Cavalli Giovanni Battista Antonio

n. busta
30
n. fascicolo
919
Primo estremo
1935
Secondo estremo
1942
Cognome
Cavalli
Nome
Giovanni
Altri nomi
Battista Antonio
Presenza scheda biografica
no
Luogo di nascita
Data di nascita
1888/02/04
Luogo di morte
Milano
Data di morte
1942/07/10
Livello di istruzione
diploma
Professione
impiegato
Collocazione politica
Profilo sintetico riassuntivo
Nato a Sovere (Bg) il 4.2.1888, impiegato, ex combattente (caporale), antifascista, socialista, fascista. E’ sposato con Rosa Peverelli, che lavora come insegnante elementare a Pedrengo (Bg) ed è segretaria del locale fascio femminile. Dal matrimonio non nascono figli. Cavalli partecipa alla guerra Italo-turca (1911-1912) combattendo sulla costa libica nella battaglia di Sidi Alì (14.7.1912) e di Zuara (6.8.1912). Durante tali battaglie si merita la proposta di una medaglia di bronzo perché soccorre e raccoglie un ferito, il capitano Ettore Pedrocchi, aiutante maggiore dell’11° Reggimento Bersaglieri (che poi morirà sul campo nella prima guerra mondiale il 24.8.1917 con il grado di tenente colonnello). Partecipa anche alla prima guerra mondiale: nel 1915-16 è incorporato nel 5° Alpini, Battaglione Adamello, e nel 1918 nel 123°-124° Fanteria. Combatte in Val di Ledro, sugli altipiani di Asiago e nell’avanzata sull’altipiano di Folgaria. Riceve la croce di guerra e la medaglia commemorativa delle due guerre a cui ha partecipato e la medaglia inter-alleata e della vittoria. Nel 1919 a Innsbruck riceve anche una medaglia di encomio per il servizio prestato ai reparti alpini. Dopo la guerra vive a Sovere e lavora come impiegato presso la ferriera di Castro (Bg), da dove viene licenziato, forse per un furto che però non viene denunciato. Dal 1919 al 1922 è vicino alle posizioni politiche del Partito socialista unificato, senza però esserne tesserato. Dal 1920 al 1924 è consigliere nell’amministrazione comunale di Sovere. Nel 1924 si iscrive all’Associazione Nazionale Combattenti, avvicinandosi al fascismo. Intorno al 1925 lascia Sovere. Nel 1928 e ancora nel 1930 chiede l’iscrizione al Pnf, che gli viene sempre rifiutata. Nel 1930 risulta iscritto ai reparti della difesa antiaerea organizzati dalla Mvsn. Agli inizi degli anni Trenta è in difficoltà sul piano lavorativo, dato che il 9.9.1930 il Tribunale di Bergamo lo dichiara fallito, mentre il 21.11.1931 il Pretore di Lovere lo condanna a 10 mesi di reclusione per bancarotta semplice, condanna non eseguita per la concessione della condizionale per 5 anni. Cavalli allora si sposta a Milano e poi, dal 27.2.1931, a Gazzada (Mi). Rimasto disoccupato, si trasferisce a Bergamo, dove il 27.4.1932 chiede ancora di entrare nel Pnf, condizione necessaria per ottenere un nuovo impiego, come lui stesso scrive. A Bergamo rimane fino all’inizio del 1933, quando si trasferisce a Pedrengo, dove nel febbraio 1933 rinnova la domanda di iscrizione al Pnf alla sezione locale del partito e dove si iscrive all’Associazione del Genio e al Dopolavoro. Il 9.4.1933 riceve la risposta alla sua domanda di iscrizione al Pnf del 1932, respinta per essere stato a suo tempo licenziato dalla ferriera Ilva per irregolarità amministrative e per aver fatto parte della combattiva minoranza socialista dell’amministrazione comunale di Sovere. Nel frattempo, cioè il 20.2.1933, Cavalli aveva di nuovo inoltrato la domanda di iscrizione al Pnf di Pedrengo, anche questa respinta per “sentimenti politici avversi al Regime; per aver fatto opera disgregatrice in seno alla sezione combattenti di Pedrengo”. Nell’agosto 1934 scrive al segretario federale fascista Antonio Valli ricostruendo tutto l’iter delle sue infruttuose pratiche per ottenere l’iscrizione al partito fascista, chiedendo, se non gli si vuole concedere l’iscrizione, almeno la restituzione dei certificati da lui allegati alle domande precedenti. Il 23.12.1934 scrive direttamente a Mussolini per ottenere l’iscrizione al partito, sempre negata. Il 4.7.1935 scrive ancora al fascista Valli per l’ammissione al Pnf, senza esito. Il 21.10.1935, in un’osteria di Pedrengo e in stato di ubriachezza, Cavalli critica duramente i fascisti che si sono arruolati per la guerra d’Africa: “I fascisti hanno fatto domanda per l’arruolamento volontario per l’A.O. soltanto per salvare le apparenze, siccome gran parte riformati e sapevano quindi di essere nuovamente riformati. Le operazioni in Africa Orientale se non fossero state condotte dal Regio Esercito per conto delle C.N. non si sarebbe fatto nulla”. Affrontato da Nicola Dadone (di Alfonso e Angela Spilati, nato a Fondi, Latina, il 23.6.1905 e residente ad Albano Sant’Alessandro), di 28 anni, che gli chiede di smetterla, Cavalli risponde con uno schiaffo. Per questi fatti, il giorno dopo viene arrestato dai Cc, portato in Questura e poi rinchiuso nelle carceri giudiziarie. Il prefetto di Bergamo, Salvatore Strano (a Bergamo dal luglio 1935 al giugno 1936), informa il Ministero dell’Interno chiedendo indicazioni operative in proposito. Una prima risposta giunge per telegramma il 7.11.1935: il Ministero dell’Interno prima di decidere qualsiasi provvedimento chiede di avere un certificato medico. Ottenute positive informazioni sulla salute di Cavalli, il 15.11.1935 il Ministero per telegramma prescrive l’assegnazione al confino di polizia: “Disponesi che Cavalli Battista fu Giuseppe sia assegnato confino. Pregasi provvedere tali sensi assicurando e trasmettendo poi Ministero copia relativi atti”. L’iter burocratico relativo al caso, tuttavia, è appena cominciato. Inizialmente le sorti di Cavalli sembrano rivolte alla condanna al confino. Oltre alle indicazioni ministeriali, infatti, vanno in tal senso anche quelle dei Cc di Bergamo. Nel suo apporto alla Questura, inviato il 18.11.1935, il capitano dei Cc Luigi Mapelli osserva che “le condizioni di salute del Cavalli sono apparentemente buone. La sua assegnazione al confino di polizia produrrebbe in pubblico e specialmente nell’ambiente fascista buonissime impressioni. Perciò si esprime parere favorevole perché egli venga allontanato dal comune di Pedrengo”. Lo stesso 18.11.1935, inoltre, il medico delle carceri giudiziarie di Bergamo, dr. Gualteroni, fornisce un’ulteriore indicazione in tal senso rilasciando un certificato medico, controfirmato dal direttore delle carceri, Giordano, con il quale dichiara che Cavalli “è di sana e robusta costituzione, adatto a sopportare il regime del confino di polizia. In un primo tempo la riunione della Commissione Provinciale per il confino di polizia avrebbe dovuto avvenire il 6.12.1935. Tuttavia, proprio nei primi giorni di dicembre giungono alla Questura di Bergamo alcune dichiarazioni favorevoli a Cavalli, tali da indurre il prefetto di Bergamo a posticipare la data della riunione della Commissione. Il 2.12.1935 i Cc di Seriate (che hanno giurisdizione anche sul