Foglieni Giuseppe Giacomo

n. busta
45
n. fascicolo
1363
Primo estremo
1932
Secondo estremo
1936
Cognome
Foglieni
Nome
Giuseppe
Altri nomi
Giacomo
Presenza scheda biografica
no
Luogo di nascita
Data di nascita
1872/10/15
Luogo di morte
Martinengo (Bg)
Data di morte
1948/06/29
Livello di istruzione
diploma
Professione
sacerdote
Collocazione politica
Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Locate (Bg) il 15.10.1872, sacerdote. Parroco di Martinengo (Bg) dal 1918. Nel pomeriggio di domenica 16.10.1932 don Foglieni durante l’omelia rivolge ai suoi parrocchiani parole molto significative sul tema del 5° comandamento evangelico, ‘non uccidere’, e sul tema correlato della giustizia divina in rapporto a quella umana, la quale è troppo spesso condizionata da intrighi e corruzione, mentre quella divina è superiore perché “incorrotta e incorruttibile” e non fa distinzioni di appartenenza sociale. Il riferimento, implicito ma chiaro ai presenti, è ad un episodio accaduto la sera dell’11.9.1932 nella frazione di Cortenuova, dove alcuni fascisti hanno dato luogo ad una ‘spedizione punitiva’. Molti dei presenti all’omelia sono fascisti e riferiscono le parole del sacerdote all’ing. Lauro Bonomi, residente a Bergamo ma podestà di Martinengo. Questi reagisce subito coinvolgendo il segretario politico fascista di Martinengo, il maestro elementare Carlo Persiani, che si rivolge a sua volta alla segreteria federale provinciale del Pnf di Bergamo per mettere sotto accusa il sacerdote come antifascista. E’ il segretario federale fascista di Bergamo, Giuseppe Beratto, che il 29.10.1932 scrive al prefetto per denunciare don Foglieni, contro il quale chiede misure di prendere severe misure di polizia. Nella sua lettera Beratto riporta anche un brano attribuito al sacerdote il quale, commentando il comandamento ‘Non ammazzare’, avrebbe detto: «Voi mi direte perché dobbiamo temere, quando vi è una giustizia che ci protegge? Ma è proprio vero che a questo mondo c’è giustizia, quando noi assistiamo a degli strabilianti delitti ed a non meno strabilianti assoluzioni, quando, dopo aver ucciso, si portano in trionfo gli autori in automobile con il motto ‘me ne frego’, motto che è quasi una sfida alla stessa divinità? Quando si organizzano spedizioni e si danno legnate senza che i mandanti si possano colpire?». Il prefetto incarica subito i carabinieri di procedere ad un’inchiesta per accertare con precisione i fatti e le eventuali responsabilità. Il 23.11.1932, nel suo rapporto riservato al prefetto, il maggiore dei Cc di Bergamo Romano Dalla Chiesa riferisce gli esiti dell’inchiest, condotta attraverso una serie di interrogatori, dai quali però non è emersa una precisa ricostruzione di quanto detto dal sacerdote durante l’omelia, e ciò, come riferisce nel suo rapporto Dalla Chiesa, “anche per la marcata omertà incontrata nell’ambiente cattolico”. Tuttavia, prosegue il rapporto, nonostante l’evasività e la reticenza dei testimoni, comparando le risposte molto simili fra loro degli stessi amici di don Foglieni, dall’insieme emerge la posizione critica del sacerdote verso l’operato del fascismo locale. I testimoni citati sono il veterinario dr. Lorenzo Cavagnis (secondo cui don Foglieni avrebbe parlato dell’intervento della giustizia divina verso coloro che sfuggono a quella terrena); il mutilato di guerra Luigi Carrara, segretario comunale di Morengo e Pagazzano ma residente a Martinengo, componente del direttorio fascista locale e buon amico del parroco (che ammette che nell’omelia don Foglieni ha parlato di violenze rimaste impunite); il parrucchiere Giuseppe Casari e il maestro elementare a riposo Giuseppe Bonzano (segretario comunale a Ghisalba ma residente a Martinengo). La conclusione del rapporto è che le parole del sacerdote e le dichiarazioni degli interrogati vanno contestualizzate riportandole “alla nota incursione di alcuni Militi di Martinengo, capeggiati dal Capomanipolo maestro Pagnoni nella cascina ‘Rubina’ in frazione Cortenuova Sopra del Comune predetto, incursione della quale non sono ancora spenti l’eco e il ricordo. Come è noto, per mancanza di concreti elementi e per difetto di querela delle parti lese non fu proceduto, a seguito d’inchiesta praticata sul luogo, alla denuncia dei responsabili, e la recente amnistia ha reso imperseguibili gli addebiti