Profilo sintetico riassuntivo
Nato il 25.6.1901 a Milano, dove risiede, figlio di una famiglia ebraica e laica. Suo padre è un commerciante di biancheria con un piccolo negozio sotto i portici settentrionali di piazza Duomo, vicinissimo alla sede della rivista socialista «Critica Sociale» di Filippo Turati e Anna Kuliscioff e Dino Gentili è tra i frequentatori della loro casa. Ha un fratello di nome Silvio ed è nipote di Guglielmo Gentili. Si iscrive al Partito Socialista fin dal 1918, poi socialista unitario. Nel 1919 inizia a lavorare come rappresentante di commercio di tessuti. Alla fine del 1928 agli organi di polizia giungono pesanti accuse nei suoi confronti, che da qualche tempo è direttore tecnico dello stabilimento ‘Prodotti Italiani Corozite’ di Gorlago (Bg). Le accuse sono numerose. Gentili sarebbe stato proposto come direttore dell’azienda dal consigliere d’amministrazione, l’avvocato Domenico Gennati, noto socialista bergamasco, in sostituzione di Pier Davide Colombo, inviso al CdA perché iscritto al Partito Fascista. Inoltre, Gentili avrebbe pronunciato frasi ingiuriose verso il capo del Governo; riceverebbe corrispondenza riservata da Lugano che si sospetta contenga propaganda antifascista; avrebbe cercato di evitare il licenziamento dell’operaio Vitali, accusato di aver scritto all’interno di una latrina “Viva Lenin. Abbasso Mussolini” (Vitali nel mese di ottobre1928 viene condannato a 3 mesi di reclusione, pena trasformata in 5 anni di condizionale data la giovane età del lavoratore, appena diciottenne). Durante il mese di dicembre 1928 si aggiungono ulteriori sospetti su Gentili, tra cui quello di avere contatti con emissari sovietici, ma la polizia non trova riscontri a tali accuse. Anzi, alcune testimonianze, come quella di Luigi Bertoncini (fu Bernardo, di anni 56 da Bergamo, uno dei consiglieri d’amministrazione dell’azienda) rilasciata il 29.12.1928, scagionano il Gentili. In particolare, Bertoncini riferisce di un viaggio di lavoro fatto a Londra insieme a Gentili, durante il quale quest’ultimo non ha avuto contatti con fuorusciti italiani. Solo a Parigi, mentre l’attendeva al ristorante Boccardi per la colazione, Gentili giunge con uno sconosciuto, che presenta come l’ex-corrispondente del «Corriere della Sera». Sui sentimenti politici di Gentili, Bertoncini dichiara di non sapere nulla, se non per sentito dire da altri, e cioè che non ha simpatie fasciste e che è stato raccomandato da Gennati, Giovanelli e Ferrari, tutti soci dell’azienda. Lo ritiene un ottimo elemento dal punto di vista commerciale, ma dà l’impressione di essere un individuo “un po’ fatuo, vanitoso e poco prudente a parlare”, ma non lo ritiene “affatto un individuo pericoloso”. Al 18.1.1929 risale la testimonianza di Pier Davide Colombo (di Napoleone ed Emilia Locati, nato a Bergamo il 28.2.1901, abitante a Gorlago, direttore dello stabilimento della Corozite), resa al vice-commissario di Ps Umberto Vianelli. Colombo riferisce informazioni avute dal sig. Bertoncini circa il già citato viaggio di lavoro dei due a Londra e dei contatti del Gentili con “personale addetto alla propaganda sovversiva in Inghilterra”. Riferisce inoltre di un viaggio fatto da lui e Gentili nel maggio 1928 in Germania, durante il quale Gentili, oltre ad acquistare giornali sovversivi, “fece opera di propaganda, tacciandomi di persona poco intelligente, dato che non la pensavo come lui e commentando alcune vignette rappresentanti il duce e l’ex onorevole Amendola ed affermando che come tutti gli attentati contro il duce e contro il re, anche la morte di Amendola era una conseguenza di un ordine del duce stesso”. Tali discussioni, continua Colombo, sono avvenute anche alla presenza di altre persone: Guido Anelli e gli impiegati rag. Gatti e rag. Panseri. In quell’occasione Gentili passava da discussioni di lavoro a quelle politiche con frasi insultanti il duce e il regime. Inoltre ha disapprovato la punizione inflitta all’operaio Luigi Vitali, ritenuto responsabile di scritta antifascista e segnalato dal fiduciario politico dello stabilimento, il quale a giudizio del Gentile avrebbe dovuto essere licenziato.
