Amboni Angelo Carlo Natale

n. busta
3
n. fascicolo
74
Primo estremo
1942
Secondo estremo
1955
Cognome
Amboni
Nome
Angelo
Altri nomi
Carlo Natale
Presenza scheda biografica
no
Luogo di nascita
Data di nascita
1898/11/16
Livello di istruzione
licenza elementare
Professione
operaio meccanico
Collocazione politica
Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Romano di Lombardia (Bg) il 16.11.1898, operaio meccanico, sospetto politico. Partecipa alla prima guerra mondiale. Sposato con Emma Lorenzi, ha 2 figli, Ermanna e Giampietro, vive a Bergamo. Il 4.3.1925 il Pretore di Monza lo condanna a 5 giorni di reclusione per furto. Dal 7.12.1932, con la qualifica di caposquadra del reparto montaggio strumenti, lavora presso l’aeronautica Caproni a Ponte San Pietro (Bg), dove trasferisce dal 3.2.1936 anche la residenza. Nel 1939 gli viene concessa l’iscrizione al Pnf quale ex-combattente, con anzianità dal 1925, anche se i dirigenti locali considerano dubbia la sua ‘fede’ politica fascista, perché non ha mai frequentato il partito o palesato sentimenti favorevoli al regime. Il 14.11.1942 nei bagni dello stabilimento Caproni incontra l’operaio Luigi Zerlini (nato il 4.5.1910 a Bergamo, dove risiede in via Moroni 58), con il quale commenta le vicende della guerra italiana in Africa, in particolare la caduta di Tobruk, esprimendo giudizi negativi sul fascismo. Zerlini si affretta a riferire le parole di Amboni al capo del personale, dott. Carlo Bresciani (di Tomaso, n. 1902), il quale convoca i Cc di Ponte San Pietro per denunciare l’accaduto. Il giorno dopo Amboni viene arrestato e fornisce la sua versione dei fatti, contenuta nel verbale da lui firmato e presente nel fascicolo: «Ricordo di aver detto al Zerlini: "Una volta c’erano i soldati italiani in Marmarica che combattevano contro i carri nemici con la baionetta e per forza hanno dovuto ritirarsi; ora ci sono i tedeschi che combattono carri armati contro carri armati eppure hanno dovuto ritirarsi ugualmente". Con ciò volevo far capire che anche i tedeschi non sono dei leoni o più forti degli italiani. Nego nel modo più assoluto di aver pronunciato le frasi "Bisognerebbe ammazzare il duce e tutti i suoi fascisti’ attribuitemi dal Zerlini"». Messo a confronto con Zerlini, quest’ultimo conferma la sua versione. Nei giorni successivi Amboni viene rilasciato perché le testimonianze d’accusa sono ritenute insufficienti, tuttavia il 18.11.1942 viene diffidato in Questura e il 27.11.1942 radiato dal Pnf. Il 9.6.1943 legge insieme ad altri un manifestino antifascista che gli viene proposto dall’operaio Angelo Tosi, suo collega di lavoro. Nel medesimo giorno, nel cassetto del tavolo di un caporeparto della Caproni viene rinvenuta un’altra copia dello stesso manifestino a stampa, intitolato ‘10 giugno’ e firmato ‘Il comitato provvisorio per il Fronte naz(ionale) d’Azione’. Il titolo del documento ricorda sia la data dell’assassinio di Matteotti che l’entrata in guerra dell’Italia, attribuendo la responsabilità di entrambi gli eventi al fascismo, e “invita gli italiani, di qualunque partito, ad unirsi per dare il colpo di grazia al regime e per concludere la pace separata ed, infine ad osservare 2 minuti di silenzio e di sospensione del lavoro al fischio della sirena delle ore 10 del giorno 10, anniversario della morte di Matteotti e della dichiarazione di guerra”. Il ritrovamento del manifestino desta subito preoccupazione nelle autorità di Ps anche per il fatto che la Caproni è uno stabilimento direttamente coinvolto nella produzione bellica. Il nome di Amboni emerge presto dalle indagini e già il 12.6.1943 la sua abitazione di Ponte San Pietro in largo IV Novembre 10 viene perquisita dal brigadiere di Ps Luigi Guidolotti e dal maresciallo di Ps Tito Calanca, senza esito. Amboni viene fermato il 18.6.1943. Nella ricostruzione degli eventi contenuta in due cartelle dattiloscritte redatte il 2.7.1943 dalla Questura di Bergamo per il Prefetto (n. 05206), è scritto che l’inchiesta, subito iniziata per scoprire chi avesse realizzato il manifestino, “attraverso indagini difficili e laboriose, svolte in un ambiente chiuso, restivo e diffidente, riuscì a scoprire un’organizzazione di operai che aveva lo scopo di diffondere tra le maestranze libelli sovversivi, creare uno spirito antifascista e tener viva l’ostilità contro il Regime”. I lavoratori della Caproni coinvolti nell’organizzazione, oltre allo stesso Amboni, risultano essere Dante Paci (residente a Bergamo in via Moroni 23, impiegato e in quel momento aviere); Vittorio Cattaneo (residente a Bergamo in Via Lavanderio, operaio meccanico); Guido Carminati (residente a Bergamo in via Pignolo 113, operaio); Angelo Tosi (residente a Bergamo in via Rampinelli 10, operaio). La figura centrale è quella di Dante Paci, come spiega la Questura di Bergamo nel citato rapporto alla Prefettura