comunque emersi a loro carico. E’ quindi da ritenersi che tale circostanza abbia inspirato al Parroco Don Foglieni le inequivocabili allusioni in esame, per le quali era buon spunto il quinto comandamento del Vangelo e coincidenza non certo fortuita, la data del 16 Ottobre in cui si erano riuniti gli esponenti delle Gerarchie Fasciste. Ciò tanto più che, fu proprio il già citato Sacerdote a prendere l’iniziativa di redigere e spedire il noto ricorso a firma degli abitanti della caserma ‘Rubina’ che in seguito, però, ritrattarono in parte le accuse in esso contenute”. Da parte sua, lo stesso 23.11.1932 don Foglieni scrive una lettera al podestà Bonomi, nella quale limita la portata della questione riconducendola all’interpretazione sbagliata di una sua frase, si lamenta di non essere stato direttamente richiesto di chiarimenti prima di iniziare una qualsiasi azione contro di lui e conclude scrivendo che il modo di procedere del podestà nei suoi confronti “non è certo diretto a promuovere il bene della nostra popolazione, più facilmente raggiungibile, quando fra le due autorità vi sia lealtà di tratto e di azione. Per questo io non ho detto nulla della inchiesta aperta contro di me neanche ai miei carissimi Coadiutori per tener la cosa, il più possibile, nascosta al pubblico, che ne rimarrebbe male intenzionato nei riguardi miei e nei riguardi suoi. Ho parlato solo al mio vescovo, per rimettermi interamente, come sempre, al suo indirizzo. Dopo ciò attendo con serena tranquillità il mio giudizio”. Il podestà risponde già il 28.11.1932, mostrandosi sorpreso della lettera del parroco e nega (mentendo) di aver preso qualunque iniziativa disciplinare: “Nessuna denuncia per delitti dalla Rev. S.V.Ill/ma commessi è stata avanzata alle Autorità Superiori dallo scrivente”, aggiungendo di avere l’abitudine di chiedere conto direttamente agli interessati delle loro azioni e, anzi, chiede al sacerdote “di darmi maggiori delucidazioni sulla qualità del delitto ascrittole e tanto per avvalorare o meno le informazioni, anche i nomi degli informatori”. Due giorni dopo, il 30.11.1932, don Foglieni così risponde: “Dopo la mia, a Lei diretta, del 23 Novembre corr. non ho più nulla da dire alla S.V.”. Il 2.12.1932 il podestà Bonomi si rivolge al prefetto di Bergamo per trasmettergli copia della corrispondenza intercorsa nei giorni precedenti tra lo stesso Bonomi e don Foglieni, rilevando il modo “poco delicato, per non dire altro, con cui viene dal Rev. Parroco trattata l’Autorità Civile locale. Per ultimo credo sia mio dovere avvertire l’E.V. che la situazione locale in merito è abbastanza tesa”. La Questura di Bergamo il 5.12.1932 convoca a Bergamo il sacerdote per chiarire la sua posizione e il giorno successivo don Foglieni si presenta in Questura a Bergamo, dove il commissario di Ps Guido Masiero, riferendosi alle parole rivolte ai fedeli dal sacerdote nella chiesa di Martinengo il pomeriggio del 16.10.1932, invita don Foglieni “ad astenersi in seguito da commenti che, essendo basati su erronee informazioni o potendo venire male interpretati, sono da ritenersi comunque inopportuni e possono provocare ripercussioni sull’ordine pubblico. Di quanto sopra il reverendo Prevosto don Giuseppe Foglieni si dichiara edotto promettendo che in seguito si atterrà scrupolosamente all’invito”. In realtà don Foglieni è stato costretto a firmare un vero e proprio richiamo: “viene rilevato che il Chiesa il 16 Ottobre u.s. ha pronunciato frasi ritenute allusive ad incidenti occorsi alla frazione Cortenuova, che essendo basati su false informazioni, o potendo essere male interpretati, possono pro vocare ripercussioni nell’ordine pubblico. Viene invitato in seguito ad astenersi da commenti a scanso di provvedimenti”. Don Foglieni, nel firmare il richiamo, si riserva ogni libertà d’azione per tutelare sé stesso, tanto che il 19.12.1932, con lettera raccomandata, si rivolge direttamente al prefetto. Nella lettera don Foglieni ripercorre le vicende che gli vengono rimproverate e allega il testo delle sue parole dette in chiesa, insieme alla corrispondenza intercorsa tra lui e il podestà Bonomi, chiedendo infine al prefetto di aprire un’inchiesta che, “appurando fatti e circostanze, possa rimettere il sottoscritto nella giusta luce e più di tutto valga a far pronunciare all’E.V. un’Ordinanza