Sollecitata da quella di Bergamo, il 29.1.1929 la Questura di Milano trasmette informazioni su Gentili, definito “socialista sin dagli anni della frequenza del Politecnico di Milano, anche se non svolge attività pratica e non ha mai ricoperto cariche speciali nel partito”. Di lui è noto l’articolo pubblicato il 29.1.1921 sull’«Avanti» intitolato ‘La classe ed il sapere’, in cui sostiene la necessità di fondare un’università proletaria in luogo di quella popolare. Viene anche allegata una copia di una sua fotografia e se ne descrivono i principali dati antropometrici: statura cm. 1,69, corporatura regolare, colorito naturale, occhi cerulei, capelli castani, sbarbato e senza baffi.
Ai primi di novembre 1929, l’ufficio UPI della 14a Legione della Mvsn di Bergamo trasmette alla Prefettura una nuova circostanziata denuncia delle attività ‘sovversive’ di Gentili, nella quale vengono riprese anche quelle già citate sopra. Nella denuncia si afferma che oltre ad essere genero del dott. Filippetti, ex-sindaco socialista di Milano, del quale ha sposato la figlia Giulia (n. Milano l’1.1.1900), è stato introdotto nell’azienda di Gorlago nell’aprile 1928 dall’avvocato bergamasco Domenico Gennati, anch’egli socialista, già diffidato, amico di Filippetti. Secondo la Mvsn, Gentili in epoche diverse si è dichiarato “apertamente e baldanzosamente comunista” e risulterebbe responsabile di “manifestazione sovversiva” alla presenza di Pietro Magri, fascista di Bergamo, a proposito della vicenda Matteotti e del ritratto a olio di Matteotti presente nell’ufficio del Gennati, di ingiurie continuate in azienda contro Mussolini, la Casa regnante e le istituzioni del regime, di “calunnie contro il duce con la dichiarazione che gli attentati di Bologna, Roma, Milano erano inscenati dal partito fascista allo scopo di arrestare in massa i comunisti, per perquisirli e per sopprimere Sua Maestà il re”. Viene inoltre ribadita l’accusa di colloqui con fuorusciti in un’agenzia commerciale sovietica durante un viaggio di lavoro a Londra in compagnia di Luigi Bertoncini, allora presidente dell’azienda produttrice della Corozite. Al ritorno da Londra, Bertoncini aveva imposto a Gentili di eliminare dai bagagli i documenti sovversivi e di propaganda acquisiti a Londra. Gentili aveva aderito alla richiesta, spedendo però per posta tali materiali da Lugano a Bergamo presso la sede dell’azienda in via Tasso 4, intestandoli ad un inesistente signore inglese. Inoltre, prosegue l’accusa, Gentili ha ripreso violentemente il direttore tecnico dello stabilimento per aver punito disciplinarmente e giudizialmente un operaio dello stabilimento di Gorlago che aveva scritto sui muri frasi ingiuriose contro il regime; ha cercato di impedire l’inquadramento sindacale fascista delle maestranze ed è sempre stato ostile a tutte le manifestazioni del regime, “minacciando diuturnamente il fiduciario fascista, licenziando il fiduciario della cassa Mutua Interna Malattia, generando timore negli operai simpatizzanti fascisti che temevano di perdere il lavoro”; ha lasciata intatta per più di un mese una frase inneggiante a Matteotti nello stabilimento; ha favorito alcuni operai sovversivi che avevano tenuto assemblee dalle ore 18 alle 19 all’interno dello stabilimento, minacciando l’operaio fascista Pellizzoli; viene evidenziato il fatto che Gentili si sia assentato un mese dall’Italia, rientrando due giorni prima dell’attentato al principe Umberto; si sospetta anche che abbia in corso contatti con fuorusciti italiani in Francia e con Gaetano Salvemini, perché il 2.11.1929 è partito per Parigi via Chiasso pur non avendovi impegni di lavoro; ha fatto firmare agli operai un foglio a suo sostegno dopo una relazione alle autorità di Ps e alle autorità sindacali e politiche. In calce all’esposto fascista segue un lungo elenco di testimoni citati per ogni punto accusatorio, insieme ai verbali degli interrogatori di Pietro Magri (di Luigi, nato a Bergamo l’8.3.1896, direttore