del 2.7.1943, perché Paci, in quel momento latitante, ha la possibilità di spostarsi per servizio, ritirando a Milano il materiale di propaganda per diffonderlo tra gli operai a Ponte San Pietro. Il manifestino in questione viene portato in 2 copie da Paci ad Amboni per passarlo in lettura ad altri. Delle 2 copie, una viene distrutta da Guido Carminati, indotto a ciò dalla madre, mentre l’altra viene messa nel cassetto del caporeparto dallo stesso Carminati oppure da Vittorio Cattaneo. Quindici giorni prima era stato diffuso un altro testo, forse un libello, portato da Milano ancora da Paci, che tratta l’episodio della ‘fossa di Catin’, del quale, “stando alle dichiarazioni degli stessi operai, sarebbero stati accusati di mendacio i tedeschi, che avrebbero inventato il fatto per discreditare il popolo russo dinanzi al mondo”. Per la ‘pericolosità’ del gruppo, di cui alcuni iscritti al Pnf, tutti i componenti vengono denunciati alla Commissione Provinciale per il confino di polizia. Su Amboni, in particolare, il 5.7.1943 i Cc di Bergamo interna inviano un rapporto alla Questura di Bergamo proponendo provvedimenti di polizia a suo carico. La Commissione si riunisce il 7.7.1943 e nel corso dell’udienza Amboni dichiara che ha letto e fatto leggere ad altri il contenuto del manifestino sovversivo, ma “non credevo di fare della propaganda nociva e ho fatto ciò per pura e semplice curiosità”. La Commissione, composta dal prefetto Luigi Giannitrapani, dal federale fascista Mario Cionini Visani, dal procuratore del Re Angelo Sigurani, dal questore Giuseppe Pumo, dal console della Mvsn Giovanni Ridolfi e dal maggiore dei Cc Ugo Marchetti, decide l’assegnazione di Amboni al confino di polizia per 5 anni, informandone il Ministero dell’Interno il 10.7.1943. Il 30.7.1943 il Ministero comunica alla Prefettura di Bergamo che la destinazione del confino è in Basilicata, nel comune di Bernalda (Mt). Il 5.8.1943 il Ministero dell’Interno, Sezione Confino politico, informa il prefetto di Bergamo che Amboni ha presentato ricorso contro la sentenza. L’ultima notizia è del 4.12.1955: sotto il nome di Amboni, a penna blu, c’è scritto ‘chiedere informazioni’. Nel fascicolo non ci sono altre informazioni sulla vicenda. ACS, Confino politico, b. 21. ACS, PP, b. 26, fasc. 60.(G. Mangini, R. Vittori)
Familiari
Amboni Giovanni (padre)
Pagliarini Angela (madre)
Lorenzi Emma (moglie)
Nata a Bariano il 18.8.1909 da Pietro e Angela Grisi.
Amboni Ermanna (figlia)
Nata nel 1932.
Amboni Giampietro (figlio)
Nato nel 1934.
Amboni Giovanni Battista (fratello)
Nato a Romano di Lombardia il 4.12.1886, morto l’8.2.1887.
Amboni Giovanni Battista (fratello)
Nato a Romano di Lombardia il 3.12.1889, morto il 12.12.1889.
Amboni Battista (fratello)
Nato a Romano di Lombardia il 20.11.1895.
Luoghi di residenza
Bergamo Lombardia Italia ( - 1936) Ponte San Pietro Lombardia Italia (1936 - )
Fatti notevoli
1942/06/14 - 1942/06/14
Operaio alla Caproni di Ponte San Pietro, viene denunciato da alcuni colleghi perché il 14.6.1942 nello stabilimento pronuncia frasi 'disfattiste' sull'andamento della guerra in Africa settentrionale e ingiurie contro il duce: “Bisognerebbe ammazzare il duce e tutti i suoi fascisti”. Prosciolto per insufficienza di prove
1943 - 1943
Tra maggio e giugno 1943conaltri militanti e simpatizzanti comunisti diffonde tra gli operai della Caproni prima un opuscolo comunista in cui si attribuisce la responsabilità dell'eccidio di Katin ai nazisti invece che ai sovietici, poi un manifestino intitolato "10 giugno" a firma de " Il comitato provvisorio per il Fronte naz(ionale) d’Azione”, che ricorda i crimini fascisti dall'omicidio Matteotti di cui ricorre anniversario e l'entrata in guerra dell'Italia e “invita gli italiani, di qualunque partito, ad unirsi per dare il colpo di grazia al regime e per concludere la pace separata ed infine ad osservare 2 minuti di silenzio e di sospensione del lavoro al fischio della sirena delle ore 10 del giorno 10, anniversario della morte di Matteotti e della dichiarazione di guerra.”
Sanzioni subite
diffida (1942/11/18 - )
Emessa il 18.11.1942 in seguito alla denuncia per frasi disfattiste e ingiuriose contro il duce.
confino politico (1943 - 1943)
Il 7.7.1943 la Commissione Provinciale di Bergamo lo assegna a 5 anni di confino, da scontare a Bernalda (Mt).
Relaz. con altri soggetti
Paci Dante (comunista)
ASBg, Sovversivi
Cattaneo Vittorio Emilio (comunista)
ASBg, Sovversivi
Carminati Guido Angelo (comunista)
ASBg, Sovversivi
Tosi Angelo (comunista)
ASBg, Sovversivi
Zerlini Luigi (operaio fascista)
In rubrica di frontiera
no
In bollettino ricerche
no
Esclusione dallo schedario
no
Altre fonti archivistiche
(ACS, PP) Archivio centrale dello Stato (Roma), Polizia Politica
Busta 25, Fascicolo 49
(ACS, C) Archivio centrale dello Stato (Roma), Confino politico
Busta 21, Fascicolo