Comune di Pedrengo), a firma del maresciallo Giovanni Zanotti inoltrano al questore di Bergamo il loro rapporto sull’attività di Cavalli a Pedrengo. In tale rapporto Zanotti scrive che il segretario del fascio di Pedrengo, Giacomo Benigni, nel 1932 aveva “inoltrato direttamente alla Federazione di Bergamo una domanda per la sua inscrizione al P.N.F. senza però ottenere lo scopo. I motivi di tale rifiuto sono completamente sconosciuti sia dall’allora segretario di quel fascio che dall’attuale, e presso quella sede non esiste pratica al riguardo. Non risulta a quest’arma, che il Cavalli in parola, abbia, durante la sua permanenza a Pedrengo, svolto azione sovversiva e disgregatrice presso i Combattenti di Pedrengo”. Il 6.12.1935 dicembre, poi, vengono indirizzate al questore altre due lettere, l’una dal presidente della federazione di Bergamo dell’Associazione Nazionale Combattenti, l’altra dalla moglie di Cavalli. Il primo, su carta intestata, scrive a favore di Cavalli: “mi permetto raccomandarlo alla S.V. Ill. affinché il carcere dallo stesso già espiato sia ritenuto con la diffida sufficiente pena alla sua imputazione, essendo il Cavalli persona non di animo cattivo né tampoco avverso al regime, ma vittima dell’ambiente nel quale vive. E’ persona che può dare a sospettare perché vive a carico della moglie, maestra elementare, in quanto non viene a trovare una occupazione, ma è si sentimenti e di affetti prettamente fascista. Ciò vengo a dichiarare nell’interesse del patrocinato”. La seconda, da parte sua, oltre ad indicare le non buone condizioni fisiche e morali del marito, ne sottolinea l’adesione sostanziale al fascismo: “benché non tesserato, in questi tre anni di permanenza a Pedrengo affiancò sempre il Comandante del Fascio di Combattimento collaborando con lui e prestando la sua opera disinteressata per le opere inerenti il Partito”. Cavalli viene scarcerato il 13.12.1935, dopo 52 giorni di detenzione preventiva trascorsi dal momento dell’arresto. In vista della riunione della Commissione Provinciale per deliberare sul suo caso, il questore, che è uno dei componenti della Commissione, deve valutare le due istanze citate facendole presenti al prefetto. Questi, presidente della Commissione, da un lato si trova di fronte alla richiesta dei Cc di Bergamo, che chiedono il confino di polizia, anche se i Cc di Seriate non rilevano posizioni sovversive in Cavalli durante la sua permanenza a Pedrengo, e dall’altro a quella dell’Associazione Nazionale Combattenti, il cui presidente ritiene che, per scontare la pena per l’imputazione che gli viene rivolta, sia stato più che sufficiente il carcere già scontato da Cavalli, al quale eventualmente suggerisce di aggiungere la diffida; c’è inoltre l’istanza della moglie fascista di Cavalli, che chiede clemenza. La scelta del prefetto è quella di una mediazione. Scrive perciò in tal senso al Ministero dell’Interno, proponendo una via di mezzo tra il confino e la diffida: l’ammonizione. La risposta del Ministero, con il consenso alla proposta, giunge per telegramma il 22.12.1935. L’approvazione da parte del Ministero dell’ammonizione come sanzione per Cavalli deve però trovare una motivazione formale anche in sede locale. Per questo, in vista dell’ormai necessaria ed imminente riunione della Commissione Provinciale, su evidente indicazione del prefetto è il questore Belisario Monarca, da pochi mesi a Bergamo, a formalizzare la