dei magazzini generali bergamaschi) e del cav. Giuseppe Tropea (fu Lorenzo, di 49 anni, domiciliato a Bergamo, segretario generale dell’Unione industriale fascista della provincia di Bergamo), condotti dalla polizia rispettivamente l’8.11.1929 e il 15.11.1929. Il 24.11.1929 il prefetto di Bergamo scrive al Ministero degli Interni (DGPS – Confino politico) riepilogando le varie denunce contro Gentili e l’esito delle indagini svolte sul suo conto, che però non portano a indizi sufficienti alla sua incriminazione, data la contraddittorietà delle deposizioni. Si deve pertanto rinunciare alla denuncia alla Commissione Provinciale per il confino di polizia, pur continuando l’azione di vigilanza nei suoi confronti. Tuttavia, con la nota n. 710/711 del 2.4.1930 il Ministro degli Interni comunica alla Prefettura bergamasca di aver deciso d’autorità la diffida nei confronti di Gentili. Dalle ricerche storiografiche disponibili emerge che Gentili fin dal 1926 è in contatto con i principali esponenti del movimento antifascista milanese, tra cui Riccardo Bauer. Proprio nel 1929 contribuisce alla fondazione del movimento ‘Giustizia e Libertà’ e svolge attività di collegamento tra Milano e Parigi, finché il 30.10.1930 viene arrestato dall’Ovra, insieme agli altri esponenti di GL, come Ernesto Rossi, in seguito alla delazione dell’avvocato Carlo Del Re. Tuttavia, come riferisce il 16.3.1931 la Questura di Milano a quella di Bergamo, Gentili rimane in carcere 4 mesi ma poi viene prosciolto per insufficienza di prove dal Tribunale Speciale, “al quale era stato denunziato nel dicembre 1930 dai Funzionari dell’O.V.R.A. per sospetta partecipazione al movimento antifascista ‘Giustizia e Libertà’ e rimpatriato a Milano con foglio di via obbligatorio”. Può lasciare perplessi il rilascio di Gentili con la motivazione dell’insufficienza di prove, alla luce del fatto che l’attività di investigazione dell’Ovra e le continue e minuziose delazioni operate da Carlo Del Re sull’organizzazione di ‘Giustizia e Libertà’, avevano fornito alla polizia fascista una notevole quantità di conoscenze sui componenti. Nel fascicolo non sono conservati documenti sul comportamento di Gentili nel periodo compreso tra l’inizio della detenzione e il dibattimento giudiziario vero e proprio. Esiste tuttavia la documentazione conservata presso l’Archivio Centrale dello Stato, in particolare il fondo del Tribunale Speciale, che è stato studiato dallo storico Mario Giovana per il suo libro ‘Giustizia e Libertà in Italia. Storia di una cospirazione antifascista 1929-1937’, pubblicato nel 2005. In esso, alle pp. 194-195, Giovana ricostruisce la sostanziale abiura da parte di Gentili del proprio antifascismo, sia durante gli interrogatori che nei testi da lui fatti pervenire al presidente del Tribunale Speciale, Antonio Tringali Casanova. In modo molto pragmatico, spregiudicato e strumentale, Gentili non si definisce un nemico dello Stato fascista perché, essendo un dirigente industriale, ha tutto l’interesse al mantenimento della stabilità politica, definendo il suo precedente antifascismo una posizione solo ideologica ma non politica e ancor meno pratico-operativa. Commenta Giovana: “Gentili rientrerà nei ranghi dell’antifascismo militante, avrà un ruolo importante nelle relazioni con gli Alleati e questa non esaltante parentesi della sua esperienza politica verrà sempre passata sotto silenzio dai compagni de Partito d’Azione”. Intanto, da una nota dei Cc di Bergamo del 29.3.1931 si apprende che dal 17.3.1931 ha ripreso il lavoro nello stabilimento di Gorlago, giungendo da Milano con il treno delle 9 e tornandovi alla sera con l’ultima corsa. Viene diffidato il 2.4.1931. Nel luglio 1931 la Questura di Milano gli rilascia il passaporto. Il 30.8.1933 radiato dal novero dei sovversivi di Bergamo per non appartenenza alla provincia ma fino al 1936 viene tenuto sotto stretta sorveglianza dalla Prefettura di Milano. Oltre tale data non vi sono ulteriori