente Fausto Monsorno (232° Reggimento Fanteria), in cui si esprime con durezza sulla guerra. La Questura di Bolzano il 19.1.1942 nel rapporto alla locale Commissione Provinciale con cui Bertola viene denunciato, riporta alcuni stralci della lettera: "Anche per i civili qui la vita si fa sempre più dura per le privazioni continue e per la mancanza di ogni cosa anche più necessaria. Resistere è una parola! Tireremo le somme in ultimo e … vedremo la conclusione anche di questa carneficina causata dalla sfrenata ambizione degli uomini che pur dovranno presentarsi, nudi, al Tribunale di Dio, e rendere conto dei loro esecrandi e criminali misfatti in terra. Vi auguro che abbiate a portare a casa la pelle e non abbiate ad essere lapidato come quei novecentomila morti che hanno combattuto contro i tedeschi e che abbiamo commemorato ieri 4 novembre". Nello stesso rapporto alcuni operai presso lo stabilimento Acciaierie dichiarano che Bertola si lamenta spesso del razionamento del cibo, lo ritengono loquace e ciarliero più per vanità che per disfattismo. Dispiaciuto per la perdita dell’Etiopia, dichiara che se non fosse stato malarico sarebbe nuovamente partito volontario. Ha parlato di presunto attentato al duce ed è stato richiamato dal capo meccanico Defendente Manassi. Con sentenza del 3.2.1942 della Commissione Provinciale di Bolzano, viene condannato ad un anno di confino, l’esecuzione della condanna spetta alla Questura di Bolzano. Il 20.5.1942 è confinato a Macchiagodena (Cb), dove si fa indirizzare la corrispondenza col titolo di ‘cavaliere’. Il 23.6.1942 è liberato dal confino. Il 25. 7.1942 da Bergamo, dove risiedeva in via San Salvatore 10, si trasferisce per lavoro a Villadossola (No) per impiegarsi presso le Ferriere Ossolane. (R. Vittori)