definitiva proposta di sanzione. Infatti, il 28.12.1935 il questore scrive al prefetto a proposito di Cavalli, definendo le sue parole in osteria “disgregatrici dell’armonia, solidarietà e compattezza esistenti tra i Corpi Armati operanti in Africa Orientale”, denunciandolo alla Commissione Provinciale per il confino di polizia, con la proposta dell’ammonizione. Così, il 20.1.1936 la Commissione Provinciale può finalmente riunirsi e deliberare l’ammonizione per Cavalli in quanto “pericoloso per l’ordine nazionale”. Nell’aprile 1936 Cavalli presenta un’istanza al Re per ottenere la revoca dell’ammonizione, ma il mese dopo, il 20.5.1936, per atto di clemenza di Mussolini in occasione della vittoria militare nella guerra d’Etiopia, viene prosciolto dall’ammonizione. Nel maggio 1936 risiede a Bergamo in via Borgo Palazzo 82 e da pochi mesi lavora presso il Comune come ufficiale adibito al censimento. Nello stesso anno, il 5.12.1936, il medico dr. Giuseppe Pansera di Bergamo certifica che Cavalli è diabetico e ha bisogno di cure. Nel giugno 1940 chiede un impiego nell’ufficio delle Corporazioni di Bergamo, oltre alla tessera fascista, che ancora una volta gli viene negata. Il 10.7.1942 muore suicida a Milano in via Morgagni 4. La notizia della morte di Cavalli viene comunicata in via informale dal fratello Giacinto al brigadiere Luigi Guidolotti della squadra politica della Questura di Bergamo. Radiato il 18.8.1942. (L. Citerio, G. Mangini, R. Vittori)
Familiari
Cavalli Giuseppe (padre)
Nato nel 1861, oste.
Lanfranchi Rosa (madre)
Cucitrice.
Peverelli Rosa (moglie)
di Battista ed Erminia Donegani, nata a Bergamo il 24.7.1894, insegnante elementare a Pedrengo e segretaria del fascio locale.
Cavalli Pietro Giacinto (fratello)
Nato a Sovere l’8.9.1889, morto il 3.9.1890.
Cavalli Giacinto Antonio Pietro (fratello)
Nato a Sovere il 18.1.1892, commerciante.
Cavalli Giovanni Maria Antonio (fratello)
Nato a Sovere il 13.7.1894,
Cavalli Giuseppe Antonio (fratello)
Nato a Sovere il il 17.3.1898, gemello di Francesco Domenico.
Cavalli Francesco Domenico (fratello)
Nato a Sovere il 17.3.1898, gemello di Giuseppe Antonio.
Luoghi di residenza
Sovere Lombardia Italia (1888/02/04 - 1930) Milano Lombardia Italia (1930 - 1931) Gazzada Lombardia Italia (1931 - 1932) Bergamo Lombardia Ital8a (1932 - 1933) Pedrengo Lombardia Italia (1933 - 1936) Bergamo Lombardia Italia (1936 - ) Milano Lombardia Italia via Morgagni 4 ( - 1942)
Fatti notevoli
1920 - 1924
Consigliere nell'amministrazione comunale di Sovere.
1924
Si iscrive all'Associazione Nazionale Combattenti e si avvicina al fascismo.
1935/10/21
In un'ostera di Pedrengo, ubriaco, critica i volontari che si sono arruolati per l'Africa Orientale.
Sanzioni subite
arresto (1935/10/21 - 1935/12/13)
Il 21.10.1935, in un’osteria di Pedrengo e in stato di ubriachezza, Cavalli critica duramente i fascisti che si sono arruolati per la guerra d’Africa: “I fascisti hanno fatto domanda per l’arruolamento volontario per l’A.O. soltanto per salvare le apparenze, siccome gran parte riformati e sapevano quindi di essere nuovamente riformati. Le operazioni in Africa Orientale se non fossero state condotte dal Regio Esercito per conto delle C.N. non si sarebbe fatto nulla”.
ammonizione (1936/01/20 - )
In rubrica di frontiera
no
In bollettino ricerche
no
Esclusione dallo schedario
Data di esclusione
1942
Riferimenti bibliografici
Pistillo 1973
riferimento p. 142.