di cancellazione dai Registri della R. Questura di quell’ammonizione che oggi, purtroppo esiste, e che io dovetti firmare, come dissi, per pura obbedienza”. Don Foglieni chiede infine un colloquio con il prefetto per dimostrare “con documenti alla mano, quale sia stata la mia condotta e la mia attività di Italiano e di Parroco, profondamente devoto e sincero collaboratore dell’attuale Regime in ben 15 anni di vita pastorale in questo paese”. Il colloquio del prefetto con il sacerdote, tuttavia, tarda a realizzarsi. Nel frattempo, il 31.12.1932 è il federale fascista Beratto a rivolgersi al prefetto con una lettera riservata su carta intestata della Federazione provinciale fascista di Bergamo. Nella lettera Beratto allega un dichiarazione rilasciata da Luigi Carrara, segretario amministrativo del fascio di Martinengo, rilevando che “da ulteriori notizie pervenutemi dal fascio di Martinengo ho potuto accertare, anche per esplicita dichiarazione fatta dal parroco suddetto, che l’azione intollerante che lo stesso va spiegando contro le istituzioni del Regime, ha la sua origine dal trattamento poco riguardoso che egli ebbe a subire in passato dai dirigenti del fascio locale; di modo che l’attuale Segretario Politico, il cui contegno verso il clero locale non può essere tacciato di scorrettezza, viene ad essere la vittima di una ingiustificata quanto inopportuna ritorsione da parte di quel Parroco”. Don Foglieni scrive di nuovo al prefetto il 25.1.1933, consigliato a ciò dal vescovo di Bergamo, Luigi Maria Marelli, e dal vescovo coadiutore, Adriano Bernareggi, spiegando di non essersi ancora presentato in Prefettura per gli impegni pastorali e chiedendo un incontro per la settimana successiva. Il 2.2.1933 un appunto interno alla Questura informa che il segretario politico del Pnf di Martinengo, maestro Persiani, richiesto di fornire specifici elementi per chiarire le posizioni antifasciste del parroco, ha dichiarato che a don Foglieni non c’è nulla di specifico da imputare ma che “il sacerdote teneva abitualmente, nei riguardi degli esponenti del Regime, delle Autorità e delle Istituzioni fasciste contegno tale che nel complesso non può non influire sullo spirito della popolazione”. Per questo Persiani viene invitato a sorvegliare l’operato del sacerdote e a raccogliere eventuali elementi contro di lui. Il 4.2.1933 (sul documento, dattiloscritto, l’anno in corso è indicato nel 1932, ma dal contesto della documentazione è evidente che si tratta chiaramente di un errore di battitura) il prefetto di Bergamo si rivolge personalmente a don Foglieni con una breve nota, consegnata tramite i Cc (nel fascicolo è conservata la minuta dattiloscritta): “Reverendissimo Signor Prevosto. Ho preso atto delle giustificazioni da Lei rese con l’esposto 19 gennaio e le porgo distinti saluti. Il prefetto”, a cui il sacerdote risponde l’8.2.1933 ringraziando il prefetto per la benevolenza. Già l’1.7.1933 il tenente Francesco Re dei Cc di Treviglio informa la Questura di Bergamo che don Foglieni “non ha dato più luogo a rimarchi specie per la sua condotta politica”. Il 17.11.1934 ancora Francesco Re, nel frattempo promosso capitano dei Cc di Treviglio, si rivolge alla Questura di Bergamo osservando che don Foglieni “ha dimostrato atteggiamenti di acquiescenza e d’ossequio al regime”, pertanto ne propone la radiazione dallo schedario dei sovversivi. Radiato nel 1936. Don Foglieni muore a Martinengo il 29.6.1948. Tra il 1988 e il 2003, a cura di Francesco Pavoncelli, la «Rivista parrocchiale di Martinengo» ha pubblicato in 5 volumi il Liber Chronicon della parrocchia di Sant’Agata di Martinengo, scritto da don Foglieni, che copre il periodo 1918-1943. (L. Citerio, G. Mangini, R. Vittori)
Familiari
Foglieni Giovanni (padre)
Nato nel 1835, contadino, possidente.
Preda Gioconda (madre)
Nata nel 1842, contadina.
Luoghi di residenza
Martinengo Lombardia Italia (1918 - 1948)
Fatti notevoli
1932/10/16 - 1932/10/16
Il 16.10.1932 pronuncia parole coraggiose ai suoi parrocchiani sul tema del non uccidere e della giustizia, in riferimento ad un’episodio di aggressione fascista accaduto pochi giorni prima nella frazione di Cortenuova.
In rubrica di frontiera
no
In bollettino ricerche
no
Esclusione dallo schedario
Data di esclusione
1936
Riferimenti bibliografici
Amadei 1979
riferimento p. 360.