notizie, ma sulla base della bibliografia esistente si può delineare un quadro sintetico della successiva biografia del Gentili. Espatria a Londra nel 1937 ed entra nell'associazione ‘Italia Libera’, si dedica alla propaganda antifascista e collabora con alcuni giornali (tra cui «The Tribune» con lo pseudonimo di Nicola De Luca). Dopo il suo espatrio in Inghilterra viene inserito in RF. Dopo l'entrata in guerra dell'Italia, in accordo con Emilio Lussu e altri esponenti antifascisti, è in rapporto con le autorità inglesi e americane per ottenere una pace non punitiva per l’Italia. A Washington presenta il ‘Memoriale Gentili’ (redatto da Lussu e rivisto da Gaetano Salvemini), che chiede l'indipendenza e l'integrità territoriale dell'Italia. In seguito l'attività di Gentili è diretta a facilitare il rientro in Italia di vari esponenti del Partito d'Azione, tra i quali Alberto Cianca, Alberto Tarchiani, Aldo Garosci, Leo Valiani, Bruno Pierleoni. Alla fine del settembre 1943, proveniente da Algeri, sbarca a Palermo e poi a Napoli, dove contribuisce alla rifondazione della Confederazione generale del lavoro (CGL), lavorando soprattutto con i comunisti di orientamento bordighista, guidati da Enrico Russo, che diventa segretario generale della confederazione, il che provoca accuse da parte del Partito Comunista di essere uno strumento guidato dagli americani per dividere le forze del nascente movimento operaio. Trasferitosi alla fine del 1944 a Firenze, fonda la casa editrice “Edizioni U”. Tornato a Milano, nel maggio 1947 il ministro dell'Industria, il socialista Rodolfo Morandi, lo nomina alla direzione generale del settore tessile dell'UNRRA (United Nations Relief and Rehabilitation Administration), che guida con competenza, stabilendo col mondo imprenditoriale e con le autorità alleate contatti che gli sarebbero stati utili in seguito. Sciolto il Partito d'azione, ritorna nel Psi, rinsaldando i suoi legami con Riccardo Lombardi e Pietro Nenni. Riprende anche una fortunata attività imprenditoriale nel settore tessile e nel campo dell’import-export, che gli permette di sostenere finanziariamente alcune attività del Psi. Negli anni Cinquanta agevola la ripresa di rapporti tra il Psi e il Labour Party inglese e, con notevole intuito, fonda una società di import-export con la Cina – la Comet – aprendo l’Italia a relazioni commerciali e politiche con la Repubblica Popolare Cinese. Come sostiene il suo biografo Antonio Alosco, “il commercio con la Cina registrò un notevolissimo incremento negli anni successivi e il Gentili divenne l'imprenditore italiano privilegiato, al punto che ogni contatto con il paese asiatico doveva passare attraverso di lui (anche quello dei comunisti italiani, che tentarono, con alterni risultati, di stabilire rapporti commerciali autonomi, attraverso le loro cooperative). I rapporti commerciali favorirono inoltre le relazioni politiche tra i due Stati che consentirono, anche grazie all'evolversi della situazione internazionale, il riconoscimento, voluto principalmente da Pietro Nenni, divenuto nel frattempo ministro degli Esteri, della Repubblica popolare (l'atto ufficiale fu, però, firmato da Aldo Moro, subentrato al ministero)”. Dopo la metà degli anni Sessanta, Gentili apre nuove relazioni commerciali anche con l’India e nel 1968 trasforma la Comet in Cogis, che in una grande società da lui diretta riunisce alcune tra le più importanti aziende industriali pubbliche e private italiane (Fiat, RIV, Montedison, SNIA Viscosa, Finmeccanica…) per favorire le esportazioni di manufatti e l'importazione di materie prime, estendendo le proprie relazioni commerciali al Sudamerica, all'Iran e ad altri paesi afroasiatici e a Cuba, da cui importa zucchero in cambio di fertilizzanti. Nel 1977, anno di maggiore attività, la Cogis raggiunse una cifra pari a 60 miliardi di commesse e 250-300 di intermediazione. Gentili muore a Milano il 5.9.1984. Cpc, b. 2336, 1927-1941. (L. Citerio, G. Mangini, R. Vittori)